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mercoledì 18 settembre 2024

Institut des Dominicaines du Saint-Esprit: tutto questo per niente?

Vi proponiamo – in nostra traduzione – la lettera 1100 bis pubblicata da Paix Liturgique il 16 settembre, in cui si torna ad affrontare la complessa vicenda che sta coinvolgendo l’Institut des Dominicaines du Saint-Esprit di Pontcallec (ne abbiamo già scritto QUI, QUI, QUI, QUI, QUI, QUI, QUI, QUI, QUI, QUI, QUI, QUI, QUI, QUI, QUI, QUI e QUI su MiL).
In particolare si riporta la rubrica di Jean-Pierre Maugendre, Presidente dell’associazione Renaissance Catholique, pubblicata il 12 settembre (QUI), in cui si ripercorre la bella e ricca storia dell’Istituto, oasi della Tradizione sin dal periodo pist-conciliare, a partire dal suo fondatore padre Victor-Alan Berto T.O.D. fino al triste passaggio della comunità – in ritardo di cinquantacinque anni – al nuovo rito, che ha porterò tristezza e compassione tra le moltissime famiglie che, in questi decenni, lo hanno frequentato.

L.V.


Genitori presi in trappola

In quei giorni di confusione e di resistenza alla Rivoluzione post-conciliare, c’era per noi un’oasi di pace: Pontcallec, a pochi chilometri da Lorient, sulle rive del fiume Scorff. Stanchi di lottare con i nostri cappellani militari e con i sacerdoti di Brest, ci ricaricavamo regolarmente all’ombra del castello e nella Chapelle Sainte-Anne di Berné, cullati dal coro di suore che manteneva intatta la tradizione immemorabile della liturgia romana tradizionale.

Un’opera bellissima

In effetti, per un misterioso disegno della Provvidenza, l’Institut des Dominicaines du Saint-Esprit, responsabile di scuole femminili e di un ostello maschile, era riuscito, in quegli anni bui, a mantenere sia una situazione canonica perfettamente regolare sia la celebrazione della Santa Messa tradizionale. Avevamo scoperto l’opera di padre Victor-Alan Berto T.O.D. (1900-1968), il fondatore della comunità, in particolare i suoi libri Notre-Dame de Joie e Pour la sainte Eglise romaine, riportato alla luce il numero di Itinéraires scritto in omaggio «al Padre» (n. 132, aprile 1969) con la collaborazione di mons. Marcel François Lefebvre C.S.Sp., che aveva celebrato i funerali del defunto il 21 dicembre 1968, l’editoriale di Jean Madiran, i contributi di padre Roger-Thomas Calmel O. P. e di don Raymond Marius Dulac, e alcuni testi dello stesso padre Victor-Alan Berto. Ex allievo del Pontificio Seminario Francese di Roma sotto la guida di padre Henri Le Floch C.S.Sp., padre Victor-Alan Berto era prima di tutto un’anima sacerdotale («Il sacerdozio è stata la gioia innegabile della mia vita», scriveva) profondamente radicata nella sua nativa Bretagna, un apostolo della gioventù e dei poveri, un «atleta della fede», un impavido difensore di Roma e della Chiesa e un ardente amante della verità – era terziario domenicano –. Fu l’esperto di mons. Marcel François Lefebvre alla seconda e terza sessione del Concilio Vaticano II e ne tornò terrorizzato. Come scrive Jean Madiran, che lo vedeva regolarmente a Saint-Cloud, dove si trovava l’Institution Saint-Pie X: «Non riconosceva più Roma. Non poteva immaginare, finché non l’aveva vista e toccata, che le cose fossero arrivate a questo punto». Sebbene avesse già avuto problemi con alcuni Vescovi «tartufi mitrati» o Cardinali francesi «giannizzeri dell’oppressione» a causa dei nuovi catechismi, padre Victor-Alan Berto non si era reso conto di quanto Roma non fosse più dentro Roma. Quando morì, nel dicembre 1968, non era a conoscenza della riforma liturgica del 1969, che madre Marie de Saint-Paul, ex Superiora dell’Institution Saint-Pie X di Saint-Cloud, mi confidò che un giorno lo avrebbe certamente ucciso. Non a caso, agli inizi della Fraternità sacerdotale San Pio X, le Suore Domenicane dello Spirito Santo aiutarono la giovane comunità, formando le prime novizie delle future suore della Fraternità San Pio X di Pontcallec e tre suore che prestarono vari servizi al Seminario internazionale San Pio X di Ecône dal 1970 al 1972. Le consacrazioni del 1988 posero fine a questa bella relazione, anche se le Suore Domenicane dello Spirito Santo rimasero fedeli alla Santa Messa tradizionale.

Curiose innovazioni

Dopo anni molto confusi, che hanno visto la rivelazione di scandali relativi a un «curioso» approccio spirituale chiamato agapeterapia, la cessazione delle attività dell’ostello maschile di Notre-Dame de Joie nel 2013, la riduzione del numero di membri della congregazione e la chiusura di una casa a Draguignan, un comunicato stampa del 25 luglio 2024 ha ufficializzato, come ciliegina sulla torta, il passaggio della comunità alla nuova liturgia in un modo molto strano e atipico: celebrare la Messa secondo il Novus Ordo una settimana al mese nelle case, tranne la domenica, utilizzando il Lezionario e i Prefazi riformati e seguendo il calendario liturgico attualmente in vigore. Tutto ciò sarebbe entrato in vigore il 1º dicembre 2024, poiché il ritiro comunitario di luglio era già stato celebrato secondo il Novus Ordo. I genitori degli alunni si sono comprensibilmente commossi per questi cambiamenti (comunicati stampa del 20 luglio e del 28 agosto), esprimendo sorpresa per il fatto che ci siano voluti cinquantacinque anni perché la comunità scoprisse il vero significato dell’obbedienza alle istruzioni liturgiche di Roma, senza che nessuno sapesse realmente cosa si celasse dietro questo termine generico. In effetti, la Santa Messa tradizionale è stata a lungo ostracizzata dalla cosiddetta Chiesa conciliare. Se questo argomento è inattaccabile, possiamo anche mettere in dubbio la saggezza di optare per la riforma liturgica post-conciliare nel 2024. Una cosa era accettare questa riforma nel 1969, per obbedienza o semplicemente per fiducia nella legittima autorità; un’altra è adottarla nel 2024, visti i risultati tutt’altro che convincenti di tale riforma. Sembra tanto attuale, con un senso molto sicuro delle cause perse, quanto chiedere asilo politico alla Repubblica Democratica Tedesca nel 1988. Il comunicato stampa del 25 luglio fa riferimento alla necessità di preservare la «dignità, la pietà e la bellezza liturgica» delle cerimonie. È vero, ma come hanno notato i genitori nel loro comunicato stampa del 28 agosto, non è questo il problema. Il dibattito dovrebbe essere sulla dottrina. Eppure, per cinquantacinque anni, questo dibattito si è rivelato impossibile.

La vera obbedienza

Nell’annuncio della morte di padre Victor-Alan Berto, madre Marie de Saint-Paul ha fatto riferimento all’eredità del Santo Padre: «L’amore per la Verità, che non può esistere senza l’odio per l’errore, la fedeltà al Santo Padre, unica garanzia di fedeltà alla Chiesa». Va notato che la fedeltà al Santo Padre non è mai consistita nell’adottare come propria la famosa formula, aggiornata e, se vogliamo, cattolicizzata: «Sono in tuo potere, Santissimo Padre, come un cadavere nelle mani del lavandaio dei morti». Questo tipo di obbedienza, incondizionata e al di fuori della portata dell’intelligenza e della ragione, non è l’obbedienza cattolica, nemmeno nella Compagnia di Gesù e tanto meno nell’Ordine dei frati predicatori. Anzi, è la verità che libera, essendo la ricerca della Verità il cuore della vocazione domenicana. A proposito dell’obbedienza al Papa, padre Bernard-Marie de Chivré O.P. (1902-1984) in uno di quegli aforismi di cui aveva il segreto ricordava molto opportunamente: «Così è intessuto il tessuto storico della Chiesa, il filo d’oro delle decisioni infallibili dei Pontefici che si estende a Pietro, il filo nero delle umanità pontificie che si estende a Simone, e in questa incomprensibile sovrapposizione, si sente l’ago manipolato da una mano invisibile, attenta a tracciare l’anagramma di Cristo Re e del Crocifisso Risorto».

La libertà domenicana non è l’obbedienza incondizionata a Roma, anche se rappresentata da un prestigioso Cardinale canadese [il card. Marc Armand Ouellet P.S.S.: N.d.T.]. Può anche essere il vigoroso ammonimento di una delle figlie di san Domenico, santa Caterina da Siena, a Papa Gregorio XI sul tema della Crociata: «Padre santissimo, per amore dell’Agnello immolato, sacrificato e abbandonato sulla Croce, ti prego, che sei il suo Vicario, di fare la sua dolce volontà; fai quello che puoi fare, e sarai scusato davanti a lui, e la tua coscienza sarà pulita. Se non fate quello che potete, sarete severamente rimproverati da Dio (…) Mi fermo; perdonate la mia presunzione».

Allo stesso tempo, altre suore insegnanti domenicane scelsero di rimanere fedeli alle loro costituzioni e alla liturgia romana tradizionale, in opposizione alla rivoluzione conciliare e al clericalismo dei funzionari ecclesiastici. Oggi sono due fiorenti comunità religiose delle Dominicaines du Saint-Nom de Jésus a Fanjeaux e Brignoles. La loro avventura è raccontata in un affascinante resoconto, Rupture ou fidélité, scritto da suor Alice-Marie O.P.

Tristezza e compassione

Sono innanzitutto la tristezza e la compassione che ci devono animare. Tristezza nel vedere un’opera così bella in pericolo. Compassione per le suore che hanno fatto la loro professione sulla base di costituzioni e scelte liturgiche e dottrinali che ora vengono messe in discussione. A questo proposito, ci sarebbe ancora un libro da scrivere sul modo in cui, in applicazione del decreto sul rinnovamento della vita religiosa Perfectae caritatis (28 ottobre 1965), è stato imposto a tutte le comunità religiose, maschili e femminili, un aggiornamento delle loro costituzioni, fonte di molti drammi di coscienza, lacrime e pianti.

Nel testo citato, madre Marie de Saint-Paul ha ricordato l’incrollabile devozione di padre Victor-Alan Berto alla Vergine Maria. È a lei che affidiamo le sue figlie, le Suore Domenicane dello Spirito Santo, affinché conservino inalterata la grazia della fedeltà alla liturgia romana tradizionale, alla fede di tutti i tempi e quindi… al Papa.

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