Pagine

martedì 24 dicembre 2024

Trump nomina l’anti-Francesco Burch ambasciatore presso la Santa Sede. E si scopre che l’FBI spiava la Messa in latino

La nomina di  di Brian Burch come ambasciatore degli Stati Uniti presso la Santa Sede rappresenta un punto di svolta nelle relazioni tra Washington e il Vaticano. Annunciata dal presidente eletto Donald Trump il 19 dicembre, questa decisione segna una brusca discontinuità rispetto al passato. Burch, noto per il suo ruolo di presidente di CatholicVote e le sue critiche aperte a Papa Francesco, è stato definito dalla stampa locale “un agitatore, l’opposto di un diplomatico”. La sua nomina evidenzia la volontà di Trump di instaurare rapporti con la Santa Sede basati su una linea conservatrice in netto contrasto con le posizioni di Papa Francesco.

 Ma chi è Brian Burch? Presidente della Seton Montessori School e Fondatore di CatholicVote, Burch ha sostenuto con forza tesi che pongono un forte accento su temi conservatori, come il rafforzamento delle celebrazioni in latino, le battaglie pro-vita, la critica alle unioni omosessuali e la denuncia alle associazioni cattoliche progressiste di favorire l’immigrazione attraverso finanziamenti pubblici. Definendo la decisione del pontefice di benedire le unioni omosessuali una fonte di “confusione” per la Chiesa. Una linea decisamente inconciliabile – per non dire di rottura – con quella di Papa Francesco. La nomina di Burch come ambasciatore sembra, dunque, un’esplicita dichiarazione di sfida a un pontificato considerato per molti – anche non conservatori – problematico.

 L’FBI spiava i cattolici conservatori. Uno degli aspetti più controversi che coinvolgono Brian Burch è la sua denuncia di presunti abusi di potere da parte dell’FBI nei confronti dei cattolici legati alla tradizione. Nel 2023, CatholicVote intentò una causa contro l’agenzia e il Dipartimento di Giustizia, accusandoli di spiare comunità cattoliche legate alla Messa in latino. Burch denunciò che il governo federale – allora a guida Biden – avrebbe etichettato alcuni fedeli come potenziali “radicali”, sollevando preoccupazioni sull’uso improprio della Sezione 702 del Foreign Intelligence Surveillance Act, l’organismo di vigilanza sull’Intelligence (vedi la cronologia delle interpellanze). Un attacco, questo nei confronti dei cattolici del rito antico, definito dalla stessa opinione pubblica americana come un segnale inquietante di ostilità verso i valori religiosi e alla libertà di culto in generale.

 United States vs Santa Sede. Le tensioni tra Brian Burch e Papa Francesco non si limitano alle questioni pastorali. Burch ha criticato il Pontefice per il suo approccio globalista e per la gestione di temi come l’immigrazione, il cambiamento climatico e l’economia. Ha accusato il Vaticano di aver adottato un’agenda progressista, eterodossa e che si allontana dalla dottrina tradizionale, sottolineando che molte delle politiche promosse dal Papa generano divisioni piuttosto che unità. Una per tutte, la connivenza tra chiesa cattolica e immigrazioni clandestine. Secondo Burch, “i cattolici americani meritano di conoscere la piena portata del ruolo del governo degli Stati Uniti nel finanziamento e nel coordinamento con le agenzie affiliate alla chiesa cattolica alla frontiera, e quale ruolo queste agenzie hanno avuto nell’ondata record di immigrati clandestini dell’ultimo anno” (Fonte: National Catholic Reporter).

 Un conflitto diplomatico senza precedenti? Donald Trump è un uomo navigato e la scelta di Brian Burch è sicuramente anche una mossa strategica per consolidare il consenso tra i cattolici conservatori. Trump ha lodato – e premiato con questo incarico – Burch per aver raccolto il più alto numero di voti cattolici mai ottenuto da un candidato presidenziale, definendolo “un devoto cattolico” e un rappresentante delle tradizioni cristiane (Truth Social). Una nomina che tuttavia solleva seri interrogativi sul futuro delle relazioni diplomatiche tra Stati Uniti e Vaticano. Steven Millies, docente di teologia politica e alumnus della Loyola University di Chicago, ha avvertito che “si prospetta un periodo difficile” per questi rapporti, suggerendo che la diplomazia potrebbe essere compromessa da visioni ideologiche inconciliabili.

 Insomma, si prospetta uno scenario paradossale, un banco di prova per le future relazioni tra due leader che, pur condividendo una matrice cattolica, sono ad oggi più distanti che mai. Con un governo americano intransigente su quei “valori non negoziabili” più dello stesso Papa, le tensioni potrebbero sfociare in un conflitto diplomatico senza precedenti, ridefinendo il ruolo del Vaticano non solo nei confronti degli Stati Uniti, ma in un contesto più globale. E con la diplomazia, anche la storica generosità di questo Paese nei confronti delle necessità economiche del Santo Padre.

Roberto M.