Continuiamo a proporvi importanti e qualificati contributi sull’«Instrumentum laboris» per la Prima Sessione della XVI Assemblea Generale Ordinaria del Sinodo dei Vescovi, reso noto martedì pomeriggio (su MiL QUI, QUI, QUI, QUI, QUI, QUI, QUI, QUI, QUI, QUI e QUI).
Di seguito riportiamo l’articolo – nella traduzione del blog Korazym.org – del giornalista ed analista Phil Lawler, pubblicato martedì 20 giugno sul sito CatholicCulture.org.
L’autore evidenzia che il documento di lavoro per il Sinodo «si vanta ripetutamente della varietà e dell’ampiezza della consultazione, rallegrandosi per il numero di domande che sono state sollevate piuttosto che cercare risposte» ed afferma che «in altre parole gli organizzatori del Sinodo hanno deciso che bisogna stare al gioco prima di definire le regole. Questo è un processo che si presta alla manipolazione».
E conclude che «se il Sinodo sulla sinodalità segue la guida dell’Instrumentum laboris, e trascura le questioni fondamentali per concentrarsi sulle questioni scottanti, è destinato al fallimento».
Con l’autore ci domandiamo allora: nella Conferenza Stampa di martedì, il card. Jean-Claude Hollerich S.I. ha affermato: «Noi non parliamo dell’insegnamento della Chiesa. Non è questo il nostro compito e non è la nostra missione». OK, ci rinuncio. Qual è la vostra missione, allora?
L.V.
“Una Chiesa sinodale è una Chiesa in ascolto”, proclama l’Instrumentum laboris, il documento preparatorio del Sinodo sulla sinodalità. Il tema dell’ascolto – dello Spirito Santo, delle persone, dei bisognosi, dei disamorati – è il messaggio dominante di questo documento. Ascoltare è essere sinodali, e la sinodalità è la meta annunciata dell’intero processo di questo Sinodo.
Ma cos’è la sinodalità? Questa è la domanda che papa Francesco ha posto al Sinodo. Ai Vescovi che si riuniranno a Roma in ottobre (insieme ai non vescovi che, curiosamente, rappresenteranno il 21 per cento dei votanti in questo “Sinodo dei Vescovi”) spetta il non invidiabile compito di definire quel termine, e spiegare come dovrebbe essere vissuto nella Chiesa.
Quindi, l’obiettivo del Sinodo è anche il tema del Sinodo; ai partecipanti viene chiesto di essere guidati da… la cosa che viene loro chiesto di spiegare. Questa è una ricetta per la confusione.
Cos’è la “sinodalità”?
L’Instrumentum laboris cerca di eludere questa confusione descrivendo la “sinodalità” come un processo, e affermando che il lungo processo di consultazione che alla fine ha generato questo lungo documento è esso stesso un esempio stellare di sinodalità: “Un termine tanto astratto quanto la sinodalità ha così cominciato a incarnarsi in un’esperienza concreta”.
Forse è così. Ma fino a quando non avremo definito cos’è la sinodalità e come funziona, come possiamo essere sicuri che le riunioni preparatorie ne incarnassero le virtù? L’Instrumentum laboris risponde indirettamente a questa domanda dicendo che i partecipanti a quel processo a volte lo trovavano esilarante. “Per molti la grande sorpresa è stata l’esperienza di essere ascoltati dalla comunità, in alcuni casi per la prima volta…”.
Bene: alcune persone sentivano che le loro voci venivano ascoltate. Ma come potremmo sapere se sono state ascoltate le voci giuste, che queste voci rappresentavano i movimenti dello Spirito Santo per guidare la Chiesa? Piuttosto che rispondere a questa domanda, l’Instrumentum laboris si vanta ripetutamente della varietà e dell’ampiezza della consultazione, rallegrandosi per il numero di domande che sono state sollevate piuttosto che cercare risposte.
La sinodalità, come è stata tradizionalmente intesa, implica il modo in cui la Chiesa, in quanto istituzione, risolve le questioni. Un Sinodo è un incontro in cui i prelati discutono questioni di dottrina o politica. Quindi la sinodalità è un processo, non un programma. Ma questo Sinodo sulla sinodalità, sin dal suo inizio, è stato progettato per sollevare nuove questioni di dottrina e di politica (e per far rivivere quelle vecchie), nell’apparente convinzione che discutendo questioni controverse, in qualche modo impareremo come dovremmo discuterne. In altre parole gli organizzatori del Sinodo hanno deciso che bisogna stare al gioco prima di definire le regole. Questo è un processo che si presta alla manipolazione.
Un processo di autocelebrazione
L’Instrumentum laboris ritrae questo Sinodo come un momento di svolta nella storia della Chiesa Cattolica ed esalta la visione di papa Francesco, che ha stabilito il tema e approvato i parametri di un processo sinodale senza precedenti lungo ed esaustivo. “Il Popolo di Dio è in movimento da quando papa Francesco ha convocato l’intera Chiesa in Sinodo nell’ottobre 2021”, si legge nel paragrafo iniziale del documento.
La prima sezione dell’Instrumentum laboris riassume alcuni dei risultati più importanti delle deliberazioni iniziate nel 2021, con incontri prima a livello locale, poi diocesano, poi nazionale e infine continentale. Ovviamente sarebbe impossibile trasmettere tutti i pensieri che sono stati condivisi in tutti quegli incontri, ma l’Instrumentum laboris fornisce una rapida panoramica:
Il percorso compiuto finora, e in particolare la tappa continentale, ha permesso di identificare e condividere anche le peculiarità delle situazioni che la Chiesa vive nelle diverse regioni del mondo: dalle troppe guerre che insanguinano il nostro pianeta e richiedono di rinnovare l’impegno per la costruzione di una pace giusta, alla minaccia rappresentata dai cambiamenti climatici con la conseguente priorità della cura per la casa comune; da un sistema economico che produce sfruttamento, disuguaglianza e “scarto” alla pressione omologante del colonialismo culturale che schiaccia le minoranze.
Questi temi, che gli autori dell’Instrumentum laboris ci dicono riassumono le preoccupazioni dei Cattolici di tutto il mondo, coincidono perfettamente con i temi che papa Francesco tratta nelle sue dichiarazioni pubbliche: la pace nel mondo, il cambiamento climatico, la disuguaglianza economica. Anche i termini usati nell’Instrumentum laboris – come “cultura dello scarto” e “colonialismo culturale” – potrebbero essere stati presi da discorsi papali.
Assenti in modo evidente dall’Instrumentum laboris, d’altra parte, sono le preoccupazioni che avrebbero potuto essere espresse dai Cattolici di mentalità tradizionale, come la prevalenza del divorzio, o l’accettazione dell’aborto legale, o il declino della riverenza nella liturgia eucaristica.
Una preferenza per il cambiamento
L’Instrumentum laboris riconosce l’esistenza di “alcunetensioni” all’interno della Chiesa. Ma coerente con il suo approccio generale, il documento rifiuta di affrontare tali tensioni direttamente, suggerendo invece un maggiore dialogo: “Non dobbiamo esserne spaventati, né cercare di risolverle a tutti i costi, ma impegnarci in un costante discernimento sinodale: solo in questo modo le tensioni possono diventare fonti di energia e non scadere in polarizzazioni distruttive”.
A volte, ammette l’Instrumentum laboris, le “tensioni” che erano evidenti nelle consultazioni preparatorie riguardano questioni di dottrina già risolte, come l’impossibilità di ordinare donne al sacerdozio cattolico. Tuttavia, anche in quei casi, il documento resiste all’idea che le questioni risolte potrebbero essere risolte:
Il fatto che su punti di questo tipo continuino a emergere domande non può essere liquidato sbrigativamente, ma deve essere oggetto di discernimento e l’Assemblea sinodale è un ambito privilegiato per farlo.
Il linguaggio usato in tutto il documento tradisce la stessa riluttanza a difendere la dottrina della Chiesa. La parola “omosessuale” non compare nell’Instrumentum laboris; invece gli autori usano “LGBTQ+”, abbracciando il termine preferito dai rivoluzionari sessuali. La parola “matrimonio” compare tre volte nel documento: due volte in riferimento alle unioni poligame, una volta ai matrimoni interreligiosi, mai al matrimonio cristiano. Parole come “peccato” e “redenzione” non si trovano da nessuna parte.
Forse la ragione di questo approccio va ricercata nell’affermazione dell’Instrumentum laboris secondo cui “la vita sinodale non è una strategia per organizzare la Chiesa, ma l’esperienza di poter trovare un’unità che abbracci la diversità senza cancellarla, perché fondata sull’unione con Dio nella confessione della stessa fede”. Ma cos’è questa fede condivisa, e come possiamo risolvere le domande su ciò che la fede richiede da noi?
Per definire il significato proprio e l’esercizio della “sinodalità”, dobbiamo prima capire quali sono i principi basilari, fondamentali, non negoziabili su cui si fonda la nostra fede Cattolica. Sulla base di quei principi – la dottrina della Chiesa – potremmo discernere un modo per risolvere le controversie che dividono. Se il Sinodo sulla sinodalità segue la guida dell’Instrumentum laboris, e trascura le questioni fondamentali per concentrarsi sulle questioni scottanti, è destinato al fallimento.
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