Post in evidenza

La Messa tradizionale nell’arte - SS. Ambrogio e Carlo a Roma #mtlnellarte #mtl

In prossimità della festa di S. Ambrogio, pubblichiamo questo quadro esposto nella  Basilica dei SS. Ambrogio e Carlo dei Lombardi, il 21 Lu...

mercoledì 19 ottobre 2011

Il Vescovo di Rimini e il Dio degli Eserciti




 
Due buone notizie che riguardano un vescovo italiano, mons. Francesco Lambiasi di Rimini. La prima la riferisce un bell'articolo apparso su La Voce il 12 ottobre scorso, che pubblichiamo col permesso dell'autore.
Enrico


SI RITORNA AL 'DIO DEGLI ESERCITI'


di Paolo Facciotto

Presto si tornerà ad invocare nella messa il "Dio degli eserciti": ha  accennato all'argomento con brevi ma significative parole il vescovo di Rimini  mons. Francesco Lambiasi, domenica sera in basilica cattedrale in apertura della settimana del santo patrono, nel suo discorso di introduzione alla Missa Pacis composta da Amintore Galli, che veniva eseguita dopo 92 anni di  oblio.

Lo spartito del musicista nativo di Talamello cui è dedicato il teatro di piazza Cavour, è costituito delle cinque 'parti fisse' che nelle messe solenni venivano cantate: Kyrie, Gloria, Credo, Sanctus e Agnus Dei.  Dopo la riforma liturgica postconciliare, con le traduzioni in lingua volgare, queste parti corrispondono all'invocazione del Signore pietà, alle preghiere del Gloria e del Credo, al Santo - che tuttoggi viene normalmente cantato - e all'Agnello di Dio.

Monsignor Lambiasi ha spiegato al pubblico presente - la cattedrale era gremita - il significato di questi cinque testi.  Parlando del Sanctus, ha ricordato l'incipit del testo - Sanctus Sanctus Sanctus Dominus Deus Sabaoth - che nella traduzione italiana postconciliare della CEI è stato reso con le parole "Santo il Signore Dio dell'universo". Ma la parola ebraica Sabaoth rimanda precisamente alle schiere, agli  eserciti: l'inizio di questo cantico che il profeta Isaia attesta di aver udito dagli angeli in una visione celeste, significa "Dio delle schiere angeliche", gli eserciti di pace che danno gloria al Creatore, e inoltre lottano contro il male. Per coincidenza, proprio domenica scorsa nella liturgia la prima lettura era un passo di Isaia che ricordava "Dominus exercituum", il Signore degli eserciti come diceva giustamente la traduzione italiana corrente.

Il vescovo Lambiasi ha detto che "si dovrà presto cambiare la traduzione per rendere più esattamente il testo originale" e ha poi sottolineato che il significato è appunto quello delle "schiere angeliche che sono preparate per noi" in cielo.

Il pur breve accenno fatto dal vescovo di Rimini è significativo, letto nel contesto attuale della Chiesa. Il Papa Benedetto XVI sta imprimendo, senza forzature né strappi, il passo di una "riforma della riforma", favorendo il ritorno alla tradizione a partire dal campo liturgico dove ogni singola parola ha importanza perché deve esprimere i contenuti esatti della fede.

Ecco perché il Papa ha sancito con un motu proprio nel 2007 la "piena cittadinanza" della messa tradizionale come "forma extraordinaria" della celebrazione eucaristica. Ed ecco perché quando celebra, Benedetto XVI predilige il testo latino della "nuova" messa, per la preghiera eucaristica ed altre parti.

Nel caso specifico del Sanctus, il testo ufficiale latino è identico sia nella "vecchia" che nella "nuova" messa. Si tratta di renderlo nel significato più vicino all'originale, quando lo si proclama o lo si canta nella versione in italiano. Ed è quello che stanno cominciando a pensare i vescovi italiani.
Paolo Facciotto

***

Ed ecco il secondo punto: un estratto della Lettera Pastorale intitolata "Giovani, dove sta la felicità?" da pochi giorni pubblicata dal Vescovo di Rimini, e segnalataci da un cortese lettore. A pag. 44 inizia il capitolo "La gioia di essere cristiani" e racconta del proprio battesimo:

Battezzati, cioè immersi nel Suo amore.
Nel mio portafoglio, insieme ai documenti, conservo anche il certificato di battesimo. Ovviamente non è per esibirlo come un passaporto, ma perché fa bene a me ricordare che sono stato battezzato e che da quel 28 settembre 1947 la mia vita è cambiata: quel giorno avvenne la mia seconda nascita, una nuova creazione.
Ricordo quando da piccolo mio padre mi accompagnava a vedere il fonte battesimale nella chiesa del mio paese. Mi raccontava come si era svolta la liturgia. Mi rispiegava il mio nome e il perché mi era stato messo. Certo, per ricordare qualche bisnonno e qualche zio, ma soprattutto per dirmi che Dio Padre mi aveva fatto suo figlio, che mi conosceva per nome, lo stesso di Francesco d’Assisi. Quindi io ero importante per Dio, se Lui non solo mi aveva dato la vita, ma mi riconosceva tra i miliardi di uomini con il mio nome proprio e mi chiamava a compiere una missione che, crescendo, avrei pian piano scoperto e, con il suo immancabile aiuto, realizzato. Il papà mi raccontava che, mentre mi veniva versata l’acqua sulla testa, il celebrante – mio zio sacerdote – mi aveva detto in latino: “Francisce, ego te baptizo in nomine Patris et Filii et Spiritus Sancti“. Queste furono le prime parole latine che mi rimasero come cicatrizzate nella memoria. Il babbo mi raccontava ancora che si era messo in un angolo a recitare per conto suo il Veni creator rigorosamente in un latino alquanto approssimativo, facendosi sentire da mia madre, che gli diceva sottovoce: “Ma perché preghi Dio in latino se non lo capisci!”. E lui, di botto: “L’importante è che mi capisca Lui!”.

20 commenti:

  1. Mi perdoni Lambiasi. Ma se Crociata e company ( seguendo la  tradizione   Betoriana   dopo i  disastrosi disegni sui lezionari) hanno stravolto il pater noster e il Gloria come pensa di tornare ad una corrretta traduzione del Sanctus? Per non parlare del "pro multis" di cui si ostinano  i nostri vescovi a tradurre "per tutti". Lambiasi, da retrocedere a posti dove non può far ulteriori danni.

    RispondiElimina
  2. ?!??!!!!???!!! Mi sono dato un pizzicotto e poi anche un ceffone per essere sicuro. Certo è un'omelia che non può che rallegrare. Che dire? A questo punto credo che nulla osti al ritorno della messa tradizionale domenicale in una chiesa del centro di Rimini. Ora è relegata in una chiesa introvabile e a pagamento. Evviva!

    RispondiElimina
  3. Chissà se sarebbe d'accordo don Marco Paleari, docente al seminario di Milano, recentemente impegnato nel suo blog a favore delle chierichetto e del dissenso nella Chiesa: http://www.seitreseiuno.net/Home/tabid/155/EntryId/2974/Sintonia.aspx

    RispondiElimina
  4. Amministratore Apostolico19 ottobre 2011 alle ore 10:16

    Noi ci congratuliamo con l'Ecc.mo Vescovo di Rimini, Presule degnissimamente devoto, che in diverse occasioni ha rivolto le sue pastorali cure , anche con opportune e paterne visite, ai fedeli della sua diocesi che da diversi decenni celebrano la Santa Messa nel rito attualmente definito straordinario.
    A lode e gloria di Dio onnipotente.

    RispondiElimina
  5. Mi sbagliavo: non c'è proprio nulla da ridere; è un problema sanitario.

    RispondiElimina
  6. Delle battute che non hannno nulla di cristiano e di cattolico non sappiamo cosa farcene : sentire cum Ecclesia !
    Prima o poi vi convertirete ...

    RispondiElimina
  7. Lei è un inutile insolente: se voi conoscete il mitrato in oggetto non parlereste così. I suoi fervorini devoti li tenga per se o li indirizzi alle beghine con cui impegna il suo tempo.

    RispondiElimina
  8. NOn capisco Ospite che cosa intenda per sentire "cum Ecclesia". Mi pare che i vescovi  obbligano sacerdoti e laici ad una cieca obedienza al "lor" magistero. ma della loro di subbidienza e comunione con il papa  non fanno cenno.

    Ancora , un sacerdote che è stato ripreso "con maniere forti" dal suo vescovo perchè  ha preferito dare la comunione in bocca anzicchè sulle mani.

    Mi pare che quell'indulto fu votato , approfittando delle disastrose condizioni di salute di alcuni presuli che non poterono presentarsi al  consueto consiglio della CEI e che erano nel 1988/1989  contrari alla distribuzione della comunione  sulle mani .
    Se questo è intendere cum Ecclesia ...caro ospite  noi tutti  siamo pazzi!    La Cei è ormai come il dramma di B. Brecht . "Gli uomini dalla testa a punta" lo vada a leggere. Fu messo a morte l'unico che ancora ragionando con la propria testa ammetteva che gli uomini erano provvisti di teste  dalla forma rotonda , contro una massa inerme e mummificata che pretendeva di dire dopo milioni di anni che l'uomo possedeva  la testa a punta.
    E' la stessa cosa di quello che hanno fatto con intere genrazioni di cattolici. fa r credere che la Chiesa è nata nel 1965 ( fine del CVII) e che tutto quello che vi è prima o meglio nel secondo millenio è da buttare. 

    RispondiElimina
  9. <span> La Cei è ormai come il dramma di B. Brecht </span>

    Al momento di marciare molti non sanno
    che alla loro testa marcia il nemico.
    La voce che li comanda
    è la voce del loro nemico.
    E chi parla del nemico
    è lui stesso il nemico.

    RispondiElimina
  10. <span><span> La Cei è ormai come il dramma di B. Brecht </span>  
     
    Al momento di marciare molti non sanno  
    che alla loro testa [talvolta] marcia il nemico.  
    La voce che li comanda  
    è la voce del loro nemico.  
    E chi parla del nemico  
    è lui stesso il nemico.</span>

    RispondiElimina
  11. "Si dovrà presto cambiare la traduzione"...
    Mons. Lambiasi parlava a titolo personale e Paolo Facciotto ha capito quello che ha creduto di capire.
    Del resto quando il presule celebra il Vetus Ordo per i suoi diocesani, lo fa con ogni evidenza solo affinché quelli non scappino dai lefebvriani. Infatti celebra con tanto fervore, acribia e competenza, che un turco al suo posto non saprebbe fare di meglio.
    Provare per credere.
    Concludendo: Molto rumore per nulla. L'articolo va cestinato.

    RispondiElimina
  12. Il "mitrato" di cui lei parla con tanto disprezzo lo conosco benissimo, forse meglio di lei, ed è uno dei vescovi migliori di tutta Italia!

    RispondiElimina
  13. i vescovi hanno la testa a punte, la mitra, che continua il vuoto

    RispondiElimina
  14. De gustibus ..... Ribadisco il concetto: Lambiasi (filo)tradizionalista è tesi risibile oppure da neurodeliri; per il resto parla la floridità della diocesi sotto il segno del suo episcopato. Ma forse l'ospite soprastante è in organico alla nunziatura in Italia: le iperboli fanno parte della campagna elettorale.

    RispondiElimina
  15. Caro Martelli, non sono affatto organico alla nunziatura d'Italia...piuttosto lei sembra molto organico a Mons. Williamson visti i suoi ragionamenti su Lambiasi. Potrebbe starsene in compagnia di quell'eccellentissimo Williamson a farneticare!

    RispondiElimina
  16. Adesso le risate sono d'obbligo.

    RispondiElimina
  17. Ha ragione, ma mi sono sbagliato di poco, essendo in organico in curia; appartiene alla cordata?

    RispondiElimina
  18. Si vede proprio che farnetica... non so a quali curie o cordate si riferisce. Probabilmente è lei che se ne intende bene.... non saprei dire se mi fa pena o mi fa ridere

    RispondiElimina
  19. Non può che rallegrarmi il fatto che, infine, alla risata sia giunto anche lei.

    RispondiElimina