Pubblichiamo il secondo contributo che il Maestro Aurelio Porfiri ha donato a MiL (il primo, su Palestrina, QUI).
Continuiamo nella una serie di "Medaglioni" sui grandi protagonisti della musica sacra della scuola romana, visto che, purtroppo, non ne parla quasi più nessuno.
Ringraziamo di cuore l'amico Autore per questo contributo su Orlando di Lasso.
L
L’ANIMA E LA CARNE
Nella triade dei compositori che vengono indicati come l’apice della scuola romana del rinascimento, l’epoca d’oro, c’è il fiammingo Orlando di Lasso (1530/32-1594).
Fa sorridere come alcuni accusino questa scuola romana di essere chiusa, gretta, poco internazionale ma infatti due dei tre vengono da fuori Italia (l’altro, Victoria, era spagnolo). Insomma, credo che bisognerebbe rivedere tanti pregiudizi. In effetti Orlando di Lasso ha avuto una educazione veramente italiana ma in un contesto di vita internazionale che lo ha visto servire in varie corti e paesi come a Mantova, in Sicilia, a Milano, a Firenze, a Napoli, a Monaco e via dicendo, oltre che naturalmente a Roma.
Fa sorridere come alcuni accusino questa scuola romana di essere chiusa, gretta, poco internazionale ma infatti due dei tre vengono da fuori Italia (l’altro, Victoria, era spagnolo). Insomma, credo che bisognerebbe rivedere tanti pregiudizi. In effetti Orlando di Lasso ha avuto una educazione veramente italiana ma in un contesto di vita internazionale che lo ha visto servire in varie corti e paesi come a Mantova, in Sicilia, a Milano, a Firenze, a Napoli, a Monaco e via dicendo, oltre che naturalmente a Roma.
Guido Pannain questo ci dice del suo soggiorno romano: “A Roma ebbe agio di frequentare
un ambiente musicale che, accanto a quello veneziano, appare come il più interessante del suo tempo. Il Palestrina era, allora, nel pieno della sua attività: uno dei suoi più notevoli libri di messe apparve proprio nel 1554 e non c'è dubbio che Orlando abbia dovuto conoscere e stimare il maestro”. Già, non ci dovrebbe essere dubbio che fra due grandi di quel tipo, se non la simpatia umana (che non possiamo escludere) ma almeno la considerazione artistica dovrebbe essere stata grande. Certo le differenze non erano secondarie, anche perché il nostro fiammingo fu prolifico compositore in tanti generi al contrario del Palestrina che predilisse quello sacro. Orlando fu maestro al Laterano e certamente quell’ambiente avrà avuto una influenza importante anche nel suo modo di comporre. Pannain, parlando della sua attività a Monaco negli ultimi anni della sua vita dice: “Nei primi tempi anche a Monaco l'arte di Orlando conserva il medesimo indirizzo degli anni precedenti. Il piacere di vivere e le gioie della natura danno il segno predominante a ogni sua manifestazione; l'ispirazione profana si manifesta anche nelle espressioni della sua musica religiosa. Il madrigale e la villanella fanno sentire la loro efficacia anche nei mottetti e nelle messe”. Poi, ci sarà un mutamento alla ricerca di una spiritualità più intensa.
un ambiente musicale che, accanto a quello veneziano, appare come il più interessante del suo tempo. Il Palestrina era, allora, nel pieno della sua attività: uno dei suoi più notevoli libri di messe apparve proprio nel 1554 e non c'è dubbio che Orlando abbia dovuto conoscere e stimare il maestro”. Già, non ci dovrebbe essere dubbio che fra due grandi di quel tipo, se non la simpatia umana (che non possiamo escludere) ma almeno la considerazione artistica dovrebbe essere stata grande. Certo le differenze non erano secondarie, anche perché il nostro fiammingo fu prolifico compositore in tanti generi al contrario del Palestrina che predilisse quello sacro. Orlando fu maestro al Laterano e certamente quell’ambiente avrà avuto una influenza importante anche nel suo modo di comporre. Pannain, parlando della sua attività a Monaco negli ultimi anni della sua vita dice: “Nei primi tempi anche a Monaco l'arte di Orlando conserva il medesimo indirizzo degli anni precedenti. Il piacere di vivere e le gioie della natura danno il segno predominante a ogni sua manifestazione; l'ispirazione profana si manifesta anche nelle espressioni della sua musica religiosa. Il madrigale e la villanella fanno sentire la loro efficacia anche nei mottetti e nelle messe”. Poi, ci sarà un mutamento alla ricerca di una spiritualità più intensa.
Ma in effetti nella musica del grande fiammingo si avverte quella joie de vivre, intensa e non opposta alla vera spiritualità cattolica. Pensiamo al mottetto a 4 voci Iubilate Deo, in cui la gioia che emana dal testo liturgico si fonde con una frenesia ritmica che si fa palpabile specialmente in certi punti del brano e che sembra quasi invitare alla danza. C’è una dinamica di anima e carne, una dinamica che è profondamente cristiana e spirituale quando essa si mette sulla strada insegnata nel Cantico dei Cantici, in cui l’amore umano, anche in senso carnale, viene trasfigurato in quello divino.
Giovanni Paolo II, nell’udienza generale del 23 maggio 1984, proprio commentando il Cantico dei Cantici, osservava: “Le parole d’amore, pronunciate da entrambi, si concentrano dunque sul “corpo”, non solo perché esso costituisce per se stesso sorgente di reciproco fascino, ma anche e soprattutto perché su di esso si sofferma direttamente e immediatamente quell’attrazione verso l’altra persona, verso l’altro “io” - femminile o maschile - che nell’interiore impulso del cuore genera l’amore. L’amore inoltre sprigiona una particolare esperienza del bello, che si accentra su ciò che è visibile, ma coinvolge contemporaneamente la persona intera. L’esperienza del bello genera il compiacimento, che è reciproco. “O bellissima tra le donne . . .” (Ct 1, 8), dice lo sposo, e gli echeggiano le parole della sposa: “Bruna sono ma bella, o figlie di Gerusalemme” (Ct 1, 5). Le parole dell’incanto maschile si ripetono continuamente, ritornano in tutti e cinque i canti del poema. Ad esse fanno eco espressioni simili della sposa”. Certamente, l’amore sprigiona una particolare esperienza del bello che va dal visibile all’invisibile.
A questo forse pensava Orlando quando componeva la sua Missa Entre vous filles a 5 voci dispari, pubblicata nel 1581, una Messa basata su una canzone popolare di Clemens non Papa dal contenuto sessualmente esplicito, in cui viene esaltata la bellezza femminile nei suoi aspetti più concreti: “Entre vous filles de XV ans, ne venes plus a la fontaine, car trop aves les yeulx frians, tetin poignant...”. Eppure nella Messa di Orlando di Lasso tutto è completamente trasfigurato nella più intensa contemplazione spirituale.
Cosa dire ancora di questo grande fiammingo? Certamente non può essere isolato dalla figura del grande Palestrina, il faro e modello di tutti. Ancora Pannain ci dice: “Altro punto importante, nel considerare la figura di Orlando di Lasso, è quello della sua posizione storica nei confronti del Palestrina. Più che nel ricercare quale sia superiore tra l'uno e l'altro, la qual cosa non è agevole stabilire per le grandi figure della storia, la vera differenza tra il carattere e l'importanza artistica di queste due personalità sta nel vario contenuto spirituale dell'arte di entrambi. Tanto sull'uno quanto sull'altro ha esercitato efficacia lo spirito del Rinascimento, ma in relazione a due psicologie decisamente diverse. Nel sentimento religioso del Palestrina è viva la tradizione medievale, il Rinascimento gli dà figura d'individuo, è un soffio nuovo che suscita faville di bellezza da un contenuto profondamente religioso, che dà forma e personalità al sentimento estatico venutogli dal religioso Medioevo. Orlando di Lasso, invece, fu un prodotto diretto degli avvenimenti attuali e della cultura contemporanea; tutto, in lui, è vivente e del giorno. Attinse a tutte le fonti della bellezza, alla natura e alla contemplazione intellettuale. Fu un musicista michelangiolesco, mentre in Palestrina la somma delle esperienze medievali può far pensare a qualche aspetto della poesia dantesca”. Certo, può essere una analisi interessante seppur non dobbiamo considerare il Palestrina come rappresentante di un mondo passato, ma certamente come un modello per l’avvenire.
Il nostro fiammingo fu un esempio di musicista internazionale ma con una identità italiana, romana e cattolica, ben definita. Un esempio di come la musica può essere grande, immensa, quando sempre più a fondo ha sposato le esigenze del rito cattolico, la sua profonda teologia e spiritualità.
Aurelio Porfiri
Un présent sans passé n'a pas d'avenir. (Fernande Braudel)
RispondiEliminaPuisque c'est une citation française, je vous dirais "Anonimo" qu'il faut faire une exception pour "l'homme aux semelles de vent" qui n'a pas seulement marqué une grande étape de la poésie française, mais qui, parce qu'il était "un mystique à l'état sauvage" fut honoré par le grand poète Claudel tant apprécié des Italiens (v. ce qu'en dit la correspondance posthume sur Arthur Rimbaud présentée par Jean-Jacques Lefrère, édité chez Fayard ; j'ai lu notamment un commentaire d'Ernesto Giacomo Parodi).
EliminaMais c'est une exception qui confirme la règle posée par Fernand Braudel.
Merci encore à "Messa in latino" qui nous présente d'excellents extraits de conférences ou d'études si rares aujourd'hui dans notre pays pour comprendre les fondements de notre belle religion.... la seule vraie !
Henri Courivaud
(facoltà di giurisprudenza, Lione)
Merci, Henri. (Fernand Braudel, non Fernande, pardon).
EliminaJe vous en prie, cher ami !
EliminaJe regrette beaucoup que notre président de la République s'exprime en des termes très méprisants pour les dirigeants actuels de votre pays. La réaction des lecteurs de "messa in latino" le montre : ce sont les Italiens qui sont ainsi méprisés, et pourtant Dieu sait s'ils sont nombreux, comme vous, à aimer la France.
La ringrazio per il suo commento.
Evviva La Francia e l'Italia, entrambi Nazioni sorelle che dovebbrero riconescere più che mai il regno dei Cristo Re !
A tra poco
Henri