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giovedì 5 dicembre 2019

I grandi protagonisti della musica sacra romana. Tredicesimo"Medaglione": Paolo Agostini

Pubblichiamo il tredicesimo contributo che il Maestro Aurelio Porfiri ha donato a MiL: 
il primo, su Palestrina, QUI,
il secondo, su Orlando di Lasso, QUI,
il terzo su de Victoria QUI,
il quarto QUI su G. M. Nanino,
il quinto QUI su Domenico Massenzio da Ronciglione e le aggregazioni laicali,
il sesto QUI su Cristobal de Morales,
il settimo su Giuseppe Ottavio Pitoni QUI ,
l'ottavo su Gregorio Allegri QUI),

il nono su Giuseppe Baini   QUI.
Il decimo su  Gaetano Capocci QUI.
L'undicesimo su Giovanni Aldega QUI.
Il dodicesimo su  Giacomo Carissimi QUI.
I nostri lettori possono anche leggere QUI una riflessione sulla musica sacra del Maestro  e QUI un articolo dedicato a S. Cecilia.
Luigi

LA SEMPLICITÀ DEL COMPLESSO

Non molti hanno sentito parlare di Paolo Agostini (1583-1629), nato a Vallerano, nei pressi di Viterbo. Fu nella scuola dei fratelli Nanino, come abbiamo visto uno snodo importante della scuola romana, l’ascendenza palestriniana. Punto importante della scuola dei fratelli Nanino era la chiesa di San Luigi dei Francesi, di cui diressero la rinomata cappella musicale. Paolo Agostini fu studente e cantore in questa chiesa e rimarrà legato ai Nanino anche per motivi familiari, sposando la figlia di Giovanni Bernardino, Vittoria. Fu attivo nella Basilica di Santa Maria in Trastevere, in San Lorenzo in Damaso e infine nella Basilica di San Pietro in Vaticano.

Silvana Simonetti disse di lui: “Nella sua vasta produzione, parzialmente edita, l'artificiosità barocca del contrappunto, caratteristica del suo tempo, resta equilibrata da una schietta e geniale invenzione, e "dalla chiarezza, e naturalezza tanto nella Melodia di ciascuna delle Parti, che nell'Armonia formata dalla loro unione" (G. B. Martini). Le sue Messe a quattro e a dodici voci ci offrono il meglio della sua arte, così come talune altre composizioni sacre, come, ad es., l'Agnus Dei, ad otto voci in due cori, l'Adoramus Te Christe, a quattro voci, O bone Iesu, a quattro voci, ecc., sono stimate documenti ed esemplari di arte contrappuntistica”.  Importante quanto attribuito al padre Martini, perché nella musica la complessità è veramente grande quando sfocia nella naturalezza, che è semplicità. Il teorico John Case, nella sua Apologia Musices, tam vocalis quam instrumentali et mixtae ebbe a dire: “MVSICA naturae filia, [Boethius de musica liber 1. capitulum 1. Musicae prior definitio. in marg.] morum magistra, animorum domina et moderatrix (quam diuinam in sphaeris, humanam in imis corporibus, organicam in instrumentis posuimus) non ineptè à Theophrasto definitur numerosa et harmonica rerum omnium in theatro totius mundi proportio [7] quâ motus, ordo, vires, naturae, formae, quasi fides ac nerui suauitèr inter se consonant, dulcique primae causae veluti ictu percussa, chorum cantumque [Aristoteles liber de Mundo. in marg.] coelestem fundunt”. La musica è figlia della natura, nel senso che l’artificiosità che la contraddistingue non deve divenire vana complicanza, ma ricerca di ritorno all’originario.

Non possiamo negare che in alcuni autori del barocco musicale romano ci fu una artificiosità fine a se stessa, un desiderio di sfoggio per vanità o orgoglio. Ma quello che è stato osservato da padre Martini su Paolo Agostini dovrebbe servirci come orientamente fondamentale del nostro giudizio, cercare la semplicità nella complessità, ricongiungersi alla Sapienza originaria ed originante attraverso il sacrificio di se stessi nella fatica e nello studio. Le cose belle non vengono gratuitamente, ma sono il frutto di fatica, frustrazioni e rinunce. Autori come questo ne sono un esempio.


Aurelio Porfiri