
Riconosciamo dunque merito, in questo frangente, ai vescovi tedeschi. Forse qualcosa si muove.
Fonte: Cathcon
per il rinnovamento liturgico della Chiesa, nel solco della Tradizione. a.D. 2008 - “Multa renascentur quae iam cecidere”
Il piccolo Davide-MiL ha fiondato Googlia, si parva licet componere magnis . (Per inciso: è significativo che l'aggettivo 'filisteo...



E’ impossibile che un ateo erudito e un paleocristiano, incrociandosi, non si sorridano complici. La stessa febbre chiamata Dio li affratella in una comunità di destino. Nel caso di Corrado Augias e Vito Mancuso non si può dire che l’intesa produca espressioni identiche nella foto in bianco e nero sulla quarta di copertina del loro libro, scritto a quattro mani e con propositi agonistici medievalizzanti: “Disputa su Dio e dintorni”, Mondadori, 269 pagine per 18 euro e 50 centesimi. Ma questo accade perché uno dei due, il teologo Mancuso, ha già vinto in partenza e rilassa i muscoli; l’altro, l’erudito Augias, si contrae nel godimento sensuale della propria sconfitta. Entrambi sono programmaticamente fuori posto, ciascuno a modo suo, e appunto per questo interessanti. Mancuso è un credente acattolico a proprio agio nella chiesa cattolica contemporanea. Augias rivendica sangue ebraico per parte di madre, denuncia un incontro traumatico con la religione galilea (certe carezze di un prete), patisce lo scarto tra la tesi nullista che deve sostenere e la sensibilità con la quale affronta la pugna. Verrà sedotto e travolto senza clangore di ferri.
Ora, chi vi scrive è un sincero appassionato di architettura moderna e, in linea di principio, nulla ha contro l'uso di un linguaggio espressivo contemporaneo anche per i luoghi di culto: un piccolo gioiello è ad esempio la cappella di Giò Ponti per il Convento delle Carmelitane a Sanremo, le cui alte vetrate smaterializzano la struttura (quasi come nel gotico maturo della Sainte Chapelle di Parigi) e dove le pareti ed il soffitto in pendenza convergono verso la croce dell'altare. Eccola nella foto a destra.
Anche la nuova chiesa di Meier a Tor Tre Teste (a sinistra) è esteticamente notevole, all'esterno. Ma già in quel caso si vede come sia venuto meno uno degli assiomi proprio dell'architettura moderna (il cosiddetto stile internazionale o - che brutta parola! - modernismo), ossia la regola form follows function. Sì, perché la chiesa di Meier è bellissima ma... vuota di contenuto, di anima, di fede. Le sue nude pareti, il minimalismo spinto, disorientano il fedele, trasmettono una malcelata iconoclastia e, in fin dei conti, negano con la loro estenuata cerebralità il dogma dell'Incarnazione, che da sempre giustifica e incoraggia, contro gli antichi divieti semitici (ebraici e maomettani), la rappresentazione percepibile dai sensi dei misteri della Fede.
capolavoro assoluto, a nostro giudizio, ossia il Museo ebraico di Berlino, di Libeskind: là le alte pareti senza finestre, gli angoli spigolosi, la luce cadente da feritoie dall'alto, rendono in modo estremamente efficace ed emoziante il senso di angoscia, di straniamento, di dolore del popolo ebraico nelle grandi prove del XX secolo (foto a destra).
La macabra croce che 'adorna' la chiesa di Fuksas
Stefano Chiappalone ci ha molto cortesemente inviato le sue osservazioni sul cubo di Foligno, anzi sulla "chiesa di san Fuksas", come la definisce. Raccomandiamo di leggere l'intero articolo a questo link; qui ne riportiamo un estratto:
Lo studioso austriaco Hans Sedlmayr (1896-1984) identifica alcune tendenze di fondo, ciò che le principali correnti dell’arte moderna hanno messo al posto di Dio: dapprima l’arte comincia a idolatrare sé stessa, passando dal culto dell’arte al culto dell’artista (estetismo), poi la scienza, la tecnica e tutto ciò che sembra il progresso ineluttabile (tecnicismo, culto della geometria), infine a questo eccesso di razionalismo si risponde con l’eccesso opposto, cercando il caos, l’assurdo, la follia deliberata (surrealismo): anche nell’arte necessariamente si riflettono la scissione tra fede e ragione e la conseguente radicalizzazione ora in un senso ora nell’altro, che caratterizzano l’uomo moderno. Su queste basi, l’architettura non può diventare automaticamente cattolica per il solo fatto di progettare chiese, anzi un edificio brutto – nel senso di "non vero", non adeguato alle realtà celesti che dovrebbe simboleggiare – risulterebbe edificante tanto quanto una predica domenicale affidata a Dan Brown...
Così negli anni 1950 Charles-Edouard Jeanneret-Gris, detto Le Corbusier (1887-1965) – secondo il quale, "la macchina, fenomeno moderno, provoca nel mondo una riforma dello spirito" – progettò il convento di Santa Maria de La Tourette secondo criteri assolutamente geometrici. Egli era del resto l’esponente principale di una tendenza a progettare qualsiasi edificio sul modello della macchina, al punto da definire una casa "macchina per abitare". Coerentemente a La Tourette costruì una "macchina per pregare", che parla il muto linguaggio degli automi più che la celeste lingua degli angeli. Il resto è storia recente, basta guardarsi intorno e si potranno ravvisare in misura maggiore o minore nelle nuove chiese, le idolatrie individuate da Sedlmayr.
Inoltre, si registra nella struttura materiale delle chiese un progressivo venir meno della tensione verso l’alto che caratterizzava anche visivamente le cattedrali del passato, nonché la scomparsa di tutte quelle forme inscindibilmente legate all’uomo: tanto il fedele che esse ospitano, quanto l’Uomo-Dio che vi abita con tutta la schiera dei santi – anch’essi uomini e anch’essi misteriosamente spariti dalle pareti sempre più iconoclaste. Relegando Dio nel cielo e dimenticando che Cristo si è incarnato, si finisce infatti per dimenticare l’uomo stesso – anche come semplice interlocutore che non riesce a intendere il linguaggio razionalista di chiese puramente geometriche, né quello astratto degli scarni e soggettivi simboli incapaci di esporre al semplice fedele le verità della fede cristiana. A tale proposito mons. Nicola Bux osserva: "Che dire di un certo spiritualismo oggi in voga che mortifica i sensi, che biasima l’apostolo Tommaso che voleva credere vedendo? Gesù per questo si è fatto vedere – come agli altri apostoli (altrimenti perché il Verbo si sarebbe fatto uomo?)." Alle malattie dell’arte moderna si sommano infatti quelle della teologia "alla moda": si concepisce allora la chiesa come un semplice luogo di riunione di un gruppo che in fondo, dimenticando di elevarsi verso Dio, si limita ad una sterile autocelebrazione; con ciò però è l’uomo stesso a subire una limitazione, poiché riducendo tutto al solo aspetto funzionale, viene amputato dell’elemento simbolico che permette alla ragione di lasciarsi fecondare dal Mistero, di passare in ultima analisi dalle cose che sono – e che vediamo e tocchiamo – all’Essere stesso che ha un volto e un nome.

Alcuni autori recenti negano che il sacrificio sia un concetto centrale nella Bibbia. Karl Rahner esprime dubbi circa il fatto che Gesù abbia interpretato la sua propria morte come un sacrificio espiatorio. Rahner trova che l'idea del sacrificio in alcuni tardi testi neotestamentari fu iperinfluenzata, secondo lui, da nozioni primitive che erano state successivamente superate. Reinterpretando l'evento per la coscienza moderna, Rahner espunge il concetto di sacrifio espiatorio e lo sostituisce con il concetto di causalità simbolica o quasi-sacramentale, della quale ho già riferito.
VIAGGIO ALL’ALBA
Quanti anni che mesi che stagioni nel giro di una notte: una notte di passi e di rintocchi. Ma come tarda la luce a ferirmi. Voldomino, volto di Dio. Un volto brullo ho scelto a rispecchiarmi nel risveglio del mondo. Ma dimmi una sola parola e serena sarà l’anima mia.