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giovedì 27 giugno 2024

Esiste un piano segreto per sopprimere la Santa Messa tradizionale – di nuovo?

Vi proponiamo – in nostra traduzione – l’articolo di Ed Condon pubblicato sul sito The Pillar il 25 giugno, in cui si analizza ancora la notizia della paventata ulteriore limitazione alla celebrazione della Santa Messa tradizionale (precedenti articoli su MiL-Messainlatino.it: nei mesi di gennaio e febbraio 2023 QUI, QUI, QUI, QUI e QUI e poi nel mese di giugno 2024 QUI, QUI, QUI e QUI).

L.V.


I siti web e i media cattolici tradizionalisti hanno iniziato a discutere la scorsa settimana di quelle che descrivono come «voci persistenti» di un documento vaticano pianificato, che avrebbe lo scopo di sopprimere completamente la celebrazione della forma straordinaria della liturgia, spesso chiamata «Santa Messa tradizionale».

L’attuale serie di speculazioni è iniziata seriamente quando il blog tradizionalista Rorate Cæli ha pubblicato un post la scorsa settimana citando «le fonti più credibili» per affermare che esiste «un documento vaticano con una soluzione severa, radicale e definitiva che bandisca la Santa Messa tradizionale» e che è stato spinto per l’approvazione papale [QUI; QUI su MiL: N.d.T.].

Il post non includeva dettagli sulle disposizioni del presunto documento, su chi lo avesse redatto o su istruzioni di chi, ma affermava che «gli stessi ideologi che hanno imposto la lettera apostolica in forma di «motu proprio» Traditionis custodes e la sua attuazione […] sono ancora frustrati per i suoi risultati apparentemente lenti» e stavano facendo pressione per ottenere restrizioni alle notizie da parte di papa Francesco.

Il sito The Pillar non è stato in grado di confermare l’esistenza di tale documento. Ma i funzionari curiali a Roma sentono molte delle stesse voci e prestano attenzione ai media cattolici americani di tutti i tipi, per cui molti di loro stanno discutendo se il Vaticano imporrà davvero nuove restrizioni sulle forme più antiche della liturgia – e se sì, quali nuove politiche potrebbero sperare di ottenere.

Alcuni funzionari hanno detto che, a loro avviso, qualsiasi nuova politica dovrà essere soppesata con attenzione rispetto alle spinte che provocherà, sia da parte di coloro che sono impegnati nella Santa Messa tradizionale sia da parte di coloro che sono preoccupati per la portata dell’autorità papale.

Secondo fonti curiali a Roma, la voce del presunto documento sembra essere nata da affermazioni informali fatte da un singolo funzionario del Dicastero per il Culto divino e la Disciplina dei sacramenti, il Dicastero guidato dal card. Arthur Roche, incaricato dell’attuazione della lettera apostolica in forma di «motu proprio» Traditionis custodes.

Sebbene nessun funzionario che ha parlato con il sito The Pillar abbia affermato di essere a conoscenza di prima mano del documento stesso o della sua stesura, diverse fonti hanno ipotizzato che, se esistesse, molto probabilmente sarebbe stato messo in moto con l’approvazione del card. Arthur Roche in seguito alle polemiche sui tentativi del Prefetto del Dicastero per il Culto divino e la Disciplina dei sacramenti di rendere più rigida l’attuazione della lettera apostolica in forma di «motu proprio» Traditionis custodes dopo la sua promulgazione iniziale.

Il card. Arthur Roche ha affrontato per la prima volta le critiche quando il suo ufficio ha affermato una serie di interpretazioni apparentemente normative delle politiche liturgiche di papa Francesco nel dicembre 2021, riservandosi alcuni poteri che nel testo effettivo della lettera apostolica in forma di «motu proprio» Traditionis custodes sembravano appartenere ai Vescovi diocesani [responsa ad dubia su alcune disposizioni della lettera apostolica in forma di «motu proprio» Trditionis custodes; QUI; QUI su MiL: N.d.T.].

Il Dicastero per il Culto divino e la Disciplina dei sacramenti ha dato seguito a questa mossa dicendo ad almeno alcuni Vescovi statunitensi che non hanno l’autorità di dispensare da alcune disposizioni della lettera apostolica in forma di «motu proprio» Traditionis custodes, anche se – a parere di molti canonisti – il testo papale stesso non supportava questa affermazione.

Nonostante abbia inizialmente respinto le critiche legali alle azioni del Dicastero per il Culto divino e la Disciplina dei sacramenti, alla fine il card. Arthur Roche ha dovuto chiedere a papa Francesco una modifica legale formale della lettera apostolica in forma di «motu proprio» Traditionis custodes, riservando al suo Dicastero ulteriori poteri a scapito dei Vescovi locali [rescriptum ex audientia ss.mi; QUI; QUI su MiL: N.d.T.].

Questa mossa, come è stato notato all’epoca, è sembrata un passo indietro rispetto all’ecclesiologia del Concilio Vaticano II e alle riforme curiali di papa Francesco, che il Papa ha detto di puntare a «una “sana decentralizzazione” [esortazione apostolica Evangelii gaudium sull’annuncio del Vangelo nel mondo attuale, n. 16], di lasciare alla competenza dei Pastori la facoltà di risolvere nell’esercizio del “loro proprio compito di maestri” e di pastori [costituzione dogmatica sulla divina rivelazione Dei verbum, n. 7] le questioni che conoscono bene [esortazione apostolica Evangelii gaudium sull’annuncio del Vangelo nel mondo attuale, n. 31-32]» [costituzione apostolica Praedicate Evangelium sulla Curia Romana e il suo servizio alla Chiesa nel Mondo, n. II, 2; QUI: N.d.T.].

Diversi funzionari curiali hanno suggerito al sito The Pillar che il card. Arthur Roche rimane frustrato per i poteri (ora rafforzati) del suo Dicastero di sorvegliare la celebrazione della Santa Messa tradizionale nelle Diocesi locali, e che il documento potrebbe essere stato messo in moto l’anno scorso come «ultima risorsa» per costringere i Vescovi diocesani ad adottare un approccio uniforme a livello globale per l’attuazione della lettera apostolica in forma di «motu proprio» Traditionis custodes.

Se così fosse, per far entrare in vigore un nuovo documento sarebbe necessario convincere papa Francesco della sua necessità – sostenendo, in sostanza, che la lettera apostolica in forma di «motu proprio» Traditionis custodes non funziona come previsto e che, nonostante le numerose revisioni da parte del Dicastero per il Culto divino e la Disciplina dei sacramenti, non è sostanzialmente adatta allo scopo.

Come questo caso verrebbe presentato a papa Francesco è una questione di speculazione.

È possibile che l’accresciuta attenzione al caso di mons. Carlo Maria Viganò, già Nunzio apostolico negli Stati Uniti d’America – ora alle prese con accuse formali di scisma – possa essere presentata come una sorta di «nuova» causa di urgenza [QUI su MiL: N.d.T.].

Mons. Carlo Maria Viganò ha fatto del rifiuto del Concilio Vaticano II una parte centrale del suo dissenso dalla Chiesa e da papa Francesco, e ha preso a presentarsi in abiti pre-conciliari e a insistere sulla celebrazione liturgica tradizionale.

Al momento della promulgazione della lettera apostolica in forma di «motu proprio» Traditionis custodes, papa Francesco si è detto rattristato da «un uso strumentale del Missale Romanum del 1962, sempre di più caratterizzato da un rifiuto crescente non solo della riforma liturgica, ma del Concilio Vaticano II, con l’affermazione infondata e insostenibile che abbia tradito la Tradizione e la “vera Chiesa”» [lettera per presentare il motu proprio «Traditionis custodes» sulluso della liturgia romana anteriore alla riforma del 1970; QUI: N.d.T.].

Una simile affermazione potrebbe facilmente essere letta a fronte delle più recenti missive di mons. Carlo Maria Viganò contro Roma.

Ma anche ammettendo che la situazione di mons. Carlo Maria Viganò e l’associazione di alcuni gruppi cattolici tradizionalisti con i cosiddetti «sacerdoti cancellati» possano essere interpretati come una sorta di casus belli canonico o liturgico per una nuova azione contro la celebrazione liturgica tradizionale, ci si chiede: che cosa otterrebbe un ulteriore giro di vite?

I sostenitori di personaggi marginali come mons. Carlo Maria Viganò sono un movimento minoritario e marginale nella Chiesa, a qualsiasi livello possano essere identificati. E qualunque misura canonica rafforzata possa essere imposta sulla forma straordinaria della liturgia, sembra altamente improbabile che possa provocare un improvviso cambiamento di mentalità da parte di questi individui – piuttosto, potrebbe spingere molti di loro a un allontanamento più duro e formale dalla Chiesa.

Nel frattempo, la maggioranza – alcuni direbbero l’ovvia maggioranza – degli aderenti alla liturgia tradizionale sono chiari sul fatto che il loro attaccamento è una devozione al culto, non una sedizione ecclesiastica.

Nelle Diocesi degli Stati Uniti dove sono state poste alcune delle restrizioni più restrittive, e qualcuno potrebbe dire deliberatamente insensibili dal punto di vista pastorale, alla celebrazione della Santa Messa tradizionale, le comunità di forma straordinaria si sono in gran parte accontentate di ciò che è stato permesso.

Questi Cattolici diventerebbero, con ogni probabilità, una sorta di «metà schiacciata» sulla scia di qualsiasi ulteriore restrizione: né inclini ad abbandonare la loro sincera devozione a ciò che considerano il modo più edificante di adorare né invogliati a credere che la Chiesa li consideri qualcosa di diverso da una classe sospetta di cripto-scismatici.

In un momento in cui Roma insiste nell’aver adottato una postura di «ascolto» e un approccio sinodale alle «periferie» della vita ecclesiastica, è difficile vedere come un nuovo giro di vite sulle comunità che già si percepiscono in gran parte come non amate e indesiderate dalla gerarchia possa ottenere un risultato positivo.

Naturalmente, ci sono alcuni osservatori che sostengono che, nelle parole dei meme di internet, «la crudeltà è il punto», e che almeno alcuni all’interno del Dicastero per il Culto divino e la Disciplina dei sacramenti e dei circoli vaticani più ampi ritengono che provocare le comunità tradizionaliste ad allontanarsi ulteriormente dagli affari della Chiesa principale sia in qualche modo auspicabile.

Non mancano speculazioni, sia tra i collaboratori curiali che tra i commentatori di internet, secondo cui l’obiettivo finale è quello di spingere i Cattolici tradizionalisti verso istituzioni come l’Istituto di Cristo Re Sommo Sacerdote – il cui Priore generale papa Francesco ha incontrato all’inizio di questa settimana – e fuori dalla vita diocesana ordinaria.

In effetti, un funzionario vaticano ha dichiarato al sito The Pillar che alcuni proponenti di nuove misure per limitare la celebrazione della Santa Messa tradizionale non mirano a una soppressione completa e totale, definita «praticamente inattuabile», ma piuttosto a una sorta di «quarantena».

«Il pensiero, e alcuni lo metteranno in questi termini, è quello di “costringerli [i Cattolici tradizionalisti] nelle riserve”, con tutto ciò che comporta questo tipo di immaginario».

«Toglierli dalla vita diocesana, spingerli in piccole sacche intorno a cose come l’Istituto di Cristo Re Sommo Sacerdote, la Fraternità sacerdotale di San Pietro e persino la Fraternità sacerdotale di San Pio X [che è in comunione irregolare con la Chiesa] li toglierebbe dalle mani dei Vescovi locali», ha detto il funzionario.

«Per quelli che perseguono la “massima Traditionis custodes”, sarebbe un gradito sollievo», ha detto. «E per quei Vescovi che si sono opposti [cercando di fare spazio alle comunità di mentalità tradizionale] toglierebbe l’intera questione dalle loro mani».

Ciò su cui tutti sembrano essere d’accordo, però, è che una nuova serie di restrizioni sulla forma straordinaria creerebbe notevoli tensioni nella Chiesa, approfondirebbe le divisioni esistenti e seminerebbe ulteriori malumori tra tutte le parti del dibattito liturgico.

Se questo sia qualcosa che papa Francesco vorrebbe, o che consideri degno di qualsiasi beneficio percepito che nuove restrizioni potrebbero ottenere, è una questione aperta – e, stando a quanto riferito dai collaboratori curiali, una questione non ancora risolta, o addirittura formalmente posta.

Secondo il blog Rorate Cæli, gli oppositori della Santa Messa tradizionale sperano di fare in fretta una sorta di progresso «ampio, definitivo e irreversibile» verso la soppressione totale, presumibilmente come copertura contro un futuro Papa che inverta la retromarcia di papa Francesco sulla grande liberalizzazione liturgica di Papa Benedetto XVI nella lettera apostolica «motu proprio data» Summorum Pontificum.

«Vogliono farlo mentre papa Francesco è ancora al potere», ha dichiarato il sito web.

Se così fosse, i due – chiunque essi siano – sembrerebbero impegnati in uno strano gioco d’azzardo.

Se in alcuni ambienti si pensa che il Pontificato di papa Francesco rappresenti l’ultimo spiraglio per ulteriori restrizioni, la loro premessa è, presumibilmente, che il prossimo Papa sarà meno comprensivo dei loro mezzi e dei loro fini.

Ma introdurre ora nuove azioni più restrittive sembrerebbe almeno altrettanto probabile che aumentare le possibilità di un «ritorno di fiamma» sotto l’eventuale successore di papa Francesco. Inoltre, qualunque sia il guadagno che «essi» possono sperare di ottenere nel breve termine, è improbabile che sia davvero «irreversibile».

Qualunque siano i mezzi impiegati per interpretare e applicare la lettera apostolica in forma di «motu proprio» Traditionis custodes, e qualunque nuova azione possa essere intrapresa per limitare o sopprimere ulteriormente l’uso del Missale Romanum del 1962, l’unica azione bancariamente permanente intrapresa da papa Francesco sulla liturgia si rivelerà probabilmente la sua effettiva abrogazione della lettera apostolica «motu proprio data» Summorum Pontificum.

Nel bene e nel male, papa Francesco ha spianato la strada ad un Papa che può compiere una totale inversione di rotta rispetto all’approccio del suo predecessore alla forma straordinaria. La protezione dal rischio che il prossimo Papa faccia di nuovo lo stesso potrebbe rivelarsi al di là della portata di qualsiasi nuovo motu proprio.

1 commento:

  1. La logica della rivoluzione, accolta con il Vaticano II, è implacabile. Mano a mano si sconfessa una piccola parte, apparentemente insignificante, dell'edificio costruito da Nostro Signore. L'abolizione definitiva del V.O. sarà solo una tappa, poi verranno alcuni peccati, poi un dogma, poi un sacramento, poi la transustanziazione, e via così fino all'annientamento totale. Salvo che prima l'umanità non trovi la sua (magari auto) distruzione, come tutto ciò che prescinde da Dio.

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