Di recente abbiamo ricordato le parole di mons. Graubner, sui giovani e la tradizione, ricolti a Papa Francesco (il 14 febbraio 2014, durante la visita ad limina, dei Vescovi Cechi) che suscitarono la risposta del Papa riguardo alla "moda" di seguire la liturgia antica.
Proponiamo una riflessione del Prof. Enzo Fagiolo, scritta per MiL, proprio sul tema:
I giovani e la tradizione cattolica
Il papa, dichiarò mons. Graubner alla
Radio Vaticana, come un recente articolo su ‘La Stampa’ ha ricordato, informato dai vescovi
della repubblica ceska della crescente attenzione dei giovani per la liturgia
tradizionale, ritiene sia comprensibile solo se prestata da parte delle vecchie
generazioni per natura passatiste, altrimenti, una ‘moda’ transeunte. Giudizio identico
a quello di tanta gerarchia che vuole
ignorare quella riflessione critica, che le nuove generazioni, in tutti i
campi, come sa chi è con loro tanti anni, hanno avviato sul fenomeno ‘sessantotto’
che ha strumentalizzato le giuste aspirazioni dei giovani tentando di annullare
quel patrimonio di valori, anche religiosi, su cui si fondava la loro vera libertà.
La pedagogia di molti sacerdoti, catechisti e ‘movimenti’, dal Concilio
in poi, è stata fondata sulla critica astiosa
alla tradizione della Chiesa che ha fatto propria, anticipandone l’applicazione,
l’ideologia della ‘rivoluzione culturale’ marcusiana e maoista, sfociata nel
‘regime assembleare’, applicato anche alla riforma liturgica, i cui inventori hanno
imposto anche le ‘mode’, a cominciare da Bugnini che organizzava nelle chiese di
Roma le Messe rock, a manomettere presbiteri, a sostituire il vero canto che proclama il testo sacro con il
‘chitarrista liturgico’ e a volere i luoghi di culto come autorimesse e
supermercati, definiti dal card. Ravasi “capolavori
di orrore”, i quali danno ai quartieri delle periferie un angosciante
aspetto di scristianizzazione. I giovani sono stati formati per essere strumenti di
quella ideologia, la quale incentiva i loro comportamenti ludici imposti dal
consumismo, rinunciando ad una educazione religiosa fondata sul vero e sul
buono. Ricordo un parroco marista (?!) romano, il quale alla domanda di alcuni
ragazzi della prima comunione su come
utilizzare un rosario che era stato loro regalato per l’occasione, rispose: “ datelo alla vostra nonna, quando non ha
niente da fare se vuole lo userà “.
Papa Benedetto XVI, vero maestro di giovani perché con essi ha vissuto in
comunione spirituale nello studio, ha notato il loro interesse per la liturgia
tradizionale facendone un motivo importante del suo Motu proprio. P. Nuara ha intitolato il suo movimento ‘Giovani e
tradizione’. E sono soprattutto i giovani che contestano una riforma
liturgica, fonte di deviazioni dottrinali, di cosiddetti abusi etc, la
quale doveva essere“ rapida e radicale”
(chiaro?), come un certo p. Falsini, della commissione postconciliare, affermò in
un’intervista, pubblicata su ‘ Toscana oggi’ del 2007, condita di insulti a papa Benedetto per un Motu
proprio “incomprensibile”. Le critiche
dei cardinali Ratzinger, Biffi, Arinze,
Antonelli e Stickller e tanti altri esimi studiosi laici, paradossalmente
anche indifferenti alla fede, verso una
liturgia creativa e arbitraria, furono e
sono ignorate dalla maggior parte della gerarchia faziosa e/o adeguata. Il
card. Burke ha scritto: “Il senso
euforico postconciliare di costruire una Chiesa nuova …favoriva un
atteggiamento perfino di ostilità verso la disciplina perenne della Chiesa…negligenze ed abusi nella celebrazione
della divina liturgia, nella formazione dei sacerdoti e consacrati,
nell’organizzazione della catechesi e scuole cattoliche”, e l’insigne
gregorianista benedettino p. Baroffio: “E’
stato un vero colpo di mano di chi ha finito per essere il più forte,
abbagliato dal populismo e da uno scarso senso pastorale”.
I
novatori, ‘ ispirati’: “ come se il
divino Paraclito fosse a loro disposizione”, come lamentò perfino Paolo VI, riconoscibili
dai loro frutti, si sottraggono ad una valutazione critica di quanto è avvenuto
nella Chiesa nell’ ultimo mezzo secolo e tentano di giustificare il proprio
operato, anche con rozze punizioni a seminaristi e giovani sacerdoti (vedi la
triste vicenda dei Francescani dell’Immacolata), che si avvicinano alla
liturgia tradizionale per apprenderla almeno in proprio. Una minoranza di preti
fanatici allevati nel post-Concilio, divenuti ‘qualcuno’, prima ha insultato i
confratelli più anziani perché legati alla tradizione, obbligandoli alle novità
e, poi, iniziato a perseguitare quelli più giovani che la vogliono conoscerla. Vi
sono dei sacerdoti restii alle richieste di seminaristi e neo sacerdoti di servire la
Messa tradizionale, per non creare loro dei problemi con i
superiori.
Molti
giovani, aspiranti o meno al sacerdozio,
provengono da studi universitari e avendo
maturato un’autonomia di giudizio, non possono non criticare l’impoverimento e
la dottrina superficiale ed equivoca che
si propina loro e il disprezzo di quei mezzi di evangelizzazione che la Chiesa, con successo, ha utilizzato
per millenni e che esaltano, secondo una
antropologia fondata sulla fede, i doni che il Creatore ha dato all’uomo
e che solo a Sua gloria devono tornare. Essi, non accettano più, anche sulla
guida di testimonianze e di studi seri e documentati, il pretesto che il novus ordo missae sia stato previsto dalla costituzione Sacrosantum concilium. La gerarchia,
sempre più in difficoltà, cerchi di imparare da questi giovani che sono tra i
migliori, come Tommaso, il quale, nel suo sermone Puer
Jesus, ha scritto: “nessuno può
crescere così bene in sapienza come quando partecipa agli altri ciò che sa ed, inoltre, da ragione su ciò che sa”.