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lunedì 6 gennaio 2025

L’ambasciatore di Trump in Vaticano è una sfida a Papa Francesco

Grazie a Gaetano Masciullo per questa analisi sulla nomina del nuovo ambasciatore USA presso la S. Sede.
QUI e sotto il video integrale.
QUI e QUI MiL sulla notizia.
Luigi C.

2-1-25

Questa è la traduzione italiana dell’articolo pubblicato su The Remnant Newspaper, 30 dicembre 2024.

Il neoeletto presidente degli Stati Uniti, Donald Trump, ha annunciato il 20 dicembre 2024 la nomina di Brian Burch come nuovo ambasciatore presso la Santa Sede. Fondatore di CatholicVote e presidente della Seton Montessori School, Burch è noto per la sua critica aperta al pontificato di Papa Francesco e per le sue posizioni fortemente conservatrici. La scelta di Trump è stata accolta con reazioni contrastanti, sia negli Stati Uniti che all’interno del mondo cattolico internazionale.
Brian Burch è un fervente cattolico e un sostenitore della Tradizione, ma è anche presidente di una scuola che adotta il metodo sviluppato da Maria Montessori, nota pedagogista italiana affiliata alla Società Teosofica. Senza voler criticare né la fede di Burch né tantomeno la scelta politico-diplomatica del neoeletto presidente USA, devo tuttavia ammettere che questo dettaglio apre nel mio cuore un interrogativo profondo: come può un cattolico così radicato guidare un’istituzione che si ispira a una pedagogia legata, almeno storicamente, a una società che affonda le proprie radici in ideologie lontane e persino contrarie alla dottrina cattolica? La Società Teosofica è infatti nota per essere stata fondata da Madame Blavatski, celebre medium e spiritista di fine Ottocento nonché una delle più importanti esponenti del luciferismo neognostico, rendendo questa connessione un tema – a mio avviso – interessante di approfondimento, magari con il diretto interessato. La mia non vuole essere una critica, tanto meno una insinuazione, ma semplicemente un’osservazione.
Ciononostante, Brian Burch è una figura di spicco nel panorama cattolico americano. Ha sostenuto con forza temi conservatori come il rafforzamento delle celebrazioni liturgiche in latino, le battaglie pro-vita, la critica alle unioni omosessuali e la denuncia di alcune associazioni cattoliche progressiste per il loro ruolo nell’agevolare l’immigrazione clandestina tramite finanziamenti pubblici. La sua visione della fede è radicata nei cosiddetti “valori non negoziabili”, un elemento che riflette chiaramente la strategia politica di Trump nel voler consolidare il supporto del blocco elettorale cristiano conservatore, e cattolico in particolare.

Questa nomina sembra una dichiarazione esplicita di sfida al pontificato di Francesco, un Papa che, come sottolinea anche la piattaforma italiana “non ufficiale” di informazione vaticana messainlatino.it, per molti – anche non conservatori – è ormai divenuto una figura problematica, e persino – aggiungo io – di “dubbia validità”. Si pensi, a titolo di esempio, al malcontento che striscia tra il clero e l’episcopato africano, e persino tra i cardinali africani creati dallo stesso Papa Bergoglio. Trump, con questa scelta, sembra voler ribadire la sua opposizione a un Vaticano che negli ultimi anni ha abbracciato un’agenda palesemente neo-modernista e in netto contrasto con le posizioni conservatrici dell’ambasciatore designato.

Uno degli aspetti più controversi legati a Brian Burch è la sua denuncia di presunti abusi di potere da parte dell’FBI nei confronti dei cattolici tradizionalisti. Nel 2023, CatholicVote ha intentato una causa contro l’agenzia e il Dipartimento di Giustizia, accusandoli di spiare comunità legate alla Messa in latino. Secondo Burch, il governo federale – sotto l’amministrazione Biden – avrebbe etichettato alcuni fedeli come potenziali terroristi e “radicali”, sollevando interrogativi sull’uso improprio della Sezione 702 del Foreign Intelligence Surveillance Act. Queste accuse hanno acceso un dibattito sull’ostilità crescente verso i valori religiosi (cattolici) e la libertà di culto.

Le tensioni tra Brian Burch e Papa Francesco non si limitano alle questioni pastorali. L’ambasciatore designato ha criticato il Pontefice per il suo approccio globalista e la gestione di temi come l’immigrazione, il cambiamento climatico e l’economia. Secondo Burch, molte delle politiche promosse dal Papa generano divisioni piuttosto che unità. In particolare, ha denunciato la connivenza tra il Vaticano e l’immigrazione clandestina, sottolineando il ruolo delle agenzie affiliate alla Chiesa cattolica nella gestione dei flussi migratori, con il supporto finanziario del governo americano.

Con questa nomina, si prospetta uno scenario paradossale per le relazioni tra Stati Uniti e Vaticano. Se da un lato l’amministrazione Trump si mostra intransigente sui valori non negoziabili, forse più dello stesso Papa, dall’altro lato queste tensioni potrebbero portare a un conflitto diplomatico senza precedenti. Tale situazione potrebbe ridefinire il ruolo del Vaticano non solo nei confronti degli Stati Uniti, ma in un contesto globale più ampio.

La modernità ha visto un profondo cambiamento nei rapporti tra potere civile e Chiesa. Se nel Medioevo e fino alla prima età moderna era la Chiesa a guidare il potere temporale, offrendo una visione morale e trascendente alle scelte politiche, con la fine del potere temporale della Chiesa (1870) e l’assalto neo-modernista del post-Concilio Vaticano II, questa dinamica si è rovesciata. Oggi è il potere civile, dominato da ideologie secolari e mentalità passeggere, a influenzare troppo spesso certo pensiero e buona parte dell’azione della Chiesa. Mai, nella sua storia, la Chiesa è stata così permeabile alle “tradizioni umane” e così timida nel ribadire la Verità eterna di fronte agli errori del mondo.

Tuttavia, come dicevano i medievali, ex falso quodlibet – dal falso può derivare anche qualcosa di buono. Come recita il proverbio popolare: “il diavolo fa le pentole, ma non i coperchi”. Il rovesciamento del rapporto Stato-Chiesa, se è generalmente e certamente in se stesso negativo, può sorprendentemente offrire oggi un’opportunità. Se il potere civile riscopre la propria natura e il proprio ruolo – riconoscendo i limiti della ragione politica e l’esigenza di un riferimento morale autorevole al di fuori di sé – potrebbe divenire strumento di rinnovamento per la Chiesa stessa. È forse anche questa una delle prospettive che vanno aprendosi con la seconda e recente vittoria presidenziale di Donald Trump. Nessuno però vuole illudersi troppo.

La vittoria schiacciante di Trump contro Kamala Harris, autentico simbolo del progressismo anti-cristiano, potrebbe segnare un passaggio d’epoca, o meglio il passaggio da una generazione politica a un’altra, e non solo negli Stati Uniti d’America. Trump, tanto amato da uni quanto odiato da altri, ha catalizzato il sostegno di milioni di americani, tra cui ben il 56% dei cattolici. Il suo appello ha trovato questa particolare risonanza tra i cattolici anche perché attratti dalla sua difesa di valori tradizionali, dalla tutela della vita sin dal concepimento e dalla sua opposizione alle politiche progressiste su temi come aborto e identità di genere.

Sebbene non si possa dire che Trump incarni perfettamente l’ideale di un leader politico orientato verso un ordine morale trascendente, la sua agenda rappresenta comunque un argine contro il dilagare del “wokismo” e della rampante disgregazione sociale. I cattolici americani, soprattutto quelli più conservatori e tradizionalisti, vedono nella sua leadership un’opportunità per consolidare un nuovo consenso politico-spirituale. Resta da vedere come queste dinamiche influenzeranno il futuro delle relazioni tra Washington e Roma, ma una cosa è certa: la nomina di Brian Burch segna un momento di svolta nelle relazioni tra due “emisferi del mondo cattolico” con visioni radicalmente diverse.

Gaetano Masciullo