Pubblichiamo il decimo contributo che il Maestro Aurelio Porfiri ha donato a MiL:
il primo, su Palestrina, QUI,
il secondo, su Orlando di Lasso, QUI,
il terzo su de Victoria QUI,
il quarto QUI su G. M. Nanino,
il quinto QUI su Domenico Massenzio da Ronciglione e le aggregazioni laicali,
il sesto QUI su Cristobal de Morales.
il settimo su Giuseppe Ottavio Pitoni QUI ,
l'ottavo su Gregorio Allegri QUI),
il nono su Giuseppe Baini QUI.
il primo, su Palestrina, QUI,
il secondo, su Orlando di Lasso, QUI,
il terzo su de Victoria QUI,
il quarto QUI su G. M. Nanino,
il quinto QUI su Domenico Massenzio da Ronciglione e le aggregazioni laicali,
il sesto QUI su Cristobal de Morales.
il settimo su Giuseppe Ottavio Pitoni QUI ,
l'ottavo su Gregorio Allegri QUI),
il nono su Giuseppe Baini QUI.
I nostri lettori possono anche leggere alcuni recenti interventi del Maestro Porfiri QUI sulla cd Messa dei Giovani, QUI una sua intervista sul canto gregoriano nel NOM e QUI sul Kyrie.
Luigi
LEGGERE LA CONTEMPORANEITÀ
Il secolo diciannovesimo, per la musica sacra a Roma, è uno dei periodi meno studiati. In una conversazione di qualche tempo fa con il noto musicologo Professor Agostino Ziino, questo fatto è venuto fuori con tutta la sua evidenza. Parlavo con lui per menzionare uno studio che andava facendo e che ora è pubblicato in una raccolta a cura dell’Istituto di Bibliografia Musicale e che riguardava il romano Gaetano Capocci (1811-1898), uno dei protagonisti assoluti di quel periodo, uno dei pochi di cui rimangono alcune cose eseguite in qualche liturgia, come “Nostra Signor del Sacro Cuore” (o Immacolata), “Vita dolcissima”, “Dolce cuor del mio Gesù” e poco altro. Ma egli compose una quantità ingente di musica sacra, oggi per la massima parte non più in uso nemmeno in sede concertistica e non pubblicata. Se cercate il suo nome su YouTube trovate qualcosa del più noti figlio Filippo, ma pochissimo di suo. Eppure molte delle sue cose meriterebbero di essere riscoperte.
Nasceva a Roma, nel cuore della città, accanto alla Chiesa nuova fondata da San Filippo Neri. Qui sarà attivo anche musicalmente ma il suo magistero più lungo e importante sarà come Maestro di San Giovanni in Laterano, carica che ricoprirà per decenni. Fu onorato da un Breve di Pio IX che lodava la sua musica. Una musica che denota una profonda conoscenza della composizione ma anche una certa influenza del linguaggio operistico, un linguaggio che si era ampiamente diffuso nelle composizioni per la liturgia, provocando la reazione in vari settori ecclesiastici con le iniziative dei movimenti ceciliani che culmineranno con l’iniziativa di san Pio X che pubblicherà un fondamentale Motu Proprio il 22 novembre 1903 proprio per riformare la musica sacra, un documento che sarà il manifesto della rinascita di una musica sacra più adeguata alla liturgia.
La musica di Gaetano Capocci era musica vera, a volte di qualità elevatissima, ma a volte non sfuggiva proprio a quelle inflessioni di stile che denotano il linguaggio dell’opera, che in quel secolo era veramente sulla bocca di tutti, dalle classi alte a quelle più povere. La sua cantabilità, così tipica dello stile italiano, a volte non riusciva proprio a distinguersi da quella che su richiedeva nei teatri. Fu chiesta un’opinione ai musicisti romani sulla necessità di una riforma, e Capocci diede una risposta interessante, dicendo che forse era necessario rivedere certe cose ma non per dare spazio solo al passato. Forse pensava a coloro che suggerivano nella liturgia l’uso esclusivo del canto gregoriano e della polifonia rinascimentale, che la Chiesa ha sempre riguardato come modelli supremi ma non esclusivi. Anche in tempi recenti abbiamo avuto maestri che hanno saputo coniugare il rispetto della Tradizione con il confronto con la contemporaneità. Nel diciannovesimo secolo l’opera monopolizzava un poco tutto, ma non per questo bisognava rinunciare a confrontarsi con il proprio tempo. Una sfida che certo ci riguarda anche oggi.
Aurelio Porfiri