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LO SGUARDO FISSO A DIO, Tomás Luis de Victoria
Stavo rivedendo su YouTube dei video di una interessante trasmissione trasmessa da Sat2000 e che si chiama “Ai confini del sacro”. In questa trasmissione si indaga su apparizioni, veggenti, fenomeni soprannaturali che molto spesso erano solo frutto di suggestione, inganno, truffa. L’intento di questa trasmissione è quello di distinguere fra questi fenomeni e quelli autentici, le apparizioni e i fenomeni su cui la Chiesa si è pronunciata in modo favorevole. Quello che mi ha colpito in questi brevi episodi, era la marea di gente che cerca consolazione in queste cose, milioni e milioni di persone solo nel nostro paese. Questo mi fa riflettere sul fatto che del “sacro” c’è veramente bisogno e talvolta viene fruito anche in modo distorto, come per i casi di cui parlavo sopra.
Un rapporto privilegiato con il sacro lo hanno i mistici. Il mystikos greco sembra derivare da myein che significa “chiudere, tacere”. Ma questo tacere, questa ricerca del silenzio, non è in contraddizione con la musica, che nella sua forma suprema è proprio una ricerca di un silenzio più alto. Certamente questo era quello che cercava Tomás Luis de Victoria (1548-1611), il terzo grandissimo musicista rinascimentale con Palestrina e Orlando di Lasso. Dalla nativa Spagna fu spedito adolescente a Roma per prepararsi al sacerdozio. Fu in questa città secondo alcuni allievo del Palestrina, di cui avrà grande ammirazione. Nato vicino ad Avila, sembra essere stato in gioventù in contatto con la grande Teresa, riformatrice carmelitana. E certamente in lui si avverte questo misticismo spagnolo, questo fervore intenso che si percepisce nella sua musica. Questo era Roma, che sapeva sintetizzare i fermenti internazionali provenienti dal nord con il misticismo intenso di matrice iberica. Questa sintesi si compiva nelle chiese di Roma, grazie all’opera di maestri straordinari come quelli che andiamo presentando.
Victoria compose circa 20 Messe, un ufficio per la Settimana Santa e uno per i defunti e numerosi mottetti. Basta pensare ad uno dei più conosciuti (con l’Ave Maria), O Magnum Mysterium, pezzo dì intensità veramente soprannaturale in cui ci si inginocchia musicalmente davanti al mistero dell’incarnazione di Nostro Signore. Oppure Iesum tradidit impius, “Gli uomini malvagi tradirono Gesù e lo consegnarono nelle mani dei sommi sacerdoti e degli anziani del popolo...”, un racconto musicale venato da un dolore profondo ma sempre circoscritto e sublimato in un sentire mistico più alto. Sembra sentire echeggiare proprio il grido di Santa Teresa d’Avila nel suo Cammino di Perfezione: “Oh, mio Redentore, il mio cuore non può giungere a tanto, senza sentirsi spezzare dalla pena! Che cos’è oggi questo atteggiamento dei cristiani? Possibile che a perseguitarvi siano sempre coloro che più vi devono? Coloro ai quali concedete le vostre migliori grazie, che scegliete per vostri amici, fra i quali vivete e ai quali vi comunicate con i sacramenti? Non sono essi sazi dei tormenti che avete patito per loro?”.
Victoria è stato senz’altro uno dei vertici della scuola romana, un sacerdote che sapeva comporre in ginocchio sempre con gli occhi fissi a Dio. Un compositore che ha saputo farsi romano ma senza perdere la propria specificità spagnola. Roma, proprio perché forte nella sua identità cattolica, malgrado le inadeguatezze degli uomini, sapeva accogliere e integrare ciò che di buono veniva da fuori. Non era un accogliere di per se stesso, in condizioni di debolezza e di sfavore, ma un integrare in una scuola che era già fiorente e i cui maestri erano visti come modelli in giro per il mondo.
Aurelio Porfiri
Belli e interessanti questi profili delineati dal Maestro Porfiri, tuttavia, come sacerdote dell'Oratorio di San Filippo Neri, devo benevolmente lamentare l'assenza appunto di questa significativa figura di santo nei profili del Palestrina e del De Victoria. Non dimentichiamo che il Palestrina fu figlio spirituale di San Filippo e spirò tra le braccia del santo. Il sacerdote Thomas Luìs De Victoria condivise per un periodo la vita comunitaria con San Filippo presso la chiesa di San Girolamo della Carità a Roma (vicino piazza Farnese) che fu la culla dell'Oratorio prima del trasferimento della Congregazione alla chiesa di Santa Meria in Vallicella (il De Victoria non fu mai oratoriano ma appunto condivise per un po' di tempo una esperienza di vita comune con San Filippo e altri sacerdoti, esperienza da cui poi nacque la Congregazione dell'Oratorio). La grande tradizione musicale dell'Oratorio Filippino (che darà origine appunto alla forma musicale detta "Oratorio") è senza dubbio interconnessa sia con la musica del Palestrina, sia - anche se in minor misura - con quella del De Victoria, come d'altronde con la musica di tanti altri autori dell'epoca (Animuccia, Anerio, Soto De Langa, ecc...) che in un modo o nell'altro gravitavano attorno all'Oratorio e alla figura di San Filippo Neri.
RispondiEliminaTornare ai vecchi canti di CHiesa....
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