L’Instrumentum Laboris dell’ormai imminente Sinodo sulla sinodalità è rapidamente diventato l’argomento ecclesiale del momento, suggerendo numerosi interventi sui social e, più ampiamente, nel web.
Il tema può essere affrontato da molteplici punti di vista, non escluso quello comico, come MiL ha messo in evidenza qui. Nello stesso tempo, un testo così liquido (lo ha spiegato bene Stefano Fontana: ved. qui) può indurre simultaneamente al silenzio e alla logorrea, essendo possibile sia non avere nulla da replicare all'inafferrabile, sia predicare di tutto e di più a suo riguardo.
Vorrei partecipare anch’io a questo gioco: nella speranza che possa quantomeno aiutare a sopportare una situazione che, comunque la si veda, rappresenta una delle massime espressioni della capacità autodistruttiva della Chiesa contemporanea. Tutto ciò tenendo sempre presente, nonostante l’asprezza di quanto dirò, che una delle più sicure prove della indefettibilità e della divinità della Sposa di Cristo è proprio la sua inconcussa capacità di resistere alla furia devastatrice - id est al peccato - dei suoi stessi membri, fedeli e pastori.
Cercherò di prendere spunto da alcune osservazioni in cui mi sono imbattuto in questi giorni.
Catholic Sat pubblica lo scorso 20 giugno questo tweet: «Sembra che [l’Instrumentum Laboris] sia il culmine e il prodotto di lobby progressiste ben organizzate che si sono impegnate nel processo. Le preoccupazioni e i desideri dei cattolici liberali riempiono il documento, con la completa assenza di qualsiasi preoccupazione o desiderio dei cattolici più conservatori. Questo è un problema di credibilità per l'intero processo»*.
È del tutto corretto sottolineare il dato, ed evidenziare il «problema di credibilità» che ne deriva. Ma la questione non si arresta alla credibilità del Sinodo. C’è dell’altro.
È indiscutibile, infatti, che l’Instrumentum sia un monologo unilaterale e autoreferenziale**, che esprime solo il punto di vista di una minoranza decisamente esigua, ma detentrice di un potere largamente sproporzionato rispetto alla sua rappresentatività reale del corpo complessivo della Chiesa; e che questa minoranza ignori completamente, tamquam non essent (come se non esistessero) le idee, le convinzioni e le preoccupazioni di una significativa quota di Cattolici. Forse anch’essi sono minoritari, in termini assoluti; ma in termini relativi sono con ogni probabilità ben più numerosi della base di riferimento dei pochi sinodanti. A fronte di una maggioranza assoluta di fedeli ignari o indifferenti, passivamente adagiati sulle decisioni delli superiori, e sostanzialmente non interessati alle sorti della Chiesa, la maggioranza relativa dei Cattolici «più conservatori» (per dirla con Catholic Sat) è completamente ignorata, perché - e ciò è enormemente grave - viene sostanzialmente negata la loro stessa dignità di battezzati: essi non hanno titolo né diritto di essere ascoltati (e tralasciamo che l’Instrumentum è tutto un peana ad inclusività ed ascolto: la cosa attiene al côté comico della faccenda).
Anche l’idea - sostenuta dai Cardinali Hollerich e Grech in risposta ad una coraggiosa domanda di Diane Montagna*** - che dottrina e accoglienza siano due variabili indipendenti (pure al netto della sostanziale elusione della questione sulla verità che tale atteggiamento sottintende, come ha notato Luisella Scrosati: ved qui), rappresenta una mera petizione di principio ideologicamente orientata, che esprime un punto di vista parziale, riferibile a una sola, minuta parte (ma forse converrebbe dire fazione) di Cattolici, il cui scopo evidente è approfittare quanto più possibile del contingente favore dei vertici ecclesiali, di cui attualmente godono.
Il risultato di questa situazione è l’ennesima manifestazione di quel tragico scollamento dalla realtà che sta facendo precipitare la chiesa istituzionale non solo nell’irrilevanza storica, politica e culturale, ma soprattutto - ciò che preoccupa davvero - nella completa afasia spirituale.
Pensare che il focus dei Cattolici del terzo millennio sia puntato sull’accoglienza degli LGBT, sul clero uxorato, sul diaconato femminile, sulle unioni poligamiche e, dulcis in fundo, sulla custodia del creato, tanto da mettere in secondo piano la fame sacramentale e il bisogno sempre più insoddisfatto di santificazione che stanno davvero inquietando i fedeli (spingendone una quota crescente a ricercare chissà dove e chissà da chi le risposte che troppi preti e Vescovi non sembrano più disposti a dare loro), costituisce un terrificante esempio di accecamento morale e intellettuale.
Non basta. Autoconfinandosi, in tal modo, in un universo ecclesiale che, molto semplicemente, non esiste, i vertici della gerarchia persistono a coltivare una realtà puramente virtuale: ciò che rende la gran parte delle loro decisioni espressione irragionevole, e talora addirittura spietata, di puro e cieco esercizio del potere per il potere. È scontato fino al limite della banalità citare, in proposito, la guerra insensata scatenata contro la liturgia tradizionale.
Questo spaventoso, ennesimo episodio di disconnesione dalla realtà produce, come abbiamo visto, un vasto popolo di esclusi. Si tratta di un’esclusione che non è solo - diciamo così - sociologica, ma che tocca la dignità stessa dei fedeli respinti, che vengono come condannati alla trasparenza. Esistono, non lo si nega; ma lo sguardo dei potenti della Chiesa li attraversa come se fossero di vetro, forse auspicando che alla soppressione visiva faccia presto seguito quella reale. Sono come ultrasuoni: l’orecchio della gerarchia non li percepisce e, dunque, essa governa la Chiesa come se non ci fossero. Se nella Chiesa sinodale la voce dello Spirito si discerne dialogando (mi pare che l’Instrumentum dica così), azzittire un interlocutore - anzi, molti interlocutori - dovrebbe significare azzittire lo Spirito; e il problema non dovrebbe potersi risolvere, semplicisticamente, rendendo impercettibili le voci che dicono cose sgradite ai potenti.
Che ne sarà, dunque, di questo popolo di esclusi? È difficile dirlo. Per ora possiamo solo dire ciò che non ne sarà, come dimostrano tanti segnali confortanti (il riferimento al recente pellegrinaggio di Chartres è puramente voluto: ved. qui): non diventerà un popolo di sbandati. Nessuna retorica del piccolo gregge, nessuna chiesa autocostituita, nessuna deriva “palmariana”****, nessun cedimento a sedevacantismi vari; al contrario, una sicura perseveranza nel coltivare ciò che Vaclav Havel chiamava il potere dei senza potere: il bisogno insopprimibile di “vivere nella verità”, che oggi si declina anche come “vivere nella realtà”, e che, inaspettatamente, deve essere praticato non solo nel mondo profano, ma addirittura nella Chiesa. È forse poco, al momento, ma è imprescindibile: è ciò in cui dobbiamo essere accompagnati e sostenuti dai tanti sacerdoti e dai (temo non tanti…) Vescovi che non hanno perso il senso del loro ministero; ed è la base su cui costruire anche un’azione più concreta, forse addirittura organizzata, alla quale la Provvidenza potrebbe volerci chiamare in futuro, se riusciremo a purificare anche la pur giusta indignazione che al momento rischia, putroppo, di travolgerci.
ER
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* La traduzione è nostra. Ecco il testo originale: «It seems that it is the culmination and the product of well organised progressive lobbies that have engaged with the process. The concerns and wants of liberal Catholics fill the document, with the complete absence of any of the concerns or wants of more conservative Catholics. This a problem of credibility for entire process».
** Si guardino le note apposte all’Instrumentum: su 19, 10 rinviano a discorsi o documenti di Papa Francesco, 2 sono meramente esplicative, 1 rinvia allo stesso documento, 2 rinviano alla XV Assemblea Generale Ordinaria del Sinodo dei Vescovi, del 2018, 1 rinvia alla Lettera Iuvenescit Ecclesia, del 2016, 1 al Vademecum ecumenico del 2020; solo le due restanti rinviano all’enciclica di S. Giovanni Paolo II Ut Unum Sint del 1995, e all’Istruzione Varietates legitimae del 1994. Quanto alle citazioni inserite direttamente nel testo, al netto dei dati scritturali, troviamo che esse rinviano variamente: a 7 testi del Concilio Vaticano II (unico Concilio ecumenico citato), a 2 testi di S. Giovanni Paolo II; a 5 testi di papa Francesco; al Documento preparatorio del Sinodo; al Documento di Lavoro per la Tappa Continentale del Sinodo; allo stesso Instrumentum Laboris.
*** Come segnala un ulteriore tweet del già citato Catholic Sat, «alla conferenza stampa per l'Instrumentum laboris del Sinodo dei vescovi sulla sinodalità, @dianemontagna chiede perché l'insegnamento della Chiesa sulla morale sessuale è in discussione. Il cardinale Hollerich afferma che l'insegnamento della Chiesa non è in discussione, ma solo come essere accoglienti. Il cardinale Grech dice che la Chiesa è stata troppo giudicante, e dovremmo lasciare il giudizio al Signore» (la traduzione è nostra. Ecco il testo originale: «At Presser for the Instrumentum Laboris of the Synod of Bishops on Synodality, @dianemontagna asks why is Church teaching on sexual morality up for discussion? Cardinal Hollerich says Church teaching is not up for debate, only how to be welcoming. Cardinal Grech says the Church has been too judgmental, and we should leave the judgement to the Lord»). Qui il tweet di Diane Montagna in proposito: «parlare “dell'insegnamento della Chiesa” al Sinodo di ottobre “non è nostro compito né nostra missione. Parliamo solo per accogliere tutti coloro che vogliono camminare con noi, dice il Cardinale Jean-Claude Hollerich all'odierna conferenza stampa sul suo nuovo documento di lavoro» (anche questa traduzione è nostra. Questo è il testo originale: «Speaking “about the Church’s teaching" at the October Synod “is not our task & not our mission. We just speak to welcome everybody who wants to walk with us. That is something different,” says Cardinal Jean-Claude Hollerich at today’s #Vatican presser on its new working document»).
**** Il riferimento, un po’ folcloristico (lo ammetto), è alla Chiesa Cristiana Palmariana dei Carmelitani del Santo Volto, una chiesa sostanzialmente scismatica inserita tra i movimenti cosiddetti conclavisti.