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sabato 31 ottobre 2015

Sinodo: non due fazioni, ma due diverse visioni della fede

di Costanza Miriano
Non so chi abbia vinto o perso, e non so neppure se questa terminologia agonistica sia adatta all’uopo, ma quello che ho capito io è che al Sinodo si sono confrontate due visioni del mondo e della fede. Non ci sono arrivata subito, anche perché durante le tre settimane di dibattito nei circoli minori le notizie uscite all’esterno sono state poche (e io non sono una insider). Dopo avere seguito praticamente tutte le conferenze stampa mi sembrava, sì, di avere sentito voci estremamente diverse le une dalle altre, anche qualcosa che non mi tornava tanto a dire il vero (tipo la “misericordia verso il peccato”: io ero rimasta alla distinzione tra peccato e peccatore, ma, si sa, quanto a teologia io sto ferma al catechismo della prima comunione), però, nonostante la grande varietà di posizioni sentite ero certa che alla fine sarebbe arrivata una parola chiara e conclusiva. Quando finalmente è arrivata, questa benedetta relazione finale, mi ero messa tranquilla. Okay, le so tutte. Ho il Catechismo, pure in varie copie, cartonato e non, e tutto mi torna: a leggere i punti chiave mi pareva che non fosse cambiato niente nella dottrina su matrimonio e famiglia, e in più ero col cuore pieno di gioia per certe parole meravigliose sulla sessualità, la tenerezza, la castità, i metodi naturali, l’accoglienza alla vita, l’amore tra gli sposi, e anche per la comprensione della fatica che una famiglia fa a consistere.
Poi mentre ero ancora in Sala Stampa ho cominciato a leggere agenzie e titoli dei principali giornali italiani che ribaltavano completamente la lettura che avevo dato io, coi ben noti titoloni tipo “per un voto vince la comunione ai divorziati risposati”, mentre gli stranieri in contemporanea scrivevano che il Papa che “voleva aprire” era stato sconfitto (ma perché, il Papa tifava per la comunione-libera-tutti?). Come succedeva quando in tv i politici commentavano gli exit poll, all’improvviso sembrava che avessero vinto tutti. E ho cominciato a chiedermi chi avesse ragione, e a sognare che magari la Sala Stampa, che aveva prontamente e fermamente smentito la notizia del tumore del Papa, tirasse le orecchie anche ai titolisti che avevano a loro volta tirato il testo per la giacchetta, per farlo sembrare dalla loro parte.
Adesso, passato qualche giorno, penso che davvero, anche se la dottrina non è cambiata, nel testo ci sia la possibilità di vedere non chiaro qualche punto, per chi voglia trovare un’ambiguità nel testo. È stato un lavoro di sintesi di posizioni lontanissime tra loro, e credo che fosse inevitabile. D’altra parte non è un testo normativo, né dottrinale: è un consulto, in alcuni passaggi chiarissimo, come sull’omosessualità (eppure alcuni, singolarmente, avevano anche espresso posizioni contrarie al catechismo), un consulto di pastori che hanno detto la loro al Papa, adesso si tratta di vedere cosa deciderà lui. Credo che le gerarchie si stiano chiedendo come dialogare con un mondo che, soprattutto sui temi della sessualità e dell’affettività non potrebbe essere più lontano dagli insegnamenti della Chiesa. Il Papa ha scelto la sua parola d’ordine, misericordia. Niente novità nella dottrina, hanno risposto i padri sinodali, ma maggiore comprensione per i divorziati risposati, da valutare caso per caso. E nel modo in cui interpretare quel “da valutare”, mi sembra, possono dispiegarsi le due visioni della fede di cui accennavo all’inizio.

La prima direi che si possa grossolanamente riassumere così: il centro dell’annuncio che Cristo è venuto a portare all’uomo, prima ancora della sua risurrezione con il corpo, è la vita che lui può dare a noi, in Lui. Una vita ontologicamente diversa da quella solo umana, una venuta, quella di Cristo in noi, che ci guarisce della nostra doppiezza, incostanza, fragilità. Cristo è il medico che cura un uomo che sostanzialmente non è capace di bene da solo. Io sono la vite, voi i tralci. Senza di me non potete far nulla. E quindi ogni uomo si trova di fronte alla scelta, se aderire o meno alla vite, se stare attaccato come un tralcio a un Bene assoluto e oggettivo. Secondo questa visione del mondo chi decide di recidere ciò che lo teneva attaccato – come chi vive stabilmente e programmaticamente in modo contrario ai comandamenti – semplicemente è staccato. Non per un giudizio o per la cattiveria dei pastori, ma per la semplice constatazione di un dato di fatto. E se uno decide programmaticamente di rimanere staccato da Cristo, non ieri, che per le cose passate si può chiedere perdono, ma anche oggi e domani e prossimamente (come è per esempio di un divorziato risposato) non ha senso cercare un‘unione intima col corpo di Cristo che si è rotta e si vuol continuare a tenere rotta.

Questo non c’entra niente con un giudizio sul valore della persona, ma è una constatazione della sua scelta. Sappiamo che umanamente l’amore può finire, certo, e se finisce non significa che siamo cattivi. Si può incontrare una donna perfetta, un uomo migliore. E non vuol dire che lo si è cercato, né che si è traditori e cattivi. Quello che sappiamo, e che abbiamo bisogno di sentirci annunciare dalla Chiesa è che il matrimonio cristiano è un’altra cosa, è un’altra qualità di amore, è una roba diversa. È un salto ontologico. Non è essere migliori, è vivere di un’altra vita, la vita del battesimo. È la vita in Cristo, ed è per questo che della gente rimane attaccata al proprio matrimonio nonostante tutto, per amore di Cristo, perché lui per gli sposi sta nel coniuge, ha il viso del marito, della moglie. Negare la comunione non è una forma di punizione o di infantile ripicca, ma semplicemente prendere atto della verità, che è pienezza di giustizia. La verità è che chi divorzia, di fronte a una fatica, a una sofferenza, a un dolore sceglie di vivere la sua vita secondo criteri umani, e spesso ne è più che legittimato dalle vicende umane (un matrimonio difficile o sbagliato, un tradimento…), mentre al contrario a volte chi rimane in un matrimonio lo fa perché sceglie Cristo prima di se stesso.

L’altra visione che fronteggiava questa è quella che in modo molto approssimativo possiamo dire ispirata alla teologia di Rahner, secondo cui la Rivelazione non regala all’uomo un punto di vista assoluto e trascendente fuori delle situazioni in cui vive. La Rivelazione di Dio avviene sempre tramite la nostra esistenza storica, e l‘uomo si avvicina a Dio sperimentandolo nella sua esistenza: Dio si vede solo nel prossimo, e i dogmi della fede cattolica sono storici, non verità eterne da contemplare. Quindi la fede è un camminare in ricerca, e al fine di questa ricerca il dialogo diventa sostanza, mentre i contenuti dottrinali diventano accidenti (di questa illuminante spiegazione sono debitrice al libro edito dalla Bussola Quotidiana: Matrimonio e famiglia, Chiesa al bivio, di Stefano Fontana). Si capisce quindi che il giudizio sulle vicende esistenziali diventa molto più sfumato, e si può introdurre un criterio di gradualità del bene, come mi è parso di leggere nel paragrafo sulle convivenze prematrimoniali. Diventa necessario non giudicare più le condotte, ma sempre accogliere le persone.

Non so dire quale delle due visioni abbia prevalso, non credo lo si potrà dire fino al pronunciamento del Papa. Poiché già oggi avviene nella prassi che i casi vengano valutati uno per uno, il fatto che sia stata sottolineata questa possibilità mi fa propendere per l’idea che la seconda linea almeno su certi temi caldi sia prevalsa.

Io personalmente mi permetto di chiudere solo con una domanda: se la linea che dovesse prevalere fosse quella di accompagnare sempre tutti nell’errore, con la buonissima  intenzione di farci sentire amati, non ci sarebbe precluso un altro livello di vita, una vita in Cristo? Non sarebbe come dire a un bambino: no, questo non lo puoi fare, fai un gioco più semplice, un puzzle con meno pezzi, un videogioco di livello più elementare? Non ci sarebbe tolta una bellezza più alta un’appartenenza più totale, una vita diversa che non è più quella dell’uomo vecchio, che vede il bene ma fa il male come dice san Paolo? Non ci sarebbe negato l’annuncio che può salvarci, la vera buona notizia?

Padova "In memoriam" : il "Miserere" di Gregorio Allegri



Ringraziamo la benemerita Associazione "In chordis et organo" di Padova per la gradita segnalazione del Concerto del 2 novembre prossimo.
L'Associazione valorizza instancabilmente l'immenso repertorio della Musica Sacra con il coinvolgimento di valenti Musicisti e Cantori.
Il nostro "movimento liturgico"  apprezza e sostiene quanti perseguono l'Ideale della Musica Sacra,  legata con doppio cordone ombellicale alla Liturgia "antiquior" per la quale è stata concepita.

Lunedì 2 novembre 2015
Padova, chiesa di Sant'Antonio Abate, in via Savonarola 176   
ore 20.45

“IN MEMORIAM” 
Concerto spirituale "ricordando i Defunti"

Programma :
Gregorio Allegri (1582 - 1652) : Salmo 50 - "Miserere" a nove voci

Johann Sebastian Bach (1685 - 1750) Cantata BWV 106 “Actus tragicus

Cantata BWV 140 "Wachet auf, ruft uns die Stimme"per Soli, Coro e Orchestra barocca

Laboratorio vocale e strumentale Il Teatro Armonico
Direttore :  Margherita Dalla Vecchia

Il Progetto Bach di Vicenza – giunto alla XV edizione – porta in esecuzione il leggendario “Miserere” composto da Gregorio Allegri circa nel 1630 a Roma per la Cappella Sistina e due Cantate di Johann Sebastian Bach tra le più note, la BWV 106 “Actus tragicus” composta per un servizio funebre e la BWV 140 sul noto Corale “Wachet auf...”.
Pagine che rappresentano capolavori assoluti della musica di tutti i tempi, i quali verranno evocate le prassi comuni ad importanti cappelle musicali, cantorie e tribune per l’organo, riconoscibili in particolare nella chiesa di Sant’Antonio Abate.
I testi sono propri per la memoria dei Defunti: il Salmo 50 preghiera del peccato e del perdono rivolto a Dio nella speranza della Sua misericordia, le Cantate bachiane ove il dialogo inquieto e appassionato tra l’Anima e Cristo cercano la pace eterna e l’amore.

Concerto organizzato dall'Associazione "In chordis et organo" in collaborazione con il Collegio universitario don Nicola Mazza e l'Associazione Musicale Mousikè di Vicenza. 
Direttore Artistico M° Ruggero Livieri, Organista titolare della Chiesa di Sant'Antonio Abate.

Dai link qui sotto riportati potete scaricare il foglietto di presentazione
Contatti:
tel. 0444546798, 3201424747, 3477784468
Per informazioni presso il collegio Mazza:
tel: 049 8734411



Nel Sinodo: come con la S. Comunione in mano e con il latino?



Speriamo che le eccezioni intraviste al Sinodo non diventino come quelle sulla S. Comunione in mano....

 Matteo Carletti

La Chiesa aveva ragione nel rifiutare anche le eccezioni. Il mondo ha ammesso le eccezioni, e le eccezioni sono diventate la regola”. Così scriveva quell’incredibile penna cattolica di Chesterton. Sembra, invece, che questo spirito mondano sia ormai in concreto entrato nella Chiesa, con buona pace dello scrittore inglese. La recente chiusura del Sinodo ha riproposto infatti non solo l’enorme problema della comunicazione attraverso i media delle presunte posizione assunte dalla Chiesa, ma anche di una più insidiosa questione riguardante l’eccezione di alcune categorie che minerebbero Comandamenti Divini e Sacra Scrittura. Ha fatto molto discutere la notizia, smentita di fatto dai documenti, che la Comunione possa essere distribuita anche alle persone divorziate e risposate. Come ha sollevato
più di una perplessità l’espressione “integrazione” per tutte quelle famiglie “irregolari” che desiderano una piena e completa vita ecclesiale.
In questi giorni il cardinale Raymond Burke, dialogando con il New Catholic Register, ha dichiarato che “integrazione è un termine mondano teologicamente ambiguo. Non vedo come possa essere «la chiave di accompagnamento pastorale di coloro che vivono unioni matrimoniali irregolari». La chiave interpretativa della loro cura pastorale deve essere la comunione fondata sulla verità del matrimonio in Cristo, che deve essere onorato e praticato anche se una delle parti del matrimonio è stata abbandonata a causa del peccato dell’altra parte”. A queste posizioni si aggiungono quelle di molti prelati e fedeli che, in continuità con il Magistero, ricordano come tale problema fosse stato già stato sollevato e risolto da Giovanni Paolo II nella “Familiaris Consortio”. Ed il disappunto è stato aggravato dal fatto che il n. 84 dell’enciclica, riportato nella relazione finale del Sinodo, presenta una pericolosa mutilazione. Non sono infatti pochi coloro che hanno interpretato tale mutilazione come una precisa volontà di trattare caso per caso, individuando eventualmente un percorso personale e soggettivo attraverso il quale, ad esempio, al coniuge abbandonato che ha subito il divorzio e che ora si veda costretto (magari per motivi riguardanti l’educazione e la crescita dei figli) a risposarsi, sia permesso di accedere, nonostante la validità del vincolo precedente, alla Comunione. Ad aumentare notevolmente la confusione ha contribuito pure l’insospettabile sito di Radio Vaticana (la voce del Papa e della Chiesa) riportando le dichiarazioni di uno dei protagonisti del Sinodo, il cardinale Schönborn arcivescovo di Vienna, il quale ha osservato che “a questo proposito la parola chiave è discernimento; sull’accesso alla Comunione sono stati dati dei criteri fondamentali per discernere le diverse situazioni”.
In concreto cosa vorrebbe dire fare discernimento su questioni così delicate per la fede? Cosa comporterebbe ammettere eccezioni, seppur adeguatamente motivate? Si possono riportare, a tal proposito, due esempi clamorosi di “discernimento” e ammissione di “eccezioni” che, di fatto, hanno cambiato la regola: la distribuzione della Comunione sulla mano e l’uso della lingua “volgare” nel rito della Messa. La prima questione è abbastanza complessa nella sua ricostruzione storica, anche se si può far riferimento certo all’Istruzione Memoriale Domini della Sacra Congregazione per il Culto Divino, pubblicata il 29 maggio 1969, nella quale si dichiara che il Pontefice Paolo VI, di fronte ad alcune richieste di reintrodurre l’antico uso di ricevere la Santa Comunione sul palmo della mano, si espresse con parere negativo. Queste le parole del documento: “Tenuti quindi presenti i rilievi e le osservazioni di coloro che “lo Spirito Santo ha posto a reggere come vescovi le varie Chiese”, […] il Sommo Pontefice non ha ritenuto opportuno cambiare il modo tradizionale con cui viene amministrata ai fedeli la Santa Comunione. Pertanto la Sede Apostolica esorta caldamente i vescovi, sacerdoti e fedeli a osservare con amorosa fedeltà la disciplina in vigore, ora ancora una volta confermata”.
Parole chiare sul fatto che venga mantenuto l’uso tradizionale, a cui però fecero seguito queste: “Se poi in qualche luogo fosse stato già introdotto l’uso contrario, quello cioè di porre la Santa Comunione nelle mani dei fedeli, la Sede Apostolica, nell’intento di aiutare le Conferenze Episcopali a compiere il loro ufficio pastorale, […] affida alle medesime Conferenze il compito di vagliare attentamente le eventuali circostanze particolari”. Quel “se” inteso ovviamente come un’eccezione (molto pesò l’episcopato olandese e belga del tempo!) divenne nel giro di qualche anno la “norma” per tutte le conferenze episcopali. L’ammissione di quella “eccezione” cancellò definitivamente l’uso esclusivo, e fino ad allora normativo, di ricevere l’Eucarestia solo sulla lingua, con conseguenze sulla fede e sulla pastorale anche gravi. Erano convinti di ciò San Giovanni Paolo II e Benedetto XVI. Il primo che nella sua ultima enciclica, Ecclesia de Eucharistia, ha scritto al n. 61: “Dando all’Eucaristia tutto il rilievo che essa merita, e badando con ogni premura a non attenuarne alcuna dimensione o esigenza, ci dimostriamo veramente consapevoli della grandezza di questo dono. Ci invita a questo una tradizione ininterrotta, che fin dai primi secoli ha visto la comunità cristiana vigile nella custodia di questo “tesoro”. […] Non c’è pericolo di esagerare nella cura di questo Mistero, perché “in questo Sacramento si riassume tutto il mistero della nostra salvezza”. In continuità con l’insegnamento del suo predecessore, a partire dalla solennità del Corpus Domini del 2008, il Santo Padre Benedetto XVI ha iniziato a distribuire ai fedeli il Corpo del Signore, direttamente sulla lingua e stando inginocchiati. Ma tant’è che la prassi di un’accezione è diventata la “norma”.
Stesso discorso può essere fatto per l’utilizzo della lingua latina nella celebrazione della Messa. Anche qui, volendo per sintesi prendere in riferimento un documento ufficiale, basta citare la Sacrosantum Concilium, Costituzione sulla Sacra Liturgia del Vaticano II. Al n. 101 possiamo leggere: “Secondo la secolare tradizione del rito latino, per i chierici sia conservata nell’ufficio divino la lingua latina. L’ordinario tuttavia potrà concedere l’uso della versione in lingua nazionale”. Anche in questo caso, come per la distribuzione della Comunione, è bastata una congiunzione per cancellare secoli di tradizione. Poco sopra al n. 40 si legge infatti: “Si abbia cura però che i fedeli sappiano recitare e cantare insieme, anche in lingua latina, le parti dell’ordinario della messa che spettano ad essi. Se poi in qualche luogo sembrasse opportuno un uso più ampio della lingua nazionale nella messa, si osservi quanto prescrive l’art. 40 di questa Costituzione.Come per la millenaria tradizione di ricevere la Comunione sulla lingua anche l’uso del latino è, di fatto ed in virtù di eccezioni concesse in casi particolari e secondo esigenze del tutto locali, scomparso dalla vita della Chiesa. Se questo fatto oggi si estendesse a questioni riguardanti la dottrina e la giusta interpretazione da dare al valore dei Sacramenti, si aprirebbe una “breccia” all’interno del Magistero che potrebbe portare con se conseguenze inimmaginabili. Un “cavallo di Troia”, per usare l’espressione del card. Pell, utilizzato per “proporre un attacco alla bellissima dottrina della Chiesa”.

venerdì 30 ottobre 2015

Lettera ad una nipote sul Sinodo



La Nuova Bussola Quotidiana del 30.10.2015
 Di Ettore Gotti Tedeschi

Lettera a mia nipote Olivia, nata un mese fa, da leggersi tra venti anni per capire il mondo in cui si troverà.
Cara Olivia,
fra 20 anni potresti desiderare di sposarti, ma quello che sarà il sacramento matrimoniale fra 20 anni dipenderà da noi oggi, o meglio, dipenderà dall’assise dei fedeli, via referendum….  Un Sinodo sul matrimonio si è concluso qualche giorno fa e leggendo i giornali si direbbe che hanno trionfato tutti (progressisti e conservatori), proprio come succede dopo le elezioni politiche cui siamo abituati. Anche se, leggendo la lettera al Corriere della Sera (27ottobre) del segretario del Sinodo (card. Baldisseri), si ha l’impressione che chi deciderà saranno gli utenti (il popolo di Dio) che verranno consultati con questionario per evidenziare il sensus fidei. Ciò perché il gregge possiede il proprio “fiuto” per discernere ciò che la Chiesa deve fare in una materia che riguarda loro. E poi la voce dello Spirito Santo risuona anche nella voce dei credenti, naturalmente. A questo punto, per capire quale sacramento ti attende, temo che dovremo attendere l’assemblea giudicante dei fedeli interessati alla materia…  
Cara Olivia,
ogni epoca ha sempre avuto le sue miserie, tragedie e grandezze. Ciò è stato fin quando l’uomo ha cercato di dare un senso alla propria vita ed azioni. E ciò è sempre successo perché le autorità morali delle varie religioni volevano e cercavano di spiegare le ragioni del bene e del male. La tua epoca rischia invece di veder scomparire le autorità morali, relativizzate ed omogeneizzate nel mondo globale, con il pretesto di evitare conflitti globali dovuti alla affermazione di dogmi e fondamentalismi, proposti soprattutto in contesti di evangelizzazione. Temo che le autorità morali non saranno più le stesse e questo con pregiudizio sulla conoscenza della Verità e della conquista della fede. Te ne accorgerai fra qualche anno quando farai catechismo.

A chi attribuire la responsabilità di tutto ciò se non alla gnosi che sta vincendo ovunque? In filosofia, essendo riuscita a relativizzare persino ciò che è assoluto. In antropologia, essendo riuscita a far autoridurre l’uomo ad animale più o meno intelligente, ma cancro della natura. In economia, essendo riuscita a far credere che sia la miseria economica a provocare quella morale. In scienza e tecnica, riuscendo a far credere che debbano entrambe avere autonomia morale. Le autorità morali (delle varie religioni) reagiscono differentemente a questa azione di ridimensionamento. In alcuni ambiti e culture reagiscono violentemente. In altri, si lasciano intimidire per timore di esser emarginate e, per non esser considerate fondamentaliste, arrivano persino a giustificare e camuffare abilmente il peccato, l’errore, il disordine.
Olivia,
il mondo in cui diventerai grande confermerà la teoria evoluzionistica, ma al contrario: l’uomo creatura di Dio si sta evolvendo in selvaggio. In questo mondo, in cui diverrai grande, fronteggerai alcuni rischi per superare i quali dovrai essere ben preparata. Il primo rischio starà nel non saper comprendere se la Verità venga prima o dopo la libertà di cercarla, e se nasca o no solo dal dialogo con altre verità. Il secondo rischio starà nel non riuscire a comprendere quale è l’origine dei mali che affliggono l’uomo, se è veramente l’inequità economica o l’iniquità morale. Altro rischio sarà faticare a comprendere la sottile difficoltà a scegliere tra misericordia e giustizia, quando queste sembrano esser in conflitto. Questi, e tanti altri, rischi diventano più gravi quando le autorità morali confondono le acque, rinunciando a ispirare e correggere le idee ed i comportamenti dell’uomo, e adeguandosi invece agli stessi, scusando e includendo, anziché pensare a convertire. Ciò, adeguandosi ai tempi che chiedono dinamicità evolutiva sulla comprensione delle leggi naturali.

Certo la Santa Chiesa, nel tempo, ha saputo, grazie ai Santi, operare cambiamenti per rettificare gli errori (degli uomini): si pensi alle eresie, al protestantesimo, al modernismo. Ma oggi la gnosi riesce persino a negare la verità dove dovrebbe essere e mettere la libertà di coscienza dove non dovrebbe stare. La gnosi oggi riesce a negare alla Chiesa il diritto di evangelizzare (per rispetto delle altre culture), chiedendole invece di lasciare alla coscienza (malformata come mai) decidere cosa sia bene o male. Ciò equivale a chiedere a un cieco di passare un semaforo dove non può veder il rosso e rischiare di farsi investire. Si chiede alla Chiesa di lasciare all’uomo la libertà di stabilire in coscienza cosa è bene per lui, non riflettendo che equivale a metter un topolino davanti a un formaggino messo nella trappola ben camuffata. Si chiede alla Chiesa di lasciare ai pastori decidere la maturità di coscienza dei fedeli per tornare al gregge, quando son gli stessi pastori che li hanno fatti uscire.

Ecco, tutto ciò mi permette di spiegarti, cara Olivia, perché c’è il riscaldamento terrestre globale. C’è grazie al numero esagerato di anime che vanno a bruciare all’inferno, grazie alla confusione sulla dottrina.

Omaggio a Plinio CorrÊa De Oliveira nel ventennale della sua scomparsa


Commemorazioni in omaggio a Plinio Corrêa de Oliveira

Nella prima settimana del mese di Ottobre 2015, a San Paolo del Brasile, si sono svolte le solenni commemorazioni in omaggio a Plinio Corrêa de Oliveira - fondatore della Società Brasiliana di Difesa della Tradizione, Famiglia e Proprietà (TFP) e ispiratore di altre TFP e movimenti analoghi esistenti in 27 paesi dei 5 continenti.

Qualcosa nel Sinodo non è "cattolico"? Ecco i punti "sconcertanti"

Esprime fortemente le ragioni dello sconcerto e della confusione sentiti da molte persone alla lettura della relazione finale del Sinodo don Petrucci, superiore del distretto d'Italia della FSSPX (chiamati dall'autore con forte tono polemico "scismatici ultra-tradizionalisti", definizione che MiL non condivide affatto), sottolienando alcuni punti sconcertanti considerati quasi proximi haeresi.
Roberto 

 I Lefebvriani bocciano il Sinodo
da Vatican Insider del 28.102015

Pierpaolo Petrucci, superiore del distretto d'Italia della Fraternità San Pio X: scandalo inaudito, risposarsi è adulterio

«Questo testo sotto certi aspetti costituisce uno scandalo senza precedenti. In esso infatti si chiamano “membra vive della Chiesa” coloro che vivono pubblicamente nell'adulterio affermando che occorre valutare nella pratica la possibilità per essi di accostarsi alla S. Eucaristia “caso per caso”».  I Lefebvriani bocciano duramente la relazione finale del Sinodo sulla famiglia, in particolare per i punti approvati riguardanti i divorziati risposati.

«Si mina così la dottrina sull'indissolubilità del matrimonio come se questa potesse variare in ragione delle circostanze. Lo stesso 6/o comandamento: “Non commettere adulterio” sarebbe così valido  in generale, ma poi occorrerebbe considerare ogni caso particolare, ammettendo in questo modo eccezioni», afferma don Pierpaolo Petrucci, superiore del distretto d'Italia della Fraternità San Pio X.

«Siamo in presenza di una tecnica rivoluzionaria, già utilizzata al Concilio Vaticano II, per sconvolgere la dottrina, introducendo una morale a geometria variabile, non più riferita a principi immutabili ma che si adatta alle circostanze - prosegue - Tutto ciò in perfetta continuità con i dei due Motu proprio di papa Francesco sull'abbreviazione della procedura per l'annullamento dei matrimoni che hanno aperto la via a quello che è già stato chiamato il “divorzio cattolico”».

Secondo don Petrucci, «è questa la nuova, falsa misericordia, non per il peccatore, ma per il peccato. La vera misericordia infatti non consiste nel modificare la morale per giustificare una condotta disordinata ma nel mostrare la gravità del male e spingere il peccatore alla conversione». «Come già affermò il nostro fondatore, monsignor Marcel Lefebvre - aggiunge il superiore italiano degli scismatici ultra-tradizionalisti - stiamo vivendo la Passione della Chiesa che si manifesta sempre più con il tradimento della gerarchia: è il bacio di Giuda; è Caifa che fa liberare Barabba e condanna Gesù a morte. Tacere di fronte a questo scandalo significa acconsentire».

La Fraternità San Pio X diffonde anche una lunga nota del superiore generale Bernard Fellay che «ribadisce la dottrina cattolica di fronte a questi errori diffusi dalle stesse autorità ecclesiastiche», sottolineando tra l'altro che «coloro che deliberatamente vivono insieme in un'unione concubinaria o anche adultera, contro le leggi di Dio e della Chiesa, dando un cattivo esempio di mancanza di giustizia e carità, non possono essere ammessi all'eucarestia e sono considerati come pubblici peccatori».

*
Si veda anche qui: Stiamo vivendo la passione della Chiesa (da Una Fides, 29.10.2015)

giovedì 29 ottobre 2015

Pellegrinaggio Summorum Pontificum

Dagli amici di Campari & de Maistre
Lo scorso fine settimana si è svolto il pellegrinaggio internazionale del Populus Summorum Pontificum. Un momento di preghiera e raccoglimento che ha visto la partecipazione di 2000 persone alla Messa pontificale in San Pietro, celebrata secondo il messale di Giovanni XXIII.
La custodia del cosiddetto "rito antico" è molto importante e sempre saremo grati a Sua Santità Benedetto XVI per averne permesso la diffusione. Il Motu Proprio Summorum Pontificum è stato un gesto profetico, i cui frutti nei prossimi anni potremo tutti cogliere. 
Purtroppo esistono ancora alcune resistenze in diocesi rette da Vescovi che hanno scelto di non applicare il Motu Proprio, ma siamo sicuri che nel corso degli anni ciò non accadrà più. 

Un grazie speciale va agli organizzatori del pellegrinaggio, che a costo di sacrifici personali, in termini di tempo e denaro, donano tutti gli anni alla Chiesa questa possibilità. 
Da notare il messaggio augurale da parte di Papa Francesco. Un gesto anche questo importante, soprattutto per contrastare coloro che cercano di imbrigliare anche la liturgia in schemi "di parte", come se la liturgia possa essere di destra o di sinistra. Notevole anche la presenza di mons. Guido Pozzo, segretario della Commissione Ecclesia Dei, alla Messa del 23 ottobre.
Nei prossimi tempi offriremo ai lettori approfondimenti riguardo monsignor Laise, vescovo di San Luis, Argentina, dal 1971 al 2001.

Cavalcoli e la new wave ecclesiale


  
Anche qualche teologo con idee, una volta, sensate può dire enormi scempiaggini.
Anche se si fa fotografare con la foto di p. Tomas Tyn...
Ecco come La Bussola Quotidiana corregge e replica a p. Cavalcoli.
 

Da La Nuova Bussola Quotidiana

Riccardo Barile

Dieci giorni fa Vatican Insider, il sito di informazione religiosa a cura di Andrea Tornielli pubblicava un’intervista al teologo domenicano nonché docente emerito padre Giovanni Cavalcoli e la stessa intervista è stata ripresentata - con tagli ma anche con elementi nuovi - su Avvenire di sabato 24 ottobre alla vigilia della conclusione del Sinodo. I due testi contengono affermazioni abbastanza forti - di aperture, di metodo, di valutazione - che potrebbero essere esaminate alla luce del recentissimo documento sinodale. Preferisco invece valutare alcuni contenuti che sono un modo di impostare le questioni, destinato a durare nel dopo Sinodo.
1) «Per un cattolico è assolutamente impensabile che un Sinodo sotto la presidenza del Papa possa compiere un attentato alla sostanza di qualunque sacramento» (nel nostro caso del Matrimonio e dell’Eucaristia concedendo la comunione ai divorziati risposati). No, è pensabile perché il Sinodo non è infallibile: deve solo dare consigli al Papa. D’altra parte ci furono oscillazioni dottrinali nei papi Liberio († 366), Onorio I († 638), Giovanni XXII († 1334), peraltro rientrate presto attraverso il successivo Magistero della Chiesa, che è la «casa di Dio, colonna e sostegno della verità» (1Tm 3,15). Certo, il presupposto è che ciò capiti rarissimamente - di fatto con il Sinodo non è capitato! -, ma non è “assolutamente impensabile”.
2). «La disciplina dei sacramenti è un potere legislativo che Cristo ha affidato alla Chiesa» per cui «il concedere o non concedere la comunione entra nel potere della pastorale della Chiesa e nelle norme della liturgia». Dunque se «la Chiesa non può mutare la legge divina che istituisce e regola la sostanza dei sacramenti, può mutare le leggi da lei emanate», nel nostro caso «l’attuale regolamento sui divorziati risposati». Naturalmente bisognerà spiegare a tanti poveretti e poverette che per secoli e con sacrificio e sino a oggi hanno obbedito a queste norme, che si è trattato solo di determinazioni transitorie, le quali ora cambiano. Cioè bisognerà prenderli in giro. Ma per fortuna non è così. Infatti, se è vero che vi sono nei sacramenti determinazioni di consuetudine ecclesiastica di per sé modificabili, il Magistero soprattutto recente ha legato la norma della non comunione ai divorziati alla “sostanza” del sacramento.
Seguendo il n. 84 della Familiaris consortio (22.11.1981) di Giovanni Paolo II, l’esortazione postsinodale Sacramentum caritatis (22.2.2007) ha confermato che la prassi di non ammettere alla comunione i conviventi e i divorziati risposati praticanti una attiva vita sessuale è «fondata sulla Sacra Scrittura (cf Mc 10,2.12)» e motivata dal fatto che «il vincolo coniugale è intrinsecamente connesso all’unità eucaristica tra Cristo sposo e la Chiesa sposa (cf Ef 5,31-32)», per cui la condizione dei divorziati risposati contraddice oggettivamente «quell’unione di amore tra Cristo e la Chiesa che è significata ed attuata nel’Eucaristia» (nn. 27, 29). Dunque, dato il fondamento nella Scrittura e data la motivazione simbolica determinante, come si fa a parlare di una legge solo ecclesiastica e liturgica modificabile? E poi, se si trattasse solo di una legge ecclesiastica, perché fermarsi ai divorziati risposati? Perché non ammettere all’Eucaristia ortodossi e protestanti? Sarebbe un bel modo di accelerare l’ecumenismo, tanto che, avendo raggiunto il suo traguardo, non avrebbe più ragione di essere, a meno che... a loro volta siano gli ortodossi a non ammettere alla comunione questa razza di cattolici!
3) «Non esistono “condizioni peccaminose”, perché il peccato è un atto, non è una condizione, né è uno stato permanente». Certo il peccato è un atto e non si prolunga indefinitamente nel tempo - per fortuna! -; esiste però un «comportamento esterno gravemente, manifestamente e “stabilmente” contrario alla norma morale» di fronte al quale la Chiesa «non può non sentirsi chiamata in causa» interdicendo la partecipazione ai sacramenti (Giovanni Paolo II, Ecclesia de Eucharistia /17.4.2003/, n. 37; cf anche Can. 915). Così è per le persone delle quali si parla, ovviamente senza con ciò escluderle dalla partecipazione alla vita della Chiesa, anzi. Ma il nostro teologo sembra ignorare questa dimensione.
4) Un’annotazione sulla coscienza raschia però il fondo del barile: «Spesso mi vengono a trovare persone divorziate e risposate. La richiesta è sempre la stessa: perché non posso fare la comunione? Allora io invito questi fedeli a guardarsi dentro, a verificare la serenità della propria coscienza. Se in buona fede avvertono di essere in pace con se stesse, con le persone a cui vogliono bene e con Dio, dico loro di stare tranquille: hanno raggiunto, anche senza sacramenti, lo stato di grazia. Questo è un mistero bellissimo». Certo che, avendo il nostro teologo spiegato che «il problema dei divorziati risposati è che l’adulterio, con l’aggravante del concubinato, è peccato mortale», con premesse del genere non è tanto facile sentirsi la coscienza tranquilla...
Qui comunque casca l’asino, perché il Concilio di Trento, nel Decreto sulla giustificazione (13.1.1547), al capitolo IX scrive che: «Come nessun uomo religioso deve dubitare della misericordia di Dio, dei meriti di Cristo, del valore e dell’efficacia dei sacramenti, così ciascuno, riflettendo su se stesso, sulla propria debolezza e disordine, ha motivo di temere e paventare del suo stato di grazia (de sua gratia formidare et timere potest); infatti nessuno può sapere con certezza di fede, libera da ogni possibilità di errore, di avere ottenuto la grazia di Dio (cum nullus scire valeat ... se gratiam Dei esse consecutum)» (D 1534).
Dunque, la valutazione di essere in grazia sarà una prudente e saggia probabilità che non può essere affidata alla sola riflessione della coscienza così come è descritto sopra. Perché se è vero che «il giudizio sullo stato di grazia ... spetta soltanto all’interessato, trattandosi di una valutazione di coscienza» (Ecclesia de Eucharistia, n. 37), vige il dovere non solo di consultare la propria coscienza, ma di formarla. Giovanni Paolo II nella Veritatis splendor (6.8.1993) legge nelle parole di Gesù sull’occhio lucerna del corpo «un invito a formare la coscienza, a renderla oggetto di continua conversione alla verità e al bene ... Un grande aiuto per la formazione della coscienza i cristiani l’hanno nella Chiesa e nel suo Magistero ... la libertà della coscienza non è mai libertà “dalla” verità ... il Magistero non porta alla coscienza cristiana verità ad essa estranee, bensì manifesta le verità che dovrebbe già possedere sviluppandole a partire dall’atto originario della fede» (n. 64).
Se poi un prete incontra dei divorziati risposati che gli pongono delle domande, non può accontentarsi di rispondere: «Guardatevi dentro. La vostra coscienza è a posto? Allora siete a posto anche di fronte a Dio!». Un prete - un teologo emerito! - deve illuminare la coscienza e senza il timore di “entrare in camera da letto”. Nel Nuovo Testamento il Battista ha rimproverato Erode per ragioni matrimoniali (Mt 14,3-12; Mc 6,17-19; Lc 3,19-20); Gesù è intervenuto su matrimonio, divorzio e continenza (Mt 5,32; 19,1-12; Mc 10,1-12; Lc 16,18); gli scritti apostolici sono intervenuti su incesto (1Cor 5,1ss.), santità del matrimonio (Eb 3,4), relazioni anche intime tra i coniugi e morale domestica (1Cor 7,1-16; Ef 5,21-33; Fil 3,18-21; 1Pt 3,1-7), condizione delle vergini (1Cor 7,25ss.) e delle vedove (1Tm 5,11-14), proponendo non solo la parola autorevole del Signore, ma «un consiglio, come uno che ha ottenuto misericordia dal Signore e merita fiducia» o un «mio parere» perché «credo infatti di avere anch’io lo Spirito di Dio» (1Cor 7,25.40). Dopo aver ricevuto simili parole attualizzate all’oggi, la coscienza di conviventi “irregolari” non potrà sentirsi tranquilla e “in grazia”: piuttosto comincerà a sentirsi “nella verità”.
Le proposte del teologo intervistato sembrano strade poco percorribili. Alla fine però, se possono sembrare normali evoluzioni e svolte del suo pensiero, è meno comprensibile come mai affermazioni del genere abbiano trovato ospitalità generosa e acritica su Avvenire. Non si può pensare a una distrazione, perché durante il Sinodo ciò che un giornale come Avvenire pubblica in argomento non può che essere attentamente vagliato. Bisogna dunque pensare a uno stile e a una scelta di parte abbastanza determinata, comportante disinvolte revisioni di un Magistero non solo antico, ma recente. Presupponendo poi una normale dose di prudenza (umana) per cui in genere non si rischia a vuoto, bisogna concludere che per ora chi opera tali scelte ha le spalle coperte. E a questo punto, sulle coperture e su quelli che ti aspettano per “farti fuori” quando qualcosa cambierà, viene in mente il consiglio dell’Imitazione di Cristo: «Non fare gran caso se uno è per te o contro di te, ma preoccupati piuttosto che Dio sia con te in tutto quel che fai» (II,2,1). Vero. Ma qui Dio da che parte sta?

Parresia islamica


Da Tempi

Settembre è stato un mese di ordinaria follia a Mosul: 215 persone sono state giustiziate (dopo le 240 di agosto), 118 frustate pubblicamente, 118 arrestate e 88 hanno avuto una mano amputata per furto. Poi ci sono le tasse aumentate, i bambini reclutati per la guerra santa e altri orrori che hanno reso lo Stato islamico famoso in tutto il mondo.
IL RAPPORTO. Il resoconto dettagliato di quello che è successo nel solo mese di settembre nella seconda città più importante dell’Iraq, capitale irachena del Califfato dal giugno 2014, è stato diffuso da Mosul Eye, «l’osservatorio fondato da uno storico indipendente all’interno di Mosul e creato per comunicare al resto del mondo, minuto per minuto, che cosa succede in città». È impossibile verificare in modo indipendente le notizie contenute nel rapporto ma in precedenti occasioni l’osservatorio si è rivelato affidabile e accurato.
JIHADISTI DA CINA E RUSSIA. Nel mese di settembre dunque sarebbero arrivati a Mosul centinaia di nuovi combattenti: soprattutto uiguri provenienti dalla Cina, afghani e russi. Ciascuno è stato dotato di una speciale carta d’identità, in modo tale da evitare il pericolo di infiltrati nemici. Nel mese di settembre, infatti, c’è stato quasi un bombardamento al giorno da parte della coalizione occidentale guidata dagli Stati Uniti e tutti i residenti a Mosul rischiano di essere accusati di spionaggio.
AUMENTANO LE TASSE. A livello economico, la gestione della città da parte dei jihadisti è poco efficace e i proventi del petrolio non bastano. Almeno a giudicare dall’innalzamento delle tasse scolastiche: ogni studente paga per le elementari 10 mila dinari all’anno, 25 mila per le medie e 100 mila per le scuole superiori. Di conseguenza, rivela il rapporto, «sempre più ragazzi non possono permettersi di andare a scuola». Contemporaneamente aumenta il reclutamento nelle milizie dell’Isis di bambini: sono 176 i ragazzi tra i 13 e i 15 anni che si addestrano nei campi di Al Imam Ala’adham College e Alhai Alzira’ai, dove vengono anche indottrinati secondo la sharia. Anche curarsi è sempre più costoso. Gli ospedali si devono auto-sostenere, per questo una visita dal medico di base costa fino a 3 mila dinari, per una ecografia e una risonanza magnetica si pagano da un minimo di 30 mila a un massimo di 70 mila dinari.

ESECUZIONI PUBBLICHE. La parte più brutale del rapporto è quella che riguarda le esecuzioni pubbliche, che dopo aver colpito gli sciiti, riguardano ora i musulmani sunniti. Su un totale di 215 esecuzioni, almeno 150 persone sono state effettuate per apostasia, blasfemia o spionaggio. Una è stata invece giustiziata per aver insultato il califfo Abu Bakr Al-Baghdadi, altre per la vendita di sigarette, almeno due sono state decapitate. Tra le vittime, ci sono anche schiave yazide.
VIETATO RADERSI. Tanti sono stati anche gli abitanti di Mosul frustati pubblicamente: 42 per essersi rasati la barba, una ventina per non aver partecipato o per essere arrivati tardi alla preghiera rituale, più di 10 per aver fumato in pubblico, una ventina per non aver rispettato il vestiario previsto dalla sharia o per fornicazione, tanti altri per aver ascoltato la musica. Quattro persone sono state frustate per non aver pagato le tasse.
Per quanto riguarda gli arresti, 22 residenti a Mosul sono stati portati in carcere per un ritardo nel pagamento delle imposte; 30 dopo essersi pentiti di aver appoggiato il governo iracheno; sei per aver fumato; una ventina per essersi tagliati la barba e altri per essersi rifiutati di giurare fedeltà al califfo.


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mercoledì 28 ottobre 2015

Il cyberteologo amico del Papa: i Padri della Chiesa citati al contrario


Da La Nuova Bussola Quotidiana

Francesco Agnoli
Antonio Spadaro, gesuita e cyberteologo, è stato tra i padri sinodali più attivi nella comunicazione. Su facebook, twitter, su vari giornali ha espresso con regolarità le sue opinioni e la sua lettura del Sinodo, prima e dopo. Generando così interessanti dibattiti che possono aiutare a comprendere meglio alcune questioni difficili.
Premetto di essere, come padre e come insegnante, un ammiratore dei gesuiti. La loro cultura e la loro umanità sono state un esempio per secoli di cosa l'educatore cristiano deve fare: unire la competenza, la passione, ad uno sguardo comprensivo e accogliente, sino al confine ultimo possibile. Ignazio insegnava così: "Ogni cristiano deve essere pronto più a salvare la parola del prossimo che a condannarla; e se non può salvarla, indaghi in qual senso la intenda e se l'intenda in male, la corregga con amore; e se non basta, cerchi tutti i mezzi opportuni affinchè, intendendola in bene, si salvi". Si vede bene che il fine per Ignazio è sempre indicare la salvezza, la Verità, attraverso un metodo: l'Amore. Un po' come fanno il padre che ama i suoi figli o il professore che ama i suoi studenti: poichè il fine è sempre il loro bene, sarà capace di valorizzare ogni cosa buona, in vista di un obiettivo finale. "Misericordia e verità si incontreranno", recita il Salmo 85, con un chiasmo che lega tra loro verità e giustizia, misericordia e pace, "giustizia e pace si baceranno" In quest'ottica un castigo, o un voto insufficiente, possono essere espressione di vero amore e misericordia, molto di più che il lassimo o l'elargizione di voti positivi sempre e comunque.
Agostino ricordava che tutto dipende da come il castigo, l'ammonimento, viene infilitto: anche se vero, senza amore, è avvelenato alla radice; ma se è vero e con amore è esattamente ciò che dobbiamo fare. "Se correggi, affermava Agostino, correggi per amore". E aggiungeva: non credere però "che ami tuo figlio, per il fatto che non lo castighi; o che ami il tuo vicino allorquando non lo rimproveri; questa non è carità, ma trascuratezza"
Può essere la naturale difficoltà umana di tenere un giusto rapporto tra verità e amore, ad aver spinto padre Spadaro a trovare in san Cirillo di Gerusalemme una giustificazione ad una sua personale convinzione: che l'Eucaristia vada "concessa" anche a coloro che san Paolo definirebbe "adulteri", cioè a coloro che, pur essendosi sposati, vivono una relazione anche carnale con un'altra persona.
Così il 23 ottobre, padre Spadaro su twitter ha citato una frase di san Cirillo: "Non privatevi della comunione nè astenetevi da questi santi misteri per esservi macchiati di peccato". Se un grande santo invita a fare la comunione anche in condizioni di peccato, intendeva dire Spadaro, ciò significa che la comunione ai divorziati risposati può essere ben introdotta non come una novità assoluta nella storia della Chiesa e della salvezza, ma come una migliore comprensione della Eucaristia stessa. Insomma, non come un cambiamento dottrinale, ma come un mutamento di prassi, di disciplina.


Ma ammesso e non concesso - come vedremo più avanti - che san Cirillo abbia avuto questa posizione sull'Eucarestia, la tesi presenta almeno tre grossi rischi: possiamo usare una citazione di un santo contro un magistero consolidato, sancito per esempio dal Concilio di Trento nel De Ss. Eucharistia, ulteriormente ribadito da vari pontefici sino alla Familiaris Consortio di Giovanni Paolo II? Possiamo farlo senza ingenerare l'idea che in fondo la Chiesa fa o disfa le "regole", a suo capriccio?
È possibile schierare san Cirillo contro altri padri, che si sono espressi in modo del tutto diverso, ignorando secoli di tradizione? Trascurando per esempio san Tommaso (il grande cantore dell'Eucarestia, nel Tantum ergo), che nella Summa teologica afferma che chi riceve l'Eucarestia trovandosi in peccato mortale, pecca mortalmente?
Ancora: come conciliare la rottura di un vincolo, per la Chiesa indissolubile, e l'accesso alla comunione, al sacramento dell'unità, alla luce del passo di san Matteo: "Se dunque presenti la tua offerta sull’altare e lì ti ricordi che tuo fratello ha qualche cosa contro di te, lascia lì il tuo dono davanti all’altare e va’ prima a riconciliarti con il tuo fratello e poi torna ad offrire il tuo dono"? E con il terribile passo di san Paolo nella I lettera ai Corinzi: "Perciò, chiunque mangerà il pane o berrà dal calice del Signore indegnamente, sarà colpevole verso il corpo e il sangue del Signore. Ora ciascuno esamini se stesso, e così mangi del pane e beva dal calice; poiché chi mangia e beve, mangia e beve un giudizio contro se stesso, se non discerne il corpo del Signore"?
Il testo di san Matteo e quello di san Paolo sono stati sempre intepretati in un modo molto preciso, cioè collegando Eucarestia e confessione, tra le quali, altrimenti, non ci sarebbe quel legame ribadito da due millenni di storia della salvezza.
Insomma, la questione è problematica assai, e come scrive un vescovo africano, nessuno deve avere la presunzione di essere più "misericordioso" di quanto è stato Cristo, o di quanto sono stati santi e papi del passato. Sarebbe, più che misericordia, o "tenerezza" come scrive qualcuno, semplice presunzione. Anche perché, così facendo, da una parte si direbbe implicitamente a coloro che hanno rotto il loro vincolo matrimoniale, che non è successo nulla; dall'altra si diminuirebbe il senso della grandezza del matrimonio nelle nuove generazioni, amplificando ulteriormente la disgregazione in atto in Occidente. Senza per questo andare davvero incontro a chi, se crediamo ancora al piano di Dio, non cerca commiserazione, e neppure l'Eucarestia "da sola", ma qualcosa di ben diverso.
Tornando a san Cirillo però, la verità è che se usasse twitter così bene come padre Spadaro, avrebbe qualcosa da ridire. Scriverebbe, utilizzando il numero di caratteri consentito: "hai travisato completamente il senso della mia frase, che significava l'esatto contrario di ciò che hai inteso". Essendo in verità, come hanno notato altri prima del sottoscritto (clicca qui), questa: "Non privatevi della comunione né astenetevi da questi misteri per esservi macchiati di peccato".
Per concludere una pagina di vita: il grande poeta Charles Peguy ad un certo punto della vita si convertì dal socialismo ateo al cattolicesimo dell'infanzia; non essendosi sposato, ma convivendo con una donna non credente, si trovò a vivere escluso dall'Eucarestia. Spiegava agli amici di incontrare Cristo nella preghiera, nella messa, in paziente attesa che la compagna di una vita (che si farà battezzare dopo la sua morte!), divenisse, liberamente, credente...
Peguy si scagliava con forza contro i sacerdoti che si limitano a maledire i tempi e a brontolare, e ugualmente crtiticava con fermezza quelli secondo i quali "va tutto sempre bene", quelli che "negano il disastro" della modernità: il fatto che la "nostra stessa miseria non è più una miseria cristiana". E', cioè, una miseria presuntuosa, arrogante, che pretende la salvezza e il riconoscimento di ogni propria scelta e decisione. Presuntuosa perché nega il peccato e il bisogno di redenzione.
Questo grande uomo - che in chiesa, come vari amici "irregolari" di chi scrive, pregava senza osare salire all'altare, senza pretendere nulla, aspettando solo che la grazia di Cristo piovesse su di lui e sulla sua famiglia, gratuitamente - scriveva: "I sacramenti sono indelebili. E' la profonda idea cristiana che i nomi sui registri di Dio non si cancellano mai... Amico mio, questa idea quanto si oppone, risolutamente, deliberatamente, alla frivolezza moderna che vuole, che pretende, di ricominciare tutto... che vuole ritornare su tutto, e rifare tutto, soprattutto il matrimonio....".

Sua Ecc.za Mons. Luigi Negri su #sumpont2015

Tratto da La Nuova Ferrara, 25 ottobre 2015, articolo di Marcello Pradarelli

Mons. Luigi Negri in San Pietro per #sumpont2015
Ferrara - Ieri l’arcivescovo Luigi Negri era a Roma, anzi in Vaticano per l’appuntamento di mezzogiorno legato alle manifestazioni del “Summorum Pontificum”, dal nome della lettera di papa Benedetto XVI (7 luglio 2007) che rinverdiva il “vetus ordo”, la messa in rito romano antico, la liturgia messa all’angolo dalla Chiesa post conciliare. Nella Basilica di San Pietro monsignor Negri ha tenuto l’omelia nel corso della messa celebrata da monsignor Laise. 

Nel tardo pomeriggio la telefonata a monsignor Negri inizia proprio parlando dalla messa in latino celebrata in Vaticano, ma poi prende un’altra piega: «È stata una cerimonia officiata in modo impareggiabile, con una grande concorso di partecipanti provenienti da varie comunità europee. Papa Benedetto XVI ha dato la possibilità di recuperare e utilizzare la liturgia preconciliare», che per l’arcivescovo ha una doppia valenza: «rafforza la nostra identità ecclesiale» e la mette al servizio «di una rinnovata missione adeguata ai tempi in cui viviamo, secondo quella dinamica di apertura verso le vere esigenze degli uomini di oggi cui ci richiama continuamente Papa Francesco».

#sumpont2015: articolo sul Pellegrinaggio pubblicato su La Croix, il quotidiano dei Vescovi francesi

Il quotidiano dei vescovi francesi ha pubblicato un breve articolo molto bilanciato sul successo del pellegrinaggio internazionale del popolo del Summorum Pontificum. E' da leggere qui.

Parla di 1800 pellegrini in San Pietro, cifra che ci sembra un po' inferiore alla realtà ma è poi quella che annuncia il CISP (vedere qui), e dice che si è pregato per la famiglia, soffermandosi infine sul contenuto del messaggio di Papa Francesco.


Napoli : Sante Messe 1° e 2 novembre

Laudentur Iesus et Maria! 
Cari Amici, Vi comunico le date e gli orari delle prossime celebrazioni della S. Messa tradizionale a Napoli: 

- Domenica 1 novembre 2015, Chiesa dell’Arciconfraternita del Soccorso all’Arenella (p.tta G.Gigante - Napoli), 
ore 17:15 Adorazione Eucaristica e recita del Santo Rosario; 
ore 18:00 S. Messa cantata in Rito Romano antico; celebrante: Don Andrew Southwell. 
- Lunedì 2 novembre 2015, Chiesa di S. Maria delle Anime del Purgatorio ad Arco (via Tribunali 39 - Napoli),
ore 17:30 
S. Messa cantata in Rito Romano antico seguita dall’assoluzione al tumulo; 
celebrante: Don Andrew Southwell. 
In Domino Iesu Christo Rege et Maria Regina .

A.S.S.