Post in evidenza

Echi tridentini (in cucina) - La 'ciambella dei Re Magi' e i 'cavallucci di Siena': alcuni dolci per l'Epifania - #echitridentini #epifania

Siamo in quella che un tempo era l'ottava dell'Epifania (che terminava il 13 gennaio con il Battesimo di Gesù, seconda Epifania di N...

giovedì 5 dicembre 2024

Quel Gesù che l’uomo d’oggi ha smarrito. Un’intervista inedita di Joseph Ratzinger

Grazie a Sandro Magister per questi stralci del nuovo volume dell'Opera Omnia di Joseph Ratzinger\Benedetto XVI.
Luigi C.

2-12-24

(s.m.) È in libreria da pochi giorni il terzo tomo del XIII volume dell’Opera Omnia di Joseph Ratzinger nella versione italiana, col titolo: “In dialogo con il proprio tempo”.
Il volume, di oltre 500 pagine, raccoglie 39 interviste date da Ratzinger (nella foto con il filosofo Jürgen Habermas) dal 1968 al 2004, molte delle quali mai divenute pubbliche in lingua diversa dall’originale tedesco.
Un estratto di una di queste interviste inedite è pubblicato qui per la prima volta nelle lingue italiana, francese e inglese, con l’autorizzazione della Libreria Editrice Vaticana.
L’intervista integrale occupa venti pagine del volume. E qui ne sono riprodotti i passaggi che riguardano tre questioni cruciali: i perché della crisi di fede nel nostro tempo, il conflitto tra il Gesù dei Vangeli e il Gesù “storico”, l’incomprensione della realtà vera del sacramento dell’Eucaristia, la Messa.

È interessante notare che alla fine di questa intervista, che è dell’autunno del 2003, un anno e mezzo prima della sua elezione a papa, Ratzinger annuncia che ha cominciato a scrivere un libro su Gesù, e che prevede di doverci lavorare “per tre o quatto anni”.

Annuncio confermato dai fatti. Il primo volume della sua trilogia su “Gesù di Nazaret” uscì in libreria nell’aprile del 2007, con la doppia firma di Joseph Ratzinger e Benedetto XVI, e con queste righe finali della prefazione:

“Ho potuto cominciare a lavorarci durante le vacanze estive del 2003. Nell’agosto del 2004 ho poi dato forma definitiva ai capitoli dall’1 al 4 […] e mi sono ora deciso a pubblicare come prima parte del libro i primi dieci capitoli, che vanno dal battesimo al Giordano fino alla confessione di Pietro e alla Trasfigurazione”.

Ecco una presentazione di quel primo volume, con la sintesi di ciascun capitolo e due estratti sulle tentazioni di Gesù nel deserto e sull’origine del Vangelo di Giovanni:


Ed ecco la prefazione di Ratzinger a quello stesso volume:


Tornando al volume ora pubblicato dell’Opera Omnia di Ratzinger, ecco dunque un estratto dell’intervista da lui data a Guido Horst per “Die Tagespost”, nell’autunno del 2003.

*
“Il vero Gesù è ancor sempre il Gesù che ci offrono i Vangeli”

di Joseph Ratzinger

D. – Fa parte spesso del “bon ton”, fra i cattolici coscienti della tradizione, parlare di una crisi di fede nella Chiesa. Ma non è stato da sempre così?

R. – Per prima cosa vorrei darle ragione. La fede del singolo credente ha sempre avuto le sue difficoltà e i suoi problemi, i suoi limiti e la sua misura. Su questo non possiamo giudicare. Ma, nella situazione spirituale di base, per così dire, è avvenuto qualcosa di diverso. Fino all’Illuminismo, e anche oltre, era indubbio che dal mondo trasparisse Dio, era in qualche modo evidente che dietro a questo mondo stia un’intelligenza superiore, che il mondo, con tutto ciò che contiene – il creato con la sua ricchezza, ragionevolezza e bellezza – rispecchi uno Spirito creatore. E c’era anche, al di là di tutte le divisioni, la fondamentale evidenza che nella Bibbia Dio stesso ci parla, che in essa egli ci ha rivelato il suo volto, che Dio ci viene incontro in Cristo. Mentre allora vi era, diciamo, un presupposto collettivo per aderire in qualche modo alla fede – sempre con tutti i limiti e debolezze umane – e occorreva realmente una consapevole ribellione per opporsi, dopo l’Illuminismo è tutto cambiato: oggi l’immagine del mondo è esattamente capovolta.

Tutto, così sembra, è spiegato a livello materiale; l’ipotesi di Dio, come disse già Laplace, non è più necessaria, tutto viene spiegato tramite fattori materiali. L’evoluzione è diventata, diciamo, la nuova divinità. Non c’è alcun passaggio per il quale ci sia bisogno di un Creatore. Anzi, introdurlo sembra contrastare la certezza scientifica, e pertanto è qualcosa d’insostenibile. Parimenti ci è stata strappata di mano la Bibbia, in quanto ritenuta un prodotto la cui origine può essere spiegata storicamente, che riflette situazioni storiche, e non ci dice affatto ciò che si credeva di poter trarre da essa, che invece dev’esser stato tutt’altra cosa.

In una tale situazione generale, dove la nuova autorità – quella che viene chiamata “scienza” – interviene e ci dice l’ultima parola, e dove poi persino la divulgazione scientifica si dichiara da se stessa “scienza”, è molto più difficile accorgersi di Dio e soprattutto aderire al Dio biblico, al Dio in Gesù Cristo, accettarlo e vedere nella Chiesa la viva comunità di fede. In questo senso direi, sulla base dell’obiettiva situazione di coscienza, che c’è un altro punto di partenza, per cui la fede esige un impegno molto più grande e anche il coraggio di resistere ad apparenti certezze. Andare a Dio è diventato molto più difficile.

D. – La moderna esegesi biblica ha sicuramente contribuito molto a disorientare i fedeli. Molti commentari della Scrittura interpretano la fede delle prime comunità, ma non gettano più lo sguardo al Gesù storico e alle sue azioni. È frutto questo di una solida conoscenza scientifica della Bibbia, oppure è conveniente ritornare al Gesù storico?

R. – Bisogna farlo in ogni caso. Il problema dell’esegesi storico-critica è naturalmente gigantesco. Scuote la Chiesa, e non solo quella cattolica, da più di cento anni. Anche per le Chiese protestanti è un grosso problema. È molto significativo che nel protestantesimo si siano formate le comunità fondamentaliste, che contrastano tali tendenze al dissolvimento e hanno voluto recuperare integralmente la fede attraverso il rifiuto del metodo storico-critico. Il fatto che oggi crescano le comunità fondamentaliste, che abbiano successo in tutto il mondo, mentre le “mainstream Churches” versino in crisi, ci mostra le dimensioni del problema. Sotto molti aspetti noi cattolici stiamo meglio. Ai protestanti che si rifiutavano di accettare la corrente esegetica, in effetti, non restava altro che ripiegare sulla canonizzazione della lettera della Bibbia dichiarandola intoccabile. La Chiesa cattolica ha, per così dire, uno spazio più ampio, nel senso che la stessa Chiesa vivente è lo spazio di fede, che da una parte pone dei limiti, ma che, dall’altra, permette un’ampia possibilità di variazioni.

Una semplice condanna globale dell’esegesi storico-critica sarebbe un errore. Da essa abbiamo imparato un numero incredibile di cose. La Bibbia risulta molto più viva se si tiene conto dell’esegesi con tutti i suoi risultati: la formazione della Bibbia, il suo procedere, la sua interna unità nello sviluppo, eccetera. Dunque: da una parte la moderna esegesi ci ha dato molto, ma diventa distruttiva se ci si sottomette semplicemente a tutte le sue ipotesi e si eleva a unico criterio la sua presunta scientificità.

Si è rivelato particolarmente devastante l’aver assunto nella catechesi le ipotesi dominanti mal assimilate, e che si siano considerate come l’ultimo grido della “scienza”. L’aver identificato ogni volta con la “scienza” l’esegesi del momento, presentandola con grande clamore, e l’aver guardato a tale “scienza” come alla sola autorità valevole, mentre alla Chiesa non veniva attribuita più alcuna autorità, è stato il grande errore di questi ultimi quindici anni. Di conseguenza la catechesi e l’annuncio sono andati frammentandosi: o si son portate avanti le tradizioni, ma con scarsa convinzione, cosicché chiunque poteva infine vedere che si nutrivano dei dubbi in proposito, oppure si sono subito spacciati apparenti risultati come sicure voci della scienza.

In realtà, la storia dell’esegesi è un cimitero di ipotesi, che ogni volta rappresentano più lo spirito del tempo che la vera voce della Bibbia. Chi vi costruisce sopra troppo in fretta, troppo avventatamente, e prende questo per pura scienza, finisce per far naufragio, cercando magari una qualche tavola di salvataggio, che però può anche andare presto a fondo. Dobbiamo giungere a un quadro più equilibrato.

C’è una tensione che proprio oggi è di nuovo in atto: l’esegesi storico-critica è il sostegno dell’interpretazione e ci permette conoscenze essenziali e, come tale, va rispettata, ma deve anche essere criticata. Infatti proprio dei giovani esegeti, oggi, mostrano che nell’esegesi si nasconde un’incredibile dose di filosofia. Ciò che sembra rispecchiare solo fatti concreti e passa per voce della scienza è in realtà espressione di una determinata idea del mondo, secondo la quale, ad esempio, non può esserci risurrezione dalla morte, oppure Gesù non può avere parlato in questo modo o in quell’altro, e così via. Oggigiorno, proprio fra i giovani esegeti c’è la tendenza a relativizzare l’esegesi storica, la quale mantiene il suo significato ma reca in sé dei presupposti filosofici che devono essere criticati.

Perciò questo modo di interpretare il senso della Bibbia dev’essere integrato attraverso altre forme, soprattutto attraverso la continuità con la visione dei grandi credenti, che per tutt’altra strada sono giunti al vero, profondo nucleo della Bibbia, mentre la scienza apparentemente chiarificatrice, che ricerca solo fatti, è rimasta molto in superficie e non si è spinta fino alla ragione profonda che muove e tiene unita tutta la Bibbia. Noi dobbiamo di nuovo riconoscere che la fede dei credenti è un modo autentico di vedere e di conoscere, per pervenire così a un contesto più grande.

Due cose sono importanti: rimanere scettici nei confronti di tutto ciò che si propone come “scienza” e soprattutto prestare fiducia alla fede della Chiesa, che rimane l’autentica costante e ci mostra il vero Gesù. Il vero Gesù è ancor sempre il Gesù che ci offrono i Vangeli. Tutte le altre sono costruzioni frammentarie, in cui si rispecchia più lo spirito del tempo che non le origini. Anche da studi esegetici è stato analizzato quanto spesso le diverse immagini di Gesù non sono dati di scienza, ma piuttosto specchio di ciò che un certo individuo o un certo tempo ha ritenuto come risultato scientifico.

D. – Un parere personale: in un prossimo futuro cattolici e luterani si troveranno insieme all’altare?

R. – Umanamente parlando, direi di no. Un primo motivo è anzitutto la divisione interna delle stesse comunità evangeliche. Pensiamo solo al luteranesimo tedesco, dove ci sono persone con una fede molto profonda e anche ecclesialmente formata, ma pure un’ala liberale che, in ultima analisi, considera la fede come una scelta individuale e lascia svanire la Chiesa.

Ma, anche prescindendo da queste divisioni interne in ambito evangelico, ci sono anche differenze fondamentali fra le comunità sorte dalla Riforma del XVI secolo e la Chiesa cattolica. Se penso anche solo alla “brochure” ufficiale sulla “Cena” della Chiesa evangelica tedesca, vi sono due cose che indicano veramente una spaccatura molto profonda.

Da un lato vien detto che fondamentalmente ogni cristiano battezzato può presiedere l’Eucaristia. Oltre il Battesimo, pertanto, non ci sarebbe nessun’altra struttura sacramentale nella Chiesa. Ciò significa che, nell’ufficio episcopale e sacerdotale, non è riconosciuta la successione apostolica, che però già nella Bibbia risulta come forma costitutiva della struttura della Chiesa. La struttura del Canone neotestamentario – i “testi” del Nuovo Testamento – rientra in questo contesto. Il Canone non si è certo formato da solo. Ha dovuto essere riconosciuto. Per questo, però, era necessaria un’autorità legittimata a decidere. Quest’autorità non poté essere che quella apostolica, che era presente nell’ufficio della successione. Canone – Scrittura – successione apostolica, come anche ufficio episcopale, sono inscindibili.

Il secondo punto, nella “brochure”, che mi ha meravigliato è che vengono indicate le parti essenziali della celebrazione della Santa Cena. Ma non vi è traccia dell”Eucharistia”, la preghiera di consacrazione che non fu inventata dalla Chiesa ma deriva direttamente dalla preghiera di Gesù – la grande preghiera di benedizione della tradizione giudaica – e, insieme all’offerta del pane e del vino, rappresenta l’offerta costitutiva del Signore alla Chiesa. È grazie a essa che noi preghiamo nella preghiera di Gesù, e attraverso la sua preghiera – che fu il vero e proprio atto sacrificale compiutosi corporalmente sulla croce –, è presente il sacrificio di Cristo e l’Eucaristia è più di una cena.

Per questo la visione cattolica della Chiesa, come anche l’Eucaristia e tutto ciò che vien detto nella “brochure” della Chiesa evangelica tedesca sono chiaramente molto distanti. Dietro, poi, c’è il problema centrale del “sola Scriptura”. Jüngel, professore a Tubinga, lo riassume nella formula: il Canone stesso è la successione apostolica. Ma da dove lo conosciamo? Chi lo spiega? Ognuno per conto suo? Oppure degli esperti? In questo caso la nostra fede poggerebbe solo su ipotesi che non sostengono né in vita né in morte. Se la Chiesa non ha alcuna voce in capitolo, se essa non può dire nulla con autorità sulle questioni ultime della fede, allora non esiste, appunto, nessuna fede comunitaria. Si potrebbe cancellare, allora, la parola “Chiesa”, perché una Chiesa che non ci garantisce una fede comune non è Chiesa.

Pertanto, la fondamentale questione relativa a Chiesa e Scrittura è in ultima analisi una questione ancora presente e che non ha ricevuto risposta. Tutto ciò non esclude, peraltro, che i veri credenti si possano incontrare in una profonda prossimità spirituale, come io stesso posso continuamente sperimentare con gratitudine.

D. – Lei è anche decano del Collegio cardinalizio. Ha tuttavia speranza di potersi dedicare anche al suo lavoro personale? Se ne avesse tempo, quale questione teologica vorrebbe affrontare come la più urgente, quale potrebbe essere il titolo della pubblicazione corrispondente?

R. – Anzitutto, devo imparare sempre di più ad affidarmi a Nostro Signore, sia che abbia tempo sia che non l’abbia, perché con gli anni non si torna indietro. Ma in qualche modo, nelle ore libere che ci sono, benché raramente, tento di portare avanti qualcosa, a poco a poco. Nel mese di agosto ho cominciato a scrivere un libro su Gesù. Ne avrò sicuramente per tre o quattro anni, da come sembrano andare le cose. Vorrei dimostrare come, dalla Bibbia, ci venga incontro una figura viva e in sé armoniosa e come il Gesù della Bibbia sia anche un Gesù assolutamente presente.