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giovedì 18 ottobre 2018

Preoccupazione per il futuro della Cappella Musicale Sistina. Quando Beniamino Gigli diceva: " la Liturgia in Cattedrale m'insegnò a cantare".

Pensando al prossimo futuro della Cappella Musicale Pontificia Sistina non nascondiamo la nostra crescente preoccupazione: avremmo preferito continuare la nostra "battaglia" contro la passata gestione del Coro a colpi di crome e di semicrome e con la mitragliatrice fatta con le canne dell'Organo "umiliato" della Basilica di San Pietro... invece la giustizia vaticana ha accellerato i tempi. Nel mezzo della bufera legata alla gestione della Cappella Musicale Sistina leggemmo un mese fa su un quotidiano l''intervista/attacco in stile integralista/modernista/sessantottino contro quella veneranda istituzione. A commento di quello spietato articolo/intervista noi scrivemmo: "da cassare ovviamente anche la recente gestione della Cappella Musicale Pontificia Sistina autorizzata dapprima a sbagliare le manovre, pur sapendo che il risultato sarebbe stato l' inevitabile deragliamento dai binari e, solo a disastro avvenuto, divenuta oggetto di intervento da parte di quella stessa Autorità che avrebbe dovuto preventivamente vigilare per evitare l'annunciato deragliamento" QUI  
Conoscendo purtroppo la storiella dell'elefante che vien fatto entrare in uno stretto negozio di cristalli antichi... ci aspettiamo poco di buono per il futuro della musica sacra corale in Vaticano...
Abbiamo però voglia di gridare quanto è importante, specie nei nostri giorni, l'educazione alla musica e al canto sacro che viene sempre ottimamente impartita ai ragazzi del coro dei "pueri" della Cappella Sistina.
La nostra riflessione sul destino della Cappella Musicale Sistina è accompagnata dalla stessa domanda espressa qualche giorno fa in un "doloroso" post " Ci potranno accusare di essere i soliti pelagiani, ma noi "cattolici infanti" e di campagna possiamo desiderare... una buona dottrina e una buona liturgia? ( e una buona musica sacra?) O chiediamo troppo?
AC

Quando la Chiesa "investiva" nella buona Liturgia e nella Musica Sacra

" Ho cercato di rendere qualche idea di ciò che 
la Cattedrale mi ha insegnato, 
ma non ho ancora detto il fatto più importante fra tutti: 
m’ insegnò a cantare".  
Beniamino Gigli 

Nelle sue "Memorie" Beniamino Gigli ricorda l’importanza dell’educazione vocale impartita da Quirino Lazzarini e don Giuseppe Guzzini : “Dall’età di sei anni crebbi all’ombra della cattedrale. Le funzioni liturgiche che vi si svolgevano divennero una parte delle mie
abitudini quotidiane […]. 
Ho cercato di rendere qualche idea di ciò che la Cattedrale mi ha insegnato, ma non ho ancora detto il fatto più importante fra tutti: m’ insegnò a cantare”. (Cfr. Beniamino Gigli, Memorie, Arnoldo Mondadori Editore, Milano, 1957, p. 15 e p. 19) 
La chiave di volta di tutto risiede nella formazione, nella personalità musicale e nelle competenze didattiche di Quirino Lazzarini, nato a Loreto il 12 aprile 1863 e ivi morto a 77 anni il 27 giugno 1940. 
A Lazzarini si deve l’intuizione fondamentale che il piccolo Beniamino, figlio del campanaro della Cattedrale (v.foto), aveva una vocina eccezionale, che egli pazientemente volle istruire e forgiare con ore e ore di esercizio giornaliero, per circa dieci anni. 
Beniamino ebbe dunque la grande fortuna di poter godere, a fine Ottocento, di una formazione analoga a quella dei musicisti di tre secoli prima, in gran parte formatisi attraverso l’esperienza di puer cantor in una Schola Cantorum. 
Le informazioni reperite nei giornali d’epoca dell’Ottocento delineano Loreto come una città musicalmente vivace, risultato di anni di frequentazione musicale, grazie alla prestigiosa attività della cappella, guidata dai più grandi maestri, all’esistenza di una scuola compositiva locale (a riguardo, bastino i nomi di Francesco Basili, Pietro e Roberto Amadei) e alla particolare attenzione dell’amministrazione che dotava bene, dal punto di vista finanziario, il proprio teatro, attivo nella stagione di carnevale. 
A metà Ottocento parliamo di oltre mille scudi (notizia fornita dalla rivista «Teatri, arti e letteratura», 36°, n. 1756, 26 agosto 1858, p. 208), ben più dei circa ottocento stanziati per il suo teatro dalla vicina e più grande Recanati. 
Era inoltre attiva, come in ogni altro paese della Marca, una banda cittadina, guidata anch’essa dal maestro di cappella della Santa Casa. 
I concerti in Basilica, pur dedicati al culto, attiravano un folto pubblico, prassi particolarmente diffusa nel periodo in cui fu maestro Luigi Vecchiotti (1841-1863). 
Si davano inoltre frequenti casi di collaborazione, nelle feste o nelle cerimonie straordinarie, tra cappella musicale e banda, con partecipazione alle esecuzioni vocali anche dei dilettanti del paese. 
I cantori della cappella avevano licenze straordinarie per le stagioni teatrali sin dal primo Settecento. 
A metà Ottocento erano impiegati in cappella Fortunato Borioni, Giuseppe Capponi e Cesare Boccolini, autentiche eccellenze in campo vocale, didatti insigni per il loro colleghi della cappella loretana e protagonisti della scena teatrale in ambito addirittura extra-nazionale, con all’attivo opere in prima assoluta di importanti compositori. 
Basti solo l’esempio del cantore tenore Giuseppe Capponi, forse il più celebre, che fu scelto personalmente da Verdi per la prima rappresentazione italiana dell’ "Aida" alla Scala nel 1871 (cui purtroppo dovette rinunciare per un’indisposizione), e che fu primo interprete, con Teresa Stolz (S), Maria Waldmann (MS) e Ormondo Maini (B) della verdiana "Messa da Requiem" per la morte di Alessandro Manzoni a Milano nel 1874. 
Dietro la loro arte operava ancora, mai interrottasi, la fondamentale azione didattica dei castrati dei secoli precedente, riconosciuti sin dal primo Barocco come i fondatori della scuola belcantistica italiana. 
E cantanti castrati ancora nell’Ottocento avanzato ricoprivano a Loreto, come a Roma e in altri importanti sedi religiose, i ruoli di soprani e contralti nelle cappelle musicali, fungendo da insegnanti per i cantori di nuova nomina e influenzando altresì la scrittura vocale dei loro direttori: alla valorizzazione della voce dei più celebri tra essi i maestri dedicavano infatti specifiche composizioni sacre, destinate al pubblico ascolto. 
A questo punto non può non essere sottolineato come Quirino Lazzarini abbia studiato con il maestro di cappella loretano Roberto Amadei (a sua volta formatosi con il padre Pietro e la madre, il celebre soprano senigalliese Teresa Dati Amadei), poi con Luigi Vecchiotti, divenendo successore di entrambi, prima come organista, poi come maestro di cappella in Basilica (1871-1902). 
Lazzarini, che aveva completato la propria formazione diplomandosi in composizione presso l’Accademia Filarmonica di Bologna, non volle inseguire la fama per scelta caratteriale, ma era molto stimato dagli addetti ai lavori. In vita arrivò ad essere maestro di cappella ed organista a Recanati, poi vicedirettore della cappella musicale di Loreto sotto Tebaldini e direttore provvisorio dal 1927 al 1930. 
Che Lazzarini avesse contatti importanti e fosse conosciuto, nonostante la personalità schiva e modesta, anche al di fuori dell’area marchigiana, è testimoniato anche in un recente volume curato da Grazia Carbonella concernente la vita musicale nel Foggiano: vi si apprende che era apprezzato maestro accompagnatore del celebre baritono pugliese Michele De Padova e che la sua opera "Simma" fu rappresentata al Teatro Garibaldi di Lucera nella tarda primavera 1908. [Cfr. Grazia Carbonella (a cura di), Il teatro d’opera nelle pagine de”Il Foglietto”. 
Spoglio e indici delle notizie musicali 1897-1913, Claudio Grenzi Editore, Foggia, 2013, schede 147, 157 e 199] 
Nell’unica biografia su Lazzarini che si conosca, cioè un articolo non firmato comparso negli «Annali della S. Casa di Loreto» nel 1940, anno della morte, si legge testualmente: <> (pp. 115-116). <> (p. 116). 
La testimonianza è inequivocabile: sia Alessandro Bonci (1870-1940), che iniziò come primo tenore presso la cappella musicale di Loreto dal 1892 e poi divenne divo celebrato per l’eleganza e la grazia delle sue interpretazioni quasi fosse un Giovanni Battista Rubini di belliniana memoria redivivo (fino a rivaleggiare con Enrico Caruso al Teatro Metropolitan di New York), sia Beniamino Gigli, considerato ancora oggi dalla critica maestro insuperato nella tecnica della “mezza voce”, devono gran parte della loro formazione a Lazzarini. 
Egli morì poverissimo, ma accanto alla sua bara, e questa è un’immagine fortemente simbolica, c’erano tre celebrità: Gigli, il famoso organista Ulisse Matthey (1876-1947), attivo in gioventù alla Basilica Santa Casa di Loreto, e il maestro di cappella in carica Giovanni Tebaldini (1864-1952), maestro di cappella della Basilica di Loreto. 
Degno collaboratore di Lazzarini come formatore di voci fu anche don Giuseppe Guzzini [prima assistente e poi successore di Quirino Lazzarini come guida della cappella musicale della Cattedrale di Recanati e formatore, con Lazzarini, dell’apprendista cantore Gigli o meglio, per usare un termine dell’epoca, del “cantorino” Gigli], che si era specializzato a Roma con il famoso compositore e didatta Lorenzo Perosi (direttore unico della Cappella Sistina dal 1903) e che guidò la cappella musicale recanatese fino al 1955 circa. 
Secondo la testimonianza di Mons. Lauro Cingolani, il repertorio musicale liturgico praticato ai tempi del piccolo cantore Gigli, fino agli anni Sessanta del secolo scorso era così articolato: - in tre momenti di ogni giornata i dodici canonici del Capitolo della Cattedrale, che erano gli amministratori della Diocesi e pagavano lo stipendio dell’organista e del maestro di cappella, eseguivano i canti dell’Ufficio divino, la cosiddetta Liturgia delle ore. Nelle feste solenni erano coadiuvati in questo dai cantori della cappella musicale e dai Pueri Cantores; - ogni domenica veniva poi eseguita una messa “alta” (cioè solenne) gregoriana, in genere la Missa de Angelis oppure la Missa cum iubilo
Durante la settimana santa il Capitolo eseguiva tutto l’ufficio liturgico e l’animazione musicale nelle Messe, coadiuvato anche in questo caso dalla cappella musicale e dai Pueri Cantores; - spesso venivano eseguite messe sacre dell’Ottocento, con solista. 
Lo stesso Gigli ci parla di “musica sacra di Rossini e Gounod, composizioni scritte specialmente per noi dallo stesso maestro Lazzarini, e le opere del giovane don Lorenzo Perosi, per il quale il nostro maestro aveva una specie di venerazione” (Cfr. Gigli, "Memorie", Mondadori 1957, p.19). 
Interessante il dato che i lavori di Perosi venissero eseguiti, quasi in contemporanea, alla Cappella Sistina di Roma e nella cattedrale di Recanati; a mio avviso, andrebbero presumibilmente aggiunte all’elenco le messe di don Giovanni Battista Balloni e quelle di Roberto Amadei, maestro di Lazzarini. 
Che stile vocale avevano? Stando a quanto visionato, non quello roboante e influenzato dal linguaggio d’opera che un po’ superficialmente si tende ad attribuire a tutto il repertorio sacro dell’Ottocento, senza considerare che bisogna operare una distinzione tra il repertorio d’ispirazione sacra destinato all’esecuzione in concerto, tipo la "Messa da Requiem" di Verdi, e il repertorio destinato alla prassi liturgica. 
Da parte dei maestri di cappella dell’Ottocento non c’era la volontà di esaltare edonisticamente l’individualità del singolo cantore, poiché essi non dimenticavano mai che per sua natura il canto liturgico, anche quando valorizza un solista, è comunque espressione collettiva ed ha un fine extramusicale, al servizio del testo sacro. 
Suggerirei che sia questo il secondo fondamentale insegnamento che l’apprendista cantore Gigli ha tratto dall’esecuzione del repertorio sacro, cioè l’aderenza al dato testuale, l’emozione di sottolinearne ogni minimo particolare, con altrettanto minime sfumature della voce. 
Un ulteriore aspetto della formazione musicale di Gigli, non certo dell’importanza dell’educazione vocale impartita da Lazzarini e Guzzini, ma comunque significativo, è costituito dall’esperienza di suonatore di sassofono tenore nella banda cittadina, fondata da padre Agostino Storani nel 1816. 
Recanati, ai tempi dell’infanzia ed adolescenza gigliane, era un cittadina culturalmente e musicalmente vivace, con una storia teatrale illustre iniziata addirittura nel 1668. (...) 
Ritornando alla tecnica vocale insegnata nell’Ottocento agli esponenti della Schola Cantorum recanatese, negli esempi musicali di seguito forniti, tratti dal citato metodo didattico di Giovanni Battista Balloni*, si vede chiaramente che ciò che veniva immediatamente chiesto a ogni “cantorino” era di imparare a legare i suoni, rendendoli morbidi sia in senso ascendente che discendente. [* metodo manoscritto per lo studio del canto sacro "Il Cantore ecclesiastico" del maestro di cappella di metà Ottocento don Giovanni Battista Balloni (1812-1879), rivolto sia ai Pueri Cantores della Cattedrale di San Flaviano sia ai giovani studenti di teologia del locale seminario] 

(testo tratto da: "Il giovane Beniamino Gigli da apprendista a maestro cantore" di Paola Ciarlantini pubblicato in «Storia & Storie. Società, cultura, migrazioni» 2/2014, Recanati, Spazio cultura, 2014, pp. 38-51 e dalla pagina Facebook Beniamino Gigli e la tecnica del Bel Canto italiano

Foto 1: Beniamino Gigli in udienza da Papa Pio XII; ( foto Getty Images):
foto 2 : esterno della Basilica Cattedrale di San Flaviano a Recanati, con la torre campanaria da dove Gigli intonava le sue prime melodie.

2 commenti:

  1. Per chi ha vissuto da ragazzo l'esperienza del canto sacro, le memorie del grande Gigli sono la commovente evocazione di millenni di storia della liturgia, fin dall'epoca paleocristiana, quando, ogni cattedrale aveva organisti e una schola e insegnamento musicale,culla della grande civiltà musicale dell'Occidente. Dai pueri di quelle scholae sono usciti grandi
    compositori ( uno tra i tanti, il sommo Pier Luigi),direttori, organisti e celebri cantori.
    I cantori e compositori della Cappella Musicale Pontificia hanno insegnato a grandi musicisti, non solo di chiesa ( ad es. Corelli e Stradella). Padre Martini fu il più venerato e universale didatta e insegnò anche al piccolo Mozart. Il M° Bartolucci ricordava i consigli di canto datigli da Perosi.
    Con il CVII è stata respinta una tradizione liturgico-musicale millenaria, con il falso pretesto che la musica delle scholae toglieva il canto al popolo si è scatenata una guerra aperta contro la tradizione. L'illusione dei padri conciliari e la faziosità dei novatori ( vedi le Messe rock di Bugnini) hanno portato alle profanazioni attuali. E il popolo non canta più. Il M°Bartolucci ha scritto. " il popolo aveva un vasto repertorio di canto affondante le sue radici nel gregoriano e nelle laudi. tutto s'è perso!".
    Giuste sono le preoccupazioni per la Cappella Sistina dall'incerto avvenire. Fu il primo bersaglio di arroganti novatori e dello stesso Paolo VI il quale proibì il suo intervento ad alcune cerimonie, la degradò a livello di cori posticci nelle celebrazioni in S. Pietro, non la volle nella consacrazione della Basilica di Montecassino, nonostante le insistenze dell'Abate etc. etc, culminata con la astiosa cacciata organizzata dal segretario di GPII, il Maestro delle Cerimonie e il Sostituto alla Segreteria di Stato provocandone il crollo artistico ed in ultimo scandaloso.. Sarà difficile farla risorgere a causa di : assenza ed emarginazione di potenziali maestri, abolizione dell'insegnamento della musica nei Seminari, rigurgito dell'odio alla tradizione.

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  2. Proprio come avviene oggidí...

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