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martedì 28 aprile 2009

Un 'luogo di culto' per 'unità pastorali'

La strisciante apostasia dell'Europa che perde le sue radici passa anche per la neolingua che serpeggia all'interno della Chiesa: non più parrocchie, ma unità pastorali, ossia raggruppamenti senz'anima di ex parrocchie, "presiedute" sì da un sacerdote, ma di fatto appaltate a équipes di animatori laici, lettoridellaparola-ministrimoltordinaridelleucarestia-chitarristi-intonatori-di-salmi-responsorialiecc., i quali naturalmente hanno in odio ogni tradizione, ossia tutto quel che la Chiesa ha fatto prima del loro arrivo, semplicemente perché imporrebbe di ridimensionare la loro conquista del Tempio. A queste 'unità pastorali', come quella che a Foligno raggruppa un numero imprecisato di ex parrocchie (e non dite che è inevitabile per la crisi delle vocazioni: i preti possono benissimo assumere la cura di più parrocchie, senza questo merging & acquisition che le annulla tutte), ben si addice il cubo di Fuksas come 'luogo di culto' (ché, anche qui, chiesa è termine troppo tradizionale, e tra l'altro poco ecumenico; invece luogo di culto va bene anche per quelle 'cappelle interconfessionali' degli aeroporti, specie di salette d'attesa con qualche banco e miasmi di patchouli).
Con pompa magna, presente i vescovo del luogo e l'Arcivescovo di Firenze Betori, è stato inaugurato il nuovo tempio folignate. Del quale il minimo che si possa dire è che è controverso.
Ora, chi vi scrive è un sincero appassionato di architettura moderna e, in linea di principio, nulla ha contro l'uso di un linguaggio espressivo contemporaneo anche per i luoghi di culto: un piccolo gioiello è ad esempio la cappella di Giò Ponti per il Convento delle Carmelitane a Sanremo, le cui alte vetrate smaterializzano la struttura (quasi come nel gotico maturo della Sainte Chapelle di Parigi) e dove le pareti ed il soffitto in pendenza convergono verso la croce dell'altare. Eccola nella foto a destra.
Anche la nuova chiesa di Meier a Tor Tre Teste (a sinistra) è esteticamente notevole, all'esterno. Ma già in quel caso si vede come sia venuto meno uno degli assiomi proprio dell'architettura moderna (il cosiddetto stile internazionale o - che brutta parola! - modernismo), ossia la regola form follows function. Sì, perché la chiesa di Meier è bellissima ma... vuota di contenuto, di anima, di fede. Le sue nude pareti, il minimalismo spinto, disorientano il fedele, trasmettono una malcelata iconoclastia e, in fin dei conti, negano con la loro estenuata cerebralità il dogma dell'Incarnazione, che da sempre giustifica e incoraggia, contro gli antichi divieti semitici (ebraici e maomettani), la rappresentazione percepibile dai sensi dei misteri della Fede.
Il cubo di Fuksas è un passo ulteriore, e non nella giusta direzione. Non ci soffermeremo sull'impatto scenografico osceno (non ci viene altro termine) in rapporto al paesaggio naturale e urbano circostante: uno sconcio capannone industriale di nudo calcestruzzo del genere deturperebbe perfino un suburbio già degradato; figuriamoci il paesaggio umbro. Indugeremo invece sull'aspetto interno e, visto che l'interesse di questo blog è per la liturgia, chiediamoci se un ambiente consimile possa aiutare (o tarpare) l'espressione pubblica delle fede.
Varchiamo dunque virtualmente la porta dell'insolito delubro, con quella salita di accesso lungo tutto uno dei lati del cubo che rende l'insieme tanto somigliante ad un alveare, con la facciata di inquietante inespressività come un Moloch dormiente: il che già trasmette l'idea di una massificazione, di un annullamento dell'individuo nel sistema; qualcosa che ricorda anche gli stranianti falansteri dove i socialisti utopici dell'Ottocento avrebbero voluto radunare le famiglie operaie, così presagendo il futuro di molti tristissimi palazzoni-dormitorio del secolo seguente...
All'interno lo spazio appare definito dagli angoli retti formati dalle spesse pareti di cemento a vista: le vetrate, di forma irregolare, sono in alto, così accrescendo l'oppressione degli alti muri di cemento che vi recingono: la luce viene infatti, principalmente, dall'alto. La forma squadrata è replicata da una struttura, sempre di duro cemento che, nell'intenzione dell'Architetto, dovrebbe definire delle sorte di navate, ma che di fatto sembra una specie di gigantesca cappa aspirante proprio sopra l'altare.
Orbene: a rischio di scioccare qualcuno, diremo che l'interno ci piace. Ci ricorda molto un capolavoro assoluto, a nostro giudizio, ossia il Museo ebraico di Berlino, di Libeskind: là le alte pareti senza finestre, gli angoli spigolosi, la luce cadente da feritoie dall'alto, rendono in modo estremamente efficace ed emoziante il senso di angoscia, di straniamento, di dolore del popolo ebraico nelle grandi prove del XX secolo (foto a destra).
Il punto, però, è appunto questo: angoscia, straniamento e dolore, che in un memoriale sull'Olocausto sono assai a proposito, sono impressioni adatte anche ad una chiesa cattolica? La domanda è evidentemente retorica. In un articolo di Langone (leggibile su Fides et forma) egli riferisce della "rivista di architettura in cui il cubo di Foligno ancora in gestazione veniva definito, per elogiarlo, «criptico, chiuso, astratto»". E prosegue, ben a proposito "«Criptico, chiuso, astratto» non sono aggettivi compatibili con un edificio del culto cattolico, per sua natura aperto, cordiale, rivolto a tutti. Sono invece perfetti per descrivere una loggia massonica, un carcere di massima sicurezza, un impianto per la cremazione dei cadaveri".
La macabra croce che 'adorna' la chiesa di Fuksas

Stefano Chiappalone ci ha molto cortesemente inviato le sue osservazioni sul cubo di Foligno, anzi sulla "chiesa di san Fuksas", come la definisce. Raccomandiamo di leggere l'intero articolo a questo link; qui ne riportiamo un estratto:

Lo studioso austriaco Hans Sedlmayr (1896-1984) identifica alcune tendenze di fondo, ciò che le principali correnti dell’arte moderna hanno messo al posto di Dio: dapprima l’arte comincia a idolatrare sé stessa, passando dal culto dell’arte al culto dell’artista (estetismo), poi la scienza, la tecnica e tutto ciò che sembra il progresso ineluttabile (tecnicismo, culto della geometria), infine a questo eccesso di razionalismo si risponde con l’eccesso opposto, cercando il caos, l’assurdo, la follia deliberata (surrealismo): anche nell’arte necessariamente si riflettono la scissione tra fede e ragione e la conseguente radicalizzazione ora in un senso ora nell’altro, che caratterizzano l’uomo moderno. Su queste basi, l’architettura non può diventare automaticamente cattolica per il solo fatto di progettare chiese, anzi un edificio brutto – nel senso di "non vero", non adeguato alle realtà celesti che dovrebbe simboleggiare – risulterebbe edificante tanto quanto una predica domenicale affidata a Dan Brown...

Così negli anni 1950 Charles-Edouard Jeanneret-Gris, detto Le Corbusier (1887-1965) – secondo il quale, "la macchina, fenomeno moderno, provoca nel mondo una riforma dello spirito" – progettò il convento di Santa Maria de La Tourette secondo criteri assolutamente geometrici. Egli era del resto l’esponente principale di una tendenza a progettare qualsiasi edificio sul modello della macchina, al punto da definire una casa "macchina per abitare". Coerentemente a La Tourette costruì una "macchina per pregare", che parla il muto linguaggio degli automi più che la celeste lingua degli angeli. Il resto è storia recente, basta guardarsi intorno e si potranno ravvisare in misura maggiore o minore nelle nuove chiese, le idolatrie individuate da Sedlmayr.

Inoltre, si registra nella struttura materiale delle chiese un progressivo venir meno della tensione verso l’alto che caratterizzava anche visivamente le cattedrali del passato, nonché la scomparsa di tutte quelle forme inscindibilmente legate all’uomo: tanto il fedele che esse ospitano, quanto l’Uomo-Dio che vi abita con tutta la schiera dei santi – anch’essi uomini e anch’essi misteriosamente spariti dalle pareti sempre più iconoclaste. Relegando Dio nel cielo e dimenticando che Cristo si è incarnato, si finisce infatti per dimenticare l’uomo stesso – anche come semplice interlocutore che non riesce a intendere il linguaggio razionalista di chiese puramente geometriche, né quello astratto degli scarni e soggettivi simboli incapaci di esporre al semplice fedele le verità della fede cristiana. A tale proposito mons. Nicola Bux osserva: "Che dire di un certo spiritualismo oggi in voga che mortifica i sensi, che biasima l’apostolo Tommaso che voleva credere vedendo? Gesù per questo si è fatto vedere – come agli altri apostoli (altrimenti perché il Verbo si sarebbe fatto uomo?)." Alle malattie dell’arte moderna si sommano infatti quelle della teologia "alla moda": si concepisce allora la chiesa come un semplice luogo di riunione di un gruppo che in fondo, dimenticando di elevarsi verso Dio, si limita ad una sterile autocelebrazione; con ciò però è l’uomo stesso a subire una limitazione, poiché riducendo tutto al solo aspetto funzionale, viene amputato dell’elemento simbolico che permette alla ragione di lasciarsi fecondare dal Mistero, di passare in ultima analisi dalle cose che sono – e che vediamo e tocchiamo – all’Essere stesso che ha un volto e un nome.

19 commenti:

  1. Non so se è un artefatto delle foto, ma ogni volta che vedo riprodotta una chiesa postconciliare, Fuksas e Giò Ponti comprese, vedo in realtà solo un’aula, punto e basta.
    Magari poi non è così, vista da vicino.
    Ma se è così una ragione ci deve essere e non mi basta certo che qualcuno mi dica, anche giustamente, che è la reificazione dell’assemblea liturgica.
    Questo è diventato un luogo comune, che in quanto tale ha esaurito ogni spinta propulsiva, quella novecentesca del movimento liturgico, intendo.
    Detto questo, ho la dubbiosa impressione che anche in questo esempio di chiesa-edificio siamo alle solite:
    un contenitore (dove l’artista ci mette il suo stile) più uno spazio di raccolta.
    Un contenitore che funge da chiesa ma che non si presenta fenomenologicamente come chiesa;
    questo apparire come chiesa, non è affatto opzionale!
    La chiesa edificio è icona, come la Chiesa è Icona.
    Così, il motivo ontologicamente portante dell'essere chiesa in preghiera (parlo dell’altare, ara del sacrificio, mensa del banchetto pasquale, luogo elevato e privilegiato dell'incotro tra Dio e l'uomo) in questi esempi contemporanei non sembra architettonicamente strutturante;
    al limite può strutturare l’aula, cioè il luogo di raccolta,
    ma non il presbiterio, non il Mistero che è il soggetto e l'oggetto del nostro celebrare: l’architettura post-conciliare, anche nei suoi migliori esempi, semplicemente sembra prescinderne …

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  2. questo genere di chiese (ops, chiedo venia, volevo dire: luoghi di culto) esprime molto bene le idee, le speranze e l'animus moderno: di committenti chiercuti e progettisti non cattolici o poco cattolici.
    Le moschee moderne sono incomparabilmente più belle: ma in questo caso c'è una fortissima coscienza di sé e di ciò che si vuole.
    A.

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  3. l'ecclesiologia post conciliare vuole edifici-chiese che siano "aule" luoghi di incontro, non "contenitori" del sacro.
    Oggi il sacro è ovunque, anche nella bancarella del pescivendolo al mercato rionale (così dicono i progressisti). Il risultato è che il sacro non c'è pi da nessuna parte.

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  4. c'è 1 bell'articolo di Langone sul Giornale di domenica scorsa. Non ha esitato a definire la nuova chiesa (di culto cattolico?) di Foligno come un ecomostro. Alessandro

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  5. Chi l'ha commissionata? Betori
    Chi c'era a benedirla? Sigismondi
    E chi l'ha nominati nei loro rispettivi incarichi? Finchè si continua a nominare gente ignorante di liturgia oppure - anche peggio - paladini della riforma liturgica del 1969, non ci lamentiamo...

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  6. Qui non si tratta di essere esperti di liturgia, ma di non avere più nemmeno il senso del bello. Ma che liturgia può celebrare un vescovo che consacra una schifezza del genere?

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  7. all'anonimo delle 9,29: sei proprio sicuro che l'abbia commissionata Betori? Se così fosse, bisognerebbe lanciare una petizione affinchè non sia MAI imposta la berretta rossa a Betori. Alessandro

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  8. Anonimo 28 aprile 2009 7.25
    guarda che il velo del tempio è stato infranto, il pane eucaristico è spezzato perchè non è un idolo, da adorare ma un cibo che ci fa partecipare attivamente alla morte del signore, morte che ha spezzato tutti gli idoli; non e' vero che il sacro è ovunque, non c'è più, dopo Gesù; il concilio l'ha capito, tu no

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  9. Vedo che inopportuno le spara grosse! Non so se vuole impressionare qualcuno o semplicemente dare aria alla bocca (metaforicamente).
    Dunque, caro inopportuno, sarebbe finito il tempo del sacro? Ma il sacro è anticipazione della pienezza di salvezza che avverrà quando Dio sarà tutto in tutti.

    Noi - ci ricorda il Card. RATZINGER nel suo libro Introduzione allo spirito della liturgia- viviamo il tempo della Chiesa, ossia una fase intermedia del cammino della storia: "il velo del tempio si è squarciato, il cielo si è aperto... ma questa nuova apertura si comunica a noi solo attraverso i segni della salvezza.... La teologia della liturgia è in modo particolare teologia dei simboli che ci legano a Colui che è al contempo presente e nascosto.. Prendiamo parte alla liturgia celeste, sì, ma questa partecipazione si comunica a noi attraverso i segni terreni che il Redentore ci ha mostrato come spazio della sua realtà."

    Se pensi che Ratzinger non sia attendibile per la tua fede adulta, ti cito anche Papa Wojtyla:
    Ecclesia de Eucharistia:
    25. "Il culto reso all'Eucaristia fuori della Messa è di un valore inestimabile nella vita della Chiesa... Spetta ai Pastori incoraggiare, anche con la testimonianza personale, il culto eucaristico, particolarmente le esposizioni del Santissimo Sacramento, nonché la sosta adorante davanti a Cristo presente sotto le specie eucaristiche.
    È bello intrattenersi con Lui e, chinati sul suo petto come il discepolo prediletto (cfr Gv 13, 25), essere toccati dall'amore infinito del suo cuore."

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  10. la profezia iconoclasta del Concilio supera la lettera di dichi vuole tornare indietro: indietro no si torna
    indietro no si torna
    indietro no si torna
    indietro no si torna
    indietro no si torna
    indietro no si torna
    indietro no si torna
    indietro no si torna
    indietro no si torna
    indietro no si torna
    indietro no si torna

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  11. inopportuno, parla come mangi, cos'è la profezia iconoclasta del concilio. Dillo a un povero prete ignorante.

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  12. caro inopportuno di nome e di fatto, perché invece di argomentare pacatamente da persona civile, vai in giro a cospargere i blog di patetici anatemi rahneriani?
    Sei forse stato a scuola da Gabriele Paolini?

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  13. Inopportuno è un profeta, ma sta cercando disperatamente il suo esegeta perché quello che dice non l'ha capito neanche lui...

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  14. Io non m'intendo d'architettura, ma vedendo la foto della cappella delle carmelitane di San Remo progettata da Giò Ponti dove sia il "gioiello" non l'ho capito: ma se sembra la zona arrivi dell'aeroporto della mia città?
    Ma per favore!
    Certo, non è opprimente come la kaaba di Fuksas ma definirla un gioiello!

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  15. fa schifo.
    e purtroppo fa tendenza.
    la Chiesa parrocchiale vicino casa mia (a Roma quartiere EUR), dedicata a San Carlo Borromeo, verrà edificata sulla base delle stesse linee guida: un cubo.
    nel bollettino parrocchiale uno pseudo architetto l'ha descritto come un bellissimo locale ampio e luminoso ove la luce si irradia sui fedeli risultando elemento precipuo della struttura....
    se non è neolingua questa....

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  16. l'anonimo delle 15.05 sono io
    Barbalbero

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  17. "Ci ricorda molto un capolavoro assoluto, a nostro giudizio , ossia il Museo ebraico di Berlino, di Libeskind [...]" è come dire, trapattoniamente, "sono completamente d'accordo a metà".

    Ema - Cremona

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  18. Mi complimento con l'autore dell'articolo per la sua "buona volontà" nel discernere tra arte moderna accettabile e a. moderna "oscena".

    Il cubo di Fuksas fa certo parte dell'ultima categoria.

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