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martedì 20 settembre 2011

"Ministero della Bellezza" - Intervista a don Francesco Ventorino, CL

Durante il recente Meeting di Rimini 2011, Paolo Facciotto di La voce di Romagna, ha avuto l'occasione di intervistare l'autore del libro "Ministero della bellezza - Il sacerdozio cattolico" (ed. Marietti, 2011) don Francesco Ventorino, teologo, ciellino, docente emerito di Ontologia e di Etica allo Studio Teologico San Paolo di Catania, e fra i responsabili nazionali di CL.
Il libro raccoglie alcuni testi di esercizi spirituali per seminaristi.


di
Paolo Facciotto, LA voce di Romagna, del 26 Agosto 2011
*******
RIMINI - A partire dal suo libro “Ministero della bellezza” sul sacerdozio cattolico, abbiamo parlato con don Francesco Ventorino, 79 anni, di un aspetto in questi giorni emerso con evidenza al Meeting, il rapporto e il dialogo con persone di fedi religiose diverse.

Don Ventorino, che cosa è la bellezza?
La bellezza secondo una definizione che risale ai medievali, è lo splendore del vero: quando l’invisibile, il Mistero, si rende visibile in ciò che l’uomo può vedere e toccare, ascoltare, e per questo lo seduce, lo convince, perché lo afferra secondo la modalità che è propria dell’uomo, attraverso l’esperienza. La bellezza rende credibile il vero e il bene perché splende talmente
dell’umanità di qualcuno, da convincere. Per questo io parlo del sacerdozio come ministero della bellezza, perché il prete come ha ricordato recentemente Benedetto XVI alla fine dell’anno sacerdotale non è appena un ufficio. Il sacerdozio è sacramento, significa qualcosa di visibile che contiene l’invisibile, non è un simbolo. E’ qualcosa di visibile, come l’eucaristia: si vede il pane e il vino ma non è un simbolo, non rinvia a qualcosa che è fuori di essa ma a qualcosa di presente. Il prete nella sua umanità deve rendere visibile il volto del Padre, altro che ufficio, altro che amministrazione di uffici e di sacramenti: è lui stesso il sacramento. In questo senso parlo di ministero della bellezza: il prete ha questo compito innanzitutto, di rendere nella propria umanità visibile e credibile il volto del Mistero».

E’ coraggioso legare bellezza e sacerdozio tanto più dopo l’emergere di tanti scandali, proprio mentre il Papa lo rilanciava, con l’anno sacerdotale, come questione centrale della Chiesa. Come è
potuto succedere che il sacerdozio non sia crollato sotto i colpi di quasi tutti i poteri del mondo?
<+testo chiaro>«Alla campagna scandalistica si può rispondere giornalisticamente, colpo contro colpo, ma i colpi acuti o meno acuti si equivalgono perché è tutto sul piano mediatico. Invece quando il prete vive il ministero della bellezza crea nel rapporto che ha con la gente una certezza che non può essere minata dallo scandalo mediatico. La certezza morale è quella per la quale un uomo si può fidare di un altro uomo. Si acquista nel rapporto, e nessuno scandalo mediatico può metterla in crisi. Come la certezza che io ho di mia madre, basata sul rapporto personale che ho avuto con lei, nel quale matura una certezza di affidabilità, di credibilità che è intangibile
a ogni altro argomento. Questa è la certezza della fede. All’inizio di “Si può vivere così”, Giussani dice che la fede è una certezza fondata sulla fiducia in un altro, non ha nulla da invidiare alle
altre certezze - scientifica, filosofica eccetera. Non è meno certa, anzi, queste sono le certezze più certe senza le quali l’uomo non potrebbe neanche vivere. Di fatto gli scandali mediatici hanno messo in crisi il rapporto ministeriale laddove era già in crisi, dove la gente sospettava del prete, ma dove la gente ha acquisito questa certezza morale rispetto al prete, non è stata messa in crisi. Ditemi un oratorio che ha dovuto chiudere in forza degli scandali mediatici: la gente continua a mandare i bambini all’oratorio perché conosce il parroco, il viceparroco, di quelli sa che si può fidare. La migliore risposta allo scandalo è la bellezza ministeriale del prete, perché è quello che convince».

Quando si può dire che una chiesa è bella?
«Se la bellezza è lo splendore dell’invisibile, del Mistero, una chiesa è bella quando in quel luogo ci si avvicina di più al Mistero. Ma il Mistero in Gesù ha preso un volto, e quindi la chiesa tanto più è bella quanto più mi avvicina al Mistero cristiano, cioè al Mistero di Dio come Padre, come Figlio morto, crocifisso e risorto, come Spirito che vivifica e santifica. Voglio fare un esempio tra le chiese moderne, che sono le più discutibili: io vado spesso in Terrasanta e lì ci sono delle chiese costruite nel Novecento, le ha costruite un certo Barluzzi, un terziario francescano, architetto. Era un uomo di fede. Il suo capolavoro è la chiesa del Getsemani: basta entrare in quella chiesa e si soffre l’agonia di Cristo, anche attraverso le vetrate che fanno penetrare la luce ma fino a un certo punto, quindi si crea una zona di oscurità… Proprio come quel momento di sofferenza di Cristo in cui l’oscurità sembrava prevalere sulla luce della sua conoscenza di Figlio. Qui il Mistero ha preso forma visibile e aiuta l’uomo a credere».

Il ministero della bellezza mette in gioco un’altra questione rilanciata con forza da Papa Ratzinger: la liturgia. “Nel rapporto con la liturgia si decide il destino della fede e della Chiesa”, ha scritto. Come giudica il motu proprio del 2007? Come si vive nel movimento la liturgia?
<+testo chiaro>«Il Papa con questo motu proprio aveva inanzitutto l’intenzione, appunto, di restituire alla liturgia la sua bellezza originaria, perché non possiamo negare che c’è stata una degradazione formale nelle celebrazioni liturgiche che ha preso due volti. Lo spontaneismo, e invece non c’è nulla di più bello della formula stabilita, quindi quando il prete spontaneamente inventa formule credendo di dire cose più vere, più efficaci, si sbaglia, perché nella formula è sedimentata una sapienza pedagogica e teologica della Chiesa che viene dagli inizi. Il Papa ha voluto restituire la bellezza nel senso di restituzione di un rigore dell’osservanza delle formule liturgiche. Dall’altro lato, un richiamo appunto ad una bellezza che abbracci anche tutti gli altri aspetti, per esempio la musica: le musiche che sono prevalse dopo il Concilio, appunto per una pretesa di esprimere di più il sentimento di popolo anziché il Mistero, sono degradate, anche dal punto di vista artistico. Poi da parte del Papa c’è stata una preoccupazione di unità nella Chiesa: ci sono stati dei movimenti che vedendo la degenerazione che hanno preso certe forme post-conciliari, per reazione si sono aggrappati alla formula precedente al Concilio. Il Papa ha voluto che non si facesse della liturgia un terreno di scontro e di scomuniche vicendevoli. Un altro punto, la liturgia come pedagogia efficace della vita cristiana, della fede. C’è una formula che dice che “lex credendi est lex vivendi”, o “lex orandi est lex credendi” e poi “lex vivendi”: ciò che si prega è ciò che si crede, ciò che si crede è ciò che si vive, quindi è importante sorvegliare sulla liturgia perché la liturgia esprime ciò che si crede. Il movimento su questo non ha avuto una preoccupazione particolare perché è stato educato da don Giussani sempre così, ad una fedeltà alla formula tradizionale, senza mai una sbavatura di spontaneismi. Anche nel canto liturgico Giussani ha voluto sempre il gregoriano, i polifonici, le laudi medievali, e quando qualche volta ha introdotto alcuni dei nostri canti è stato sempre adeguatamente scelto. Io che sono vecchio, ho conosciuto don Giussani nel 1960 e l’ho visto celebrare le messe di prima del Concilio, dove i fedeli praticamente non facevano niente, solo assistere, però Giussani aveva trovato il modo intelligente di farli assistere. Le celebrazioni nel movimento hanno conservato la loro austerità, la loro verità che avevano agli inizi».

E’ sempre più evidente l’apertura del movimento di CL a persone di altre fedi religiose. Ce ne sono anche di aderenti alla Fraternità di CL? In altre parole, è possibile fare integralmente l’esperienza di CL rimanendo ancorati alla fede di origine, ad esempio quella islamica?
«No, perché il movimento è un movimento cattolico quindi uno può farlo se si converte. Se uno viene agli Esercizi è perché noi vogliamo proporci a tutto il mondo, però io non posso integrare in un movimento cattolico un musulmano, gli farei violenza, lo costringerei a negare la sua identità. Se io parlo con un musulmano lo devo rispettare come un altro uomo che è chiamato da Dio ad arrivare al Mistero attraverso la via che gli ha offerto quando è nato. A meno che non gli accada un avvenimento eccezionale per il quale comprenda che la via del cattolicesimo è la più vera, la più giusta. A questo proposito ricordo un aneddoto di don Giussani al Liceo Berchet, dove c’erano molti ebrei e massoni. Una volta un ragazzo ebreo dopo una sua lezione commovente e convincente è andato a trovarlo e gli ha chiesto se poteva essere battezzato e divenire cristiano. Don Giussani gli ha detto: no, non ti battezzo perché tu finora non sei stato un buon ebreo, cioè non hai verificato fino in fondo la tradizione attraverso la quale Dio ti ha raggiunto. E come hai trattato la tua tradizione, tratteresti il cattolicesimo che mi chiedi, quindi prima comincia a prendere sul serio, a verificare la ragionevolezza che c’è nella tua tradizione, quando sarai in grado di paragonarla con quella che ti offro io allora sarà il momento semmai di decidere se chiedere il battesimo e passare al cattolicesimo.
Ecumenismo non significa fingere sulle differenze, quella è la tolleranza: io tollero che tu ci sia, diverso da me. L’ecumenismo significa che io ti valorizzo nella tua differenza e quindi non ti
voglio ridurre precocemente, violentemente, senza un atto di coscienza e di libertà, alla pienezza della verità che io ritengo di vivere e di possedere seguendo Cristo. Che mi risulti, né nel
movimento né nella Fraternità ci sono persone che non siano di fede cristiana. Altro è dire di confessioni diverse: ci sono degli ortodossi, iscritti alla Fraternità e anche nei Memores Domini,
conosco delle ragazze ortodosse che sono tra le Memores, alle quali non è stato mai chiesto di passare alla fede cattolica. Con l’ortodossia noi abbiamo un rapporto molto particolare, l’ortodossia crede in tutti i dogmi della Chiesa cattolica, c’è solo la questione del primato del Papa. Io ho tanti amici laici, Galli della Loggia, Giuliano Ferrara, Pietro Barcellona… ma non chiederò mai a Pietro Barcellona di far parte di CL. Parteciperà a tutti i momenti di CL, ma “far parte” significa una unità e una comunione di fede così profonda che non può accadere se lui non accetta liberamente di fare parte della Chiesa cattolica. Questo non è relativismo, non è dire che tutte le vie sono uguali. Innanzitutto ciascun uomo deve verificare la strada che gli è stata offerta da Dio per arrivare al Mistero, e poi semmai a partire da quello capire la preziosità e la ompiutezza che c’è nel cristianesimo. Oggettivamente le vie non sono uguali, la via è una: Cristo. La via è una sola, oggettivamente, ma ogni uomo deve arrivare a quella via in un cammino, con un metodo che Dio gli ha fissato. Soprattutto io non gli devo fare “saltare” quel metodo, perché come salta quello salterà poi l’altro».

Paolo Facciotto

14 commenti:

  1. io non posso integrare in un movimento cattolico un musulmano, gli farei violenza, lo costringerei a negare la sua identità. Se io parlo con un musulmano lo devo rispettare come un altro uomo che è chiamato da Dio ad arrivare al Mistero attraverso la via che gli ha offerto quando è nato. A meno che non gli accada un avvenimento eccezionale per il quale comprenda che la via del cattolicesimo è la più vera, la più giusta.

    Scommettiamo che la platea s'infoia?

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  2. <p><span>«Se la bellezza è lo splendore dell’invisibile, del Mistero, una chiesa è bella quando in quel luogo ci si avvicina di più al Mistero. […]»</span>
    </p><p><span> </span>
    </p><p><span>Questa frase andrebbe citata obbligatoriamente in tutti gli incontri in cui si parla di ‘nuova estetica’.</span>
    </p><p><span> </span>
    </p><p><span>«Soprattutto io non gli devo fare “saltare” quel metodo, perché come salta quello salterà poi l’altro.»</span>
    </p><p><span> </span>
    </p><p><span>Su questa frase, invece, sono un po’ perplesso, come mi ha lasciato perplesso quanto detto da Don Giussani al ragazzo che chiedeva il battesimo. Per come è espressa la frase, pare si circoscriva l’incontro con Gesù Cristo ad un percorso prevalentemente razionale. Le conversioni non devono per forza seguire un itinerario di questo tipo, per quanto la ragione sia un potente sostegno alla conversione stessa. Personalmente non avrei avuto il coraggio di raffreddare l’ardore di una simile richiesta con questa motivazione. Sta di fatto che non sono un sacerdote e nemmeno come cattolico sono un granché, onde per cui …</span></p>

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  3. <p><span>- «Se la bellezza è lo splendore dell’invisibile, del Mistero, una chiesa è bella quando in quel luogo ci si avvicina di più al Mistero. […]»</span>
    </p><p><span></span>
    </p><p><span>Questa frase andrebbe citata obbligatoriamente in tutti gli incontri in cui si parla di ‘nuova estetica’.</span>
    </p><p><span></span>
    </p><p><span>- «Soprattutto io non gli devo fare “saltare” quel metodo, perché come salta quello salterà poi l’altro.»</span>
    </p><p><span></span>
    </p><p><span>Su questa frase, invece, sono un po’ perplesso, come mi ha lasciato perplesso quanto detto da Don Giussani al ragazzo che chiedeva il battesimo. Per come è espressa la frase, pare si circoscriva l’incontro con Gesù Cristo ad un percorso prevalentemente razionale. Le conversioni non devono per forza seguire un itinerario di questo tipo, per quanto la ragione sia un potente sostegno alla conversione stessa. Personalmente non avrei avuto il coraggio di raffreddare l’ardore di una simile richiesta con questa motivazione. Sta di fatto che non sono un sacerdote e nemmeno come cattolico sono un granché, onde per cui …</span></p>

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  4. "Nell'ortodossia c'è "SOLO" la questione del primato del Papa"...Hai detto niente! "Tu sei Pietro e su QUESTA pietra (cioè sul primato del Papa) io edificherò la MIA Chiesa! Non esistono altre valide chiese al di fuori di quella che Gesù ha fondato sulla roccia di Pietro, cioè proprio su quel primato papale che don Ventorino sembra considerare una quisquilia. Ma possibile che i sacerdoti moderni siano scaduti a tale livello di banalità e di pressapochismo?
    E poi ancora la vecchia tiritera che alle Messe del pre-concilio si assisteva soltanto... E' una scemenza grande come una casa, mente sapendo di mentire. Alla Messa di un tempo si partecipava allo stesso identico modo che alla Messa di oggi: si rispondeva quando c'era da rispondere e si cantava quando c'era da cantare!

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  5. Antonio Barluzzi Architetto tradizionale: nel secolo della modernità, ha saputo lavorare nell'ermeneutica della continuità della storia della archietettura della chiesa, mentre in Italia si costruivano le chiese moderne in cemento armato.... la sua biografia parla di famiglia  di architetti che per generazioni ha lavorato per il vaticano, muore nel '60; nel '64 Paolo VI chiama Nervi per costruire l'aula che porta il suo nome; l'Aula Nervi è stata la prima ad rimanere intitolata al suo autore più che alla sua dedicazione (Paolo VI!); e così oggi abbiamo la chiesa di Mayer, la chiesa di Piano, la chiesa di Fuksas i nostri nuovi santi architetti....

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  6. condivido questa perplessità. Un sacerdote cattolico avrebbe risposto alla richiesta del ragazzo incontrandolo altre volte per fargli approfondire la fede, verificandone l'adesione prima del Battesimo. La vedo come un'occasione mancata di un'anima che aveva davvero incontrato il Signore ed è come se il Signore si fosse sottratto: questo non mi corrisponde alla Persona di Cristo... 

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  7. questo teologo ciellino docente emerito ... celebra la messa tridentina o solo quella nuova ?

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  8. Gentile sig. Pacciani,
    condannare l'uso del cemento armato sic et simpliciter mi pare eccessivo. Sarebbe come se, che so, un architetto del XIII sec. si fosse messo a condannare il vieto modernismo dell'ogiva!
    Il problema non è, a mio avviso, quello dei materiali o delle soluzioni tecniche: sono solamente i presupposti, i ferri del mestiere. Il problema vero è quello di saperli utilizzare per esprimere compiutamente la "teologia" del luogo sacro. Altrimenti, nella migliore delle ipotesi, avremo delle mere glorificazioni dell'architetto e del committente. E su ciò sono perfettametne d'accordo su quello che scrive a proposito di Fuksas e Piano, su Meyer ci andrei più cauto.
    Le faccio notare che il problema è purtroppo antico e coninvolse persino un autentico genio come l'Alberti: Pio II si sdegnò di fronte alla chiesa riminese di s. Francesco divenuta un paganeggiante "tempio malatestiano" (il linguaggio è un delatore), il card. Gonzaga di fronte a s. Sebastiano a Mantova confessava che non capiva se si trattasse - testuale - di una chiesa, di una sinagoga o di una moschea! Anche le dispute tra la curia e gli archietetti circa la pianta del nuovo S. Pietro presenta episodi iscrivibili nell'insensibilità di alcuni architetti verso le ragioni della teologia liturgica.
    Circa l'aula Nervi-Paolo VI è giusto ricordare che non è un luogo di celebrazioni liturgiche e che complessivamente mi pare ben riuscita anche nel dialogo dell'interno con la scultura di P. Fazzini.

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  9. Purtroppo Cl, che pure resta insieme a Opus Dei e Legionari di Cristo l'unico movimento ecclesiale sostanzialmente sano e obbediente al Papa, patisce tuttavia una certa superficialità dottrinale e teologica. Il metodo di don Giussani è affascinante - il cristianesimo è un incontro, ed è bello, perchè corrisponde a quanto l'uomo più desidera nel profondo del suo cuore - ma dottrinalmente non sono molto affidabili, anche sull'ecumenismo Comunione e Liberazione ha parecchie falle. In un articolo del 14 luglio scorso sull'Osservatore Romano, mons. Carron parla di ''commovente fedeltà" di non so quale ebreo all'antica alleanza... Mi sono cadute le braccia. Se è commovente restare fedeli all'antica alleanza, Cristo cosa è venuto a fare? Concordo con Mic: quel ragazzo ebreo andava educato e accompagnato alla conversione, non aiutato a diventare un bravo ebreo!!!

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  10. Nelle stesse condizioni Dietrich von Hidelbrand disse ad un suo studente ebreo: "Camminerei fino ai confini della terra per farti cattolico". Quello studente divenne poi sacerdote certosino.
    Lo spessore morale dei due (von Hidelbrand  e Giussani) è evidentemente ben diverso...
    Riporto le parole complete delle moglie di Hildebrand che riferisce l'episodio:
    "Let me relate an incident that caused my husband grief. It was 1946, just after the war. My husband was teaching at Fordham, and there appeared in one of his classes a Jewish student who had been a naval officer during the war. He would eventually tell my husband about a particularly stunning sunset in the Pacific and how it had led him to the quest for the truth about God. He first went to Columbia to study philosophy, and he knew that this was not what he was looking for. A friend suggested he try philosophy at Fordham and mentioned the name Dietrich von Hildebrand. After just one class with my husband, he knew he had found what he was looking for.
    One day after class my husband and this student went for a walk. He told my husband during this time that he was surprised at the fact that several professors, after discovering he was Jewish, assured him that they would not try to convert him to Catholicism.
    My husband, stunned, stopped, turned to him and said, "They said what?!" He repeated the story and my husband told him, "I would walk to the ends of the earth to make you a Catholic." To make a long story short, the young man became a Catholic, was ordained a Carthusian priest, and went on to enter the only Charter House in the United States (in Vermont)!"

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  11. PS Il ragazzo era un suo allievo al liceo, quindi con un legame oggettivo con lui per lungo tempo... E' un po' come con una donna...se un ragazzo sta con una e s'innamora di un'altra, quest'ultima deve chiedere di andare al fondo con la prima per avere una decisione affettiva e razionale totale, se no il ragazzo non sarà mai affidabile!
    Ciao
    Flavio

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  12. Gentile giberti,
    purtroppo  del cemento armato non ne condanno sia la bontà tecnoclogica che i danni che all'identità della chiesa cattolica ha procurato:
    1) sul primo aspetto consideriamo che il cemeneto armato oltre ad non essere poco compatibile con le strutture murarie antiche (vedi crollo della basilica di Assisi dovuto all'impiego del c.a.) oltre a non essere restaurabile se non superficialmente ha il suo limite intrinseco di avere una durata strutturale di soli 100 anni (vedi tutti manuali di tecnica delle costruzioni: dopo questi infatti cemento e ferro non fanno più attrito causa una patina di ruggine che nel tempo si viene a formare e la struttura perde di reazione alle forze di trazione fino al collasso; fortunatamente a breve  dovremo sostituire tutte le chiese in C.A.); è un limite non accettabile per una chiesa come edificio e per la Chiesa cattolica che fonda la sua identità sulla permanenza bimillenaria  sulla testimonianza storica e non sulla provvisorietà dei suoi luoghi di culto
    2)A riguardo al danno procurato alla Chiesa Cattolica l'architettura modernista che ha cavalcato le capacità espressive del cemento armato ha partorito disastri nell'identità della architettura sacra realizzata nell'ermeneutica della discontinuità e del relativismo espressivo dell'autore di cui auspichiamo un'interruzione di metodo che tarda ad arrivare da Roma

    Nulla ho da eccepire sulla bella Aula Nervi e su tutte le strutture in cemento armato ben fatte e costruite nella consapevolezza della loro vita temporanea rispetto all'edilizia plurisecolare della tradizione che da sempre si costruiscono per durare al più a lungo possibile, per essere ampliate, restaurate, riadattate a nuove esigenze, ristilizzate ecc... (come dovrebbe essere una chiesa)

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  13. <span>Gentile giberti,  
    purtroppo per lei del cemento armato  ne condanno sia la bontà tecnoclogica che i danni che all'identità della Chiesa Cattolica ha procurato:  
    1) sul primo aspetto consideriamo che il cemeneto armato oltre ad non essere poco compatibile con le strutture murarie antiche (vedi crollo della basilica di Assisi dovuto all'impiego del c.a. unico edificio crollato in quel terremoto) oltre a non essere restaurabile, se non superficialmente, ha il suo limite intrinseco di avere una durata strutturale di soli 100 anni (vedi tutti manuali di tecnica delle costruzioni: dopo questi infatti cemento e ferro non fanno più attrito causa una patina di ruggine che nel tempo si viene a formare e la struttura perde di reazione alle forze di trazione fino al collasso; fortunatamente a breve  dovremo sostituire tutte le chiese in C.A.); è un limite non accettabile per una chiesa come edificio e per la Chiesa Cattolica che fonda la sua identità sulla permanenza bimillenaria  sulla testimonianza storica e non sulla provvisorietà dei suoi luoghi di culto  
    2)A riguardo al danno procurato alla Chiesa Cattolica, l'architettura modernista che ha cavalcato le capacità espressive del cemento armato ha partorito disastri nell'identità della architettura sacra, realizzata nell'ermeneutica della discontinuità e del relativismo espressivo dell'autore, (di cui auspichiamo un'interruzione di metodo che tarda ad arrivare da Roma) in cui faticano ad entrare oltre che i fedeli anceh Nostro Signore  
     
    Nulla ho da eccepire sulla bella Aula Nervi e su tutte le strutture in cemento armato ben fatte e costruite nella consapevolezza della loro vita temporanea rispetto all'edilizia plurisecolare della tradizione che da sempre si costruiscono per durare al più a lungo possibile, per essere ampliate, restaurate, riadattate a nuove esigenze, ristilizzate ecc... (come dovrebbe essere una chiesa)</span>

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  14. <span>Don Giussani gli ha detto: no, non ti battezzo perché tu finora non sei stato un buon ebreo, cioè non hai verificato fino in fondo la tradizione attraverso la quale Dio ti ha raggiunto. E come hai trattato la tua tradizione, tratteresti il cattolicesimo che mi chiedi, quindi prima comincia a prendere sul serio, a verificare la ragionevolezza che c’è nella tua tradizione, quando sarai in grado di paragonarla con quella che ti offro io allora sarà il momento semmai di decidere se chiedere il battesimo e passare al cattolicesimo.</span>
    MA CHE CUMULO DI SCIOCCHEZZE!
    Nelle parole di cui sopra, c'è pari pari l'eresia LATUDINARISTA. DIO raggiunge gli uomini solo nella Chiesa Cattolica. Un ebreo che vuole il battesimo, è le più grande gioia che può avere GESù. Il sogno di tanti missionari era quello di far giungere al bettesimo almeno un ebreo. Se l'annedoto di cui sopra è vero, DOVE STA ADESSO, DON GIUSSANI ne sta rendendo conto.

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