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giovedì 11 ottobre 2018

I grandi protagonisti della musica sacra romana. Quinto "Medaglione": Domenico Massenzio da Ronciglione e le aggregazioni laicali

Pubblichiamo  il quinto contributo che il Maestro Aurelio Porfiri ha donato a MiL (il primo,  su Palestrina, QUI, il secondo, su Orlando di Lasso, QUI, il terzo su de Victoria QUI, il quarto QUI su G. M. Nanino).
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Quando pensiamo alla musica sacra, la nostra mente va a volte al ruolo che il clero ha verso di essa. In realtà il clero ha un ruolo certo importante, ma non meno importante è stato il ruolo svolto in passato da alcune aggregazioni laicali come per esempio le confraternite.

Mi veniva da pensare a tutto questo leggendo il bel libro di Antonella Nigro, “Domenico Massenzio da Ronciglione. Il sublime discreto” (Rugginenti), un testo che intende far luce su questo musicista nato nel Viterbese nel 1585 e morto a Roma, dove fu attivo per tutta la vita, nel 1657. Un libro che consiglio per avere una visione della vita musicale romana del tempo e per aderire ad un progetto veramente significativo dell’editore Rugginenti, che comprende anche l’opera omnia del Massenzio.


Autore cresciuto all’ombra delle cappelle musicali romane, come quella di San Luigi dei Francesi dove fu puero cantore, allievo di Giovanni Bernardino Nanino, abbeveratosi a quella scuola e tradizione conquistando la dottrina dei suoi grandi predecessori attraverso la pratica quotidiana del fare musica, fu musicista agguerrito e padrone di una pratica della musica che nelle contingenze attuali abbiamo completamente perso.

Dopo la sua esperienza a San Luigi dei Francesi fu attivo anche al Gesù e a Santa Maria in Via Lata, sulla attuale via del Corso, dove fu beneficiato (era sacerdote) e dove verrà sepolto.

Saverio Franchi così ne parla nella sua voce sul nostro per la Treccani: “Come compositore il M. visse un’età di transizione – dalla polifonia osservata allo stile concertato – e, seguendo la formazione avuta da B. Nanino, adottò una via mediana di «concertato alla romana», con significativi recuperi dalla tradizione contrappuntistica. Nelle sue raccolte mottettistiche, calibrate e con felici ricerche di disposizioni vocali e di rapporto con il testo, spicca la sua capacità di scrivere per i diversi organici praticati all’epoca: a voce sola, nell’assetto oggi detto «small force polyphony» (2-3 voci), in quello classico a 4 e più voci. Dal secondo libro il M. coniuga l’uso di ritmi declamatori di gusto moderno con tecniche contrappuntistiche più raffinate, tratte dalla tradizione; un mottetto a sei voci del terzo libro (O admirabile commercium) è condotto in aperto confronto con quello omonimo di G.M. Nanino, come prova della propria maturità compositiva (Morche, p. 232). Ancora più notevole appare la sua produzione di salmi, con ben otto raccolte a stampa a vario numero di voci; nonostante egli dichiari nell’op. 11 di dedicarsi a opere «di stile grave antico», anche i salmi sono composizioni concertate, con efficace alternanza di passi monodici e polifonici, suddivisioni della massa sonora (così ancora nell’op. 17), effetti d’eco (notevoli nell’op. 10 e nel mottetto Congratulamini pubblicato in un’antologia del 1643). Lo stesso si può dire per le litanie e per il Completorium op. 8, in cui il Nunc dimittis è un bell’assolo di soprano seguito dal «tutti» a otto voci”.

Fu molto attivo al Gesù, come detto, presso quella Congregazione de’ Nobili ancora oggi esistente, nata alla fine del XVI secolo per iniziativa dei Gesuiti e con una speciale devozione per la Vergine Maria. Per questa congregazione Massenzio compose e diresse “scelta musica”, come la sua bella “Ave Regina Coelorum” che si può anche ascoltare su YouTube. Antonella Nigro menziona nel libro citato in precedenza come la congregazione sostenesse spese ingenti per dare splendore alla liturgia, come del resto faceva la vicina Confraternita del Crocifisso in san Marcello al Corso o la Confraternita del Santissimo Sacramento e di Maria SS.ma del Carmine in Trastevere di cui sono stato archivista e di cui ho potuto consultare le spese per attività liturgico musicali. Pensiamo anche, rimanendo a Trastevere, alle attività musicali nella stupenda Chiesa di Santa Maria dell’Orto retta da un’altra confraternita laicale. La dignità del culto non dipendeva dall’essere o no sacerdoti, clero e laici concorrevano nel rendere a Dio il culto nello splendore che è a Lui dovuto. E le confraternite gareggiavano per avere i musici migliori, le composizioni più adeguate, l’apparato liturgico più splendente. Come esempio di questo, per rimanere alla Madonna dell’Orto già citata, basta vedere la macchina per l’esposizione del Santissimo ancora oggi usata nei giovedì santi, meraviglia ammirata da gente proveniente da Roma e fuori.

Insomma, il culto (con la sua musica) voleva dire cultura, fare e essere anche promotori di grande cultura, non rincorrendo faticosamente mode transitorie.

Aurelio Porfiri

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