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La Messa proteiforme: a modest proposal. Risposta e proposta al Prof. Grillo

Il Prof. Grillo ha voluto gentilmente confrontarsi (v. qui ) con il nostro commento critico alla sua intervista (in cui, lo ricordiamo, el...

lunedì 1 luglio 2024

La Messa proteiforme: a modest proposal. Risposta e proposta al Prof. Grillo

Il Prof. Grillo ha voluto gentilmente confrontarsi (v.
qui) con il nostro commento critico alla sua intervista (in cui, lo ricordiamo, elencava le ragioni per cui a suo dire la Messa antica dev'essere del tutto abolita) e occorre riconoscere in limine che i suoi argomenti, che avevamo definito labili ed illogici, sono stati ora approfonditi e meglio chiariti.

In sostanza, sostiene il Prof. Grillo che è errata la nostra tesi che equipara, come già fece Benedetto XVI, il sacro rispetto di una forma liturgica anteriore con quello per i dogmi: mentre infatti questi ultimi sono immutabili e definiti una volta per sempre, la liturgia evolve nelle sue forme.

E tali forme – è l'altro punto essenziale del discorso di Grillo – in quanto diverse nel tempo e diacronicamente sovrapposte, non possono coesistere allo stesso tempo: la forma rituale successiva deve sostituire totalmente quella anteriore.

Ebbene: sul primo punto non ha torto il Prof. Grillo a sostenere che la liturgia non è definita in modo statico e immutabile come il dogma, ma evolve. Tuttavia, allorché abbiamo difeso l'idea ratzingeriana secondo cui è incoerente e contraddittorio svilire e vietare quanto era sacro per le generazioni anteriori, ci siamo riferiti alla veemenza con cui il nuovo rito ha preteso di rappresentare una palingenesi radicale della liturgia: mai si era visto un mutamento così notevole (altro che l'aggiunta del Padre Nostro ai tempi di papa Cipriano!) e soprattutto mai si erano sentiti toni così sprezzanti per tutto quello che si era devotamente fatto fino a quel momento. Sono le invettive e persecuzioni dei novatori che hanno rappresentato il punto di rottura che ha implicato la violazione del principio di non contraddizione, per cui quanto era sacro prima non può diventare, dopo, oggetto di disprezzo e contumelia.

[Per inciso: parlando di dogmi, il Prof. Grillo nega valore definitivo al divieto di ordinazione femminile; così facendo, dimostra ancora una volta che i tradizionalisti (che saranno pure ribelli, ma non negano i fondamenti della Fede) sono più in comunione con Roma di tanti altri (vedasi Ordinatio sacerdotalis di Giovanni Paolo II, n. 4 : “dichiaro che la Chiesa non ha in alcun modo la facoltà di conferire alle donne l'ordinazione sacerdotale e che questa sentenza deve essere tenuta in modo definitivo da tutti i fedeli della Chiesa”; carattere infallibile ribadito qui)].

Ma il maggior tallone d'Achille del ragionamento di Grillo è che una riforma integrale del Messale debba necessariamente abrogare per sostituzione il precedente. Insomma: Grillo la butta qui sul giuridico, ma casca male visto che noi siamo un 'club di avvocati e notai', come dice lui.

La tesi di Grillo è un concetto valido per la legislazione civile, è vero (lex posterior derogat priori); ma la liturgia non ha la stessa natura di un testo giuridico e, per giunta, il diritto canonico stesso, ossia la legge della Chiesa, contiene due principi fondamentali che smontano l'assunto. Il primo si rinviene nei canoni da 23 a 28 del

 codice di diritto canonico, che ammette la consuetudine anche se contra legem e specialmente quella osservata da più di trent'anni. Ma soprattutto, la norma essenziale è l'ultimo canone del codice (can. 1752): salus animarum suprema lex. Ossia: quel che serve per la salvezza delle anime passa davanti a tutto e quindi non c'è ostacolo giuridico di sorta alla convivenza di due distinte forme dell'unico rito, se e in quanto ciò serva al bene delle singole anime.


E qualcuno vorrà seriamente contestare che la spiritualità di un numero rilevante e crescente di cristiani, e di molti sacerdoti, si nutre dell'antica liturgia e non potrebbe adattarsi al nuovo rito se non con eroica sofferenza e rischio concreto di apostasia? La stessa apostasia che non a caso molti cattolici, esposti ai 'venti dello spirito conciliare' senza il salvagente della Messa di sempre, purtroppo sperimentano abbandonando la Fede, in questo inverno postconciliare che già Paolo VI deplorava nei suoi primi effetti e che, dopo 50 anni, è diventato a tal punto una cancrena, da rendere risibili le contestazioni di Grillo circa il fatto che si tratterebbe di una sorta di temporanea doglia che partorirà il sol dell'avvenire (riportiamo le sue allucinanti parole: "
la “carestia di seminaristi” e “fuga dei giovani” non è solo un dato negativo: è il segno di un travaglio necessario all’intera Chiesa").

Il Prof. Grillo scrive anche: "quando dico, da 17 anni, che l’unico modo per rimediare ai problemi è un “unico tavolo” intendo dire che si può discutere solo del rito vigente, non di quello che è stato riformato perché inadeguato. [..] Quello che chiamo “unico tavolo” è il legittimo interesse, di tutte le componenti della Chiesa, di celebrare l’unico rito romano con le loro attenzioni differenziate per la lingua, per la musica, per i paramenti, in sostanza per la “forma”. Con il Rito di Paolo VI si può fare. Non si può fare con il rito di Pio V. Chi vuole il pluralismo ha la forma rituale disponibile. Un’unica forma che contiene in se tante diverse possibilità, e non due forme in conflitto a causa della loro storia"

Molto bene, prendiamo alla lettera queste parole e sfidiamo il Prof. Grillo ad essere coerente con gli stessi concetti che ha espresso. Ci ricorda che il rito di Paolo VI è duttile e consente "attenzioni differenziate per lingua, musica e paramenti" e "tante diverse possibilità". Noi diremmo che è perfino proteiforme: come il mitico Proteo, può assumere le più varie sembianze ed apparenze, al punto che oggi certe messe sono più un happening che un rito predeterminato.

E allora: smettiamo pure di distinguere forma ordinaria e straordinaria, diciamo che è tutto ordinario e lavoriamo insieme ad "un unico tavolo", come Grillo propone, in nome di quel pluralismo ch'egli ritiene un vantaggio del nuovo rito ("Chi vuole il pluralismo ha la forma rituale disponibile").

Questa è dunque la nostra domanda e una nostra modesta proposta che, a differenza della feroce satira di Johnathan Swift (il quale, per alleviare la carestia nell'Irlanda del Settecento, proponeva sarcasticamente di mangiare i figli dei 'papisti'), non è nemmeno troppo paradossale: accetterebbe il Prof. Grillo di farsi promotore di una riforma del messale postconciliare, in modo da renderlo compatibile con una celebrazione (facoltativa, secondo la sensibilità pastorale del sacerdote rispetto ai suoi parrocchiani, ma universalmente consentita) che venga incontro alle esigenze spirituali dei fedeli più tradizionali, quelli che oggi i vertici della Chiesa (e Grillo con loro) discriminano e perseguitano?

Spieghiamoci meglio: già oggi, a messale novus ordo vigente, è possibile tra le molte alternative optare accortamente per:

  • celebrazione tutta ed esclusivamente in latino (perfino le letture; cosa che, pure nel rito straordinario, si tende peraltro ad evitare);

  • 'spalle al popolo' (d'altronde, il testo conciliare sulla liturgia Sacrosanctum concilium non ha mai nemmeno ipotizzato di 'girare gli altari'; oltre a statuire: “il latino sia conservato”);

  • graduale e alleluja (o tratto) al posto del salmo responsoriale;

  • assenza di seconda lettura nei feriali;

  • prefazi tradizionali, specie quello della Trinità;

  • canone romano;

  • le burocratiche preghiere dei fedeli e le strette di mano tra fedeli si possono legittimamente tralasciare;

  • la comunione in bocca e in ginocchio è ancora consentita;

  • idem l'uso del manipolo (che omitti potest, dicono le rubriche: potest, non debet)

Pertanto, basterebbe qualche aggiunta chirurgica nel messale di Paolo VI, con alcune opzioni in più tra le decine e decine a disposizione, per far pressoché coincidere l'ordinario della Messa attuale con quello preconciliare: consentire facoltativamente le preghiere ai piedi dell'altare prima dell'inizio della Messa (cosa che invero, essendo appunto prima dell'inizio, probabilmente è già lecita a legislazione attuale); introdurre l'offertorio tradizionale come alternativo a quello 'della Coldiretti' (quello cioè col pane e vino “frutto della terra, della vite e del lavoro dell'uomo”); consentire l'ultimo Vangelo e le preci leonine (e anche queste, essendo dopo la fine, probabilmente sono già lecite ora).

Certo, coordinare (ma non necessariamente uniformare) il proprio, le letture e il calendario sarebbe più impegnativo, ma certo non impossibile.

Grillo preconizza una Messa, asseritamente sempre uguale a se stessa ma "che occorre far entrare in stili celebrativi nuovi, in cui non ci sia un celebrante e la congregazione di fronte a lui, ma vi sia una assemblea che celebra, con ministri e una presidenza. Qui possiamo tutti provare a trovare la “messa di sempre” purché non vogliamo “tagliare via” la storia e rifugiarci a “prima del 1963"

Ebbene: insieme a questi divisati 'stili celebrativi nuovi' con i loro presidenti (o presidentesse?), ministri e sottosegretari assortiti, potrebbe secondo Grillo trovare il suo spazio anche il rito tridentino? Che cosa dunque lo impedirebbe, a parte il mero fatto di non essere 'nuovo', se non nel senso di essere un po' diverso dallo standard (peraltro mutevole e polimorfo, si è detto) del rito attuale?

Superfluo anticipare che ci aspettiamo una risposta negativa, con le più speciose argomentazioni, oppure uno sdegnoso silenzio; ma almeno avremo dimostrato l'ipocrisia di un discorso che, pur ammantato di parole di progresso, adattamento, pastoralità e libertà, è invece accecato dall'odio preconcetto verso qualcosa che testimonia, di riflesso, il fallimento di quanto s'è fatto negli ultimi cinquant'anni (un periodo sufficiente per valutare i risultati, ci pare), e non sa teorizzare altro che divieti e sopressioni, paradossalmente proprio in nome della libertà, del pluralismo e dell'attenzione alle sensibilità variegate dei fedeli.

Quest'attitudine ipocrita di vietare qualcosa in nome della pastorale e della libertà (che invece è l'opposto dei divieti di un Traditionis custodes, ad esempio), ci ricorda inevitabilmente Saint-Just, il teorico del Terrore, col suo famoso motto Nessuna libertà per i nemici della libertà; ma anche lo slogan del Socing (il partito unico totalitario in 1984 di Orwell): la libertà è schiavitù!

Enrico


Avviso tecnico ai lettori: normalmente i commenti vengono moderati mediante controllo preventivo ma, data l'importanza del tema, vogliamo oggi consentire una più diretta possibilità di dire la propria (e di rispondere ad altri commenti), con un controllo soltanto a posteriori. Raccomandiamo quindi rispetto reciproco e, pur nel sacrosanto dissenso delle opionioni, un tono nell'esprimerle consono alla sacertà del tema liturgico.

11 commenti:

  1. Per i novatori, rinunciare alla "dea Pastorale" in nome della quale il male è divenuto bene e il vero è divenuto non opportuno? Speriamo

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  2. Cari redattori di MiL, la mia opinione è che stiate giocando (e un po' bluffando) sul terreno dell'avversario. 1 perché la Messa-canovaccio, modificabile a piacere, è esattamente ciò che abbiamo già. 2 perché il vostro discorso concerne la liturgia per la liturgia, che ai cattolici non interessa: la restaurazionea della Chiesa sarà un ritorno alla dottrina di semore, e solo di conseguenza alla liturgia normale e autentica cioè ai riti tradizionali della Chiesa, nati dai secoli e non (con un'eccezione, il rito domenicano) dai "tavoli comuni" ; 3 perché la vostra proposta è inattuabile a livello di clero: l'assenza di una normatività cogente, che scaturisce dalla "opzionite" liturgica che voi vorreste solo integrare con un'opzione in più (l'opzione Brompton, diciamo) rende fin dal seminario i chierici incapaci di obbedienza alle leggi liturgiche, cosa che si nota perlopiù tragicamente nei preti diocesani che si provano a dire la Messa antica.

    Questi discorsi (quelli del dottor Grillo e, in questo caso, anche i vostri che si muovono sul suo stesso piano) non hanno alcun interesse. L'intervista e la persona di Grillo hanno riscosso già fin troppo immotivata attenzione, il mio schietto suggerimento è di chiudere "l'unico tavolo" con i modernisti (che non esisterà mai) e tornare a parlare di religione cattolica.

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  3. In effetti, la proposta non è così indecente o peregrina. Nei paesi anglosassoni si parla di "Reverent Novus Ordo", ed è all'incirca coerente con ciò che è proposto nell'articolo. Ad esempio la sostituzione del Salmo Responsoriale con il graduale è sempre permessa in realtà, stando alle norme del più negletto (purtroppo) dei libri liturgici della riforma, ovvero il Graduale Romanum del 1973...
    Un sacerdote di sensibilità tradizionale (ed un minimo di cultura storica liturgica ed apertura mentale) può facilmente celebrare con il nuovo messale in maniera coerente con la tradizione! Forse dovrà "interpretare" qualche rubrica... ma a confronto degli abusi liturgici che si vedono ogni giorno e allo squallore medio delle celebrazioni, tale "interpretazione" non sarà certo un peccato.
    Un Sacerdote Reverente.

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    1. Chissà se sono veri tutti questi che si qualificano come sacerdoti.

      Io non so lei, ma di sacerdoti “irriverenti” non ne ho mai incontrati, se non nel corpus di storie propinate dai tradizionalisti.

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  4. Carissimi Enrico e Luigi,
    lo spazio commenti, in generale, obbliga all'estrema concisione con l'ovvia conseguenza di dover far a meno delle dovute sfumature assolutamente necessarie quando trattasi di soggetti che necessitano bel altra sofisticazione. Me ne scuso di avanzo.
    Onestamente, fino a metà 2021 cioè ancora durante l'era S.P., sarei stato intellettualmente interessato e estremamente motivato dalla vostra proposta come essendo una via in linea con l'intenzione di Papa Benedetto XVI e dei Papi a lui precedenti.
    Altrettanto onestamente dobbiamo riconoscere che con la pubblicazione di T.C. questo percorso non è più udibile né percorribile: come ben ha notato P. Lanzetta, T.C. segna una cesura formale tra il messale paolino e la liturgia cattolica autentica.
    Mentre prima di TC, nella mens di tutti i papi, vi era presupposta a priori una continuità organica perlomeno diacronica tra il nuovo messale ed i suoi predecessori sui piani della Fede (dottrina, lex credendi) e della Carità (azione liturgica, lex orandi) che ne fondava e giustificava la legittimità (la Chiesa non può essere ontologicamente in contraddizione con Se Stessa), dopo luglio 2021 e T.C. il messale paolino`stato formalmente dichiarato una realtà a se stante con una pontificia perfettamente assunta soluzione di continuità con il Rito Romano Autentico.
    Non solo, ma mentre per decenni i Sommi Pontefici si sono sempre sforzati di garantire che tale soluzione di continuità non si verifichi per garantire un'armonia tra la lex orandi e la lex credendi, il Sommo Pontefice attuale ha dichiarato proprio nell'Art.1 di T.C. che la sola lex orandi è ormai quella dei libri di Paolo VI e che, oramai, è la lex credendi ad essa connessa che vi esprime la nuova bussola della fede di chi la segue e celebra. Cioè non è più la Fede e la Carità che ci sono state trasmesse in modo incarnato, cioè storico da duemila anni, che fondano la liturgia e la dottrina della Chiesa, ma il nuovo messale, creato in modo astratto, a tavolino, che, tale novella pietra di paragone, giudica della bontà o no della Fede e della Carità tramandataci con la Tradizione incarnata dal Corpo di Cristo lungo i secoli.
    La teologia espressa dalla messa paolina secondo la mens di Papa Francesco in T.C. è dunque una teologia che non vuole, né ormai può più sul piano formale, esprimere la Fede e la Carità di duemila anni di ininterrotto cattolicesimo.
    La realtà è che chi celebra la messa secondo il rito paolino nello spirito della T.C. di Papa Francesco si distacca materialiter, ma sicuramente, dalla Fede della Sola e Unica Chiesa Cattolica che ci è stata trasmessa dal Cristo e dai tempi degli Apostoli: ed infatti basta vedere tutte le dottrine eretiche sul piano materiale e a volte formale, alcune volte addirittura apostatiche che professano i chierici "maistream" che celebrano tale messa e questo fino ai più altri scranni.
    Ecco, perché, in due parole, non penso che la vostra proposta non sia ricevibile né dai Prof Grillo di turno, né da chi vive intimamente e profondamente della Fede cattolica nella Sua autenticità e Incarnazione storica: in realtà non siamo neanche più sicuri che il messale paolino, almeno formalmente, veicoli la Fede cattolica autenticamente e non è perché si creerebbe l'ennesima versione del poliedrico rito paolin che questa versione esprimerebbe la lex credendi della Chiesa cattolica. Almeno non finché tale T.C. non sia formalmente abrogata, riconosciuta come avente uno spirito scismatico e finché non si reintegrerà il messale paolino nella continuità della Santa Tradizione.
    Grazie per avermi permesso di esprimermi.
    In Pace

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  5. Ritengo personalmente che lo spazio dato agli sproloqui di Grillo sia stato eccessivo: è sufficiente scrivere il suo nome seguito da : e poi la precisazione che la Chiesa Cattolica è altro rispetto alle sue asserzioni. C’è il vuoto assoluto di fede in ciò che dice e insegna. Spero che non abbiano a trascorrere ancora molti anni per il suo pensionamento. Almeno smetteremo come Cattolici di pagargli lo stipendio mentre ci smantella la Chiesa Cattolica.

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  6. Occorre fare alcune sottolineature .

    Quando San Pio V in Quo Primum Tempore stabili che la cosiddetta Messa tridentina erroneamente detta di San Pio V diventava norma universale e perpetua , San Pio V non ha inventato affatto una nuova Messa apposta per il Concilio di Trento , ma ha semplicemente normalizzato la Messa romana che datava da 1300 anni.
    (piccolo particolare il dr. Grillo , oltretutto un laico, va apertamente contro una decisione irrevocabile di un Papa , indi per cui le sue sono opinioni personali tanto apprezzabili quanto discutibili ) .

    All'epoca il mondo europeo pullulava di riti , nessuno dei quali approvati ufficialmente da un Papa , per cui San Pio V abolendo i riti datanti da meno di 200 anni non andava contro le decisioni di nessun Papa precedente .

    Al contrario il 16 luglio prossimo si presenta un caso di una gravità assoluta non solo per il rito ,ma per la fede ,perché a questo punto verrà decretato che anche i pronunziamenti in materia di fede dei Papi precedenti possono essere messi in discussione .
    Sembra che (" coerentemente " con Traditionis Custodes) , si voglia spostare l'inizio della Tradizione Cattolica al Concilio Vaticano II.

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  7. PS

    Oltretutto se è vero che San Pio V non ha inventato nessuna Messa ad hoc per il Concilio di Trento (errore chiamarla tridentina,ecco perché la si definisce meglio chiamandola " Messa di sempre") , anche San Paolo VI ha introdotto una nuova Messa che non ha inventato, e non era nuova ,perché la struttura liturgica della Messa attuale è la fotocopia della Messa anglicana della Chiesa Alta del vescovo Cramer ,del 1540.

    Infatti San Paolo VI chiamo' consulenti anglicani per attuare la Riforma Liturgica.


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  8. PS

    La Messa attuale ha la struttura della Messa anglicana di Cramer .

    Che a sua volta prendeva dal rito luterano integrandolo con elementi cattolici .

    Ad esempio la frase che oggi
    si dice dopo la Consacrazione : annunciamo la Tua morte Signore ecc..

    Vero che è di San Paolo ,ma questo non significa niente .

    Nella Messa tradizionale dopo la Consacrazione c' è silenzio come in tutte le liturgie orientali che sono le più antiche .

    Perché San Paolo ha detto quella
    frase ? Perché i cristiani scambiavano la Eucaristia per una cena qualsiasi.

    Ma la Chiesa già allora intervenne ed eliminò la cena conviviale , conservando la parte strettamente sacramentale della Eucarestia.

    Quindi non c' era più equivoco e la frase di San Paolo era diventata inutile a quel punto, non serviva più quel richiamo dell'apostolo .

    Ora, fu Lutero che la reintrodusse nella sua messa, perché non credeva nella Transustanziazione, e c'era quindi bisogno di un richiamo come per i primi cristiani che confondevano cena e sacramento .

    Il fatto che in una Messa cattolica oggi si ripeta quella frase è come ammettere che la struttura della messa, non implica più la fede più nella Transustanziazione e c'è bisogno di un richiamo moraleggiante lcome nelle liturgie protestanti.

    .

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  9. Perché il Padre Nostro è dopo la Consacrazione ?

    Nel Vangelo è prima dell' Ultima Cena.

    Perché Dio Padre andava placato per il peccato della umanità che aveva rotto il rapporto con lui ,
    e solo il sacrificio del Figlio ha permesso che noi potessimo ancora rivolgerci a lui col nome di Padre .

    Abolire l'idea di Messa come sacrificio rende illogico mettere il Padre Nostro dopo la Consacrazione.

    Ma la Messa non è la rappresentazione teatrale dell'ultima Cena né degli episodi del Vangelo .


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  10. Prima del Padre Nostro nella Messa in latino tradizionale si dice "divina institutione formati " che è ben diverso dal dire .." formati ai tuoi divini insegnamenti".

    In latino institutio è un contesto educativo fatto di persone in carne ed ossa, implica un rapporto educativo personale , come tra insegnante e alunni (in francese ancora oggi instituteur significa maestro elementare).

    Che è il concetto cattolico di Chiesa come "compagnia che guida alla fede"', uno non impara la fede da solo ,ma solo attraverso una trasmissione diretta e personale , la tradizione.

    Invece gli insegnamenti uno puo' procurarseli da solo , come le lauree online, e apprende gli insegnamenti da solo leggendosi da solo la Bibbia , e le Scritture : è sistema protestante della interpretazione individuale della sola scrittura , ben diverso dal concetto cattolico di institutio.


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