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martedì 30 novembre 2010

Messa greco.bizantina per San Nicola a Milano



Il ciclo “Il suono e la pietra – Calendario d’Avvento”, organizzato da Comune di Milano – Assessorato alle Attività Produttive e Res Musica – Centro ricerca e promozione musicale, approfondisce i rapporti fra la tradizione liturgico-musicale milanese e l’Oriente greco proponendo un appuntamento speciale. Domenica 5 novembre alle ore 16 presso la Chiesa di San Giovanni Crisostomo in Turro Via Cambini, 10) sarà celebrata la Messa di San Nicola in rito greco-bizantino. Nel calendario liturgico la festa di san Nicola cade il 6 dicembre e fa parte di quella stupenda galleria di santi che la Chiesa di Milano esalta nel periodo di preparazione al Natale. D’altra parte, Nicola, vescovo di Mira, vissuto nel III secolo, fu uno dei santi più venerati e più popolari tanto in Oriente quanto nell’Occidente latino: nessuno meglio di lui simboleggia il rapporto stretto fra Milano e il mondo greco e siriaco, in un’epoca in cui non si era consumata ancora la drammatica divisione fra la Chiesa occidentale e quella d’Oriente. La Messa sarà cantata dal Coro Melurgico dell’Associazione Culturale Italiana per l’Oriente Cristiano, sodalizio che si occupa di approfondire la conoscenza della tradizione religiosa cristiana orientale.

Come arrivare
San Giovanni Crisostomo in Turro è in via Cambini, 10
Metro linea rossa M1: fermata Loreto, prendere autobus 56 (P.le Loreto – Crescenzago) per 4 fermate

In 400 per la Santa Messa a Mirano (Venezia)











Gli organizzatori si aspettavano poche decine di fedeli, sabato scorso, in occasione della prima Messa in rito romano antico a Mirano, piccola città in provincia di Venezia. Ma anche le più rosee previsioni sono state superate e all'inizio della funzione erano presenti circa 400 fedeli, tutti del luogo. Merito va senza dubbio all'attività promozionale dell'infaticabile Francesco Boato, parrocchiano della chiesa di San Leopoldo Mandic. Don Konrad zu Loewenstein, cappellano della chiesa di San Simon Piccolo a Venezia, ha celebrato di fronte a un'assemblea raccolta e commossa. Unica nota stonata la lugubre architettura razionalista dell'edificio, che, come tutte le chiede moderne, non invita certo al sacro. Superba, come consuetudine, l'esecuzione musicale da parte del maestro Nicola Lamon e di Antonio Furlan.

Messa e incontro su Newman a Pavia


GIOVEDI 2 DICEMBRE 2010

FUCI DI PAVIA

SERATA IN ONORE
DEL BEATO NEWMAN

Ore 18, Chiesa di San Giovanni Domnarum
via Mascheroni 36, Pavia

SANTA MESSA IN CANTO
NELLA FORMA STRAORDINARIA
DEL RITO ROMANO

Celebrante: Rev.mo Don Marino Neri

***

Ore 21, Seminario diocesano
via Menocchio 26, Pavia

Cristina Siccardi

IL BEATO NEWMAN
Le ragioni della fede e la grammatica dell'assenso
(presentazione del volume "Nello specchio del Cardinale John Henry Newman")

Corso liturgico fossile in diocesi di Savona

Dal Bollettino n. 46 diramato dall'Ufficio Stampa della diocesi di Savona-Noli. Un pezzo involontariamente caricaturale, tutto da gustare. Come dire: quarant'anni, e dimostrarli tutti...


Ministri straordinari della Comunione, animatori [non è un mestiere riservato ai villaggi vacanze?], lettori, ministranti, cantori, coristi, strumentisti e direttori di coro. A loro si rivolge il breve corso di formazione liturgica di base promosso dall’Ufficio liturgico diocesano con cadenza quindicinale a partire dal 29 gennaio, dalle 14,45 alle 17 nei locali del Seminario.

“In quest’anno pastorale dedicato alla formazione – spiega il direttore dell’Ufficio liturgico padre Piergiorgio Ladone – ci è sembrato doveroso volgere la nostra attenzione alla situazione concreta delle celebrazioni liturgiche, anzitutto l’Eucaristia, delle nostre parrocchie. L’Eucaristia, come ci ha ricordato l’ultimo Convegno diocesano, è momento centrale della vita della comunità e luogo privilegiato di evangelizzazione permanente. Per questo ci sembra importante la cura costante di questo evento attraverso soprattutto la formazione di coloro che, a loro volta, con la loro animazione [bis] risultano essere i principali formatori di ogni singola comunità”.

Si comincerà il 29 gennaio, quando padre Ladone parlerà del “gruppo liturgico” [was ist das?] e don Giancarlo Frumento, parroco di Zinola, interverrà sui “gesti liturgici alle origini del culto cristiano”. Il 12 febbraio don Giuseppe Militello, parroco di san Giuseppe in Savona e docente di teologia, illustrerà il “rinnovamento liturgico del Vaticano II”, mentre don Frumento analizzerà la struttura della celebrazione eucaristica. Il 26 febbraio sarà la volta del biblista don Claudio Doglio (“La mensa della Parola”) e ancora di don Militello (“Chi legge le letture?”).

Si arriva al 12 marzo, quando don Marco Fossile [nomen omen], viceparroco in Savona Maria Ausiliatrice ed esperto di liturgia, parlerà della “mensa del corpo di Cristo”, e padre Marco Chiesa, carmelitano, illustrerà il “servizio alla celebrazione dell’Eucaristia”. Infine, il 26 marzo, padre Piergiorgio Ladone metterà a frutto la sua competenza musicale parlando del ruolo della musica nella liturgia e degli attori [??] della musica e del canto.

“Una formazione di base uguale per tutti – conclude lo stesso padre Ladone – ci sembra indispensabile per creare una forma mentis liturgica comune, da non confondersi con l’uniformità, di cui, nonostante siano trascorsi ormai più di quarant’anni dal rinnovamento conciliare, si sente ancora tanto la necessità per il nostro camminare insieme”.

lunedì 29 novembre 2010

Per la FSSPX il Papa sul profilattico avrebbe dovuto spiegar meglio, ma non ha contraddetto la dottrina tradizionale.

Le frasi del Papa sul preservativo continuano a suscitare reazioni. Si tratta - il dato è oggettivo - di affermazioni inedite da parte di un pontefice (sia pure raccolte in un testo non magisteriale); la questione controversa è se la novità traduca anche un mutamento della dottrina tradizionale, o se sia semplicemente il trarne le conseguenze, alla luce anche di altri principi come quello del male minore. In soldoni: per il Papa il preservativo è diventato in alcuni casi permesso, o continua ad essere sempre moralmente illecito, per quanto 'giustificato' in alcuni casi dall'esigenza di evitar mali maggiori?

E' interessante ed istruttiva una disamina delle reazioni nel mondo. Buona parte dei media e degli ambienti laicisti o progressisti hanno senz'altro sposato la tesi di una riconosciuta liceità dello strumento profilattico (magari lamentando l'insufficienza o la tardività dell'apertura papale). E poiché gli estremi si toccano (come nell'ermeneutica della rottura applicata al Concilio), anche i sedevacantisti - dichiarati o in pectore - hanno entusiasticamente appoggiato quell'interpretazione che comprova, ai loro occhi, l'eresia di 'don' Ratzinger. Ma anche molti fedeli ortodossi, in piena buona fede, hanno accolto con preoccupazione, se non rigetto, le parole del Papa: chi temendo (e certo a ragione) le interpretazioni distorte, e chi ritenendole con rammarico (e con ben minor ragione) fondate.

Come abbiamo già avuto modo di censire nel nostro precedente post dedicato all'argomento, il mondo tradizionale in gran maggioranza ha reagito con misurato ma sostanziale favore a quelle frasi, non rinvenendo in esse nulla di contrario alla dottrina di sempre. Gli istituti tradizionalisti in comunione con Roma non si sono, a nostra conoscenza, espressi; per contro la FSSPX, sull'onda dell'emozione, aveva emanato un comunicato di critica, nel quale citava le frasi delle encicliche papali sul tema della contraccezione. Citazioni ictu oculi inconferenti, visto che il Papa si è ben guardato dal contraddire quei principi.

Evidentemente alla Fraternità devono essersi accorti di questo passo falso, malfondato esegeticamente prima ancora che teologicamente, e si sono quindi affidati alla penna di un loro teologo, l'abbé Matthias Gaudron, già rettore del seminario di Zaitzkofen e ora consultore della Commissione teologica per i colloqui con Roma. In un articolo oggi apparso sul sito ufficiale della Fraternità, intitolato Luci ed ombre nel libro-intervista di Benedetto XVI, egli affronta il tema contraddicendo, di fatto, il precedente comunicato e sviluppando un ben differente argomento: E' sleale, osserva, affermare che il Papa abbia dichiarato la liceità del profilattico. Le frasi di Benedetto XVI tuttavia avrebbero potuto essere più chiare e nette, per evitare la confusione che ne è seguita nello spirito di molti.

E su quest'ultimo punto, giudicando post hoc, non possiamo che esser d'accordo: a noi il Papa appare essere stato molto chiaro, ma a giudicare da certe reazioni è giocoforza ammettere che avrebbe dovuto esserlo di più.

Riportiamo la parte dell'articolo dell'abbé Gaudron inerente la questione in discorso, tradotta a nostra cura.
Enrico


Ha il Papa consentito l'uso del preservativo?

In realtà, il Papa ha semplicemente detto che si può vedere nell'uso di preservativi da parte di un prostituto, con l'intento di prevenire la trasmissione dell'HIV, un primo passo verso la sua propria moralizzazione e responsabilizzazione. Si potrebbe dire, nella stessa direzione, che la decisione presa da un rapinatore omicida di limitare in futuro le proprie attività al ladrocinio, per non attentare alla vita del prossimo, potrebbe essere considerata soggettivamente come un primo passo verso la sua moralizzazione. Concludere da ciò che il latrocinio diverrebbe pertanto moralmente giustificabile, è altrettanto sleale che le affermazioni di alcuni vescovi e teologi, secondo i quali Benedetto XVI avrebbe finalmente aperto la porta ai contraccettivi.

Tuttavia, si deve osservare che il riferimento del Papa a dei "casi particolari" fornisce una certa base per queste interpretazioni. Egli avrebbe dovuto, in effetti, sfruttare la domanda di Peter Seewald che gli domandava se la Chiesa non è "per principio contro l'uso di preservativi", per rimuovere ogni dubbio. Invece risponde semplicemente, che la Chiesa non considera il preservativo come "una soluzione vera e morale" [e... non basta questo?], anche se in "un caso o nell'altro", esso potrebbe "costituire un primo passo sulla strada di una sessualità vissuta diversamente, una sessualità più umana". (p.161 [dell'edizione francese]). Per parlare educatamente, è una frase debole. Che la sessualità non possa essere vissuta in modo conforme alla volontà di Dio e degno della natura umana se non unicamente nel matrimonio, e che qui il preservativo o altri mezzi di contraccezione artificiali siano da respingere moralmente, questo naturalmente non è certo negato dal Papa, ma non è nemmeno espresso più chiaramente, come pur sarebbe ben necessario di questi tempi. Pertanto, e a causa della sua volontà di andare il più possibile incontro al mondo secolarizzato senza ferire nessuno, condivide con i media qualche responsabilità nella confusione e delusione che le informazioni di questi ultimi giorni hanno provocato tra i cattolici fedeli.

Ritiro spirituale d'avvento a Firenze


Sabato 4 dicembre 2010, ore 9,30-16,30
Convento di Ognissanti dei Padri Francescani dell'Immacolata
Borgo Ognissanti, 42 - Firenze

RITIRO SPIRITUALE D'AVVENTO
DEL COORDINAMENTO TOSCANO «BENEDETTO XVI»



Il ritiro spirituale d'Avvento organizzato dal Coordinamento Toscano "Benedetto XVI" è rivolto a tutti i fedeli che intendono approfondire la spiritualità legata all'antica tradizione liturgica romana.

Esso avrà luogo il 4 dicembre 2010 presso il Convento di Ognissanti a Firenze (Borgo Ognissanti, 42) e sarà predicato dai Padri Francescani dell'Immacolata.


PROGRAMMA

Ore 9,30 - Ritrovo dei partecipanti e conferenza spirituale.

Ore 12 - S. Messa in rito romano antico.

Ore 13 - Pranzo (al sacco). Tempo libero per approfondimento personale.

Ore 14,30 - Conferenza spirituale e riflessioni condivise.

Ore 16,00 -
Adorazione e Benedizione Eucaristica.

Ore 16,30
- Congedo dei partecipanti.


Coloro che nella mattinata hanno impegni lavorativi potranno unirsi al ritiro in un secondo momento, prima del pranzo o della conferenza spirituale del pomeriggio: di ciò si consiglia comunque di avvertire in anticipo.

Il ritiro è aperto a tutti.

Per informazioni e adesioni: coordinamentotoscano@hotmail.it

Ritorno trionfale per il card. Ranjith



Ritorno trionfale del card. Ranjith in Sri Lanka: per il neoporporato è stata predisposta una specialissima (e buffa) cardinal-mobile, con tanto di galero e nappine incorporate, sulla quale ha sfilato per le vie di Colombo, la capitale.

Un gesto di affezione che non può non farci piacere.


Fonte: White monks, via Eponymous flower

Il Papa sulla Frat. S. Pio X, sul ministero petrino e su Fatima

Grazie a Caterina, possiamo leggere questi brani dal libro-intervista a Benedetto XVI, Luce del mondo. Visto che la prima edizione è esaurita, ci consoliamo dell'attesa della seconda leggendo gli excerpta che seguono


Pag. 41/43:  la questione della revoca della scomunica alla FSSPX (Fraternità Sacerdotale San Pio X)

- La revoca della scomunica è stata un errore?
Forse è il caso di fare qualche precisazione rispetto alla revoca della scomunica in sé; perchè sono state diffuse moltissime stupidaggini, perfino da presunti dotti teologici.
Non è vero che quei quattro vescovi, come spesso si è voluto sottendere, siano stati scomunicati a causa del loro atteggiamento negativo nei confronti del Concilio Vaticano II.
In realtà erano stati scomunicati perché avevano ricevuto la consacrazione episcopale senza il mandato del Papa.
E quindi si era proceduto secondo il relativo canone vigente, un canone già presente nell'antico Diritto ecclesiastico.
Secondo di esso [sic], la scomunica viene inflitta a coloro, che, senza mandato del Papa, conferiscono ad altri la consacrazione episcopale, ed anche a coloro che si lasciano consacrare.
Furono quindi scomunicati perchè avevano agito contro il Primato.
Esiste una situazione analoga in Cina; anche lì sono stati consacrati dei vescovi senza il mandato del Papa e per questo sono stati scomunicati.
Ora, non appena uno di questi vescovi dichiara di riconoscere il Primato in generale nonchè quello del Pontefice regnante in particolare, la sua scomunica viene revocata perché non più giustificata.
Questo è quello che stiamo facendo in Cina - e speriamo in questo modo di riuscire pian piano a risolvere lo scisma - e così abbiamo agito anche nei casi in questione.
In breve: per il fatto stesso di essere stati consacrati senza il mandato del Papa sono stati scomunicati; e per il fatto stesso di aver riconosciuto il Papa - anche se non lo seguono ancora in tutto - la loro scomunica è stata revocata.
In sé, è un processo giuridico assolutamente normale.
Devo dire a questo proposito che su questo punto il nostro lavoro di comunicazione non è riuscito bene.
Non è stato spiegato abbastanza perchè questi vescovi fossero stati scomunicati e perché poi, già solo per ragioni giuridiche, quella scomunica doveva essere revocata."

- Nell'opinione pubblica nacque l'impressione che Roma trattasse con riguardo gruppi conservatori di destra, mentre riducesse subito al silenzio esponenti liberali e di sinistra.
Si è trattato semplicemente di una situazione giuridica molto chiara. Il Vaticano II non c'entrava assolutamente nulla; e nemmeno altre posizioni teologiche.
Nel momento in cui questi Vescovi riconoscevano il Primato del Papa, giuridicamente dovevano essere liberati dalla scomunica; senza che per questo mantenessero i loro incarichi nella Chiesa e senza che per ciò stesso fosse accettata la posizione da loro assunta nei riguardi del Concilio Vaticano II".


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pag. 21/26 Sul Primato petrino e il ruolo del Pontefice

- Lei oggi è il Papa più potente di tutti i tempi. Mai prima d'ora la Chiesa Cattolica ha avuto tanti fedeli, mai un'estensione simile, letteralmente fino ai confini della terra.
Sono statistiche che certo hanno la loro importanza. Mostrano quanto la Chiesa sia vasta, quanto ampia sia in realtà questa comunità che abbraccia razze e popoli, continenti, culture e persone di ogni genere.
Ma il potere del Papa non è in questi numeri.

- Perchè no?
La comunione con il Papa è di tipo diverso, e naturalmente anche l'appartenenza alla Chiesa.
Tra quel miliardo e 200 milioni di persone ce ne sono molte che poi in realtà nel loro intimo non ne fanno parte.
Già ai suoi tempi, sant'Agostino diceva: molti che sembrano stare dentro, sono fuori; e molti che sembrano stare fuori, sono dentro.
In una questione come la fede e l'appartenenza alla Chiesa Cattolica, il dentro e il fuori sono intrecciati misteriosamente.
Stalin aveva effettivamente ragione quando diceva che il Papa non ha divisioni e non può intimare o imporre nulla.
Non possiede nemmeno una grande impresa, nella quale, per così dire, tutti i fedeli della Chiesa sarebbero suoi dipendenti o subalterni.
In questo senso, da un lato il Papa è una persona assolutamente impotente.
Dall'altro ha una grande responsabilità.
Egli è, in un certo senso, il capo, il rappresentante e allo stesso tempo il responsabile del fatto che quella fede che tiene uniti gli uomini sia creduta, che rimanga viva e che rimanga integra nella sua identità.
Ma unicamente il Signore ha il potere di conservare gli uomini nella fede.

- Per la Chiesa Cattolica il Papa è Vicarius Christi, il rappresentante di Cristo in terra. Ma lei veramente può parlare a nome di Gesù?
Nell'annuncio della fede e nell'amministrazione dei sacramenti, ogni sacerdote parla e agisce su mandato di Gesù Cristo, per Gesù Cristo.
Cristo ha affidato la sua Parola alla Chiesa.
Questa Parola vive nella Chiesa.
E se nel mio intimo accolgo e vivo la fede di questa Chiesa, se parlo e penso a partire da questa fede, allora quando annuncio Lui parlo "per Lui", anche se è chiaro che nel dettaglio possono sempre esserci delle insufficienze, delle debolezze.
Quel che conta è che io non esponga le mie idee ma cerchi di pensare e di vivere la fede della Chiesa, di agire su Suo mandato in modo obbediente.

- Il Papa è veramente "infallibile", nel senso in cui a volte lo presentano i mass media? E' cioè un sovrano assoluto il cui pensiero e la cui volontà sono legge?
Questo è sbagliato.
Il concetto dell'infallibilità è andato sviluppandosi nel corso dei secoli.
Esso è nato di fronte alla questione se esistesse da qualche parte un ultimo organo, un ultimo grado che potesse decidere.
Il Concilio Vaticano I - rifacendosi ad una lunga tradizione che risaliva alla cristianità primitiva - alla fine ha stabilito che quest'ultimo grado esiste.
Non rimane tutto sospeso!
In determinate circostanze e a determinate condizioni, il Papa può prendere decisioni in ultimo vincolanti grazie alle quali diviene chiaro cosa è la fede della Chiesa, e cosa non è.
Il che non significa che il Papa possa di continuo produrre "infallibilità".
Normalmente il Vescovo di Roma si comporta come qualsiasi altro vescovo che professa la propria fede, la annuncia ed è fedele alla Chiesa.
Solo in determinate condizioni, quando la tradizione è chiara ed egli sa che in quel momento non agisce arbitrariamente, allora il Papa può dire: "Questa determinata cosa è fede della Chiesa e la negazione ad essa non è fede della Chiesa".
In questo senso il Concilio Vaticano I ha definito la facoltà della decisione ultima: affinchè la fede potesse conservare il suo carattere vincolante.

- Il ministero petrino - così Lei spiegava - garantisce la concordanza con la verità e la tradizione autentica. La comunione con il Papa è presupposto per una fede retta e per la libertà. Sant'Agostino aveva espresso questa idea così: dove c'è Pietro, c'è la Chiesa, e lì c'è anche Dio. Ma è un'espressione che viene da altri tempi, oggi non è più valida....
In realtà l'espressione non è formulata in questi termini e non è di Agostino, ma ora non è questo il punto.
In ogni caso si tratta di un assioma antico della Chiesa Cattolica: dove c'è Pietro, c'è la Chiesa.
Ovviamente il Papa può avere opinioni personali sbagliate!
Ma come detto: quando parla come Pastore Supremo della Chiesa, nella consapevolezza della sua responsabilità, allora non esprime più la sua opinione, quello che gli passa per la mente in quel momento.
Il quel momento egli è consapevole della sua grande responsabilità e, al tempo stesso, della protezione del Signore; per cui egli non condurrà, con una siffatta decisione, la Chiesa nell'errore ma al contrario, garantirà la sua unione con il passato, il presente e il futuro e soprattutto con il Signore.
Questo è il nocciolo della faccenda e questo è quello che percepiscono anche le altre comunità cristiane.

- Durante un simposio svoltosi nel 1977 in occasione dell'80esimo compleanno di Paolo VI, Lei tenne una relazione su cosa e come dovrebbe essere un Papa. Citando il cardinale inglese Reginald Pole, disse che un Papa dovrebbe "considerarsi come il più piccolo degli uomini"; che dovrebbe ammettere "di non conoscere altro se non quell'unica cosa che gli è stata insegnata da Dio Padre attraverso Cristo".
Vicarius Christi, diceva, significa rendere presente il potere di Cristo come contrafforte al potere del mondo. E questo non sotto forma di qualsivoglia dominio, ma piuttosto portando questo peso sovrumano sulle proprie spalle umane. In questo senso, il luogo autentico del Vicarius Christi è la Croce.
Si, anche oggi ritengo che questo sia vero.
Il primato si è sviluppato fin dall'inizio come primato del martirio. Nei primi tre secoli, Roma, è stata fulcro e capitale delle persecuzioni dei cristiani. Tenere testa a queste persecuzioni e rendere testimonianza a Cristo fu il compito particolare della sede episcopale di Roma.
Possiamo considerare provvidenziale il fatto che, nel momento stesso in cui il Cristianesimo si riappacificò con lo Stato, l'impero si trasferisse a Costantinopoli, sul Bosforo.
Roma, per così dire, era divenuta provincia.
Così fu più facile per il Vescovo di Roma evidenziare l'indipendenza della Chiesa, la sua distinzione dallo Stato.
Non è necessario cercare sempre lo scontro, è chiaro, quanto piuttosto mirare al consenso, all'accordo. Ma sempre la Chiesa, il cristiano, e soprattutto il Papa deve essere cosciente del fatto che la testimonianza che deve rendere possa divenire scandalo, che non venga accettata e che quindi egli si trovi costretto nella condizione del testimone, di Cristo sofferente.
Il fatto che i primi Papi siano stati tutti martiri, ha il suo significato!
Essere Papa non significa porsi come un sovrano colmo di gloria, quanto piuttosto rendere testimonianza a Colui che è stato crocifisso, ed essere disposto ad esercitare il proprio ministero anche in questa forma, in unione a Lui.


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pag. 225/229 Maria, il culto a Maria e Fatima

- Al contrario del suo predecessore, Lei è considerato un teologo con un orientamento più cristologico che mariano. Eppure solo un mese dopo la Sua elezione Lei esortò i credenti radunati a Piazza san Pietro ad affidarsi alla Madonna di Fatima. Nel corso della sua visita a Fatima nel maggio 2010 usò parole spettacolari: l'avvenimento di 93 anni fa, quando il cielo si è aperto proprio sul Portogallo, è "come una finestra di speranza che Dio apre quando l'uomo Gli chiude la porta".
Proprio il Papa che il mondo conosce come il difensore della ragione ora dice: "La Vergine Maria è venuta dal Cielo per ricordarci la verità del Vangelo".
E' vero, sono cresciuto in una pietà anzitutto cristocentrica, come si era andata sviluppando tra le due guerre attraverso un rinnovato accostarsi alla Bibbia e ai Padri; in una religiosità che coscientemente ed in misura pronunciata veniva nutrita attraverso la Bibbia e dunque era orientata a Cristo.
Di questo però fa sempre parte certamente la Madre di Dio, la Madre del Signore.
Nella Bibbia, in Luca e Giovanni, compare relativamente tardi, ma in modo tanto più splendente, ed in questo senso è sempre appartenuta alla vita cristiana.
Nelle Chiese d'Oriente già molto presto Ella acquisì grande importanza, si pensi ad esempio al Concilio di Efeso del 431. E di continuo, attraverso tutta la storia, Dio se ne è servito come della luce perchè Egli possa condurci a sè.
In America Latina, ad esempio, il Messico è divenuto cristiano nel momento in cui è apparsa la Madonna di Guadalupe.
Allora gli uomini compresero: "Sì, è questa la nostra fede; con essa veramente arriviamo a Dio; in essa è trasformata e ricompresa tutta la ricchezza delle nostre religioni".
In America Latina, hanno portato le persone alla fede in ultimo due figure:
da una parte la Madre, dall'altra Dio che patisce, che patisce anche per tutto quello che di violento ciascuno di loro ha dovuto sopportare.
Così bisogna dire che la fede ha una storia. L'ha evidenziato il cardinale Newman. La fede si sviluppa. E di questo fa parte anche una manifestazione sempre più potente della Madre di Dio nel mondo, come guida, come luce di Dio, come la Madre attraverso la quale possiamo riconoscere il Padre e il Figlio.
Dio ci ha dato perciò dei segni; proprio nel XX secolo.
Nel nostro razionalismo e di fronte alle nascenti dittature, ci mostra l'umiltà della Madre che appare a dei bambini dicendo loro l'essenziale: fede, speranza, amore, penitenza.
E così capisco anche che le persone qui si trovino per così dire delle finestre. A Fatima ho visto centinaia di migliaia di persone che, attraverso quello che Maria aveva confidato a dei bambini, in questo mondo pieno di sbarramenti e chiusure, ritrovano in certo qual modo l'accesso a Dio.

- Il famoso "Terzo segreto di Fatima" venne pubblicato solo nell'anno 2000 dal cardinale Joseph Ratzinger si disposizione di Giovanni Paolo II. Il testo parla di un vescovo vestito di bianco, che cade a terra, ucciso da un gruppo di soldati che gli sparano vari colpi di arma da fuoco, scena questa che venne interpretata come prefigurazione dell'attentato subito da Giovanni Paolo II.
Ora Lei dice: "Si illuderebbe chi pensasse che la missione profetica di Fatima sia conclusa".
Cosa intende? Significa che il messaggio di Fatima in realtà ancora non si è compiuto?
Nel messaggio di Fatima bisogna tenere distinte due cose: vi è da un lato un preciso avvenimento, rappresentato in forma di visione, dall'altro la cosa fondamentale, della quale si tratta.
Il punto non era soddisfare una curiosità. In questo caso avremmo dovuto pubblicare il testo molto prima! No, il punto è lasciare intendere un momento critico nella storia: quello nel quale si scatena tutta la forza del male che si è cristallizzata nelle grandi dittature e che, in altra forma, agisce anche oggi.
Si trattava poi della risposta a questa sfida. Questa risposta non consiste in grandi azioni politiche, ma ultimamente può giungere solo dalla trasformazione dei cuori: attraverso la fede, la speranza, l'amore e la penitenza. In questo senso il messaggio di Fatima non è concluso, anche se le due grandi dittature sono scomparse.
Rimane la sofferenza della Chiesa, resta la minaccia agli uomini e con essa permane anche la questione della risposta; rimane perciò anche l'indicazione che ci ha dato Maria.
Anche ora vi sono tribolazioni. Anche oggi il potere minaccia di calpestare la fede in tutte le forme possibili. Anche oggi è perciò necessaria la risposta della quale la Madre di Dio ha parlato ai bambini.

- La sua predica del 13 maggio a Fatima ha toni drammatici: "L'uomo ha potuto scatenare un ciclo di morte e di terrore", ha detto, "ma non riesce ad interromperlo...".
Quel giorno, di fronte a mezzo milione di persone espresse una supplica che in fin dei conti è impressionante: " Possano questi sette anni che ci separano dal centenario delle Apparizioni, affrettare il preannunciato trionfo del Cuore Immacolato di Maria a gloria della Santissima Trinità".
Significa che il Papa, che detiene un mandato profetico, ritiene possibile che nell'arco dei prossimi sette anni la Santa Madre di Dio si manifesterà in un modo che equivarrà ad un trionfo?
Ho detto che il "trionfo" si avvicinerà.
Dal punto di vista contenutistico è la stessa cosa di quando preghiamo che venga il Regno di Dio. E' una parola che non va intesa come se io mi aspetti che adesso avvenga una grande svolta e la storia improvvisamente cambi radicalmente corso: sono forse troppo razionalista per questo; volevo dire che la potenza del male deve essere sempre di nuovo arrestata; che sempre nella forza della Madre si mostra la forza di Dio stesso, e la tiene viva.
La Chiesa è sempre chiamata a fare ciò per cui Abramo pregò Dio, e cioè avere cura che vi siano abbastanza giusti per tenere a freno il male e la distruzione.
Ho voluto dire che le forze del bene possono sempre crescere di nuovo. In questo senso i trionfi di Dio, i trionfi di Maria sono silenziosi, e tuttavia reali.

domenica 28 novembre 2010

Dom Guérager: STORIA DELL'AVVENTO

STORIA DELL'AVVENTO
di Dom Prosper Guéranger

Il nome dell'Avvento

Si dà nella Chiesa latina, il nome di Avvento [1] al tempo destinato dalla Chiesa a preparare i fedeli alla celebrazione della festa di Natale, anniversario della Nascita di Gesù Cristo. Il mistero di questo grande giorno meritava senza dubbio l'onore d'un preludio di preghiera e di penitenza: cosicché sarebbe impossibile stabilire in maniera certa la prima istituzione di questo tempo di preparazione, che ha ricevuto solo più tardi il nome di Avvento [2].
L'Avvento deve essere considerato sotto due diversi punti di vista: come un tempo di preparazione propriamente detta alla Nascita del Salvatore, mediante gli esercizi della penitenza, o come un corpo d'Uffici Ecclesiastici organizzato con lo stesso fine. Fin dal secolo V, troviamo l'uso di fare delle esortazioni al popolo per disporlo alla festa di Natale; ci sono rimasti a questo proposito due sermoni di san Massimo di Torino, senza parlare di parecchi altri attribuiti una volta a sant'Ambrogio e a sant'Agostino, e che sembrano essere invece di san Cesario d'Arles. Se tali documenti non ci indicano ancora la durata e gli esercizi di questo tempo sacro, vi riscontriamo almeno l'antichità dell'uso che distingue mediante particolari predicazioni il tempo dell'Avvento. Sant'Ivo di Chartres, san Bernardo, e parecchi altri dottori dell'XI e del XII secolo hanno lasciato speciali sermoni de Adventu Domini, completamente distinti dalle Omelie Domenicali sui Vangeli di questo tempo. Nei Capitolari di Carlo il Calvo dell'anno 864, i Vescovi fanno presente a quel principe che egli non deve richiamarli dalle loro Chiese durante la Quaresima nè durante l'Avvento sotto il pretesto degli affari di Stato o di qualche spedizione militare, perché essi hanno in quel periodo dei doveri particolari da compiere, principalmente quello della predicazione.
Un antico documento in cui si trovano, precisati, in maniera sia pure poco chiara, il tempo e gli esercizi dell'Avvento, é un passo di S. Gregorio di Tours, al decimo libro della sua Storia dei Franchi nel quale

Novena dell'Immacolata a Trinità dei Pellegrini



Parrocchia Santissima Trinità dei Pellegrini

FESTA DELL' IMMACOLATA CONCEZIONE

Novena preparatoria

Lunedì 29 Novembre – Martedì 7 Dicembre

Ore 17.45

Esposizione del Santissimo Sacramento

Santo Rosario

Canto delle Litanie

Preghiera all'Immacolata e canto del Tota Pulchra

Benedizione Eucaristica.

Ore 18.30

 S. Messa

Martedì 8 Dicembre

Solennità Liturgica dell'Immacolata Concezione

Ore 9.00 S. Messa letta

Ore 10.30 S. Messa Pontificale celebrata da Sua Eminenza il neo Cardinale Domenico BARTOLUCCI

Ore 17.30 Canto dei Vespri

Preghiera all’Immacolata di Pio XII

Canto del Tota Pulchra

Benedizione Eucaristica

Ore 18.30 S. Messa cantata

La preghiera del Papa per la vita nascente


Il Santo Padre ha composto questa preghiera molto bella, recitata ieri sera nella veglia per la vita che coincide con l'inizio dell'Avvento, periodo di attesa per la 'vita nascente' del Redentore.


Signore Gesù,
che fedelmente visiti e colmi con la tua Presenza
la Chiesa e la storia degli uomini;
che nel mirabile Sacramento del tuo Corpo e del tuo Sangue
ci rendi partecipi della Vita divina
e ci fai pregustare la gioia della Vita eterna;
noi ti adoriamo e ti benediciamo.

Prostráti dinanzi a Te, sorgente e amante della vita
realmente presente e vivo in mezzo a noi, ti supplichiamo.

Ridesta in noi il rispetto per ogni vita umana nascente,
rendici capaci di scorgere nel frutto del grembo materno
la mirabile opera del Creatore,
disponi i nostri cuori alla generosa accoglienza di ogni bambino
che si affaccia alla vita.

Benedici le famiglie,
santifica l'unione degli sposi,
rendi fecondo il loro amore.

Accompagna con la luce del tuo Spirito
le scelte delle assemblee legislative,
perché i popoli e le nazioni riconoscano e rispettino
la sacralità della vita, di ogni vita umana.

Guida l'opera degli scienziati e dei medici,
perché il progresso contribuisca al bene integrale della persona
e nessuno patisca soppressione e ingiustizia.

Dona carità creativa agli amministratori e agli economisti,
perché sappiano intuire e promuovere condizioni sufficienti
affinché le giovani famiglie possano serenamente aprirsi
alla nascita di nuovi figli.

Consola le coppie di sposi che soffrono
a causa dell'impossibilità ad avere figli,
e nella tua bontà provvedi.

Educa tutti a prendersi cura dei bambini orfani o abbandonati,
perché possano sperimentare il calore della tua Carità,
la consolazione del tuo Cuore divino.

Con Maria tua Madre, la grande credente,
nel cui grembo hai assunto la nostra natura umana,
attendiamo da Te, unico nostro vero Bene e Salvatore,
la forza di amare e servire la vita,
in attesa di vivere sempre in Te,
nella Comunione della Trinità Beata.

C. Amen.


Fonte: Magistero di Benedetto XVI

sabato 27 novembre 2010

Concerto e S. Messa all'Oratorio di Napoli

La Congregazione dell'Oratorio di Napoli Domenica 28 novembre 2010.

In occasione dell'inizio dell'Avvento propone


Ore 10.30 oratorio dell'Assunta via Duomo, 144: esercizio dell'Oratorio grande, secondo la tradizione Oratoriana, dal tema Justorum animae (Le anime dei giusti): lettura di testi riflessioni letterarie e teologiche e intervento musicale.

Anime affaticate e sitibonde di Francesco Soto (1634-1619)

Laudate Dio di Animucca (1520-1571)

ore 12.00 celebrazione in via straordinaria della s. Messa solenne cantata in lingua latina secondo le disposizioni concesse da Sua santità il Papa Benedetto XVII nel Motu proprio Summorum Pontificum.

Saranno eseguiti canti in Gregoriano e polifonia.

Saranno disponibili sussidi in italiano per seguire le letture e la liturgia in lingua latina

Echi (anti)tridentini in cinematografia: "Roma" di F. Fellini


Nel film ad episodi "Roma" del 1972, Fellini volle anche inserire una parodia della nobiltà nera e dei tradizionalisti cattolici, nostalgici dell'allora deprecata "Chiesa pacelliana": del grande Pio XII sembrano infatti i tratti del pontefice-faraone che appare alla fine dell'episodio, tra le invocazioni imploranti: "Torna!". Davvero molto godibile: indimenticabile il modello tourterelle immaculée, per ambienti difettosi d'areazione; rompicapo teologico, invece, il titolo delle petites soeurs de la temptation du purgatoire. E come tralasciare le inamidate 'variazioni sacrestanesche per cerimonie di I classe'?

A un certo punto una delle cariatidi che assistono al défilé confida alla vicina: "E' il mondo che deve seguire la Chiesa, non viceversa". Quanta verità, lo si è visto dopo, in questa frase che al regista e agli spettatori dell'epoca appariva evidentemente una boutade irricevibile...

Facile sarcasmo, nei primi anni Settanta, allorché la nuova Chiesa appariva vergine, giovane e nuova. Non sapeva che dietro tante parole di "nobile semplicità" e "povertà evangelica" sarebbe arrivato, se non le pianete con lucine intermittenti come immaginate dal regista, perfino di peggio. Come questo:


O questo (che assomiglia davvero ad una creazione felliniana che si vede nel film):


E poiché quandoque et bonus Homerus dormitat (o meglio: lascia fare ad un maestro di cerimonie di gusti perversi), mettiamoci pure anche il nostro amatissimo Benedetto XVI, epoca Piero Marini


Enrico

Conferenza a Livorno

ASSOCIAZIONE «CRISTO RE» LIVORNO

Venerdì 3 dicembre - Ore 21,00
Parrocchia di S. Rosa - Via Machiavelli, 32
LIVORNO

CONFERENZA PUBBLICA SUL TEMA

L'ANTICRISTO
E LA FINE DI UN'EPOCA

Profilo dimenticato di una figura
e di un evento escatologico
alla luce della Scrittura e delle apparizioni mariane:
elementi di riflessione per il nostro tempo di

P. Serafino Tognetti
della Comunità dei Figli di Dio (Don Divo Barsotti),
curatore di una rubrica di spiritualità di Radio Maria

Per maggiori informazioni: cristore.livorno@hotmail.it



Nuove da Perugia


Sabato 4 Dicembre alle ore 17.30

Chiesa della Congregazione dell’Oratorio di S.Filippo Neri in Perugia

S. MESSA SOLENNE NELLA FORMA STRAORDINARIA DEL RITO ROMANO

Celebra il M.Rev.

Padre UWE MICHAEL LANG, C.O.

Consultore delle Celebrazioni Liturgiche del Sommo Pontefice.

Segue Vespro solenne e benedizione eucaristica
**********
Giovedì 2 dicembre 2010
Giornata dedicata a
John Henry Newman
Ore 18.00 - Cattedrale di San Lorenzo
Santa Messa presieduta da S.E. l’Arcivescovo
Mons. Gualtiero Bassetti
Ore 21.15 - Oratorio di S. Cecilia, via Fratti
Saluto di S.E. Mons. Gualtiero Bassetti
John Henry Newman e il nostro tempo
Prof. Onorato Grassi
(Ordinario di Storia della filosofia medievale, Università LUMSA, Roma)

venerdì 26 novembre 2010

Il futuro della Chiesa è questo. E bastano pochi minuti.

Esempio uno


Esempio due

Nuova Messa tradizionale in terra di Tettamanzi?

Il Duomo di Monza
Monza, arcidiocesi di Milano, è un enclave di rito romano in terra ambrosiana. Non si pongono dunque problemi di applicazione (più volte contestata, e non senza appigli testuali) del motu proprio Summorum Pontificum al rito ambrosiano; problemi che, come ricorderete, proprio recentemente mandarono in fibrillazione l'arciprete del duomo di Milano, mons. Manganini. Da Il Padano leggiamo questa promettente notizia:


Monza – Finalmente anche a Monza è successo quello che è già successo da tempo ormai in altre sedi di rito romano in tutto il mondo. Infatti oltre 60 fedeli monzesi hanno firmato la richiesta per l’applicazione del Motu Proprio Summorum Pontificum voluto da Papa Benedetto XVI nel 2007, che reintroduce la celebrazione della Santa Messa in latino secondo il Vetus Ordo o Messa di S. Pio V, come celebrazione straordinaria. Le firme sono state presentate all’arciprete del Duomo di Monza mons. Silvano Provasi, che ha attentamente considerato la proposta ed incontrando alcuni promotiri della petizione ha individuato come fase iniziale del percorso la celebrazione di tale Messa presso la chiesa delle Suore Sacramentine.

Mons. Provasi ha confermato così la sua apprezzabile volontà di valorizzare le tradizioni liturgiche più care al popolo cristiano, motivo che lo aveva già condotto a volere la celebrazione della Messa secondo il Novus Ordo in latino accompagnata da canti gregoriani una volta al mese nel Duomo di Monza. L’applicazione del Motu Proprio con la celebrazione dell’antica Messa in latino si inserisce in questo solco di riscoperta e valorizzazione di quanto più prezioso la tradizione cattolica ha prodotto in passato.

Questo Papa da sempre ha un’attenzione particolare per la Liturgia ed ha fortemente voluto questo Motu Proprio per la crescita di tutti i cattolici e non per assecondare i gusti particolari di alcuni. Siamo tutti chiamati quindi a prenderlo in seria considerazione. A Monza vige da sempre il rito romano e quindi non dovrebbero qui valere certe obiezioni presentate dalla Curia Milanese nel 2007 sull’applicazione del Motu Proprio in Diocesi ambrosiana. Le firme sono state presentate anche alla commissione Ecclesia Dei in Vaticano ed al Vicario Episcopale mons. Armando Cattaneo. La raccolta di firme a Monza continua e chiunque volesse saperne di più può contattare l’indirizzo mail lamessadisempre@gmail.com.

Il mistero della chiesa di P. Pio, oggi a Firenze.


Firenze
Venerdì 26 Novembre
Ore 18.00
Sala Giotto - Chiostro di Ognissanti - Ingresso da Via Borgognissanti, 42

Presentazione del volume
"Il Mistero della chiesa di San Pio"
Coincidenze e strategie esoteriche all'ombra del grande Santo di Pietrelcina

di Francesco Colafemmina
Edizioni Settecolori

Interverranno:

Stefano Borselli (direttore de "Il Covile")
Arch. Pietro Pagliardini (curatore del blog "De Architectura")
l'autore Francesco Colafemmina

giovedì 25 novembre 2010

Fervore tridentino nel piacentino

Associazione “SAN GREGORIO MAGNO”

COMUNICATO STAMPA

Ad un anno dall’inizio delle celebrazioni della Santa Messa Tridentina a Castel San Giovanni (Pc) , il Gruppo Stabile di fedeli si è costituito formalmente in Associazione, intitolata a San Gregorio Magno, Pontefice e Dottore della Chiesa. Scopo precipuo dell’Associazione è quello di promuovere e diffondere le celebrazioni secondo il Missale Romanum del 1962, edito dal Beato Giovanni XXIII, in ossequio a quanto stabilito da S.S. Benedetto XVI nel Motu Proprio Summorum Pontificum. L’Associazione “San Gregorio Magno”, parimenti, intende dare impulso allo studio della liturgia cattolica, in particolare la Forma Straordinaria del Rito Romano, in piena adesione alla realtà parrocchiale di cui fa parte. A questo scopo organizzerà seminari, eventi e conferenze.

Proprio in occasione della nascita dell’Associazione,

venerdì 26 novembre, alle ore 21,00, a Castel San Giovanni, presso la Chiesa di Santa Maria in Torricella (detta “dei Sacchi”), in via Garibaldi, 100, si terrà la conferenza “SALIRO’ ALL’ALTARE DI DIO. Bellezza e verità nella Tradizione liturgica”; interverrà il giornalista e scrittore Alessandro Gnocchi. Alla serata parteciperà anche il Coro parrocchiale di Sarmato (Pc), diretto dal maestro Mariano Scotto di Vetta, che eseguirà canti gregioriani e medioevali.
Nella giornata di sabato 27, dopo la consueta S. Messa Tridentina delle ore 17, celebrata dal Parroco mons. Giuseppe Illica, seguirà una meditazione guidata dal coro ”Nitida Stella”, che eseguirà canti della tradizione mariana dal Medioevo ad oggi.
Le offerte raccolte in entrambe le occasioni saranno devolute al restauro degli affreschi della Chiesa dei Sacchi, di cui l’associazione si è fatta promotrice.

Per tutti coloro che volessero partecipare alla vita dell’Associazione o volessero informazioni, possono contattare gli aderenti all’indirizzo messalatina.csg@libero.it

Papa, il Vaticano II e la Parola di Dio. L’esortazione apostolica postsinodale Verbum Domini di Benedetto XVI

Vi alleghiamo di seguito alcuni stralci della nota di Massimo Introvigne sulla esortazione postsinodale di Benedetto XVI Verbum Domini (la nota integrale la potete trovare qui sul sito del Cesnur, e il testo dell’Esortazione Apostolica qui sul sito della S. Sede).
Il documento del S. Padre è importante, non solo per il tema trattato, ma soprattutto perché è anche una risposta ad alcuni quesiti che certuni chiedono per una interpretazione autentica dei testi del Concilio Vaticano II e una risoluzione degli eventuali punti dubbi: una rilevante parte della Verbum Domini è infatti una rilettura sistematica della Costituzione Dei Verbum del concilio stesso.


Nelle duecento pagine dell’esortazione apostolica postsinodale Verbum Domini, datata 30 settembre 2010 ma resa pubblica il successivo 11 novembre, Benedetto XVI non si rivolge solo agli specialisti di esegesi biblica. Dal momento che la Parola di Dio è al centro di tutta la vita cristiana, anzi al centro del cosmo e della storia, l’esortazione apostolica è occasione per un’ampia ricognizione che parte dalla Bibbia ma si estende al rapporto tra fede e ragione, alla cultura, alla missione, all’instaurazione dell’ordine temporale e perfino all’arte e a Internet. Una particolare attenzione è dedicata all’interpretazione del Concilio Ecumenico Vaticano II.

In un discorso ormai famoso tenuto il 22 dicembre 2005 ai membri della Curia Romana, Benedetto XVI ha criticato le interpretazioni del Concilio Ecumenico Vaticano II che ne leggono i documenti secondo

Ancora su Palombella

Un cortese lettore ci segnala l'articolo di Giannicola d'Amico, apparso sul sito del Coordinamento pugliese per l'applicazione del motu proprio, che tratta dell'ormai ben noto don Massimo Palombella, direttore della Cappella Sistina. Ne riportiamo l'incipit:


Recentemente è venuto in luce su “Armonia di Voci” un editoriale del suo direttore don Massimo Palombella che ha attirato alcune critiche qua e là, poiché don Palombella, da circa un mese, è anche il Direttore della Cappella Sistina.

Leggendo con attenzione l’articolo si può ritenere che le critiche non sono del tutto ingiustificate, se consideriamo che l’Autore non è più soltanto il direttore di una rivista musicale di ispirazione salesiana, ma anche il maestro della Cappella musicale del Papa.

E di questo Papa, poi!

L’editoriale nasconde in effetti una aporia di fondo, forse ancora latente, con riguardo al pensiero chiaro e forte del S. Padre in materia di liturgia, arte e musica sacra.

Ma esaminiamo con calma lo scritto di don Palombella.

Perché il Papa ha ragione sul profilattico


Anche se importantissime, normalmente non ci occupiamo di questioni di morale (e meno male, dirà qualcuno... suvvia, une fois n'est pas coutume). Oggi però torniamo sul tema dei profilattici trattato dal Papa nel suo libro-intervista Luce del mondo, per esporre perché, a nostro avviso, quelle affermazioni sono sia giuste, sia opportune. Chiariamo subito che non si tratta di una difesa d'ufficio 'papista', per due motivi: perché quanto affermato in quel libro nulla ha di definizione magisteriale ed è quindi pienamente e liberamente criticabile (avverte lo stesso Benedetto XVI che il Papa non può sempre "produrre infallibilità") e perché, in un post precedente, abbiamo appunto dimostrato di voler fruire quand'è il caso di quella libertà di critica, esprimendo forti perplessità in merito ad una frase del Papa contraddittoria, e per ciò stesso infelice, sulla preghiera per la conversione degli Ebrei.

Il famoso passaggio sul profilattico ha creato qualche comprensibile emozione in parte del mondo tradizionalista, ma più che altro per riflesso condizionato analogo allo sconcerto che a suo tempo deve aver suscitato nei buoni discepoli la frase del Maestro: "il Sabato è per l'uomo, e non l'uomo per il Sabato" (Mc. 2, 28). Comunque la maggior parte dei commenti letti nella blogosfera vicina alla Tradizione sono stati positivi, al pari del nostro: citiamo ex plurimis P. Joseph Fessio, Fr. Zuhlsdorf, Damian Thompson, il prof. Perrin, il card. Burke, l'arcivescovo Chaput. Ovvio che la bontà di un'idea non dipende dal numero di adesioni ad essa, ma è confortante riscontrare autorevoli conferme.

Bisogna riconoscere che l'interpretazione della frase del Papa è stata in parte falsata dal fatto che sia stata inopinatamente pubblicata dall'Osservatore romano in modo tronco (senza la domanda e senza la parte di risposta che ricorda l'illiceità del preservativo e i rischi nel considerarlo come strumento principale di lotta all'aids); senza alcun commento esplicativo; e con tanto di traduzione sbagliata. Ma letto l'intero passaggio, che cosa ha detto il Papa? Nulla, assolutamente nulla che contraddica il Magistero anteriore. Anzi, lo completa, esplicita e ribadisce. Questo, sotto l'aspetto dottrinale. Sotto l'aspetto comunicativo, catechetico, la novità c'è invece, eccome: ha detto in modo chiaro e semplice (e fors'anche un tantino troppo crudo) quanto prima era implicito e si ometteva di esprimere chiaramente, per malintesi  timori.

L'errore di molti commentatori è stato di leggere le parole del Papa attraverso la dicotomia lecito/illecito. Laddove il Papa dice che "quando un prostituto [o prostituta] utilizza un profilattico, [..] questo può essere il primo passo verso una moralizzazione, un primo atto di responsabilità", molti hanno pensato: per il Papa in tal caso quel comportamento diventa dunque lecito. Fino ad arrivare a quel giornalista dell'Associated Press, citato da Introvigne, che ha titolato il suo pezzo "Il Papa: la prostituzione maschile è ammissibile se si usa il preservativo". Ma anche senza arrivare a questi estremi di malcomprensione, quelli che hanno espresso o entusiasmo per un asserito revirement del Papa, o sconcerto per una ipotizzata contraddizione rispetto al Magistero anteriore, non hanno colto appieno che per il Papa non solo l'atto impuro, ma anche l'uso del preservativo resta comunque illecito (quanto meno, aggiungiamo noi, in un rapporto eterosessuale, in cui esso può avere effetti anticoncezionali). Illecito, dunque, è e resta, ma il Santo Padre aggiunge: tuttavia meno illecito dell'atto omicida di contagiare, o rischiar di contagiare, il partner.

In altri termini, e lo ripetiamo ancora: l'alternativa indicata dal Papa non è tra liceità ed illiceità del profilattico, bensì tra diversi gradi di illiceità: il preservativo è illecito, il contagiare (cagionato dall'assenza di profilattico) è ancora più illecito. Se, quindi, non viene prescelta l'unica strada lecita (astenersi del tutto) almeno si commetta il peccato meno grave, ancorché comunque mortale.

Il discorso, in fin dei conti, è semplice e, soprattutto, radicato nella più tradizionale teologia morale. Per questo, dicevamo, non ci stupisce nella bocca di un Papa i cui termini dottrinali non si limitano al post 1962. Già Sant'Agostino, dopo aver ovviamente ribadito la peccaminosità della fornicazione, riteneva realisticamente che fossero inevitabili i lupanari, altrimenti gli uomini si sarebbero dati a vizi ancora più turpi ("Aufer meretrices de rebus humanis, turbaveris omnia libidinibus", De ordine, Lib. II, 4, 12). Ovvio che pure in quel caso l'alternativa non fosse tra una situazione morale ed una immorale, ma tra due casi entrambi immorali di cui il primo (il meretricio) un po' meno immorale dell'altro.

Sant’Alfonso Maria de' Liguori (Theologia moralis, Lib. II, tr. III), ricorda innanzi tutto che "inter duobus malis nullum est eligendum", tra due mali, non si deve sceglier, ovviamente, né l'uno né l'altro. Tuttavia “licitum esse minus malum suadere, si alter iam determinatus fuerit ad maius exequendum. Ratio, quia tunc suadens non quaerit malum, sed bonum, scilicet electionem minoris mali”: è lecito persuadere per il minor male se l’altra persona è già determinata a commetterne uno maggiore; la ragione è che chi persuade non cerca il male, bensì il bene, ossia la scelta del male minore.

E a proposito di male minore, citato da S. Alfonso, chiariamo un punto essenziale e fonte di confusione. L'espressione si può intendere in due sensi: in senso oggettivo, ossia quando si è costretti, senza possibile alternativa, a scegliere tra due comportamenti in astratto condannabili, ma uno dei quali (il male minore, appunto) diventa lecito proprio per via dello stato di necessità che impedisce un'alternativa buona. Caso di scuola: chi è costretto a rubare per nutrire i figli: meglio il furto, che lasciar morire d'inedia la prole (i vecchi confessori dicevan nel caso che "roba mangiatoria non è peccatoria"). In questo senso oggettivo, ossia in cui l'agente non vorrebbe compiere l'atto in astratto malvagio (gli manca la prava volontà, e quindi l'elemento soggettivo), ma non ha alternative se non un male maggiore, il comportamento di chi sceglie il male minore non è per nulla illecito né immorale.

Ma la stessa espressione di male minore può essere usata anche in senso soggettivo, come fa precisamente S. Alfonso: ossia quando l'alternativa buona sarebbe sì percorribile, ma l'agente iam determinatus fuerit alla scelta malvagia. Egli ha scelto di peccare, e non intende in alcun modo recedere. Che almeno nel peccato scelga quelle modalità meno gravi possibili. In questo caso, come si vede, l'agente che sceglie di compiere il minor male non compie cosa lecita: essa resta illecita, immorale e peccaminosa. Ma con un livello di gravità inferiore al male maggiore che avrebbe potuto commettere. Nell'esempio che abbiamo già fatto altrove: se vai a rapinare una banca, almeno evita di sparare al cassiere.

Posta questa necessaria precisazione, comprendiamo perché tutte le varie citazioni critiche che si leggon qua e là, tratte dalle encicliche Casti connubii e Humanae vitae, sbaglian completamente bersaglio (le citazioni critiche, non le encicliche in sé). Quei brani, nell'escludere la liceità del ricorso al male minore, appunto escludono che nel caso degli anticoncezionali ci si possa trovare di fronte ad una scelta coatta, che quindi renda lecita la scelta del male minore. E questo insegnamento tradizionale si concilia perfettamente con l'esempio del Papa, in cui l'uso del preservativo da parte del prostituto/a a rischio contagio non rende gli atti moralmente leciti, come ha pensato invece quel furbone dell'Associated Press. E' solo 'un primo passo' verso la moralità (che comunque resta ancor lungi da raggiungere): ossia, dall'abisso di una vita dissipata e peccaminosa, è il compiere qualcosa di meno grave rispetto ad un gesto, come il contagio omicida, che rappresenterebbe il fondo dell'abiezione. "Un primo passo verso la moralizzazione" all'evidenza significa che a quella moralizzazione, ossia alla liceità del comportamento, manca ancora parecchia strada.

A ben vedere Benedetto XVI applica in questo caso quella 'legge di gradualità' che già Giovanni Paolo II ipotizzava nella Familiaris consortio (n. 34). I vizi, si sa, son difficili da estirpare, ma anche se non ci si riesce a liberare subito e del tutto da essi, si inizi almeno la strada verso un progressivo miglioramento dei propri comportamenti: dal male (o peccato) maggiore al male (o peccato) minore.

E con questo, ci appare indubbia la perfetta coerenza delle affermazioni del Papa col Magistero anteriore.

Passiamo al secondo elemento che ci preme esporre. Il Papa ha detto qualcosa di nuovo? Non nel senso di aver contraddetto o negato l'insegnamento anteriore; tanto vero che quei ragionamenti erano e sono pane quotidiano dei confessori più ortodossi. Ma è vero che ha detto, in modo chiaro e colloquiale, quanto in precedenza era pubblicamente sottaciuto. Perché? Per il timore di incomprensioni, di falle, di aperture che venissero poi indebitamente allargate; era il timore del 'piano inclinato': se concedo qualcosa, poi poco alla volta si arriverà a concedere tutto.

Quella preoccupazione non è peregrina: lo vediamo da certe reazioni di questi giorni. Ma c'è un altro principio che opera nella società, che chiameremo della 'pentola a pressione'. Se una regola viene posta come un imperativo categorico kantiano, e ribadita ciecamente anche di fronte ad obiezioni sensate ed argomentate su casi molto particolari, l'effetto pratico è di rendere il precetto incomprensibile ed inaccettabile ad ogni persona ragionevole e, per conseguenza, la pentola scoppia, la regola è rigettata in toto e si inficia anche la recezione del messaggio per quel 99% di casi in cui esso sarebbe perfettamente comprensibile e condivisibile da molti. Si dice che l'eccezione conferma la regola: è così, perché le regole, in quanto espresse con parole umane, non possono coprire la totalità dei casi concreti, sicché se non operassero altri principi derogatori, alla fine la regola salterebbe del tutto, anche nei casi cui essa potrebbe applicarsi senza problemi. Si faccia l'esempio del comandamento "Non uccidere": esso pure soffre 'eccezioni', ad esempio in caso di legittima difesa, di pena di morte (nei pochi casi in cui è giustificata), di guerra 'giusta'.

Analogo ingiustificato timore ecclesiale per la chiarezza, si riscontra nel divieto ai divorziati-risposati di comunicarsi. Venti persone su... venti pensano che la sanzione colpisca i divorziati per il solo fatto del divorzio. E invece riguarda coloro che avendo un matrimonio alle spalle, convivono con un nuovo partner con cui hanno rapporti sessuali. Ossia: è la semplice applicazione del principio per cui chi vive in una situazione peccaminosa, senza l'intento di mutar vita, non può aver l'assoluzione né quindi comunicarsi. Perché dunque lasciar credere che si è banditi dal Sacramento solo per effetto del fallimento matrimoniale (magari incolpevole)? E non spiegare chiaramente che chi divorzia e vive castamente, o anche chi si è risposato civilmente ma decide di vivere il nuovo matrimonio tamquam frater et soror, non è moralmente riprovevole?

Per concludere, pensiamo che le parole del Papa siano state benvenute e liberatorie e abbiano tolto formidabili armi a coloro che, ipotizzando i più assurdi casi concreti in cui nessuna persona sensata negherebbe l'uso del profilattico, miravano in realtà a screditare tutto l'insegnamento della Chiesa in questa materia. Ora nessuno, per attaccare l'Humanae vitae, potrà più dire che la Chiesa è criminale perché facilita la diffusione dell'aids: ora finalmente si potrà tornare a parlare della nobiltà dell'insegnamento perenne della Chiesa sulla finalità unitiva e procreativa della sessualità umana.

Enrico

mercoledì 24 novembre 2010

Associazione Giovani e Tradizione





L’Associazione Giovani e Tradizione comunica che nei giorni di sabato 28 dalle ore 17e domenica 29 novembre dalle ore 9.30 si svolgerà ad Acireale, presso la chiesa di S. Antonio di Padova, via Vittorio Emanuele II n.144, il ritiro spirituale d’Avvento.

Predicherà il ritiro p. Vincenzo M. Nuara O.P.


Per maggiori informazioni:

http://www.giovanietradizione.org/

mail: info@giovanietradizione.org

cell.: 330702501

Conferenza con Bux a Bari

Non abbandonarli alla tentazione di cambiare il Padre nostro


Non abbandonarli alla tentazione di cambiare il Padre nostro

1 - Lo status quaestionis
Secondo quanto diramato il 10-11-2010 da APCom, nella nuova edizione italiana del Messale Romano, il testo del Padre nostro potrebbe subire un cambiamento: la traduzione classica della VI domanda “non ci indurre in tentazione” (Mt 6,13) verrebbe sostituita, seguendo così la nuova Bibbia CEI 2008, con “non abbandonarci alla tentazione”.
Perché questo cambiamento? Per evitare che qualcuno pensi che Dio possa positivamente indurre qualcuno in tentazione, o essere Egli stesso causa della tentazione.
Si tratterebbe veramente di uno scandalum mere receptum, perché è molto facile ricordare, con San Giacomo, che “Nessuno, quando è tentato, dica: "Sono tentato da Dio"; perché Dio non può essere tentato al male ed egli non tenta nessuno” (Gc 1,13).
Sono ben altri i passi difficili, che possono turbare la coscienza dei più deboli; e, sempre in tema di una certa azione positiva e diretta di Dio nella tentazione, è molto più problematico del nostro versetto quanto troviamo in 2 Ts 2,11: “Dio perciò manda loro una forza di seduzione, perché essi credano alla menzogna”. Grazie al cielo, qui nessuno ha ancora pensato di cambiare il testo sacro.
Però è anche vero che ogni scandalo, quando è possibile, va rimosso, perché “non tutti hanno la conoscenza” e quindi “se un cibo scandalizza il mio fratello, non mangerò mai più carne, per non dare scandalo al mio fratello” (1 Cor 8, 7. 13).
Questo principio paolino, tutto informato dalla carità, va applicato anche nella traduzione dei testi sacri; a patto però di non tradire il significato del testo, di non contraffarlo; il che significherebbe contrabbandare per Parola di Dio una povera parola di uomo.
E allora ci chiediamo: non abbandonarci alla tentazione è una traduzione esatta, vera, di et ne nos inducas in tentationem, che a sua volta traduce il greco κα μ εσενέγκς μς ες πειρασμόν? La nuova versione corrisponde a quello che ci ha insegnato Gesù?

2 - Cosa vuol dire et ne nos inducas?
La parola greca tradotta con ne inducas (μ εσενέγκς) è una voce del verbo εσφέρω, che vuol dire fare entrare dentro, introdurre. Cosa significa questo?
Innanzi tutto, con il Padre nostro, noi non chiediamo di non essere tentati.
Sappiamo infatti che questo è impossibile; anzi, tanto quanto vorremo servire il Signore, tanto più saremo messi alla prova.
La Scrittura parla chiaro: “Perché tu eri accetto a Dio, bisognava che ti provasse la tentazione” (Tb 12, 13 Vg). Altrettanto affermano i Padri: “La nostra vita in questo luogo di esilio non può essere senza tentazione, perché il nostro avanzamento avviene soltanto per la tentazione. Nessuno può arrivare a conoscere se stesso finché non è tentato, né essere coronato senza aver vinto. Né vince senza combattimento; né può combattere senza che vi siano nemici e tentazioni ” (S. Agostino, In Psalm. LX).
E San Leone Magno afferma: “Non si danno opere di virtù senza le prove della tentazione, né fede senza agitazioni, né lotta senza avversari, né vittoria senza combattimento. Se vogliamo trionfare dobbiamo venire alla lotta” (Serm. I, de Quadrag.).
Se dunque non si può chiedere di non essere tentati, dovremo chiedere di vincere nella tentazione; e come si consegue questa vittoria? Non entrando nella trappola diabolica (la tentazione), rimanendo nell’amore di Gesù Cristo (Cf. Gv 15).
Chi cede alla tentazione cessa di rimanere in Dio (cf 1 Gv 4,15), e dimora nell’atmosfera diabolica: la tentazione è la porta aperta per uscire dagli atri del Signore per ritrovarsi in un paese lontano (Lc 15,13).
“Per me un giorno nei tuoi atri è più che mille altrove, stare sulla soglia della casa del mio Dio è meglio che abitare nelle tende degli empi” (Ps 84,11). Peccare significa entrare, attraverso la porta della tentazione, in uno stato di vita lontano dal Signore, le tende degli empi.
Allora tutto ciò significa, forse, che con la VI domanda del Padre nostro, chiediamo al Signore di non indurci a lasciare il suo amore, la dimora in Lui, e che non ci faccia entrare nella dimora degli empi?

3 - Il sostrato semitico.
Con questa spiegazione, l’espressione et ne nos inducas in tentationem potrebbe essere un’occasione di scandalo ancora più pericolosa, perché sembrerebbe che Dio stesso ci possa spingere a entrare nel peccato.
A questo punto ci viene in aiuto la grammatica ebraica e aramaica. Non dobbiamo dimenticare infatti che Gesù ha insegnato il Padre nostro non certo in greco, ma – e qui ci sono varie ipotesi – o in ebraico (nella lingua colta dei farisei: cf. At 21,40; oppure nella lingua degli esseni di Qumram), o in aramaico (la lingua parlata in Palestina ai tempi di Gesù).
Ebbene, in ebraico esiste la forma causativa, per cui, con una sola parola si esprime ciò che in italiano o latino si esprime con una perifrasi.
Provo a spiegare con un esempio: attivo: mangiare; passivo: essere mangiato, riflessivo: mangiarsi; causativo attivo: fare mangiare; in ebraico fare mangiare si esprime con una parola sola, con una coniugazione particolare (detta Hiphil).
Questa forma, al negativo, si trova ad avere due possibilità di traduzione, determinate esclusivamente dal contesto. La particella negativa (’al = non) può negare o la causalità stessa o l’azione causata. Non ci indurre (<= lat. et ne nos inducas <;= gr. μ εσενέγκς μς) traduce l’ebraico ’al tebî’ênu (אל תביאנו o forme aramaiche analoghe)
’al = non tebî’ênu = facci entrare
’al tebî’ênu può essere tradotto con:
a) non farci entrare (nella tentazione): qui viene negata la causalità.
b) fa sì che non entriamo (nella tentazione): qui viene negata l’azione causata.
Tra gli studiosi che sostengono la traduzione b, troviamo Johannes Heller (1901), Jean Carmignac (1969, 1971) (“garde-nous de consentir a la tentation”): quest’ultimo offre un lungo elenco di altri autori che interpretano, pur implicitamente, in questo senso; ne riporto alcuni: Eliseo Armeno (450), Riccardo di San Vittore (tra il 1153 e il 1162), il futuro Innocenzo III (1195), T.H Robinson (1928), M. Zerwick (1953).

4 - Confronto tra le due opzioni
Se confrontiamo la proposta di Heller e di Carmignac (fa’ sì che non entriamo nella tentazione) con la nuova traduzione della CEI (non abbandonarci alla tentazione), possiamo vedere cha la prima è più corretta e presenta due vantaggi.
1) Viene dichiarata una causalità divina positiva: Signore, agisci, fa’ sì che; Non abbandonarci richiama in modo più tenue l’azione divina, quasi che Dio venga richiamato da uno stato di non azione.
2) Viene meglio espressa la teologia e la dinamica psicologica della tentazione: l’uomo è - di fatto - necessariamente tentato. Il demonio non può obbligare al peccato, può solo costruire una trappola; allora chiediamo: Fa sì o Signore che io non entri colà dove il demonio mi apre le porte.
Al contrario, non abbandonarci alla tentazione non è una traduzione, ma una interpretazione: purtroppo viene dichiarato testo sacro ciò che – al più – potrebbe essere detto in una nota esplicativa.

Conclusione
Cosa ha fatto l’evangelista nel tradurre in greco le parole di Gesù pronunciate in una lingua semitica (ebraico o aramaico)? È rimasto umile, non ha voluto dare una sua spiegazione per l’uomo di quell’epoca, ma ha tradotto letteralmente parola per parola, per rimanere il più vicino possibile al verbo stesso del Salvatore, o a quella versione del Padre nostro che veniva già usata nella liturgia Eucaristica in età apostolica (Cf. la Didaché).
In poche parole non ha confuso la traduzione della Parola di Dio o di un testo liturgico con la catechesi.
Si potrebbe obiettare che era più facile per un greco che viveva in ambiente palestinese recuperare il senso del negativo causativo, di quanto non possa fare l’uomo di oggi. Al che rispondo: all’uomo di oggi si possono dare spiegazioni; e se proprio si vuole cambiare un testo con la sua parafrasi, si dia almeno la parafrasi giusta.

Don Alfredo Morselli, Stiatico di San Giorgio di Piano, 21 novembre 2010.