L’Istituto per le Opere di Religione (IOR), noto a tutti come la “Banca del Vaticano”, è al centro di un dibattito che tocca il futuro della finanza cattolica e il suo ruolo nel mondo. L’evento svolto a Londra lo scorso 12 novembre ha un titolo molto chiaro negli intenti, Mensuram Bonam. Lo stesso del documento della Pontificia Accademia delle Scienze Sociali firmato da Papa Francesco nel 2022. Il presidente Jean-Baptiste de Franssu non fa misteri e guida l’Istituto con l’ambizioso obiettivo di consolidare un sistema finanziario cattolico globale, capace di competere con modelli come la finanza islamica. Una visione audace e condivisibile, ma la sua strategia solleva non pochi interrogativi: da un lato, garantire una coerenza rigorosa con la Dottrina Sociale della Chiesa (DSC); dall’altro, evitare che compromessi con ideologie globaliste o pratiche estranee snaturino la missione della cosiddetta “finanza cattolica”. Ma procediamo per punti.
Una visione ambiziosa, ma fragile. Il progetto di de Franssu, che riprende chiaramente il documento Mensuram Bonam in recenti interventi pubblici, mira a costruire un ecosistema di investimenti cattolici su scala globale, facendo rete anche con attori più piccoli (ad es., realtà come The Tithe Value). la Tuttavia, questa visione, per quanto ambiziosa, sembra sottovalutare le difficoltà intrinseche di unire una pluralità di approcci nazionali e culturali. La stessa Chiesa Cattolica fatica a trovare un consenso uniforme su temi cruciali, come l’utilizzo dei combustibili fossili o il ruolo dell’energia nucleare. Tali disaccordi riflettono contraddizioni tra agende globali (si pensi al climatismo e al carbon free) e sensibilità locali (insostenibilità delle politiche green), e sollevano il rischio che il tentativo di armonizzazione si traduca in un livellamento al ribasso.
Il modello proposto appare ispirato – almeno nella strategia – alla finanza islamica, che gode di una chiara disciplina e di un’efficace organizzazione. Con 4 trilioni di dollari gestiti, la finanza sharia-compliant supera di gran lunga l’ecosistema cattolico, stimato in 1,6 trilioni. Tuttavia, imitare (eleggere a competitor) un sistema così diverso, fondato su principi teologici non compatibili con la DSC, potrebbe tradire l’identità cattolica. Il rischio è quello di adottare una logica meramente tecnica o manageriale, dimenticando la vocazione della Chiesa a essere “segno di contraddizione” nel mondo.
La trappola del globalismo. Uno degli aspetti più controversi della strategia di de Franssu è il ricorso ai criteri ESG (Environmental, Social, Governance) come parte integrante dei filtri applicati agli investimenti. Sebbene gli ESG siano promossi come standard etici, la loro natura politicamente influenzata è ormai evidente, specialmente in Nord America. Integrarli nei processi dello IOR rischia di compromettere la libertà della Chiesa, subordinandola a logiche globaliste che spesso contraddicono la DSC. Tanto per fare un esempio, l’ecologismo radicale sotteso a molti criteri ESG tende a subordinare l’uomo alla natura, ignorando la visione cristiana che vede l’ambiente come dono da custodire, ma sempre in funzione della persona umana. Allo stesso modo, l’enfasi sulla pianificazione finanziaria, spesso di matrice marxista, confligge con il principio cattolico di sussidiarietà, che promuove la libertà individuale e la responsabilità personale (vedi ad es., i modelli alternativi di Johm Horvat o Hunter Hastings).
Mensuram Bonam: un documento controverso. Pubblicato nel 2022 dalla Pontificia Accademia delle Scienze Sociali, Mensuram Bonam rappresenta una guida metodologica per gli investimenti coerenti con la fede cattolica. Esso propone criteri pratici per orientare la gestione patrimoniale verso il bene comune e la giustizia. Tuttavia, la sua impostazione suscita dubbi, gli stessi dell’impostazione unilaterale di questo pontificato. Da un lato, il testo riconosce l’importanza della DSC come bussola per gli investimenti; dall’altro, lascia spazio a interpretazioni che potrebbero favorire compromessi ideologici. Il rischio è che, nel tentativo di rendere il documento accessibile a una platea internazionale, si perda di vista la specificità della Tradizione cattolica. La presenza di concetti vicini al linguaggio ESG, ad esempio, potrebbe essere interpretata come un tentativo di adeguarsi a un’agenda globale piuttosto che di affermare una visione alternativa.
Le difficoltà operative dello IOR. De Franssu sottolinea con orgoglio il rigore dei filtri adottati dall’Istituto: oltre 200 criteri basati sulla DSC vengono applicati a un universo di 13.500 società, riducendo il numero di quelle investibili al 50%. Questo approccio, se da un lato garantisce coerenza, dall’altro evidenzia i limiti strutturali della finanza cattolica. La scarsa offerta di fondi gestiti secondo criteri rigorosamente cattolici rende difficile costruire portafogli che rispettino i principi morali della Chiesa. Inoltre, la gestione prevalentemente in house dello IOR solleva interrogativi sulla sua capacità di competere con i grandi player globali. La mancanza di benchmark (indicatori) specifici per la finanza cattolica e la difficoltà di trovare asset manager (gestori patrimoniali) qualificati rappresentano ostacoli significativi. De Franssu afferma che l’obiettivo è “stimolare il mercato”, ma il successo di questa strategia resta piuttosto incerto.
La trappola ideologica. Un altro aspetto critico è la possibilità che lo IOR venga accusato di fare politica, soprattutto in un contesto in cui il concetto di “investimenti etici” è spesso strumentalizzato. De Franssu sostiene che seguire i principi della DSC protegga da tali accuse, ma la realtà è più complessa. L’adozione di criteri ESG, ad esempio, potrebbe essere interpretata come un allineamento a un’agenda politica progressista, creando tensioni sia all’interno della Chiesa sia con il mondo laico. Cose che di fatto stanno già accadendo.
Quale futuro per la finanza cattolica? Nonostante le ambizioni di de Franssu, il futuro della finanza cattolica richiede un approccio più radicato nella Tradizione e meno incline ai compromessi. La Chiesa non può permettersi di sacrificare la sua libertà e la sua identità sull’altare del globalismo o del desiderio di competere con altri modelli. Come affermava Giovanni Paolo II nella Centesimus Annus, l’economia deve essere al servizio dell’uomo, non viceversa. In altre parole, lo IOR ha l’opportunità di guidare una riforma che riaffermi il primato della DSC, ma questo richiede coraggio e una visione chiara. L’obiettivo non deve essere quello di “adattarsi” al mercato, ma di offrire un’alternativa capace di ispirare e trasformare. La missione di consolidare la finanza cattolica mondiale è nobile, ma deve essere portata avanti con fedeltà alla Tradizione e una sana diffidenza verso compromessi ideologici. Solo così la Chiesa potrà essere davvero “luce del mondo” anche nell’ambito economico, offrendo una testimonianza coerente con il Vangelo e con la dignità dell’uomo.
Roberto
La brevità di un testo moltiplica il numero dei lettori. È la sintesi che vince. Comunque complimenti, bravo.
RispondiEliminaÈ proprio vero che ESG e SDGs rappresentano appieno la deriva globalista della finanza internazionale, ricchissima di greenwashing, cioè di falsità ideologiche che nel concreto difendono ancora gli interessi industriali di chi continua a inquinare l'ambiente (accentramento urbano, materiali sintetici, centralizzazione del potere agricolo...) La finanza cattolica in quanto finanza religiosa, non importa se venga o meno ad assomigliare a quella islamica se con essa condividesse quel poco di fondamentalismo dei valori che basti a decidersi per creare nuovi strumenti finanziari (sia fondi attivi che passivi e quindi anche nuovi benchmark importanti) che svolgano una selezione delle aziende umana. Per selezione umana intendo che la valutazione se le piccole, medie o grandi imprese facciano o meno del bene all'ecosistema e (spesso) di conseguenza alla persona umana (la salute fisica e mentale è necessaria per uno sviluppo spirituale) andrebbe svolta utilizzando il pensiero, coltivato appunto in seno alle teorie della DSC. L'abilità di trasformare dei valori sempre più invisibili in standard misurabili può richiedere di mettersi di fronte alle intuizioni più profonde che soltanto la grazia divina concede, dunque servono personaggi che abbiano una forza straordinaria per non farsi trascinare dalla corrente.
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