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martedì 7 gennaio 2025

“L’Annunciazione nelle Bibbie CEI: un piccolo dettaglio, un grande significato, una grave omissione. Che non sfuggì a San Girolamo”

Grazie a Investigatore Biblico per l'analisi delle nuove traduzioni bibliche.
Luigi C.

25-12-24

Anche in questo caso mi trovo ad affrontare, in questo breve studio, un’omissione che reputo inspiegabile nelle Bibbie CEI del 1974 e del 2008. Questa omissione riguarda un versetto di massima importanza: si parla dell’Annunciazione.
Il tema delle omissioni, in generale, merita attenzione. Come ho spiegato in precedenza, San Girolamo, nella sua Vulgata, utilizzò tutti i codici a sua disposizione per tradurre il Nuovo Testamento, rendendo così la traduzione il più completa possibile. Del testo greco del Nuovo Testamento esistono oltre 2.500 manoscritti. Tra questi, quelli ritenuti più importanti per la critica testuale (secondo molti studiosi) sono circa 250 manoscritti maiuscoli, detti anche unciali, scritti in caratteri maiuscoli alti circa un’oncia, e circa 90 papiri (un numero in aumento).

Le sigle utilizzate per distinguere i manoscritti sono le seguenti:P con un numero in esponente per i papiri;
Una lettera dell’alfabeto (latino, greco o ebraico) o un numero preceduto da zero (es. 047, ecc.) per i codici maiuscoli;
Un numero semplice (es. 13, 69, 124, ecc.) per i codici minuscoli, scritti in calligrafia corsiva;
La lettera “l” con un numero in esponente per i lezionari.

I codici maiuscoli risalgono al periodo tra il III e l’XI secolo, mentre i minuscoli coprono un arco temporale che va dal IX secolo fino alla scoperta della stampa.

San Girolamo, nel suo lavoro, si avvalse di tutti questi strumenti senza escluderne alcuno, con l’obiettivo di fornire una traduzione che rispettasse la completezza di ogni singolo versetto.

Il caso che esamineremo oggi riguarda proprio un versetto dell’Annunciazione, in particolare Lc 1,35b.

Ecco come appare il versetto nelle diverse traduzioni:CEI 1974 e 2008: “Colui che nascerà sarà dunque Santo e chiamato Figlio di Dio.”
Vulgata: “Ideoque et quod nascetur ex te sanctum, vocabitur Filius Dei.”
Martini: “E per questo ancora quello, che nascerà di te Santo, sarà chiamato Figliuolo di Dio.”
Ricciotti: “Perciò il Santo che nascerà da te sarà chiamato Figlio di Dio.”

Osservando con attenzione, si nota che nelle traduzioni CEI del 1974 e del 2008 manca il “da te” che si trova invece nella Vulgata e in altre traduzioni.

Questa omissione è legata a una questione di codici. Infatti, l’espressione “da te” (in greco ἐκ σοῦ, ek sou) compare solamente nel codice Ephraemi Rescriptus (C 04) e nel codice cesariense (Θ) e non in altri manoscritti.

Tuttavia, se riflettiamo attentamente, almeno secondo il mio modesto punto di vista, questo particolare non doveva essere trascurato. Dire “Colui che nascerà sarà dunque Santo” non è la stessa cosa di dire “Colui che nascerà da te sarà dunque Santo”. L’espressione “ἐκ σοῦ” specifica in modo inequivocabile che Gesù, il Dio incarnato, nascerà da Maria Vergine, che diventa così Madre di Dio.

È probabile che questa stessa ispirazione abbia spinto San Girolamo a includere il “da te” per sottolineare senza ambiguità il ruolo unico di Maria: Gesù, il Figlio di Dio, nasce da lei.

Ritengo che questa precisazione sia di grande importanza. Non si tratta di un errore di traduzione, ma di un’omissione che, a mio parere, si sarebbe potuta evitare. Quel “da te” rafforza il significato del versetto, aggiungendo una sfumatura fondamentale che altrimenti rischia di passare inosservata.

L’espressione greca ἐκ σοῦ dona al testo una solennità e una singolarità che, purtroppo, le traduzioni CEI hanno sacrificato.

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