Continuiamo a proporvi importanti e qualificati contributi sull’«Instrumentum laboris» per la Prima Sessione della XVI Assemblea Generale Ordinaria del Sinodo dei Vescovi, reso noto martedì pomeriggio (su MiL QUI, QUI, QUI, QUI, QUI, QUI, QUI e QUI).
Di seguito riportiamo l’articolo di Luis Badilla, pubblicato martedì 20 giugno sul blog Il Sismografo.
L.V.
È stato pubblicato oggi il corposo «Documento di lavoro» (Instrumentum Laboris) che servirà come base per lo sviluppo del prossino Sinodo dei vescovi, la XVI assemblea, che si svolgerà ad ottobre prossimo (Prima sessione). Questo testo sarà l’anima dell’evento. Nella versione italiana sono oltre 50 cartelle. È un testo non facile da decodificare per il grande pubblico anche se, è noto, si tratta di un documento indirizzato, principalmente, ai membri dell’assemblea composta a stragrande maggioranza da vescovi, quindi persone con livelli culturali medio-alto. Dietro questo testo si vede subito che c’è un grande lavoro di elaborazione e preparazione, di redazione e allestimento, ma purtroppo non è per nulla innovativo, rinnovato, consono con i tempi attuali e futuri, con il mondo che nascerà dopo la fine della guerra in corso in cui si affrontano le medesime superpotenze della Guerra fredda.
Seppure la parola «sinodalità» è presente nel testo quasi 40 volte non viene mai definita, tutto al più viene descritta in modo fumoso. Inoltre questo documento potrebbe portare una data di 15-20 anni fa. Decisamente è un testo datato, scontato, senza mistica. È anche un testo fortemente clericale, purtroppo.
Il linguaggio è puntiglioso, molto curato, e il vocabolario è piuttosto ricco. I concetti chiavi, non pochi, vengono spiegati in modo poco articolato. In alcuni casi questi concetti vengono espressi quasi fossero delle sentenze, anche quando non si capisce bene cosa si vuole dire. Alla fine della lettura del documento si ha la sensazione di essere stato seduto davanti ad un accademico altezzoso, desideroso di ascoltare se stesso.
Ovviamente non è un testo per i fedeli, ma già questo limite è indicativo per prevedere lo svolgimento dell’incontro e del dibattito che si aprirà già da oggi.
Le prime reazioni della stampa sul documento anticipano il classico déjà vu degli ultimi Sinodi dedicati due volte alla famiglia (2014-2015), ai giovani (2018) e all’Amazzonia (2019), e cioè i temi che non mancano mai da quasi 10 anni ma sui quali non si raggiunge nessuna risoluzione.
Sono le questioni di sempre e quelle sulle quali si discute da molti anni: sacerdozio femminile, chiesa e persone LGBTQI+, sacerdozio per diaconi sposati, più apertura e rilevanza a donne e laici, presbiterato, clericalismo, pedofilia, formazione del clero, celibato opzionale, diaconato femminile e via dicendo.
Sono gli stessi temi con cui si sono aperti e chiusi tutti questi ultimi Sinodi. Naturalmente, si dirà – e sarà un altro déjà vu – che si parla di riforme radicali, vere rivoluzioni, avvio di una nuova era… Si dirà che la Chiesa ora è sinodale, però non cambierà nulla. Qualcuno troverà un’altra nuova parola da mettere in giro per un paio di anni. Abbiamo già conosciuto altre parole rivoluzionarie, oggi tutte cadute nell’oblio. Da oggi si parlerà, discuterà e scriverà fino al giorno della pubblicazione del Documento finale il cui seme si vede già nel documento presentato oggi.
E poi?
Poi comincerà la preparazione per la Seconda sessione del 2024. La Prima sessione sarà dimenticata come si sono dimenticati gli ultimi Sinodi.
Qualcuno, magari nel Sinodo, dirà: cari fratelli forse è arrivata l’ora di riformare questa istituzione che Papa san Paolo VI creò 58 anni fa. Sarebbe una svolta.
Resta con noi Signore!
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