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sabato 14 luglio 2012

Siamo sicuri che sia stato il Concilio Vaticano II ad avere riformato la Liturgia ? Un prezioso documento del 1949.

Lo studio che gradatamente ci accingiamo a pubblicare, è di una specie “manifesto programmatico” del Padre Lazzarista Annibale Bugnini (1912-1982) protagonista assoluto delle sorti liturgiche della Chiesa Cattolica, dalla Riforma della Settimana Santa ( 1951-56) all'immediato post Concilio Vaticano II fino al 1976 quando fu promosso Nunzio Apostolico a Teheran .



La Rivista Ephemerides Liturgicae aveva consultato nel 1948 sia pur “in forma del tutto privata e riservata” … “ professori universitari, insegnanti di seminario, clero in cura d'anime, direttori di opere, religiosi di diversi ordini e congregazioni, missio­nari, ecc. In particolare … conferenzieri, direttori di case d'esercizi, ecc. sono a contatto frequente con molti ecclesiastici. Si èanche conto delle varie nazioni, in modo che tutte, grosso modo, vi fossero rappresentate” per analizzare le diverse opinioni in vista di una riforma liturgica.
Il Documento va letto solo come testimonianza storica di un processo di rinnovamento liturgico iniziato fin dal sec.XIX che ha avuto il tragico epilogo della distruzione del venerando rito romano , risalente all'epoca apostolica, tradendo le equilibrate e legittime aspirazioni dell'antico "movimento liturgico".Ringraziamo un nostro amico e Lettore, attento studioso e storico della Liturgia, per averci gentilmente inviato questo prezioso documento.



PARTE PRIMA - PER UNA RIFORMA LITURGICA GENERALERoma, marzo 1949.A. Bugnini, C M.« L'anno scorso la direzione della nostra Rivista, facendo qualche rilievo su recenti avvenimenti interessanti la liturgia, auspicava che fosse ripresa la riforma iniziata da Pio X per continuarla e portarla a termine secondo il pro­gramma assegnatogli dal Santo Pontefice (cfr. Ephem. Ut. 62 [1948] 3-4).Al­cuni indizi, come la nuova traduzione del Salterio ordinata dal Santo Padre Pio XII f. r. e autorizzata per l'uso nella recita pubblica e privata dell'Ufficio divino, come pure gli incoraggiamenti ripetutamente espressi, davano buone speranze per una ripresa del lavoro, che avrebbe dovuto avere una tendenza più spiccatamente pastorale (come si poteva arguire dalle varie concessioni e indulti degli ultimi tempi) in vista d'un alleggerimento dell'apparato li­turgico e d'un adeguamento più realistico alle esigenze concrete del clero e dei fedeli nelle mutate condizioni d'oggi.Questi motivi indussero la direzione della Rivista ad invitare i suoi collaboratori ed amici ad esprimere il loro pen­siero in proposito.L'invito, in forma del tutto privata e riservata, fu diramato in modo che si potesse avere un'idea abbastanza esatta delle reali aspirazioni del clero delle varie categorie: professori universitari, insegnanti di seminario, clero in cura d'anime, direttori di opere, religiosi di diversi ordini e congregazioni, missio­nari, ecc. In particolare s'.invitarono le persone che per il loro ministero, come la predicazione al clero, conferenzieri, direttori di case d'esercizi, ecc. sono a contatto frequente con molti ecclesiastici.
Si tenne anche conto delle varie nazioni, in modo che tutte, grosso modo, vi fossero rappresentate.
Le risposte furono numerose e varie qualificate; le proposte vanno dalle posizioni più tradizionaliste alle più avanzate.Alcuni si sono semplicemente attenuti al questionario inviato, altri hanno intessuto delle vere e proprie dissertazioni.C'è chi ha tentato di imperniare una riforma su dei principi, e chi si è limitato ai particolari trascurando l'insieme.
Per evidenti ed ovvie ragioni, come s'era già avvertito espressamente nella circolare d'invito, non possiamo pubblicare le risposte integralmente.
Dovremmo stampare un grosso volume, con l'inconveniente di vedere ripetute diecine di volte in termini diversi le stesse cose.
Tenteremo di darne una relazione quanto mai sintetica, cercando di non perder nulla di quanto è stato proposto, anche se più d'un suggeri­mento mostri dei lati deboli, difettosi e inaccettabili.
Ne trarremo quindi, via via, delle conclusioni- modestamente esprimendo il nostro personale pensiero.
Ci preme inoltre avvertire che daremo, per ora, i risultati del referendum solo per le questioni relative all'impostazione generale d'una supponibile ri­forma e al Breviario, rimandando ad un secondo tempo quelli riguardanti gli altri libri liturgici.


**********E anzitutto una parola sul titolo di questa relazione.Abbiamo detto « ri­forma generale ».Nello stato attuale, infatti, si può pensare ad una riforma solo parziale, per esempio, del solo Breviario, per accennare al punto più di­scusso, senza curarsi delle altre parti della liturgia, del messale, del rituale, del pontificale, dell'anno ecclesiastico, ecc.?Noi pensiamo di no. E come noi la pensa un ottimo liturgista, che scrive: « Una riforma desiderabile del Bre­viario Romano, o, più esattamente, una revisione pienamente adeguata ai biso­gni spirituali della cristianità moderna, alle condizioni pubbliche e private, della celebrazione liturgica delle feste e dei misteri per mezzo della Messa e dell'Ufficio divino, non potrebbe compiersi utilmente nello stato d'incertezza che regna al presente sulla legislazione liturgica propriamente detta.Dal secolo xi almeno noi viviamo su un compromesso, impropriamente detto " rito romano ", tra il rito pontificio celebrato in Vaticano o al Laterano per­sonalmente dal Papa, il rito basilicale delle grandi chiese di Roma, il rito epi­scopale delle cattedrali latine d'occidente, gli usi conventuali monastici e ca­nonicali, le necessità del ministero parrocchiale urbano o rurale e quelle della devozione privata dei sacerdoti isolati o missionari ».Nello stato attuale, dun­que, la liturgia è un mosaico, o, se più piace, un vecchio edifìcio, costruito a poco a poco, in tempi diversi, con diversi materiali e da diverse mani.Se ora si vuol togliere o cambiare (« modernizzare ») l'una o l'altra parte, tutto il resto comincia a sgretolarsi o anon convenire più con la parte restaurata.Infatti, anche Pio X ebbe l'idea di arrivare gradualmente ad una riforma generale.Ma le difficoltà intrinseche al lavoro e circostanze esterne arrestarono la cosa, che non fu mai ripresa. Bisogna aggiungere che taluni problemi d'ordine pa­storale, che allora incominciavano appena a farsi sentire, oggi han preso tali proporzioni e son divenuti così assillanti, che non riconoscerli o non tenerne conto o non tentarne una soluzione sarebbe lo stesso che condannare la litur­gia, preghiera viva della Chiesa, alla sterilità o ad un archeologismo inefficace.Per cui pensiamo che una riforma liturgica o è generale o finirà per non accon­tentare nessuno, perchè lascerebbe le cose come sono con le loro deficienze, incongruenze e difficoltà.
E anzitutto una parola sul titolo di questa relazione.
Abbiamo detto « ri­forma generale ».
Nello stato attuale, infatti, si può pensare ad una riforma solo parziale, per esempio, del solo Breviario, per accennare al punto più di­scusso, senza curarsi delle altre parti della liturgia, del messale, del rituale, del pontificale, dell'anno ecclesiastico, ecc.?
Noi pensiamo di no.E come noi la pensa un ottimo liturgista, che scrive: « Una riforma desiderabile del Bre­viario Romano, o, più esattamente, una revisione pienamente adeguata ai biso­gni spirituali della cristianità moderna, alle condizioni pubbliche e private, della celebrazione liturgica delle feste e dei misteri per mezzo della Messa e dell'Ufficio divino, non potrebbe compiersi utilmente nello stato d'incertezza che regna al presente sulla legislazione liturgica propriamente detta.Dal secolo xi almeno noi viviamo su un compromesso, impropriamente detto " rito romano ", tra il rito pontificio celebrato in Vaticano o al Laterano per­sonalmente dal Papa, il rito basilicale delle grandi chiese di Roma, il rito epi­scopale delle cattedrali latine d'occidente, gli usi conventuali monastici e ca­nonicali, le necessità del ministero parrocchiale urbano o rurale e quelle della devozione privata dei sacerdoti isolati o missionari ».Nello stato attuale, dun­que, la liturgia è un mosaico, o, se più piace, un vecchio edifìcio, costruito a poco a poco, in tempi diversi, con diversi materiali e da diverse mani.Se ora si vuol togliere o cambiare (« modernizzare ») l'una o l'altra parte, tutto il resto comincia a sgretolarsi o a non convenire più con la parte restaurata. Infatti, anche Pio X ebbe l'idea di arrivare gradualmente ad una riforma generale.Ma le difficoltà intrinseche al lavoro e circostanze esterne arrestarono la cosa, che non fu mai ripresa. Bisogna aggiungere che taluni problemi d'ordine pa­storale, che allora incominciavano appena a farsi sentire, oggi han preso tali proporzioni e son divenuti così assillanti, che non riconoscerli o non tenerne conto o non tentarne una soluzione sarebbe lo stesso che condannare la litur­gia, preghiera viva della Chiesa, alla sterilità o ad un archeologismo inefficace.Per cui pensiamo che una riforma liturgica o è generale o finirà per non accon­tentare nessuno, perchè lascerebbe le cose come sono con le loro deficienze, incongruenze e difficoltà.

1 PRINCIPI
La supposta riforma, perchè sia organica e unitaria, e quindi duratura, dovrebbe partire da principi netti e ben precisi.
Un collaboratore li formola così:
a) principio tetico: « melior est conditio possidentis », cioè della tradizione» che si deve presumere buona, finché non sia dirnostrata cattiva, cioè meno utile;b) principio antitetico: bisogna attenersi alla brevità e semplicità del comando divino: «Sic orabitis: Pater noster... »;
c) principio sintetico: bisogna fare una cosa e non tralasciare l'altra, cioè conservare la tradizione e non temere la semplificazione.
Altri affermano che « la riforma dev'essere concepita come un ritorno alla tradizione primitiva della celebrazione del mistero cristiano piuttosto che come un compromesso tra questa celebrazione in sottordine e le superfetazioni de­vozionali che l'hanno disarticolata nel corso dei secoli ».Da cui i seguenti prin­cìpi:1) predominio del Temporale sul Santorale;2)l'ufficio tipico infra hebdomadam il feriale a 3 lezioni;3)conservare al culto dei santi il carattere strettamente locale;
4
)evitare il moltiplicarsi delle « feste d'idea »;5)evitare la continua ripetizione dei « comuni ».


( continua )
qui l'ultima parte dello studio con tutti gli altri riferimenti :

L’ARTICOLO DEL PADRE ANNIBALE BUGNINI CONTINUA CON I SEGUENTI CAPITOLI : GRADUAZIONE DELLE FESTE 
CALENDARIO a) Temporale b) Santorale 
BREVIARIO 
SALMODIA 
ANTIFONE 
LETTURA 
CAPITOLI 
RESPONSORI
INNI
LE PREC
IINIZIO E FINE DELLE ORE
LE OTTAVE 
LE COMMEMORAZIONI 
LE RUBRICHE 
CONCLUSIONE

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