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giovedì 26 luglio 2012

Dalla Rivista " Ephemerides Liturgicae " del 1949 : per una " riforma generale della Liturgia", del Padre Annibale Bugnini, parte terza




Segue da qui e da qui


4. IL BREVIARIO
È il punto che ha incontrato il maggior interessamento e quello che, in realtà, agli effetti d'una riforma, avrebbe maggior portata pratica per il clero. Il Breviario è stato anche, bisogna riconoscerlo, il punto di partenza e il punto di paragone di tutte le riforme precedenti e, se ben si osserva, in tutte c'è stata una costante tendenza ad alleggerire (mai ad accrescere) il pensum quotidiano dell'Ufficio divino. È in questo senso, com'era da prevedere, che si orientano tutti i suggerimenti dei nostri collaboratori, che hanno in comune anche un'altra particolarità: riportare l'Ufficio divino al centro della pietà sacerdotale rendendolo attraente e riportarlo anche, per quanto è possibile, nelle mani del popolo.
E veniamo alle proposte.
1) Il « ritmo » delle Ore del Breviario, che animava con la preghiera frequente, anche nella notte, la vita dei monaci, osservano alcuni, oggi non corrisponde più al ritmo della vita del clero addetto al ministero pastorale, che è la stragrande maggioranza.
Il lavoro parrocchiale, reso più gravoso dalla deficienza di sacerdoti, le opere sociali e religiose che si moltiplicano gravitando intorno alia parrocchia, cellula naturale della vita cristiana, l'evangelizzazione più elementare che richiede grande disponibilità di tempo, e infine per assolvere queste incombenze, l'organismo umano assai più debole ora che non per l'addietro, tutto ciò, secondo costoro, reclamerebbe necessariamente un alleggerimento e un adattamento.
Ci vorrebbe, dicono, un Breviario, in cui le pre-ghiere fossero distribuite altrimenti, per esempio al mattino e alla sera. È un ritmo naturale della vita degli uomini, che corrisponderebbe meglio alle nostre presenti condizioni. Se si dimenticassero queste riflessioni d'ordine sociolo¬gico, si conclude, il Breviario sarebbe sempre più un peso per il clero pastorale e la recita fatta tutta assieme di Ore composte per essere scaglionate nella gior-nata non farebbe che accrescere il malessere già adesso così grave.
2) Altri, al contrario, concepiscono la riforma.non nello spirito d'una diminuzione quantitativa, ma piuttosto d'un migliore equilibrio generale dell'opta Dei attraverso l'anno, la settimana e la giornata.
La riforma, dicono, deve conservare al Breviario il suo carattere corale « comunitario ». E in: questo dovrebbe favorire il movimento che si nota già in parecchi paesi tra il clero di ritrovarsi insieme nella vita e nella preghiera comune basata precisa¬mente sulla recita dell'Ufficio divino.
3) Qualcuno rileva che il Breviario attuale « non può considerarsi molto pesante », che la sua recitazione è varia e gradita e riflette meglio la tradizione secolare, è devoto nel contenuto e che quindi una riforma dovrebbe ispirarsi a questi due princìpi: a) semplicità soprattutto nelle rubriche oggi fantastica¬mente complicate (soppressione della « lectio IX », delle commemorazioni, delle ottave, degli uffici trasferiti, ecc.). Il breviario dovrebbe essere un « devozionario » agile e breve, che possa recitarsi senza necessità di calendari o epatte; b) varietà che faciliti la devozione e l'istruzione. L'ideale, sempre secondo costoro, sarebbe che ogni festa avesse lezioni, omelie, inni, ecc. propri; i « comuni » sono la fossilizzazione della pietà.

5. LA SALMODIA
Il salterio costituisce la base della preghiera liturgica.
La inintelligibilità di alcune parti costituiva, fino a poco tempo fa, la prima e più grande difficoltà ad una recita pia e devota. Un gran passo in avanti, su questo punto, è stato fatto con la recente nuova traduzione dei salmi, a proposito della quale, mentre si nota una generale soddisfazione e non si risparmiano lodi per la sua insperata e inattesa realizzazione, non è mancato, (l'accenniamo per scrupolo di esattezza), chi ha espresso il desiderio che « grego-rianisti e latinisti medievali possano ancora esaminare qualche punto » e apportarvi, prima che la « nova interpretatio » venga definitivamente adottata per tutta la Chiesa, qualche leggera modifica, dove il testo presenta ancora delle difficoltà per l'uso liturgico.
Un vecchio parroco si inquieta per timore che un giorno venga fatto divieto di servirsi del vecchio salterio; egli conosce quasi tutti i 150 salmi a memoria, e durante le visite ai malati, spesso molto lunghe, può recitare a memoria il Breviario, ciò che sarebbe impossibile se il nuovo salterio venisse imposto togliendo completamente l'uso del vecchio.La intelligibilità non esaurisce tutti i problemi che riguardano il salterio. Poiché le proposte di riforma si orientano decisamente verso una riduzione del pensum quotidiano, in genere si punta precisamente sul salterio per raggiungere lo scopo.
1) Ci son di quelli che vorrebbero ridurre il Maturino, come nell'ottava di Pasqua e di Pentecoste, a tre salmi e tre lezioni e così penserebbero d'aver trovato ipso facto la soluzione voluta. In questo caso si proporrebbe il se¬guente schema: Invitatorio, inno, tre salmi con tre lezioni, Dominus vobis-cum, orazione del giorno (il « Te Deum » dovrebbe riservarsi per le grandi solennità).
2) Altri invece trovano che l'attuale recita settimanale dell'intero salterio debba restare intatta, e chiedono che si sia più severi, in quanto solo le feste principalissime dovrebbero abbandonare lo schema del salterio settimanale; le altre dovrebbero avere salmi propri solo-a Vespro, Maturino e Lodi; alle Ore minori e Compieta servirsi del salterio corrispondente della settimana.
3) Nelle feste che prendono i salmi dalla domenica alle Ore minori qual¬cuno consiglierebbe di usare i salmi graduali e il salmo 118 rimanere solo per la domenica. (Ma altri trovano il salmo 118 sempre più bello e ricco e lo vor¬rebbero più spesso ancora).
4
) C'è chi propone che si riveda la distribuzione e divisione dei salmi, abbreviando taluni schemi, come quelli della domenica.
5) Altre proposte particolari sono: che si eviti di dire due volte lo stesso salmo sotto forme poco diverse, come il 13 e il 52, 39 iii e 69; che si raggruppino i salmi 41-42; che ad ogni salmo si aggiunga una spiegazione in poche parole, o un titolo che ne specifichi il senso; che il simbolo « atanasiano » si serbi per la festa della SS. Trinità, oppure si divida in parti come salmi di Prima della domenica; che alle Lodi si restituisca il vecchio schema in uso prima di Pio X; che ai vespri cantati col popolo si dia la facoltà di sostituire l'ultimo salmo proprio col Laudate Dominum (salmo 116).
6) Infine non sono mancati quelli che vedrebbero nella distribuzione del salterio in due settimane Punico e più efficace modo di venire ad un reale alleggerimento dell'Ufficio divino. «Si potrebbe pensare, dice uno dei propo¬nenti, ad una riforma più profonda dell'Ufficio divino, che ritenga la recita quotidiana e permetta correlativamente la lettura della Sacra Scrittura.
Ciò non dovrebbe importare nessun cambiamento sostanziale all'anno liturgico né all'ordinamento base delle Ore canoniche.
Ma il salterio sarebbe diviso in due settimane col seguente schema:
Vespri: quattro antifone e quattro salmi o parti di salmi, una lezione della Scrittura (una ventina di versetti) in relazione col tempo liturgico (o con la festa, ma solo per le grandi feste) e seguita da un responsorio, inno, versetto, Magnificat.
Compieta
: schema attuale.
Matutino: Invitatorio, inno, poi un solo notturno di tre antifone e tre salmi (o tre gruppi di salmi con un solo Gloria), tre lezioni (della Scrittura, storica o patristica, e omelia) le domeniche e feste; una sola lezione alle ferie per annum, due lezioni alle ferie che hanno un vangelo proprio (lezione biblica e omelia).
Lodi: schema attuale, ma con recita quotidiana del gruppo di salmi 148-150 conforme alla tradizione anticaOre Minori: schema attuale.
Segue un dettagliato schema di ripartizione salmodica per le due.settimane e l'indicazione dei cantici per il « cursus » ordinario e per quello festivo.Senza dubbio la proposta è suggestiva, assai più di quel che potrebbe sembrare a prima vista.
L'idea, in fondo, non sarebbe d'una novità assoluta. Il rito ambrosiano ha ab antico il salterio ripartito in due settimane.
C'è il fatto della rottura della tradizione romana settimanale, che ha fatto scartare il progetto risolutamente anche al P. Parsch.
Ma, tutto considerato, ci pare che il « vale » ad una veneranda tradizione sia largamente compensato dai vantaggi che ne deriverebbero, qualora il progetto s'avviasse davvero verso una realizzazione; cioè ci pare che sarebbe questo il modo più semplice e più serio di arrivare ad una riduzione ragionevole e conveniente dell' onus canonieum.
Certo una tendenza verso questa soluzione non potrebbe non ri¬scuotere molti consensi, specialmente da parte del clero pastorale.
Ma evidentemente ciò rimane in sede di puro desiderio e la nostra segnalazione non ha altro scopo che di mostrare una delle più indovinate e possibili soluzioni allo spinoso problema.

6. LE ANTIFONE
Alla salmodia sono intimamente legate le antifone, e proposte di vario genere non mancano anche per queste. Si chiede:
1) che le antifone sia prima che dopo il salmo siano dette sempre per intero e non solo accennate;
2) che si mettano d'accordo Breviario e Antifonario, dove ci son divergenze tanto per il testo che per la posizione dell'asterisco d'intonazione;
3) che si faccia una migliore scelta delle antifone, più utili, riflettenti meglio il senso del salmo, di cui debbono essere come il titolo, e preferibilmente tolte dal N. T. per mettere il salmo nella luce della Redenzione;
4) che si tolga l'alleluia da certe an¬tifone che non lo comportano, per es. « Quomodo cantabimus canticum Domini in terra aliena, alleluia, alleluia» (II domen. dopo Pasqua, resp.; « Consolantem me quaesivi et non inveni, alleluia » (festa del S. Cuore), ecc.;
5) nella festa del Sacratissimo Rosario le antifone del i° notturno si prendano dal Comune della B. V. M. e alle Lodi si prendano dai Vespri, perchè queste antifone sono state applicate ai salmi troppo meccanicamente, i misteri gau¬diosi vengono celebrati due volte, nell'inno dei primi Vespri e nelle antifone del i° e 2° notturno. Così pure con molta incongruenza i misteri gaudiosi vengono messi assieme a quelli dolorosi (20 notturno), e il 40 e 50 mistero doloroso malamente vengono contratti in uno.

7 LA LETTURA
Altro punto di capitale importanza è stato per tutti i proponenti la lettura.
Se ne chiede all'unanimità un aumento qualitativo e quantitativo. È senza dubbio un buon segno.
Quando però si passa alla formulazione concreta delle proposte i pareri non sono più concordi.Notiamo subito: da una parte si chiede che la lettura sia aumentata, dall'altra si vorrebbe accorciare il Matutino riducendolo ad un solo notturno e a tre lezioni che non siano troppo lunghe e prese una dal V. T., l'altra storica, la terza dal N. T. (è, in fondo, il vecchio schema del « Breviarium S. Crucis »).
Ma tre sole lezioni riducono ad un minimo la lettura, ammesso natural¬mente che le lezioni non debbano allungarsi più della giustezza media attuale.
Quanto alla lezione biblica da moltissime parti si chiede inoltre che sia « con-tinua )>, anche in Quaresima e nelle Quattro tempora. Si vorrebbe che siano scelti i libri più pratici e che siano letti per intero, specialmente gli Atti degli Apostoli e le Lettere.
Quando poi per qualche impedimento occasionale non si potessero leggere, si dovrebbero senz'altro tralasciare. Si suggerisce, inoltre, che sia riveduta la distribuzione dei libri dei Re, di cui il primo occupa troppo spazio a spese degli altri, e che si dia più campo alla lettura di Geremia, dei Profeti minori e di Giobbe.
Un desiderio molto diffuso vorrebbe che le lezioni del 1° notturno (bibliche) siano più lunghe, perchè la S. Scrittura nel nuovo Breviario dovrebbe avere un posto più importante.
Qualcuno concretizzerebbe così: obbligo alla lettura biblica per io mi¬nuti, ma a libefa scelta del sacerdote. In tal modo egli potrebbe leggere ciò che maggiormente gli giova e lo attrae.
Altri desidererebbero una riduzione delle letture del V. T. e maggiore rilievo del N. T.
Le lezioni del 2° notturno, invece, andrebbero accorciate, sia per eliminare delle ampollosità di poco o nessun valore spirituale, come per mettere un certo equilibrio tra gli uffici anche quanto alla lunghezza.Le lezioni agiografiche, si osserva ancora, dovrebbero essere rivedute seriamente, eliminando le leggende, che gettano il discredito sulla pietà della Chiesa, e i racconti di miracoli anche autentici, per mettere più in rilievo il carattere proprio dell'attività e della santità di ciascun santo « senza omettere di ben inquadrare » in due o tre frasi, l'ambiente storico, geografico, sociale e spirituale nel quale il santo è vissuto.
Ciò importa moltissimo per ben valutarne e stimarne le virtù. Se il santo ha lasciato degli scritti, sarebbe desiderabile farne leggere qualcosa, invece della vita spesso ordinaria o schematica.
Quanto alle lezioni patristiche bisognerebbe prima di tutto darle nel testo critico, citando la fonte da cui sono tolte; poi, per quanto è possibile e secondo i dati degli studi più recenti, assicurarsi della loro reale paternità. Si chiede pure che sia fatta una scelta più « eclettica » dei testi (dalla Chiesa greca, dai Dottori recenti, anche se hanno scritto in lingua moderna).
Possibilmente nel giorno della festa d'un Dottore si dovrebbe dare un suo testo.Anche i discorsi e le omelie de tempore andrebbero rivedute accuratamente e le omelie dei Comuni essere maggiormente variate.
Anzi, se fosse possibile, le omelie si vorrebbero per intero, e non solo Tini-zio, in vari giorni o festività (come avviene nell'Ufficio dell'ottava della Dedicazione della chiesa), per poterle leggere complete in più volte. Bisognerebbe, inoltre, togliere risolutamente quei passi, come certe interpretazioni e allegorie (per es. i 38 anni del paralitico della piscina di Bethsaida), che riflettono la moda e il gusto d'un tempo ormai passato, e sostituirli con testi che siano di vero alimento spirituale.Infine una questione pratica che investe tutta la lettura (biblica, patristica, storica, omiletica) è che essa sia fatta in « lingua volgare » in uno stile puro e semplice, o almeno alternatamente un mese in latino e l'altro in volgare (proposta che si estende a tutto il Breviario).

8. CAPITOLI E RESPONSORI
Alla questione della lettura si connette quella dei capitoli. Si vorrebbe estesa a tutte le domeniche dell'anno la distribuzione in capitoli dell'epistola occorrente per rimediare alla monotonia dei capitoli dei vespri, il solo ufficio celebrato in parrocchia.
Quanto ai responsori la loro nuova introduzione sotto Pio X è stata certamente un vantaggio per il Breviario e il privarsene ora sarebbe un impove¬rimento. Il responsorio ha una funzione spirituale non piccola in quanto dopo la lettura è come una meditazione, un ripensamento su quanto è stato letto, una elevazione dell'anima a Dio nella lode meditata. Non è, dunque, un semplice pezzo di canto e quindi buono solo per quando l'ufficio è cantato in coro.

9. INNI
Le proposte per gli inni possono sintetizzarsi così:
1) ritornare al testo antico ed a questo ispirarsi per le nuove composizioni;
2) aumentare il numero degli inni prendendoli dalla innodia classica (Prudenzio, Fortunato, Sedulio ecc.) e da quella ricchissima medievale;
3) variare maggiormente gli inni nelle feste della Madonna (prendendoli anche dall'innodia orientale) e dei santi per non dover ripetere tanto spesso gli stessi inni del Comune (« Iste confessor », « Ave maris stella », « Deus tuorum militum » ecc.);
4) degli inni moderni parecchi sono incomprensibili e dovrebbero essere cambiati o modificati;
5) per aumentare la varietà e l'interesse per gli inni non si potrebbe, chiede qualcuno, assegnarne dei propri a Compieta secondo i tempi e talune grandi feste?Ed ecco per una revisione degli inni esistenti alcuni rilievi particolari:
1. Nell'inno del Cuore Eucaristico di Gesù ricorre la parola pabulum, (che si trova anche nel Comm. Mart.: «et blanda fraudum pabula ») che in buon latino, anche classico e patristico, significa foraggio, termine davvero poco conveniente per indicare il nutrimento degli uomini. Le frequenti elisioni, come nel verso: Hoc ostium arca* m làter* *st (festa del S. Cuore) rendono un inno impronunciabile e incantabile, e poco meno quello dell'inno a Cristo Re: Tutu* stat ordo civicus, ed è impropria nel medesimo inno la parola « imagine », invece di « specie » nel verso « Vini dapisque imagine ».
2. La dossologia dell'inno « Ave, maris stella »:Sit laus Deo Patri, - Summo Christo decus, Spiritui Sancto, - Tribus honor unus.andrebbe cambiata così:Sit laus Deo Patri, - Summo Christo decus, Spiritui Sancto - honor, tribus unus.perchè la lezione attuale si trova nei codici più tardivi (cf. Clemens BLUME, S. I., Unsere liturgischen Lieder, Regensburg 1932, p. 205) e secondo la dossologia odierna al Padre conviene la laus, a Cristo il decus e manca l'attributo corrispondente per lo Spirito Santo.
3. « Iesu corona celsior » (Lodi del Comune dei Conf. non Pont.) do¬vrebbe subire una rifusione generale. La 3a strofa, ricordando il giorno emor-tuale del santo, è in contrasto con la ia dell' Iste confessor, che cambia il 3° verso quando si tratta del giorno natalizio. Si fa notare pure che la triplice vittoria sul mondo, il demonio e la carne nella 4* strofa è assolutamente inafferrabile. Secondo lo stesso proponente bisognerebbe sopprimere completa-mente le prime tre strofe e ordinare le rimanenti così: Te Christe, Rie vanay Virtute, ecc.
4. Nell'inno delle Lodi per S. Martina (30 genn.) alla ia strofa si vorrebbe cambiare « Thracios » (che richiama troppo l'oraziano odiatore dei nemici) in « Tartaros ».
5. Nella festa delle sante Perpetua e Felicita martiri (6 marzo) gli inni> se non si fanno nuovi, si prendano dal « Commune plurium non Virginum prò aliquibus locis »: « Nobiles Christi famulas » e « Si lege prisca », perchè quelli in singolare del « Commune unius non Virginis » non convengono.io.

10 LE PRECI
Ne viene chiesta o la soppressione, o una risoluta riduzione nella formulazione del testo, o una limitazione nell'uso. Alcuni vorrebbero ritenere solo le preci feriali, altri riserverebbero le preci domenicali alle ferie « per annum •» e alle domeniche di Settuagesima e Quaresima e le feriali alle ferie di Quaresima e delle Quattro tempora. -
N
el ty. per il Sommo Pontefice, che si usa chiamare anche « Santissimo », si fa notare che la parola « beato » del ty. è incongruente, quando nel y. si è già detto « beatissimo »

11 INIZIO E FINE DELLE ORE
È generale la richiesta dell'abolizione dei Pater, Ave e Credo con talune preci immediatamente precedenti e seguenti (come il Confiteor, che si vor¬rebbe riservato solo per Compieta), deWIube, dottine, benedicere, alle lezioni, del Benedicite, Deus, a Prima. Qualcuno andrebbe anche più in là, fino alla soppressione delle antifone maggiori della Madonna, tutt'al più conservan¬dole alla fine di Compieta. Per le Ore minori c'è chi propone l'abbandono dei responsori brevi. Comunque sia, è certo che una semplificazione in questo campo ci vorrebbe. Ci sono attualmente delle formole che suppongono l'inizio dell'Ora e non la continuazione della preghiera, come avviene d'ordinario adesso. C'è tutta un'incrostazione che s'è andata formando intorno alla pre¬ghiera canonica originaria sotto la spinta della pietà privata e individuale. Cose piissime e santissime, senza dubbio, ma che nessuno, crediamo, si dorrebbe di vedere con criterio e saggezza eliminate, e la preghiera liturgica risplende¬rebbe allora nella sua nativa bellezza, con semplicità di linee e spontaneità d'espressione.Due « desiderata » incontreranno il consenso generale:i) mettere la preghiera del Signore (Pater) non come appendice dopo le Ore, ma nel punto culminante, come nel rito monastico (e nella Messa): Kyrie... Pater... orazione;2) revisione delle orazioni: ritorno alla sobrietà classica, eliminandone talune lunghissime, con un cumulo di idee disparate, con dentro tutta la vita del santo, ecc.

12. OSSERVAZIONI SU ALCUNE PARTI DELL'UFFICIO
Abbiamo già fatto alcuni rilievi sulle diverse parti dell'Ufficio divino, trattando la materia sistematicamente. Completiamo ora con qualche anno¬tazione particolare.
C'è chi vorrebbe dare ad ogni Ora un titolo spiegativo: un «tema», una « idea » come guida, e assegnare anche per ogni giorno e per le singole Ore una « intenzione di preghiera » ufficiale della Chiesa. Inoltre, secondo gli stessi proponenti, ogni feria potrebbe avere un significato proprio e particolare più esplicito.
Per esempio: Domenica: Trinità;
Lunedì: azione di grazie;
Martedì: grande lode a Dio;
Mercoledì: preghiera universale;
Giovedì: glorificazione del Dio-Uomo;
Venerdì: Satisfazione generale al Cristo sacrificato per noi:
Sabato: Maria e i santi.
Alcuni chiederebbero facoltà, in Quaresima, di dire ad libitum l'Ufficio de tempore, anziché quello del santo del giorno, come si fa già per la Messa.
Accenniamo appena alla proposta che « i parroci siano autorizzati ad anticipare a mezzogiorno, almeno la domenica e le feste, il Matutino del giorno dopo ».
La questione denota il buono spirito e la pietà di chi l'ha avanzata, ma tradisce una concezione errata dell'Ufficio divino, che per sua natura è una preghiera « oraria », da distribuirsi nei vari tempi propri per santificare tutte le ore della giornata.
Per compensare la sparizione delle lezioni agiografiche, si chiede l'introduzione a Prima della lettura del Martirologio (o per intero, o ridotto a qualche elogio più importante della Chiesa universale e locale).
Questo risolverebbe, secondo i relatori, anche la questione delle commemorazioni, che verrebbero di per se abolite, perchè dovrebbe bastare la memoria che se ne fa a Prima col Martirologio.
Quanto alle Ore minori un suggerimento di indole pastorale vorrebbe che almeno la domenica e le feste i parroci e chi ha cura d'anime ne fossero dispensati.
Si vorrebbe maggiore assicurazione per i I e II Vespri domenicali, sopratutto nel tempo quaresimale e nell'Avvento, anche di fronte alle feste di I e II classe.Per Compieta c'è chi vorrebbe tutti i giorni, eccettuata la domenica, il salmo 50 (« Miserere »).
Altri preferirebbero tornare all'antico schema invariabile, cioè l'attuale schema della domenica, come prima di Pio X.
Qualcuno pensa che anche per Compieta i parroci e i sacerdoti che cantano i Vespri col popolo potrebbero esserne esonerati.
Per una giusta soluzione bisogna tener presente il carattere proprio di ciascun'Ora e particolarmente di Compieta, alla quale convengono proprio bene i salmi 90 e 133 e quindi un ritorno allo statu quo antea pensiamo farebbe piacere a tutti.
Tanto più che l'uso sempre più frequente, tra certe ca-tegorie di fedeli, di Prima e di Compieta come preghiere del mattino e della sera, obbliga il clero a recitare queste Ore con loro e una semplificazione di schemi per l'uso pratico sarebbe desiderabile.

( Fine parte terza )

F
oto : Corpus Domini 2012 : Processione nella Piazza Maggiore di Lima-Perú, presieduta dal Cardinale Arcivescovo Juan Luis Cipriani .

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