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giovedì 24 ottobre 2024

Non desiderare la valuta d'altri #300denari

Quando creò la Banca di Francia, Napoleone disse ‘voglio una banca che mi presti sempre denaro’, e questo è ciò che desiderano tutti i governi: spendere più denaro di quanto non ne abbiano a disposizione. Questo è il modo con cui vengono rieletti: se si finanzia la spesa con la tassazione, la gente capisce immediatamente che è denaro che viene dalle loro tasche. Questo è il modo con cui funziona la politica e perché i politici amano la Fed: perché crea ciò che gli economisti chiamano ‘illusione fiscale’”. È così che il Mises Institute presenta l’istituto della banca centrale americana nel nuovo, breve e straordinario documentario “Playing with Fire: Money, Banking, and the Federal Reserve”.

Nei nostri precedenti post “Il furto del denaro nello stato moderno” e "Sussidiarietà: abolizione delle banche centrali e privatizzazione del conio?" abbiamo già parlato dell'interesse delle amministrazioni pubbliche nel mantenere il controllo sulla moneta di modo da creare inflazione e prendere vantaggio a scapito del potere di acquisto dei cittadini. Soprattutto, nel caso USA, quando un esteso utilizzo del dollaro nelle transazioni (esempio del petrolio) permette alla Fed di stampare moneta facendo parzialmente pagarne il conto (in termini di inflazione) agli operatori fuori dal perimetro nazionale. Infine, il controllo della moneta digitale permette agevolmente di disporre di un'arma di ricatto sociale in più, come visto nel post "De-banking: la nuova arma per punire il dissenso". Chiaramente, in quest'ottica, le criptovalute possono far venire qualche mal di pancia ai piani alti visto che non sono emesse né regolate da alcuna autorità pubblica centrale.

In continuità con il processo in atto trasversalmente da decenni di sovraregolamentazione e di depauperamento dei contribuenti (a questi livelli, si può parlare di semplice violazione del VII comandamento, sebbene nel titolo si citi scherzosamente il X), il governo propone di tassare le plusvalenze di criptovalute con la percentuale monster del 42%! Una direzione, tanto per intenderci, più moderata ma allineata al governo comunista cinese che le ha vietate tout court da anni.


Come nota l’economista Mario Seminerio nel post “Crypto gabelle e nani del web”:

  • Appare evidente, con la scelta di questa aliquota, che il legislatore ha compiuto una valutazione sulla “meritevolezza sociale” di determinati redditi. [...] La segmentazione della tassazione dei redditi di capitale non nasce oggi. I titoli di stato e assimilati godono dell’aliquota al 12,5 per cento per palesi esigenze di agevolazione del collocamento del debito pubblico. Ciò discrimina i collocamenti di capitale privato […]”.
  • Piuttosto, e come sempre accade in materia fiscale, questa decisione causa criticità e distorsioni collaterali. Ad esempio, Il trattamento fiscale sarà simmetrico anche per le minusvalenze? […] E ancora, la fiscalità sugli Etf che trattano criptovalute resterà al 26 per cento?
Facile che tutto ciò si traduca in una tipica distorsione all’italiana della serie “si può mantenere la tassazione al 26%  esclusivamente se si opera attraverso un intermediario (a cui si pagano ovviamente commissioni)”. Infatti, nota La Stampa: “all'interno del settore finanziario c'è anche chi accoglie la novità favorevolmente. Massimo Siano, Managing Director e Responsabile per il Sud Europa di 21Shares, società specializzata nell'offerta di Exchange Trade Products (ETP), […] mette in evidenza le opportunità offerte dall'investimento indiretto in criptovalute tramite questo strumento e ricorda che la tassazione sugli ETP rimarrebbe [verosimilmente] al 26%”.

Un altro maldestro ballon d'essai come quello delle accise dei diesel? Risulta invece confermato nella bozza in discussione in Parlamento. Speriamo invece che i prossimi ballon d'essai vadano nella direzione di ridurre le dimensioni del leviatano: ad esempio come sta meritoriamente facendo il governo per contenere le spese della Rai e i fondi al (chiamiamolo) cinema italiano.



Gabriele
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