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mercoledì 18 luglio 2012

Dalla Rivista " Ephemerides Liturgicae " del 1949 : per una " riforma generale della Liturgia", di P.Annibale Bugnini, parte seconda


(Segue da qui)

PARTE SECONDA



2. GRADUAZIONE DELLE FESTE
Il lamento generale è che la graduazione delle feste, così come si presenta attualmente, è troppo complicata e minuziosa.
Ma quando si tratta di dare una soluzione, o non se ne indica affatto o è evidentemente inadeguata allo scopo. I più si accontentano di dire che i « doppi » sono troppi e vanno ridotti; che i « semidoppi », in pratica, non hanno altro effetto che di appesantire l'ufficio coll'aggiunta all'ufficio normale di 9 lezioni delle «preci» a Prima e delle commemorazioni comuni, e che, perciò, va abolito, riducendo queste feste a rito semplice, ed elevando le domeniche a rito doppio o a doppio maggiore o a feste di seconda classe.
C'è inoltre l'ufficio semifestivo (S. Agata, S. Cecilia, ecc.) che avrebbe bisogno di una trasformazione in quanto impone la divisione illogica, e, in qualche caso, un capriccioso intreccio di parti per natura loro inscindibili.
Nell'insieme i rimedi proposti non risolvono il problema che in minima parte.
Come arrivare ad una reale e definitiva semplificazione?
Forse non è lontano dal vero chi definisce « eccessiva ed arbitraria l'attuale nomenclatura dei riti dell'Ufficio » e suggerisce di venire addirittura alla formazione d'una nuova scala ideale di graduazione di feste, che non sia semplicemente intenzionale e fittizia, ma che abbia una base reale e concreta nel valore intrinseco delle feste stesse e che possa soddisfare alle esigenze ragionevoli della liturgia.
Una tale scala dovrebbe tener conto anzitutto delle feste fondamentali dei misteri del Signore (Natale, Epifania, Pasqua, Ascensione, Pentecoste), che regolano tutto il ciclo annuale della Redenzione e che quindi dovrebbero avere un trattamento speciale, poi delle altre feste del Signore più recenti, ma particolarmente importanti e cioè Corpus Domini, Sacro Cuore e Cristo Re, e quindi, proporzionalmente, delle altre ricorrenze dell'anno, distribuite, naturalmente, per gradi a gamma molto ridotta.

A. Temporale
3- CALENDARIO
Si è già accennato che con i due cicli di Natale e di Pasqua il proprium de tempore dovrebbe riacquistare nella liturgia riformata un'assoluta preminenza sul proprium sanctorum. È desiderio universale.
Anche qui, però, nessuno si è posto il problema nel suo complesso, ma ci si è limitati a rilievi particolari, che possono sintetizzarsi così:
a) Prefazio proprio per l'Avvento;
b) in Avvento soppressione delle commemorazioni;
c) nel ciclo natalizio accordo tra la successione storica degli avvenimenti e il calendario liturgico.
Attualmente, si rileva, c'è un intreccio assai capriccioso delle due cose, come si può osservare dallo schema seguente: Se si tracciano delle linee che uniscano il fatto storico con la corrispondente festa liturgica ne risulta un vero labirinto.
La proposta tenderebbe a far combaciare le due successioni ideali.
d) L'ottava del Natale tratti tutta del mistero natalizio e quindi si eliminino le feste dei santi o si riducano ad una semplice commemorazione. S. Giovanni Evang. e S. Stefano già si celebrano in altri tempi e qui possono scomparire; i ss. Innocenti invece possono rimanere perchè in relazione col Natale. Le lezioni per gli altri giorni si possono prendere dalla festa della sacra Famiglia, della Maternità, ecc.
e) Nella festa dell'Epifania si celebri una seconda Messa per commemorare il Battesimo di Gesù (Messa dei Magi al mattino e del Battesimo dopo Terza).Maggiore risalto della festa dell'Epifania con la sua ottava. …Il proponente aggiunge allo schema ampie spiegazioni giustificative delle singole assegnazioni e trasposizioni, ma la proposta ci pare nell'insieme assai singolare e di non facile attuazione, supposto, naturalmente, che meriti davvero, così come si presenta, di essere presa in considerazione.
f) Pasqua.
Chi la vuol fissa, chi mobile (o lasciandola come sta ora, oppure mettendola nella prima domenica d'aprile o nella prima metà dello stesso mese). I sostenitori della Pasqua fissa affermano che essa «porterebbe in tutti i campi dell'attività e della preghiera un considerevole vantaggio, che compenserebbe di gran lunga i diversi punti di vista dei tradizionalisti».
Questi, a loro volta, rilevano che « la mobilità della Pasqua è uno degli elementi più preziosi della poesia della vita già troppo monotona.
D'altra parte, aggiungono, non si potrebbe assicurare la voluta fissità senza sacrificare, per ottenerla artificialmente, il computo lunare tradizionale e la successione regolare di sette giorni della settimana ».La questione, come è noto, è stata trattata in tutti i sensi anche fuori, anzi soprattutto fuori del campo puramente ecclesiastico.
Ma ai fini di una possibile riforma liturgica incide in modo secondario. Si conosce anche l'atteggiamento della Santa Sede in proposito, atteggiamento che resta la lìnea direttiva seguita fino ad oggi.
g) Pentecoste. Ritorno alla prassi antichissima di chiudere il tempo pasquale colla giornata cinquantesima, cioè con la domenica di Pentecoste, senza ottava.
B. Santorale
Un alleggerimento del Santorale accoglie molti voti, che vorrebbero un maggior sviluppo del culto latreutico e degli uffici de feria. Si tratta di eliminare e di limitare. E per questo si chiede non solo una riduzione dell'attuale calendario, ma anche norme fisse e tassative per impedire che in seguito si ripeta l'agglomerarsi indiscreto delle nuove feste di santi.
Ecco come si esprime un collaboratore: « Bisogna far cessare la prevalenza devozionale riducendo al tipo unico della festa semplice e salterio feriale tutte le feste di santi per le quali non esiste alcuna ragione locale di solennità più grande. I motivi di pura devozione sono inammissibili.
Devono contare solo: la nascita del santo, la sua dimora, la tomba o la presenza effettiva di reliquie insigni in un luogo ben determinato e non per tutta la diocesi.
Le feste semplificate non dovrebbero avere di proprio o preso dal comune che la colletta, l'antifona al Magnificat e il versetto al Vespro, l'antifona del Benedictus col versetto alle Lodi,
Tutto il resto dovrebbe essere preso dal salterio e dall'ordinario.
Le feste più solenni soltanto dovrebbero avere l'ufficio a 9 lezioni e rito doppio, come nell'uso attuale. I patroni propriamente detti, gli apostoli locali e i grandi santi della Chiesa universale dovrebbero avere l'ufficio proprio o comune col rito doppio maggiore o di 2a classe.
La ia classe, soprattutto con ottava, dovrebbe essere rarissima.
Un mezzo eccellente per tagliar corto al fastidioso moltiplicarsi delle commemorazioni potrebbe essere quello d'incorporare nel Breviario la lettura del Martirologio a Prima...
Bisogna liberare la celebrazione pubblica di tutti gli elementi penetrati per circostanze fortuite (invenzioni, traslazioni di reliquie, ecc.).

La storia ci dice che il culto dei Santi si celebrava unicamente intorno alla loro sepoltura, la tomba o la " cathedra".
La non sicurezza dei cimiteri " extra muros" al tempo delle invasioni fece portare in città i corpi santi e diede luogo allò sviluppo del loro culto a danno della celebrazione dei misteri della Redenzione.
Il ritorno all'antico stato di cose potrebbe avere il buon effetto di ridar vita ai pellegrinaggi, ai quali nessuno pensa più da quando la festa di un santo si fa dappertutto ».
A queste osservazioni d'ordine generale un altro studioso dà un accento più tradizionalista e particolareggiato, pur sostenendo il principio della semplificazione:
r. È ormai pacifico, dice, e da tutti ammesso che l'ufficio «de tempore» debba riprendere un posto preponderante senza peraltro sacrificare il culto dei santi.

Ci si può arrivare conservando nel calendario della Chiesa universale solo queste feste:

a) le due feste di S. Giovanni Battista, e quella di S. Michele Arcangelo del 29 settembre;

b) una' sola festa di S. Giuseppe da celebrarsi nel tempo natalizio (altri suggeriscono la 3a dom. dopo Pasqua o nel mese di maggio);

e) le feste degli Apostoli;

d) le principali feste dei martiri, non conservando che gli antichi martiri romani, ma anche qualche martire della Chiesa universale, per es. S. Potino e S. Dionigi, S. Bonifazio, S. Giosafat, S. Venceslao, i Martiri Domeni¬cani e Francescani del Marocco, i Martiri Giapponesi, qualche martire missionario degli ultimi secoli;è) le feste dei Dottori della Chiesa (se necessario, raggruppandoli);

f) le feste di alcuni grandi Papi: S. Gregorio VII, S. Pio V, ecc.;
g) le feste dei fondatori di grandi Ordini o di Congregazioni d'importanza veramente universale e sparsi in tutto il mondo, come i santi Benedetto, Bernardo, Brunone, Francesco d'Assisi, Domenico, Vincenzo de' Paoli, Giovanna di Chantal, Teresa d'Avila, ecc.;
h) qualche altra festa di santi veramente universali e scelti un po' in tutti i paesi. Evidentemente la scelta richiederebbe molto tatto!

2. Nello stesso ordine d'idee, bisognerebbe raggruppare più santi che hanno avuto attività uguale o affine (cosa che avviene già nell'Ordine benedettino).

Perchè non riunire i santi Barnaba, Tito, Timoteo e Sila, con l'ufficio degli Apostoli?

Così S. Gioacchino e S. Anna (con ufficio proprio, tenendo conto che sono Santi del V. T.); gruppi di santi Papi, ecc.; di santi Patriarchi e Profeti, istituendo una festa collettiva.

3. A titolo di pura indicazione si potrebbero segnalare le feste seguenti come suscettibili di eliminazione dal calendario universale: S. Martina, S. Andrea Corsini, S. Romualdo, i Santi Sette Fondatori dei Servi di Maria, S. Si-meone di Gerusalemme, S. Casimiro, S. Francesca Romana, i Santi XL Martiri, S. Francesco di Paola, i Ss. Sotere e Caio, S. Giorgio, S. Paolo della Croce, S. Pietro di Verona.

Al contrario si potrebbero abbinare S. Tommaso Becket e S. Stanislao, S. Atanasio d'Alessandria e S. Ilario di Poitiers, S. Cirillo di Gerusalemme e S. Giovanni Damasceno, S. Alberto Magno e S. Bonaventura, S. Pietro Canisio e S. Roberto Bellarmino, S. Felice di Valois e S. Giovanni de Matha, S. Giovanni di Dio e S. Camillo de Lellis.

In questo caso si potrebbe generalizzare l'uso dei comuni « prò aliquibus locis » di più confessori e oiù sante donne.
Le feste di santi soppresse potrebbero d'altra parte essere integrate nei propri diocesani o nazionali o nei propri delle Congregazioni.

4. Quanto alle feste del Signore e della Madonna alcune sono certamente dei doppioni e andrebbero semplificate.
Per esempio:
Circoncisione e Santo Nome di Gesù,
Preziosissimo Sangue da fondersi con l'ottava del Sacro Cuore,
Trasfigurazione e 2a domenica di Quaresima,
le due feste della Santa Croce, le due feste della Madonna Addolorata,
il Santo Nome di Maria, da fondersi coll'Ottava della Nascita della Vergine,
le due feste della Cathedra Petri.
Altre proposte di minor importanza riguardanti il Santorale sono: che la festa di Cristo Re sia trasferita alla Domenica tra l'ottava dell'Ascensione, e la Maternità della B. M. V. al 3 gennaio; o il nome di S. Giuseppe entri nel Canone e nel Confiteor; che si introduca un « festum AnnuntiationisS. Ioannis Baptistae » al 23 settembre, in quanto questa data costituirebbe «primordia Evangelii»; che si riordini completamente il «Commune Sanctorum »; (quello dette « Confessorum » è quasi un rifugio di tutti i santi più disparati: sacerdoti, monaci, laici, giovani, vecchi, di tutti i ceti e classi, quindi anche il formolario è divenuto schematico, senza vita e proprietà).
Almeno il « Commune Confessoris non Pontiflcis » dovrebbe suddividersi in due: « Comm. Confessoris Presbyteri » e « Comm. Conf. non Presbyteri », assegnando al primo dei testi presi anche dal Pontificale Romano, i quali « rememorent pristinos dies » e « resuscitent gratiam quae data est per impositionem manuum ».



***

Che dire di tutte queste proposte?

C'è indubbiamente molto di buono e paiono dettate da una visione abbastanza concreta del problema.
Ma ci sembra che debbano essere inserite in un quadro ancora più ampio, e fluire da netti e chiari princìpi, che diano l'ossatura del calendario riformando e servan di norma per l'avvenire.
Perchè i giorni dell'anno sono limitati (365), mentre i santi sono moltissimi e in continuo aumento.
Su quali princìpi si potrebbe fare l'accordo?
Pensiamo che debbano essere gli stessi, ai quali si ispirò la Commissione di S. Pio V, quando mise mano alla riforma che da lui prende il nome, perchè proprio allora il calendario romano assunse un carattere vera-mente «cattolico» con l'estensione alla Chiesa universale.
Se ben si osserva, il calendario piano ha embrionalmente un duplice indirizzo: senso di romanità e inizio di universalità cattolica.
Questi due concetti potrebbero fornire i princìpi ispiratori del nuovo calendario.

Romanità e quindi un posto di privilegio dovrebbero avervi gii autentici martiri romani, i santi antichi non romani ma con culto antico in Roma, i santi collegati alle chiese titolari romane, i papi, la dedicazione di chiese romane.
Universalità cattolica: i dottori, i santi Padri e gli scrittori ecclesiastici posteriori,
i santi rappresentativi del monachesimo e dell'ascetismo antico,
i santi rappresentativi delle Chiese orientali,
i santi nazionali (gli evangelizzatori delie varie nazioni,santi e principi, altri santi «nazionali»)
i fondatori (secondo l'importanza che il santo e il suo Ordine hanno nella Chiesa universale),
i santi patroni,
le feste dei più celebri santuari mondiali.
C'è poi un cumolo di questioni sulle feste minori del Signore e della Madonna, sulle feste ideali, gli uffici della Passione, ecc., che devono essere esaminate attentamente, perchè la liturgia soddisfi realmente a tutte (per quanto umanamente possibile) le esigenze della pietà liturgica odierna.

Ma come conciliare l'introduzione o il mantenimento di tutte queste feste col ricercato alleggerimento del calendario dalle feste dei Santi?

Tutto dipende dal grado che esse avranno e dal modo, quindi, di celebrarle.

FINE PARTE SECONDA
Foto : "Vescovo e Capitolo" di chierichetti, usanza in alcune Cattedrali per la festa dei Santi Innocenti, 28 dicembre.
A Vespro il "capitolo" dei bambini si collocava sugli stalli dei Canonici.
Il video della suggestiva cerimonia.

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