Un bel film (QUI) da rivedere, tratto da un racconto (QUI) del grande Joseph Roth, il bardo dell'impero asburgico.
Luigi C.
La leggenda del santo bevitore (1988)
Di Ermanno Olmi
Centro Studi Livatino, 13-7-24
“La leggenda del santo bevitore” di Ermanno Olmi è un’opera che esplora temi profondamente filosofici attraverso la storia di Andreas Kartack, un senzatetto parigino. Il film, con la sua narrazione delicata e malinconica, riflette sulla condizione umana, il destino e la redenzione. Andreas, dopo aver ricevuto un dono inaspettato, intraprende un viaggio di riscatto e redenzione, lottando contro le sue debolezze e i demoni personali. Il dono dei 200 franchi diventa un simbolo di speranza e trasformazione, ma anche un peso morale che spinge Andreas a confrontarsi con le proprie colpe e con il desiderio di espiazione. Attraverso incontri fortuiti e situazioni che mettono alla prova la sua volontà, il film pone domande sulla natura del bene e del male, sul libero arbitrio e sulla possibilità di redenzione. La conclusione tragica sottolinea la fragilità dell’essere umano e l’inevitabilità del destino, lasciando lo spettatore a riflettere sulla complessità della vita e sulla ricerca incessante di significato e salvezza.
Sotto i ponti della Senna, un benefattore sconosciuto dona ad Andreas Kartack, un ex minatore senza fissa dimora, la somma di 200 franchi. Andreas, uomo d’onore, decide di restituire il denaro: il distinto signore gli chiede di farlo come offerta a Santa Teresa di Lisieux, indicando una chiesa in cui è presente una sua statua.
Grazie a questo insperato prestito, Andreas ritrova speranza e vitalità. Tra un bicchiere e l’altro, si imbatte in una serie di personaggi che complicano la sua determinazione a restituire i 200 franchi alla santa. Nelle due settimane e mezzo che seguono, Andreas incontra nuovamente Karoline, una donna coinvolta in un incidente per cui era stato incarcerato; ritrova un vecchio compagno di scuola, Kanjak, ora pugile famoso; e vive un’avventura amorosa con Gabby, una ballerina di varietà.
Ma il rimorso per i 200 franchi è sempre presente. La mattina della terza domenica, Andreas si avvia finalmente a pagare il suo debito ma, ancora una volta ubriaco, è colto da un malore e muore poco dopo, scambiando una bambina per la santa e offrendo a lei i duecento franchi.
Le parole che appaiono all’inizio del film– “Conceda Dio a tutti noi, a noi bevitori, una morte così lieta e bella!” tratte dal libro di J.Roth, La leggenda del santo bevitore, Adelphi, Milano, 2003, p. 69– esplicitano il senso del film: la condizione umana trova un rispecchiamento nel personaggio miserabile che vive sotto i ponti della Senna. Ognuno di noi, in modi diversi, cerca conforto anche nell’alcol per dimenticare o sopportare le difficoltà della vita. Nessuno può dirsi immune da quei piccoli incontri quotidiani con l’Assoluto, che si manifesta nei momenti più inaspettati e ci costringe a confrontarci con verità a volte sconcertanti, almeno in apparenza. In questa leggenda, l’Assoluto assume le sembianze paradossali di un ricco mendicante, il quale non chiede denaro, ma offre il proprio. L’immagine surreale che ne scaturisce crea una potente allegoria dell’uomo in cerca di Dio, che si imbatte in un Dio divenuto mendicante dell’uomo.
La scena iniziale del film ci presenta Andreas Kartak, un vagabondo, che incontra casualmente un uomo maturo. Questo incontro ha subito un’aria di provvidenza, richiamando le chiamate dei discepoli da parte di Gesù nei Vangeli. L’uomo chiede ad Andreas un favore insolito: accettare duecento franchi e restituirli dopo la messa presso la cappella di Santa Maria di Batignolles, dove si trova una statua di Santa Teresa di Lisieux.
Joseph Roth, autore del racconto originale, ci offre un’immagine cruda e vicina della modernità attraverso Andreas, un alcolista che ha scontato la pena per un omicidio. Andreas, simile ai santi medievali descritti nelle “Legenda aurea” di Jacopo da Varagine, rappresenta un uomo la cui redenzione può avvenire solo attraverso un incontro decisivo.
Nel film, Andreas è costantemente in lotta contro il suo alcolismo, una debolezza umana che necessita di intervento provvidenziale. Nonostante le buone intenzioni di restituire i duecento franchi, Andreas ricade ripetutamente nei suoi vizi, rivelando la natura umana del suo cammino di redenzione.
Olmi ritrae Andreas con empatia, mostrando come la grazia ricevuta attraverso l’offerta del denaro gli permetta di riacquistare dignità. Andreas mangia, beve, si rade e inizia a sentirsi rinnovato, ma la sua battaglia con l’alcol lo porta a perdere tutto di nuovo. Tuttavia, ogni caduta è un passo verso la sua eventuale redenzione, simile ai santi che hanno dovuto affrontare i propri demoni prima di trovare la salvezza.
L’anziano signore, che riappare alla fine del film senza riconoscere Andreas, rappresenta un intervento divino continuo nella vita del protagonista. Andreas riceve nuovamente il denaro necessario, dimostrando che la provvidenza, o il caso, non lo ha abbandonato.
La storia di Andreas ci sfida a guardare oltre la giustizia umana, spesso calcolatrice, e a comprendere che la misericordia divina è gratuita e incondizionata. La conclusione del film, con Andreas portato alla cappella di Batignolles in fin di vita, lo qualifica come un martire moderno.
In un mondo che tende a giudicare, “La leggenda del santo bevitore” ci invita a riconoscere il debito di misericordia verso chi è in difficoltà, offrendo infinite possibilità di redenzione, proprio come quelle concesse al protagonista fino alla fine.
Daniele Onori
Olmi non era un amico della tradizione. Pero` i veri artisti sono in grado di superare i limiti delle loro miserie umane.
RispondiEliminaNessun "bardo dell'impero asburgico" ma semplicemente uno scrittore di origine ebraica, nato nei territori periferici dell'impero asburgico, passato per diverse vicende e militanze politiche (anche di sinistra) e infine nostalgico del passato austriaco come nostalgia del ritorno alla sicurezza (anche religiosa) della cultura ebraica; si avvicinò al cattolicesimo anche in funzione antinazista, ma verosimilmente non fu mai battezzato e si presentava a volte come ebreo, a volte come cattolico. L'ubriachezza era anche autobiografica.
RispondiEliminaIn effetti ebbe tre funerali : Cattolico, con tanto di lettura del messaggio di condoglianze dell'Imperatrice Zita ; anarchico ed ebraico .
EliminaOlmi fatico a digerirlo. Lo trovo opprimente.
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