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giovedì 10 ottobre 2024

Banche al servizio della persona. Quando il francescanesimo era colto #300denari

L’idea che la finanza moderna abbia radici nel pensiero cattolico, in particolare nell’eredità francescana, può sembrare sorprendente, ma un’analisi della storia economica e dei cambiamenti avvenuti nel Medioevo rivela una verità affascinante. Il contributo del pensiero francescano ha avuto un ruolo fondamentale nel ridefinire il legame tra etica ed economia, specialmente con l’introduzione della liceità del prestito a interesse legato all’economia reale. Fino alla creazione dei Monti di Pietà, istituti sopravvissuti fino ai nostri giorni attraverso quello che viene oggi chiamato micro credito.

Il ruolo dei francescani nello sviluppo di una concezione economica può apparire contraddittorio, dato che a suo tempo l’ordine scelse di rinunciare totalmente alla proprietà, sia individuale che collettiva. È ben conosciuto il “privilegium paupertatis” richiesto a Papa Gregorio IX da Santa Chiara d’Assisi, affinché il monastero delle clarisse di San Damiano potesse sostenersi unicamente attraverso le elemosine. Tuttavia, il contributo del pensiero francescano fu significativo e affrontò tematiche, come il rapporto tra economia reale e finanza, che sono oggi di grande rilevanza.

Nel XIII e XIV secolo, con l’espansione del commercio e della vita urbana, la Chiesa si trovò a dover affrontare nuove realtà economiche e sociali. In questo contesto, i francescani – guidati da figure come Pietro di Giovanni Olivi e San Bernardino da Siena – svilupparono un pensiero innovativo sull’uso del denaro. Essi posero le basi per una finanza che fosse non solo funzionale allo sviluppo economico, ma anche eticamente orientata al bene comune. Questo approccio si fondava su un concetto chiave: il denaro, pur essendo uno strumento per generare ricchezza, doveva essere impiegato per promuovere il benessere della società e dei corpi intermedi, non per il semplice arricchimento personale.

Il prestito a interesse, inizialmente visto come una forma di usura e quindi vietato dalla dottrina cattolica, venne gradualmente accettato grazie a una distinzione fondamentale introdotta dai teologi francescani. Essi riconoscevano la liceità dell’interesse solo quando il capitale veniva utilizzato in attività economiche produttive, capaci di generare un beneficio reale e tangibile. Quindi né mera speculazione, né una donazione tout court. Questo principio gettò le basi per l’istituzione dei Monti di Pietà, un’innovazione economica che nacque proprio grazie all’iniziativa dei francescani e che mirava a fornire credito a condizioni eque, volto a creare valore e combattere il problema dell’usura.

I Monti di Pietà non erano semplici istituzioni di beneficenza, ma vere e proprie banche solidali, che offrivano prestiti a tasso basso garantiti da pegni. L’idea alla base era che il credito potesse sostenere lo sviluppo economico, aiutando chi voleva avviare un’attività o superare difficoltà temporanee, senza cadere nelle mani degli usurai. In questo modo, i francescani introdussero un nuovo modello economico, basato sulla reciprocità e sulla fiducia, che legava il prestatore e il debitore in un contratto orientato al bene comune. La loro azione non si limitava a combattere l’usura, ma mirava a sviluppare un’economia al servizio della persona, radicata nella comunità e finalizzata al progresso sociale. Come sottolineato dal professor Bezzicchi, il pensiero francescano integrava tre sfere: quella economica, quella governativa e quella evangelica, tutte orientate verso la fraternità e la reciprocità. Questa visione risuona oggi più che mai, in un’epoca in cui la finanziarizzazione dell’economia ha portato a una visione riduttiva e distorta dei fenomeni economici, focalizzata sul profitto a breve termine e sulla concentrazione della ricchezza.

Riscoprire oggi l’utilità di simili strumenti, significa rimettere l’attenzione al bene comune e alla possibilità di generare valore. Offrire un’alternativa all’assistenzialismo di Stato da un lato e all’egoismo del capitalismo finanziario dall’altro. Due derive che dimenticano le esigenze di persone e comunità reali. L’eredità di questo francescanesimo colto ci ricorda che il denaro, quando usato in modo etico e responsabile, può essere un motore di sviluppo economico e sociale. E i Monti di Pietà ne sono un esempio lampante: istituzioni finanziarie capaci di coniugare efficienza economica e giustizia sociale, basate sulla fiducia personale e sull’impegno per il bene comune. Un modello che affonda le sue radici nel Medioevo, e che ci offre un valido spunto per ripensare il ruolo della finanza oggi e orientarla nuovamente verso la costruzione di una società più giusta e più libera.


Roberto
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