Vito Mancuso è docente di Teologia moderna e contemporanea presso la Facoltà di Filosofia dell’Università San Raffaele di Milano. Oltre ad articoli su riviste specializzate, ha pubblicato: L’anima e il suo destino (Raffaello Cortina 2007), con prefazione di Carlo Maria Martini; Per amore. Rifondazione della fede (Mondatori, 2005); Il dolore innocente. L'handicap, la natura e Dio (Mondatori, 2002), con prefazione di Edoardo Boncinelli; Le preghiere più belle del mondo (Mondatori, 1999) insieme all’abate benedettino Valerio Cattana; Dio e l'angelo dell'abisso (Città Nuova, 1997), con prefazione di Mario Luzi; Hegel teologo (Piemme, 1996).
Svolse dal 1986 al 1988 il suo ministero sacerdotale come parroco presso la parrocchia San Cipriano in Via Carlo d'Adda a Milano. Poi Mancuso si è sposato ed ha abbandonato il ministero, ma non l'insegnamento della teologia, presso l'Università di don Verzè. E' diventato un teologo 'alla moda', vezzeggiato dai soliti noti (in primis il card. Martini che, pur con untuose prese di distanza dalle tesi dirompenti del suo ex prete diocesano, ha di fatto, con la sua prefazione, calato tutto il suo peso in vantaggio dell'opera di Mancuso, L'anima e il suo destino, del quale l'Autore stesso scrive: «Il principale obiettivo di questo libro consiste nell'argomentare a favore della bellezza, della giustizia e della sensatezza della vita, fino a ipotizzare che da essa stessa, senza bisogno di interventi dall'alto, sorga un futuro di vita personale dopo la morte»; come ha osservato la Civiltà Cattolica del 2 febbraio 2008, "L’assenza quasi totale di una teologia biblica e della recente letteratura teologica non italiana, oltre all’assunzione più o meno esplicita di numerose premesse filosoficamente erronee o perlomeno fantasiose, conduce l’Autore a negare o perlomeno svuotare di significato circa una dozzina di dogmi della Chiesa cattolica").
Riportiamo ora un articolo di don Baget Bozzo destinato a questo eteroclito teologo.
TEOLOGISMI ESISTENZIALI DI VITO MANCUSO
di Gianni Baget Bozzo
Vito Mancuso è divenuto il teologo politico di Repubblica ed è un grande acquisto per il giornale fondato da Eugenio Scalfari. Con ciò la critica laicista alle posizioni della Chiesa si arricchisce della contestazione di esse in chiave teologica. Perché Mancuso conosce bene la teologia, l’ha assimilata e sa usarla con una penna efficace sul piano della comunicazione di stampa. La sua strategia di attacco consisterà nel ridurre tutte le questioni a un solo termine, quello della decisione umana come unica soluzione. Qualunque posizione comporti un riferimento di criteri non subordinati alla scelta dell’uomo viene ridotta da Mancuso al principio che nelle cose del mondo conta la forza, e la libertà umana è anch’essa una forza.
USO POLITICO DEL PENSIERO TEOLOGICO
Questa posizione teologica conviene al laicismo di Repubblica, secondo cui la Chiesa non ha diritto a intervenire sul piano del dibattito pubblico, perché i suoi dogmi non sono razionali. Sicché Mancuso offre argomenti a coloro per cui la migliore Chiesa è quella del silenzio. L’obiettivo centrale è papa Ratzinger, cioè proprio colui che fa della differenza ecclesiale il presupposto del suo magistero e del suo ministero e, quindi, è portato a incrociare il laicismo diffuso ogni qualvolta parli. Il compito di Mancuso è dunque molto semplice; gli basta dimostrare che il Papa parla da Papa e suppone pertanto il dogma cattolico. Egli può censurare il fatto che il discorso papale contraddice ciò che è comunemente accettato dai mezzi di comunicazione sociale. Su Il Foglio Mancuso parlava ancora da teologo; oggi usa la sua teologia in chiave di critica politica dei testi papali. Si tratta di dimostrare che il fattore X, cioè l’evento spirituale nella sua densità, non è un fenomeno né un assioma e quindi è condannato alla insignificanza. Mancuso è giunto all’uso politico del pensiero teologico, e questo pone il problema. È possibile uno sviluppo ulteriore del Mancuso teologo dopo che egli ha invalidato l’impianto stesso del discorso teologico proprio della Chiesa? Avendo criticato l’edificio dogmatico, c’è ancora spazio nei pensieri di Mancuso per la teologia?
DARWIN, OVVERO DELLA NON CASUALITÀ
L’efficacia di Mancuso sta nell’aver pensato di costruire una teologia sul principio che vi sia una forza unica nella realtà e che essa si svolga solo su sé stessa. Già spiegare il concetto di evoluzione nel quadro di questo monismo è un problema. Di fatto, coloro che hanno filosofato a partire dall’evoluzione di Darwin, e hanno dedotto una metafisica dalla sua concezione delle origini della specie, hanno fondato la loro teoria sulla contingenza e non sulla causalità; hanno cioè espunto ogni concetto di finalità e quindi quello stesso di evoluzione, tutto riducendo al mero effetto di cause contingenti non aventi in sé alcuna ragione, scopo o fine. È interessante quindi vedere Mancuso in dialogo come un filosofo che interpreta l’implicito del pensiero di Darwin come successione di mere contingenze, senza causalità intenzionale e senza finalità. Cioè, senza ragione. Il darwinismo non è la sua metafisica, ma la può produrre se esso viene pensato in modo metafisico: gli rimane l’unico spazio della pura contingenza come pura casualità. Micromega ha dedicato un numero al centenario della nascita di Darwin. In questo numero ha ospitato un dialogo tra un filosofo della scienza, Telmo Pievani, e Vito Mancuso. Il dibattito comincia con l’assunzione di Darwin a maestro della teologia, perché Mancuso dichiara: «Se non ci fosse stato Darwin io probabilmente adesso sarei ateo, non credente». È evidente che Darwin viene qui assunto come un’interpretazione che trascende i suoi testi e quindi collegato a una visione generale della vita. Pievani è incerto nel seguirlo su questa strada, perché ritiene che rendere coeso il pensiero di Darwin all’idea di contingenza storica, significa diminuirne il contenuto scientifico. Tende, cioè, a distinguere Darwin dalle sue interpretazioni metafisiche, sia da quelle di Mancuso sia dalle proprie, sebbene riconosca che l’opera di Darwin ha un significato anche filosofico e culturale. Ma è proprio su questo tema filosofico che si svolge il dialogo, perché Pievani mantiene fermamente l’idea che la mera contingenza, la non causalità e la non finalità, sono l’unica strada per fare della rivoluzione darwiniana, come egli la chiama, appunto una «rivoluzione». Il dibattito si svolge dunque tra due filosofie opposte: quella di Mancuso tende a fondare il concetto di causalità e di finalità di evoluzione dal semplice al complesso; Pievani, invece, rimane fedele alla pura contingenza come implicito metafisico dell’opera dello scienziato. Per questo Pievani è particolarmente interessato a respingere la teoria di Herbert Spencer del pensiero di Darwin come una grande filosofia del progresso universale. Pievani è convinto che dall’assenza totale di una direzione del processo cosmico sia possibile fondare un’etica umana ben argomentata radicata nella libertà e nella responsabilità. In realtà, questa etica della libertà e della responsabilità è proprio quella in base a cui Mancuso critica le posizioni cattoliche. Conseguentemente, Pievani nega il concetto di natura che «non può essere un serbatoio dal quale attingere i princìpi in grado di orientare direttamente la vita morale».
UN DIO/ENERGIA SOLIDALE AL COSMO
Mancuso serba un concetto classico di natura, tolto dalla metafisica tradizionale, Pievani coerentemente lo nega. Mancuso introduce concetti metafisici che negano il suo materialismo, per cui lo spirito «non è qualche cosa che si oppone alla materia, ma il frutto del lavoro stesso della materia». Di qui il dibattito si sposta nella ricerca di Mancuso di trovare nel divenire della specie tracce di dualità, di differenze, di relazioni. La differenza umana dalle altre forme di vita sta nella capacità di compiere atrocità ed eroismi. Questa è la prova della discontinuità dell’essere umano rispetto alla sfera naturale della vita. Ma come trovare in questo una differenza tra le grandi stragi che l’evoluzione della specie comporta?
Il problema interessante del dibattito sta, però, nella concezione di Dio. Mancuso usa il concetto che egli ha introdotto nell’universo darwiniano, quello di natura «se Dio esiste anche lui va pensato come natura». Se lo spirito è una costruzione della materia, Dio è solidale al cosmo e non può essere pensato che come energia, la stessa materia del mondo. La ricerca del teologo non può essere allora che l’esame della storia dell’evoluzione per trovarvi tracce del superamento dell’idea di forza in quello di relazione per introdurre una diversità dopo aver supposto l’unità della forza. Come togliere al darwinismo il concetto che siano la selezione e la competizione il criterio della vita? Mancuso cerca di introdurre un’idea di solidarietà e comunione nel cammino collettivo di bilanciare il concetto di forza con quello di relazione. Ma è la relazione così introdotta una forma diversa dalla forza o non è invece un semplice esercizio di essa? Le forme di solidarietà collettive del mondo animale non avvengono anch’esse sulla spinta dell’adattamento all’ambiente conducendo al sacrificio della vita di un animale per il bene del branco e della specie?
La relazione non introduce alcuna alternativa al concetto darwiniano, secondo cui è la necessità della sopravvivenza la causa del mutamento. Non introduce altro concetto che quello di adattamento all’ambiente sotto la spinta dei fattori costrittivi. E il caso e la necessità rimangono il criterio darwiniano per spiegare l’evoluzione. Introdurre nell’evoluzione il concetto di natura che suppone una identità, una razionalità e un ordine della soluzione darwiniana, lascia aperto il problema se vi può essere il superamento umano della forza. Cioè, se il linguaggio etico dell’uomo non rappresenta di fatto una trascrizione della forza nei rapporti sociali. Certo, occorre spiegare perché l’uomo non accetta il principio che solo la forza sia il criterio di ordinamento della vita. Ma ciò potrebbe provare soltanto che l’uomo rappresenta una deviazione da una logica della vita fondata sulla forza e che la coscienza infelice è solo il sintomo di un mancato adattamento della specie umana alle leggi della vita.
Mancuso, infatti, pensa che l’uomo rappresenti una evasione dalla legge della forza e raggiunga le figure dello spirito. Ma come è possibile configurare un salto di qualità che rappresenti una differenza ontologica tra il processo nella vita e la nuova qualità raggiunta con la coscienza umana? Se l’uomo è un’eccezione alle leggi della vita, occorre definire come questo si prova e come questo è possibile. E postula che vi sia qualcosa che renda possibile il salto ontologico. E questo contraddice il materialismo biologico su cui si fonda l’interpretazione del darwinismo fatto da Mancuso. Lo spirito umano è una differenza ontologica dello schema materialistico o esso non è che una trascrizione di esso in un altro linguaggio. L’evoluzione diviene così nel sistema di Mancuso una antropogonia che è una teogonia. La formazione della coscienza umana raggiunge la sua pienezza nell’idea di Dio concepita dallo spirito umano. Il sistema di Mancuso suppone una realtà divina che diviene autocoscienza di sé nella storia umana. L’uomo, per Mancuso, è l’autocoscienza dell’universo. L’uomo è la rivelazione del divino a sé stesso, la piena autocoscienza dell’uomo nella sua ragione è la rivelazione del processo di complessificazione della materia sino all’autorivelazione del divino che l’ha mossa. Ciò comporta una visione positiva della storia, la convinzione che l’antropogonia come teogonia non può che compiersi nella prassi umana e che essa è l’ultimo portato del processo dell’universo. Pievani chiede a Mancuso se si riconosca nel pensiero di Spinoza. Mancuso rifiuta, perché riconosce il problema del male come possibilità dell’uomo. Ma che cosa è il male in un processo di complessificazione che è interamente finalizzato e il cui fine diviene l’ultima necessità? La conclusione di Pievani è l’affermazione della sfiducia nella «natura cooperativa» teorizzata da Mancuso: «A ben poco può servire questo metodo per trovare una morale valida per gli esseri umani».
Da Studi cattolici, aprile 2009, via Papa Ratzinger blog
Mancuso era(è) sacerdote?
RispondiEliminaQuesta non la sapevo...
En guise de commentaire, un extrait, en espagnol, d'une déclaration de Jean-Paul II, le 7 février 1981:
RispondiElimina«Es necesario admitir con realismo, y con profunda y atormentada sensibilidad, que los cristianos hoy, en gran parte, se sienten extraviados, confusos, perplejos, e incluso desilusionados; se han esparcido a manos llenas ideas contrastantes con la verdad revelada y enseñada desde siempre; se han propalado verdaderas y propias herejías en el campo dogmático y moral, creando dudas, confusiones, rebeliones; se ha manipulado incluso la liturgia; inmersos en el relativismo intelectual y moral, y por esto en el permisivismo, los cristianos se ven tentados por el ateísmo, el agnosticismo, el iluminismo vagamente moralista, por un cristianismo sociológico, sin dogmas definidos y sin moral objetiva.»
alla redazione: per favore, non stiamo a dare troppo peso e cessiamo di fare pubblicità a Mancuso che, notoriamente è un eretico. Egli ha pubblicamente e ripetutamente negato l'esistenza del demonio. Non ho letto l'articolo di Baget (che stimo) per un motivo molto semplice: con gli eretici non si dialoga, si può solo disputare (ma questo lasciamolo fare ai teologi di retta dottrina) e pregare per la loro conversione. Alessandro
RispondiEliminaRicordo, ad abundantiam, che S. Pio X, nella lettera apostolica "Notre charge apostolique", ha potentemente negato che si possa affermare che la sovranita' appartiene al popolo.
RispondiEliminaE la troveranno in Darwin una morale valida per tutti gli esseri umani? Sì, la morale del più forte che mangia il più debole (non per nulla Darwin era, absit iniuria verbis, un autore di riferimento dei nazisti). Francamente stento a cogliere dove stia tutta questa valenza metafisica innovativa (vuoi "positiva" - esegeta Mancuso - vuoi negativa - esegeta Pievani) nel naturalista anglosassone di cui ricorre il bicentenario. Che esista il divenire è acquisizione che si colloca agli albori della filosofia occidentale. Che i rettili siano diventati mammiferi non è più sconvolgente per la nostra visione del mondo del fatto che gli etruschi siano diventati latini e toscani. La novità filosofica o (a)teologica del darwinismo proprio non la vedo. Vedo più che altro il fatto che appoggiarsi a un pensiero di moda è rassicurante e remunerativo. Qualche decennio fa era quello di Marx, o di Freud tanto per variare un po'.
RispondiEliminaIl problema non è Mancuso, scrivo nel mio bollettino, o il suo pensiero, che con una risata si seppelliscono, ma l'avallo che gli viene da parroci e vescovi.
RispondiEliminaPorto un solo esempio.
A Gorizia il nostro pseudo teologo ha tenuto una conferenza per presentare il suo capolavoro "L'anima e il suo destino", un libro che fa tabula rasa d'ogni verità cristiana, compresa la necessità dell'Incarnazione, Passione e Morte di Gesù, nella sala "Incontro" della parrocchia S. Rocco.
Questa conferenza, tenuta alla presenza di "autorevoli" ecclesiastici si inseriva in una sera di incontri "formativi".
I sacerdoti presenti non hann'aperto bocca dinnanzi a tanta ereticale protervia. Un lettore, però, ha gridato alto e forte il suo sdegno scrivendo all'organo diocesano "Voce Isontina".
L'iniziativa è stata difesa dal direttore dell'organo e, sempre su queste pagine, da una collaboratrice della Curia, tale Gabriella Burba, che ancor più del direttore, è un'entusiasta, un'appassionata delle opere di Mancuso.
Leggerlo ed ascoltarlo significa arricchirsi ed uscire dal chiuso della Chiesa e dagli accademismi di p. Marucci che su Civiltà Cattolica lo stronca.
Il responsabile ultimo è, tuttavia, il vescovo, Dino de Antoni, che permette (o ne è ignaro?) simili manifestazioni.
Lui, che in diocesi, dovrebb'esser il Padre ed il Maestro, il Buon Pastore, o per complicità (che Dio non voglia!), o per culpa in vigilando, lascia il suo gregge alla mercé dei lupi.
Non ho finora letto alcuna sua opera, all'infuori di alcuni articoli di giornale (che in alcuni punti mi sono piaciuti, in altri no), quindi vado piano nel giudizio...ciò che tuttavia mi ha stupito su Mancuso, è che anche molti cattolici moderati e anche progressisti(e quindi non solo i tradizionalisti "brutti e cattivi"), che ho conosciuto sia nella vita reale che nella vita forumistica, lo hanno criticato molto...
RispondiElimina"gli basta dimostrare che il Papa parla da Papa"
RispondiElimina...se non altro c'è uno spettro di logica, visto che dall'altra parte c'è chi si affanna a dimostrare che il Papa parla da "dottore privato"...
L'uomo, comunque, è una presenza in tutti i sensi sinistra, sia con le sue opere, sia, soprattutto, con la sua attività di ubiquo conferenziere. Il pericolo non viene tanto dall'intavolatura teologica dell'illazione darwinista (roba già vista, e in salse più sofisticate), quanto dalla legittimazione del potere delegittimante di questo ex ministro del culto, legittimazione tanto più grave quando viene assicurata da più o meno celebri uomini di Chiesa.
Ma in Germania, non si è scandalizzato nessuno per queste frasi?
RispondiEliminaScusate, ho sbagliato pagina...volevo mettere quest'ultimo commento nella discussione relativa al Vescovo tedesco...errare humanum est...
RispondiElimina"...ciò che tuttavia mi ha stupito su Mancuso, è che anche molti cattolici moderati e anche progressisti(e quindi non solo i tradizionalisti "brutti e cattivi"), che ho conosciuto sia nella vita reale che nella vita forumistica, lo hanno criticato molto..."
RispondiEliminaBasti dire che perfino l'Arcivescovo Forte di Chieti, che conosciamo per essere tutt'all'opposto di un tradizionalista, ha definito spregiativamente l'opera di Mancuso una "gnosi".
D'altronde, Mancuso non è un progressista: è ben al di là. E', semplicemente, un non cristiano, poiché le sue tesi non sarebbero accettate da alcuna delle confessioni cristiane note.
Però per l'Età dell'Acquario new age va benissimo... ne sarà deliziata la sig.ra Gabriella Burba di Gorizia!
Aggiungiamo: un teologo "new age" non sarebbe di per sé nulla di male, se si presenta per tale; ma questo si spaccia per para-cattolico (beh, insomma, il card. Martini ci ha insegnato che Dio non è cattolico, quindi...), è stato ordinato prete cattolico, insegna in un'università che si ipotizza cattolica, diretta da un prete cattolico (don Verzè) e, come ci riferisce Dante, gira per sale d'oratorio e sacrestie e infiamma le Gabrielle Burbe e consimili "grénouilles de bénitier" che bivaccano in curie e parrocchie.
RispondiEliminaDi qui la necessità di conoscerlo meglio (lo diciamo in particolare ad Alessandro, che si lamenta della 'pubblicità' che diamo nel nostro piccolo al teologo). Perché se lo conosci... come diceva quella pubblicità-progresso?
E chi lo lascia girare? Si ritorna sempre a bomba. Il cancro della Chiesa sono molti, forse troppi, vescovi. E cardinali.
RispondiEliminaPerché Mancuso, che non ha ufficialmente abiurato, non viene scomunicato?
E si ritorna anche qui a bomba: il problema dell'Autorità e del suo esercizio.
quoto in toto il post di Alessandro (24 aprile ore 13.16)
RispondiEliminaE per prendere una boccata d'aria fresca e pura sapete che fò?
Mi vò a leggere una paginetta di Alfonso Maria de' Liguori. Non vi troverò muffa nè odor di chiuso, e nutrirò l'anima e la mente con fior di farina. La crusca che piace tanto a Trieste e altrove da noi la si dava ai maiali che poi ce lo rendevano in prosciutto. oppure alle galline, le quali almeno facean l'ovo.
Mancuso fa solo mortadella e l'ovo ancora non lo sa fare.
Antonello
La teologia di Mancuso è innovativa, non piacerà al vostro amico mons. Forte (quaanto siete polivalenti?), ma lui prega giusto, con il nuovo Messale; invece voi vi attenete al vecchio rubriccismo e vi mischiate la vosta teologia manualista.
RispondiEliminaLui è pubblicano, voi invece e non dico altro.
Ma su, dillo dillo se hai veramente un'idea
RispondiEliminaPues yo prefiero decir, sencillamente: " Que Dios te bendiga."
RispondiEliminaParlare di teologia di Mancuso è tipico di chi non ha mai letto una pagina di teologia.
RispondiEliminaIl suo "pensiero" è costituito da una serie di sconclusionate negazioni dei principali dogmi della nostra fede. Non si tratta neppure di un pensiero originale perché pilucca da gnostici ed eretici d'ogni tempo.
Non capisco Chi e perché preghi Mancuso.
Negando il peccato originale, nega la Redenzione, e pertanto la stessa Incarnazione, Morte e Resurrezione di Cristo, l'istituzione dell'Eucaristia, la Chiesa, tutti i sacramenti, la sopravvivenza dell'anima, i Novissimi ecc. In siostanza nega l'esistenza stessa del Dio Uno e Trino.
Farebbe sì proprio bene a pregare "giusto", ripetendo tutti gli articoli del Credo.