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sabato 24 giugno 2023

Riformare il Sinodo dei vescovi: più libertà vera, parresia autentica e meno autoreferenzialità

Continuiamo a proporvi importanti e qualificati contributi sull’«Instrumentum laboris» per la Prima Sessione della XVI Assemblea Generale Ordinaria del Sinodo dei Vescovi, reso noto martedì pomeriggio (su MiL QUIQUIQUIQUIQUIQUIQUI, QUI, QUI, QUI, QUIQUI).
Di seguito riportiamo l’articolo di Luis Badilla, pubblicato mercoledì 21 giugno sul blog Il Sismografo.
Una vera riforma della Chiesa sarebbe attualizzare e migliorare numerose norme del Sinodo, ma soprattutto cambiare radicalmente l’ottica dei suoi compiti e della sua missione al servizio del Papa. Il problema non riguarda una sua presunta natura democratica ma quello di essere un’assemblea blindata, teleguidata e controllata.

L.V.


Il Sinodo istituito quasi 60 anni fa da Papa san Paolo VI ha fatto il suo tempo. L’intuizione conciliare afferrata con lucidità da Papa Montini resta valida, integerrima, ma molti altri metodi e meccanismi con il passare dei decenni e dei Papi si sono deteriorati. Ormai è una assemblea episcopale fuori dallo spirito e dalle intenzioni alla base della sua creazione come istituzione centrale della Chiesa Cattolica. Lo stesso Pontefice nel motu proprio prevedeva la possibilità di introdurre riforme. «Con la Nostra autorità apostolica – si legge nella Apostolica Sollicitudo – erigiamo e costituiamo in questa alma Città un consiglio permanente di Vescovi per la Chiesa universale, soggetto direttamente ed immediatamente alla Nostra potestà e che con nome proprio chiamiamo Sinodo dei Vescovi. Questo Sinodo, che, come ogni istituzione umana, col passare del tempo potrà essere maggiormente perfezionato, è retto dalle seguenti norme generali».

Le norme generali del Punto 1 dicono:

Il Sinodo dei Vescovi, per il quale Vescovi scelti nelle varie parti del mondo apportano al supremo pastore della Chiesa un aiuto più efficace, viene costituito in maniera tale che sia:
a) una istituzione ecclesiastica centrale;
b) rappresentante tutto l’Episcopato cattolico;
c) perpetua per sua natura;
d) quanto alla sua struttura, svolgente i suoi compiti in modo temporaneo ed occasionale.

Si è «esaurita la spinta propulsiva» sinodale

Il Sinodo, nel tempo, gradualmente dal 1967 (anno della prima Assemblea sinodale), sfuma molte delle sue caratteristiche essenziali. Poco a poco perde importanza e visibilità al punto che spesso nella coscienza di molti cattolici si profila come un lungo elenco di date. Nient’altro.

Strada facendo, in quasi sei decenni, nel corso dei quali si sono svolti 16 Assemblee generali compresa questa che comincerà ad ottobre e numerosi altre tra Assemblee straordinarie, speciali o particolari, si sono solidificate molti meccanismi ormai inefficaci, autoritari e celebrativi, all’interno di una sorta di palinsesto dove i partecipanti – molti – si autocensurano, altri fanno la claque e pochissimi hanno il coraggio della parresia che lo stesso Papa Francesco rivolgendosi ai padri sinodali invitò a praticare (3 ottobre 2018). Disse: «Il Sinodo che stiamo vivendo è un momento di condivisione. Desidero dunque, all’inizio del percorso dell’Assemblea sinodale, invitare tutti a parlare con coraggio e parresia, cioè integrando libertà, verità e carità. Solo il dialogo può farci crescere. Una critica onesta e trasparente è costruttiva e aiuta, mentre non lo fanno le chiacchiere inutili, le dicerie, le illazioni oppure i pregiudizi. E al coraggio del parlare deve corrispondere l’umiltà dell’ascoltare» (Discorso di Papa Francesco).

Da molti anni l’Assemblea sinodale è un incontro blindato, formattato, teleguidato. È da tempo che in ogni assemblea è tutto già deciso con anticipo e i partecipanti sono scelti, nominati o eletti rispettando un format.

Non si tiene conto neanche minimamente delle voci critiche e tantomeno dissenzienti.

È vero che il Sinodo, come si è detto sempre sin dalla sua istituzione, non è un’assemblea parlamentare-democratica. Ma ciò non autorizza a farla diventare una pura e semplice scenografia mediatica, una passerella noiosa e senza attrattivo per il santo Popolo di Dio, che alla fine l’ignora, e ovviamente non può essere neanche un raduno corazzato.

Sinodo e pubblica opinione

Il rapporto dell’Assemblea sinodale con la stampa, con l’opinione pubblica, con il mondo cattolico, è stato sempre singolare. Anni addietro, c’era addirittura un sistema che controllava la sintesi degli interventi dei padri sinodali prima di consegnarli alla stampa, con tanto di matita rossa e blu. I membri del Sinodo hanno dovuto sempre rispettare norme severe nel rapporto con i media.

Se non si aprono le finestre del Sinodo, se si continua a farlo diventare un’assemblea di applausi, se tutto è autoreferenziale, il futuro di questa assemblea episcopale così necessaria e indispensabile per la Chiesa di oggi, sarà sempre più irrilevante, senza la minima capacità profetica. Naturalmente lo spirito di fare unità nella diversità perderà un sostegno vitale.

L’organizzazione, preparazione e realizzazione dei Sinodi ormai è diventato un insieme fortemente burocratico, qualcosa di «Vaticano-centrico», parola usata da Papa Francesco nel novembre 2013. Rispondendo a Eugenio Scalfari precisò: «La corte è la lebbra del papato (…) in Curia ci sono talvolta dei cortigiani, ma la Curia nel suo complesso è un’altra cosa. È quella che negli eserciti si chiama l’intendenza, gestisce i servizi che servono alla Santa Sede. Però ha un difetto: è Vaticano-centrica. Vede e cura gli interessi del Vaticano, che sono ancora, in gran parte, interessi temporali. Questa visione Vaticano-centrica trascura il mondo che ci circonda. Non condivido questa visione e farò di tutto per cambiarla. La Chiesa è o deve tornare ad essere una comunità del popolo di Dio e i presbiteri, i parroci, i vescovi con cura d’anime, sono al servizio del popolo di Dio. La Chiesa è questo, una parola non a caso diversa dalla Santa Sede che ha una sua funzione importante ma è al servizio della Chiesa».

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