Presentiamo qui di seguito, per gentile concessione dell'autore dott. Paolo Facciotto che ringraziamo, un articolo pubblicato sul quotidiano “La Voce di Romagna” l'11 gennaio 2012. Dello stesso autore avevamo già pubblicato:
- la sua pertinente e puntuale intervista a S. E. Mons. Negri in cui il Vescovo di S. Marino aveva denunciato in maniera esplicita e coraggiosa la resistenza dell'Episcopato italiano ad obbedire al Papa, attuando senza cavillose eccezioni, il Motu Proprio Summorum Pontificum;
- la sua intervista a don Venturino C.L. sul suo libro "Ministero della Bellezza - il Sacerdozio Cattolico"
- il suo articolo sul Vescovo di Rimini, Mons. Lambiasi e il ritorno al "Dio degli Eserciti" nel "Santo" in italiano della S. Messa;
- e il suo ammirato e commosso articolo sulla sacra e mirabile liturgia della S. Messa del Papa a San Marino.
Questa volta Facciotto scrive per criticare la diffusa concezione distorta del 21° Concilio Ecumenico, fino a qualche mese fa erroneamente come monolite intoccabile, pietra miliare della Storia della Chiesa e punto di svolta del Magistero. E per diffonderne la giusta interpretazione.
(Sullo stesso argomento aveva scritto riferendo del Congresso della F.S.S.P.X e del libro di de Mattei sulla "Storia mai scritta" del CVII.)
Nel testo ci sono tre passaggi: nel primo si accenna all'attuale campagna per le primarie presidenziali in corso negli States, in cui i candidati vengono etichettati e criticati a seconda che siano "tridentini" o "conciliovaticanosecondisti"; viene nuovamente ribadito la condanna di una errata visione della Chiesa ante e post-conciliare demarcata dal CVII;
nel secondo riassume la volontà del papa e il suo concetto di "ermeneutica della continuità";
nel terso "s-monta" (poi capirete il gioco di parole) un'ardita citazione di Mons. Forte (purtroppo ancora in corsa -per ora!- per il Patriarcato di Venezia), che ha tirato in ballo (incongruamente, ad avviso dell'autore -e nostro-) la Gaudium et Spes per giustificare una recente decisione fiscale dell'attuale Governo.
Il giornalista in tutti i tre passaggi inidividua e critica, demolendoli, gli stereotipi diffusi tra l'Episcopato e da i mass media, e che vengono usati a vanvera, interpretati erroneamente per creare definizioni a proprio piacere, e per richiamare impropriamente concetti o immagini di "cattolico" ormai obsoleti e superati in questi ultimi mesi.
Con parole chiare, come poche altre volte si sono sentite da autori "estranei" all'ambiente ecclesiastico, accademico o religioso, Facciotto parla chiaro e tira corto: sta col Papa, ricorda che questa visione ecclesiologica "vaticanosecondista" è superata, ribadisce che il CVII non è una rottura (o se lo è, è sbagliato che lo sia) e che bisogna correggere le sbandate che la Chiesa ha preso a causa dello "spirito del Concilio".
Il sottolineato e il "rosso" sono nostri.
- la sua pertinente e puntuale intervista a S. E. Mons. Negri in cui il Vescovo di S. Marino aveva denunciato in maniera esplicita e coraggiosa la resistenza dell'Episcopato italiano ad obbedire al Papa, attuando senza cavillose eccezioni, il Motu Proprio Summorum Pontificum;
- la sua intervista a don Venturino C.L. sul suo libro "Ministero della Bellezza - il Sacerdozio Cattolico"
- il suo articolo sul Vescovo di Rimini, Mons. Lambiasi e il ritorno al "Dio degli Eserciti" nel "Santo" in italiano della S. Messa;
- e il suo ammirato e commosso articolo sulla sacra e mirabile liturgia della S. Messa del Papa a San Marino.
Questa volta Facciotto scrive per criticare la diffusa concezione distorta del 21° Concilio Ecumenico, fino a qualche mese fa erroneamente come monolite intoccabile, pietra miliare della Storia della Chiesa e punto di svolta del Magistero. E per diffonderne la giusta interpretazione.
(Sullo stesso argomento aveva scritto riferendo del Congresso della F.S.S.P.X e del libro di de Mattei sulla "Storia mai scritta" del CVII.)
Nel testo ci sono tre passaggi: nel primo si accenna all'attuale campagna per le primarie presidenziali in corso negli States, in cui i candidati vengono etichettati e criticati a seconda che siano "tridentini" o "conciliovaticanosecondisti"; viene nuovamente ribadito la condanna di una errata visione della Chiesa ante e post-conciliare demarcata dal CVII;
nel secondo riassume la volontà del papa e il suo concetto di "ermeneutica della continuità";
nel terso "s-monta" (poi capirete il gioco di parole) un'ardita citazione di Mons. Forte (purtroppo ancora in corsa -per ora!- per il Patriarcato di Venezia), che ha tirato in ballo (incongruamente, ad avviso dell'autore -e nostro-) la Gaudium et Spes per giustificare una recente decisione fiscale dell'attuale Governo.
Il giornalista in tutti i tre passaggi inidividua e critica, demolendoli, gli stereotipi diffusi tra l'Episcopato e da i mass media, e che vengono usati a vanvera, interpretati erroneamente per creare definizioni a proprio piacere, e per richiamare impropriamente concetti o immagini di "cattolico" ormai obsoleti e superati in questi ultimi mesi.
Con parole chiare, come poche altre volte si sono sentite da autori "estranei" all'ambiente ecclesiastico, accademico o religioso, Facciotto parla chiaro e tira corto: sta col Papa, ricorda che questa visione ecclesiologica "vaticanosecondista" è superata, ribadisce che il CVII non è una rottura (o se lo è, è sbagliato che lo sia) e che bisogna correggere le sbandate che la Chiesa ha preso a causa dello "spirito del Concilio".
Il sottolineato e il "rosso" sono nostri.
Roberto
FORTE CONFUSIONE SUL CONCILIO
di P. Facciotto, da La Voce di Romagna, 11.01.2012
Comincia male il cinquantesimo anno dall’inizio del Concilio ecumenico Vaticano II. Perché si continua a fare confusione, pure da elevati pulpiti, su ciò che è stato e sulle indicazioni che può ancora dare.Un cattivo servizio alla sua comprensione, è stato dato la scorsa settimana da Repubblica, tanto per fare un esempio di passaggio.
L’inviato speciale in America, volendo magnificare l’eventuale prossima discesa in campo di un Kennedy, l’ennesimo, e credendo di fargli un complimento lo ha definito un cattolico “da Concilio Vaticano II”. A differenza di Rick Santorum sistemato, nelle prime righe del pezzo in prima pagina, come un oscuro e oscurantista cattolichetto “da Inquisizione - letterale - e da Concilio di Trento”.
L’inviato in questione sa, ma forse non vuole ammetterlo, che la Chiesa oggi è impegnata nella difficile sfida lanciata in un celebre discorso del 2005 da Papa Benedetto XVI: l’ermeneutica della continuità. In parole povere, il Vaticano II non va più interpretato come un atto di rottura, in senso teologico ed ecclesiologico, con la Tradizione, ma al contrario deve essere riscoperto come uno sviluppo nella continuità del Magistero, correggendo così le innumerevoli sbandate che tanto male hanno fatto alla Chiesa e al mondo. Pertanto, se oggi il quasi vincitore delle primarie repubblicane nell’Iowa pensasse a se stesso come a un credente prigioniero del passato, come cattolico sarebbe sulla cattiva strada e in quanto politico si condannerebbe a un ruolo meno che marginale. Allo stesso modo, poniamo, di un John John PierJohn Kennedy che si concepisse come un “conciliarista”: dal punto di vista religioso sarebbe proprio lui il retrogrado che non guarda alle nuove sfide, e sotto l’aspetto politico dubiteremmo del suo contributo.
Quindi cattolici e non cattolici, dell’Iowa, del Massachussets e di Repubblica si mettano il cuore in pace: il Vaticano II è solo il 21° di una lunga storia di concili, il più vicino a noi nel tempo ma non per questo il migliore. Se sia l’ultimo della storia nessuno può saperlo, e comunque va letto in continuità col Vaticano I, con il Sillabo, con il Concilio di Trento e così via. Intelligentemente, cosa che molti non vogliono fare.
Il fatto è che ad alimentare la confusione provvedono pure certi ecclesiastici di rango. Sempre di passaggio, facciamo un secondo esempio. Il povero Vaticano II è stato tirato per la stola persino per giustificare l’ammorbidimento del governo Monti sulla tassa del permesso di soggiorno. Vi sembrerà incredibile ma è vero, per accorgersene basta andare a prendere il quotidiano di Confindustria di domenica 8 gennaio, pagina 1. Sua eccellenza mons. Bruno Forte, arcivescovo di Chieti-Vasto, divenuto da qualche tempo una presenza fissa sul “Sole” del dì festivo, ricordando proprio il cinquantenario ha citato la celeberrima Gaudium et Spes, costituzione conciliare sulla Chiesa nel mondo contemporaneo, per parlare della “comune appartenenza di tutti - immigrati o no - alla medesima famiglia umana, alla stessa barca”. “In questo senso va - ha scritto Forte - il ripensamento in atto da parte del Governo riguardo alla tassa legata al rilascio o al rinnovo del permesso di soggiorno” giacché secondo l’ultimo Concilio “la stessa immagine divina è impressa in ogni essere umano” e “la forza lavoro - quale che sia il colore della pelle o la provenienza del lavoratore - è quella cui si è fatto totalmente solidale il Figlio di Dio, che «con l’incarnazione si è unito in certo modo ad ogni uomo»” eccetera.
La citazione di partenza (Gaudium et Spes, 22) era questa: «Nel mistero del Verbo incarnato trova vera luce il mistero dell’uomo. Proprio rivelando il mistero del Padre e del suo amore Cristo svela anche pienamente l’uomo all’uomo e gli fa nota la sua altissima vocazione». Difficilmente si potrebbero trovare parole più belle sull’Incarnazione, quindi bene ha fatto l’arcivescovo Forte a ricordarcele. Ma non capiamo cosa c’entri questo con “l’approccio dell’attuale Governo” da lui lodato, la gabella di 80 o 200 euro risparmiata agli immigrati, fra l’altro in un contesto in cui le famiglie italiane saranno colpite quest’anno da una mazzata di alcune migliaia di euro.
Proprio la constatazione che la stessa immagine divina è impressa in ogni essere umano, verità che viene dall’inizio della storia giudaico-cristiana, dal libro della Genesi e non dall’ultimo concilio, avrebbe dovuto consigliare i cattolici adulti del dicastero Monti ad essere più equi chiedendo qualche soldino agli immigrati - che di money transfer se ne intendono - e qualcuno in meno alle famiglie già tartassate.
di Paolo Facciotto
L’inviato speciale in America, volendo magnificare l’eventuale prossima discesa in campo di un Kennedy, l’ennesimo, e credendo di fargli un complimento lo ha definito un cattolico “da Concilio Vaticano II”. A differenza di Rick Santorum sistemato, nelle prime righe del pezzo in prima pagina, come un oscuro e oscurantista cattolichetto “da Inquisizione - letterale - e da Concilio di Trento”.
L’inviato in questione sa, ma forse non vuole ammetterlo, che la Chiesa oggi è impegnata nella difficile sfida lanciata in un celebre discorso del 2005 da Papa Benedetto XVI: l’ermeneutica della continuità. In parole povere, il Vaticano II non va più interpretato come un atto di rottura, in senso teologico ed ecclesiologico, con la Tradizione, ma al contrario deve essere riscoperto come uno sviluppo nella continuità del Magistero, correggendo così le innumerevoli sbandate che tanto male hanno fatto alla Chiesa e al mondo. Pertanto, se oggi il quasi vincitore delle primarie repubblicane nell’Iowa pensasse a se stesso come a un credente prigioniero del passato, come cattolico sarebbe sulla cattiva strada e in quanto politico si condannerebbe a un ruolo meno che marginale. Allo stesso modo, poniamo, di un John John PierJohn Kennedy che si concepisse come un “conciliarista”: dal punto di vista religioso sarebbe proprio lui il retrogrado che non guarda alle nuove sfide, e sotto l’aspetto politico dubiteremmo del suo contributo.
Quindi cattolici e non cattolici, dell’Iowa, del Massachussets e di Repubblica si mettano il cuore in pace: il Vaticano II è solo il 21° di una lunga storia di concili, il più vicino a noi nel tempo ma non per questo il migliore. Se sia l’ultimo della storia nessuno può saperlo, e comunque va letto in continuità col Vaticano I, con il Sillabo, con il Concilio di Trento e così via. Intelligentemente, cosa che molti non vogliono fare.
Il fatto è che ad alimentare la confusione provvedono pure certi ecclesiastici di rango. Sempre di passaggio, facciamo un secondo esempio. Il povero Vaticano II è stato tirato per la stola persino per giustificare l’ammorbidimento del governo Monti sulla tassa del permesso di soggiorno. Vi sembrerà incredibile ma è vero, per accorgersene basta andare a prendere il quotidiano di Confindustria di domenica 8 gennaio, pagina 1. Sua eccellenza mons. Bruno Forte, arcivescovo di Chieti-Vasto, divenuto da qualche tempo una presenza fissa sul “Sole” del dì festivo, ricordando proprio il cinquantenario ha citato la celeberrima Gaudium et Spes, costituzione conciliare sulla Chiesa nel mondo contemporaneo, per parlare della “comune appartenenza di tutti - immigrati o no - alla medesima famiglia umana, alla stessa barca”. “In questo senso va - ha scritto Forte - il ripensamento in atto da parte del Governo riguardo alla tassa legata al rilascio o al rinnovo del permesso di soggiorno” giacché secondo l’ultimo Concilio “la stessa immagine divina è impressa in ogni essere umano” e “la forza lavoro - quale che sia il colore della pelle o la provenienza del lavoratore - è quella cui si è fatto totalmente solidale il Figlio di Dio, che «con l’incarnazione si è unito in certo modo ad ogni uomo»” eccetera.
La citazione di partenza (Gaudium et Spes, 22) era questa: «Nel mistero del Verbo incarnato trova vera luce il mistero dell’uomo. Proprio rivelando il mistero del Padre e del suo amore Cristo svela anche pienamente l’uomo all’uomo e gli fa nota la sua altissima vocazione». Difficilmente si potrebbero trovare parole più belle sull’Incarnazione, quindi bene ha fatto l’arcivescovo Forte a ricordarcele. Ma non capiamo cosa c’entri questo con “l’approccio dell’attuale Governo” da lui lodato, la gabella di 80 o 200 euro risparmiata agli immigrati, fra l’altro in un contesto in cui le famiglie italiane saranno colpite quest’anno da una mazzata di alcune migliaia di euro.
Proprio la constatazione che la stessa immagine divina è impressa in ogni essere umano, verità che viene dall’inizio della storia giudaico-cristiana, dal libro della Genesi e non dall’ultimo concilio, avrebbe dovuto consigliare i cattolici adulti del dicastero Monti ad essere più equi chiedendo qualche soldino agli immigrati - che di money transfer se ne intendono - e qualcuno in meno alle famiglie già tartassate.
di Paolo Facciotto
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