Andrea Tornielli ha appena pubblicato una biografia sul Papa Paolo VI. Non l'abbiamo ancora letta, ma abbiamo visto alcune recensioni. La prima, dell'Eco di Bergamo (riportata dal Papa Ratzinger blog) è uno zuccheroso panegirico di aneddoti edificanti (e insignificanti), roba da bollettino di parrocchietta, che fa passare la voglia di leggere il libro di Tornielli per tema di non trovarvi altro che quello. Ma per fortuna (di Tornielli...) ci pensa Rodari a render la cosa interessante e a concentrarsi sulle cose più importanti e serie, ossia sulla valutazione del Pontefice come figura tragica nella tormenta della storia. Tragica, come l'Amleto cui spesse volte, a torto o ragione, egli è stato avvicinato. Tragica come la giornata di nubi e tempeste di cui egli stesso si avvide. E tragica come gli avvenimenti che in quegli anni posero fine all'Europa cristiana. Da segnalare anche un articolo di Galezzi su La Stampa (leggibile, grazie alla segnalazione dell'enciclopedico Papa Ratzinger blog, qui), che del libro di Tornielli riferisce i documenti attestanti che ci fu (anche) Montini dietro la scelta del Concilio di non condannare il comunismo: qualcosa che, ne siamo certi, un giorno verrà rimproverata alla Chiesa al pari dei "silenzi" di Pio XII sul nazismo. Quale la vostra opinione su Papa Paolo VI? La nostra, nel complesso, non è negativa (leggetela qui), pur riconoscendo suoi gravissimi errori (come aver scelto pessimi collaboratori o aver creduto di poter salvare l'integrità della fede, facendo in cambio concessioni pesantissime in materia liturgica, dimentico che nel lungo periodo la lex orandi incide sulla lex credendi). Ma ecco quanto scrive Rodari; poi, in calce, un estratto dell'articolo di Galeazzi.
29 giugno 1972. Omelia nella festa dei santi Pietro e Paolo: «Ho la sensazione che da qualche fessura sia entrato il fumo di Satana nel tempio di Dio. C’è il dubbio, l’incertezza, la problematica, l’inquietudine, l’insoddisfazione, il confronto. Non ci si fida della Chiesa… Si credeva che dopo il Concilio sarebbe venuta una giornata di sole per la storia della Chiesa. È venuta invece una giornata di nuvole, di tempesta, di buio, di ricerca, di incertezza… Crediamo in qualche cosa di preternaturale (il Diavolo) venuto nel mondo proprio a turbare, per soffocare, i frutti del Concilio Ecumenico e per impedire che la Chiesa prorompesse nell’inno di gioia di aver riavuto in pienezza la coscienza di sé».
15 novembre 1972. Udienza generale: «Uno dei bisogni maggiori della Chiesa è la difesa da quel male che chiamiamo Demonio. Terribile realtà. Misteriosa e paurosa… Esce dal quadro dell’insegnamento biblico ed ecclesiastico chi si rifiuta di riconoscerla esistente… È il nemico numero uno, è il tentatore per eccellenza. Sappiamo che questo essere oscuro e conturbante esiste davvero e con proditoria astuzia agisce ancora: è il nemico occulto che semina errori e sventure nella storia umana».
3 febbraio 1977. Udienza generale: «Non è meraviglia se la Scrittura acerbamente ci ammonisce che “tutto il mondo giace sotto il potere del Maligno”».
Siamo agli sgoccioli del pontificato di Paolo VI. Papa Giovanni Battista Montini ripete, quasi ossessivamente, un solo concetto: la Chiesa è sotto l’attacco di Satana, il tentatore, un essere oscuro realmente esistente. Parole, quelle di Montini, ricordate in uno degli ultimi capitoli d’una biografia in uscita per Mondadori (Le Scie) e firmata dal vaticanista del Giornale Andrea Tornielli: Paolo VI. L’audacia di un papa (pp.728, euro 28). Una biografia basata su documenti inediti scovati in archivi ancora non esplorati. Una biografia che in uno dei suoi punti più avvincenti, proprio di Satana tratta. O meglio, del perché il successore del popolarissimo Giovanni XXIII e insieme predecessore del grande Giovanni Paolo II, Paolo VI appunto - «Paolo mesto», «Papa amletico», come lo ribattezzarono - si trovò a parlare più volte del Diavolo, avvertendone la presenza nel marasma post conciliare.
Perché questo continuo riferirsi a Satana? Tutto iniziò il 21 maggio 1972. Un episodio grave: un geologo australiano di origini ungheresi, instabile di mente, Laszlo Toth, dopo aver eluso la sorveglianza si arrampica sulla Pietà di Michelangelo e la sfigura con quindici colpi. La Pietà subisce danni seri ma non irreparabili. Montini, tuttavia, è sconvolto. Percepisce l’attentato come un segno, un presagio. Fu da quel mese di maggio che cominciò a parlare della presenza di Satana nella Chiesa.
Ne parlò anche in colloqui privati. Utili per capire come, al di là dell’episodio della Pietà, quando parlava del demonio Montini pensasse a fatti precisi, a circostanze concrete che la sua Chiesa stava attraversando nel difficilissimo periodo dell’immediato post Concilio.
Anzitutto la crisi dei preti: in molti abbandonavano l’abito: «Satana agisce - disse al vescovo Bernardo Citterio -. Non è possibile arrivare a tanta malvagità senza l’influsso di una forza pre[ter]naturale che insidia l’uomo e lo rovina».
Quindi il problema degli abusi liturgici: «Parlando di Satana - rivelò il cardinale Virgilio Noè - Montini pensava a tutti quei preti che della santa messa facevano paglia in nome della creatività»: persone «possedute da vanagloria e dalla superbia del Maligno».
Fu alla fine del 1975 che Paolo VI prese una decisione clamorosa. Rimosse - senza promuoverlo - uno dei protagonisti della riforma liturgica del post Concilio: l’arcivescovo Annibale Bugnini, spostato dalla curia romana direttamente in Iran, come pro nunzio. Allontanato senza preavviso. Bugnini si convinse che venne spostato a motivo di una vera e propria congiura imbastita su documenti che riportavano una sua presunta appartenenza massonica. Era un momento particolare per la curia romana: lotte sotterranee, combattute a suon di dossier, si sprecavano. Ma, a conti fatti, Bugnini non comprese il vero motivo dell’allontanamento: non tanto il contenuto del dossier, quanto, come disse l’allora segretario di Stato Jean-Marie Villot, il fatto «che nella riforma liturgica alcune cose vennero nascoste al Papa».
Erano anni difficili. Il Satana di Montini sembrava davvero presente un po’ ovunque: preti in aperto contrasto con la Chiesa e il Papa. Una riforma liturgica che lo stesso Paolo VI non riuscì a gestire come probabilmente avrebbe voluto. Il referendum abrogativo della legge sul divorzio che lacerò il mondo cattolico: Montini si accorse d’incanto della massiccia secolarizzazione in atto. La rottura con l’arcivescovo tradizionalista Marcel Lefebvre. La sospensione a divinis dell’abate di San Paolo fuori le Mura, Giovanni Franzoni. Le accuse al Papa d’aver avuto una relazione con l’attore teatrale Paolo Carlini mosse dallo scrittore omosessuale francese Roger Peyrefitte. E poi le voci intorno alle possibili dimissioni proprio del Pontefice. Lo stesso Paolo VI, nel 1976, «meditò seriamente di dimettersi», scrive Tornielli. Non lo fece. E chissà se se ne penti quando, poco dopo, nel 1978, a pochi mesi dalla morte, dovette attraversare uno dei casi più devastanti nella storia della Repubblica italiana: il rapimento e la morte di Aldo Moro: «Tra i brigatisti coinvolti nel rapimento - spiega Tornielli - c’era il figlio di un dipendente del Vaticano dal Papa ben conosciuto, del quale aveva celebrato il matrimonio». Come se non bastasse, un altro pesante macigno sul cuore. In Italia si sta per arrivare all’approvazione della legge sull’aborto. Montini è particolarmente colpito dalle voci di dissenso sull’argomento che si sollevano all’interno della Chiesa: articoli in favore di un ammorbidimento della dottrina cattolica antiabortista vengono pubblicati dalla rivista dei gesuiti francesi Études, mentre in Italia è il gruppo di padre Ernesto Balducci ad affermare che non si può imporre alla donna di generare contro la sua volontà.
Dopo l’introduzione del divorzio in Italia, una scossa che aveva dimostrato come il paese fosse cambiato, la messa in discussione del valore inviolabile della vita nascente amareggia profondamente il Pontefice, le cui condizioni di salute si vanno visibilmente deteriorando. Per Montini è l’inizio della fine. Apparentemente sembra la vittoria del Demonio, di quel Demonio il cui fumo era già precedentemente entrato nel tempio di Dio, attraverso una qualche fessura.
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Ma il "giallo" è racchiuso in un appunto autografo che svela il mistero della clamorosa assenza nel Concilio di ogni riferimento al comunismo. Dall'archivio del cardinale Eugene Tisserant spunta una lettera del 22 agosto 1962 che fa luce sull'intesa tra la Santa Sede e la Chiesa ortodossa russa affinché "il Concilio non si occupi affatto di politica, né direttamente né indirettamente, la Chiesa ci ha sempre guadagnato quando è rimasta nel terreno che le è proprio, che non è quello della politica». A dimostrare che la decisione di Giovanni XXIII di tacere sul comunismo era stata incoraggiata dal cardinale Montini è anche un altro documento. Il futuro Paolo VI fu il mediatore e il garante dell'«apoliticità» del Vaticano II: in un appunto del 15 novembre 1965, infatti, Montini cita esplicitamente tra «gli impegni del Concilio», anche quello di «non parlare di comunismo (1962)». L’indicazione della data a fianco della frase vergata da Paolo VI rimanda direttamente all'accordo segreto, riferito da Tisserant, tra Roma e Mosca. Del resto, tutte le grandi scelte del pontificato di Paolo VI sono già rintracciabili nelle idee e nell’azione di Montini fin dai primissimi anni di sacerdozio: la volontà di riformare la liturgia cattolica introducendo le lingue volgari, l’apertura ecumenica verso le altre confessioni cristiane, il valore della presenza unitaria dei cattolici in politica, la necessità per la Chiesa di aprirsi al dialogo con i «lontani» in un mondo ormai secolarizzato. Insomma, la modernità di un papa che ha riformato la curia romana e ha cambiato il volto della Chiesa, inaugurando la stagione dei viaggi papali.
Due considerazioni, per il momento:
RispondiEliminaa)la notizia dell'intesa fra Vaticano e sovietici (perchè non si parlasse di comunismo nei testi conciliari) era già stata data l'anno scorso da Antonio Socci sul suo sito ma era completamente passata sotto silenzio.
b) L'intesa del 22 agosto 1962 non è da attribuire a Paolo VI (che la avallò nel 1965 immediatamente prima della promulgazione della Gaudium et spes) ma a Giovanni XXIII. Anche la data del 1962 è molto significativa: mancavano solo 50 giorni all'apertura del Concilio. Alessandro
Allora, se seguo Galeazzi, devo credere chi, mi ricordo su blog di Tornielli, sosteneva che quando Paolo VI parlava di fumo di Satana, in realtà alludeva a chi si opponeva alla riforma liturgica?
RispondiEliminaA chi si opponeva ai frutti della primavera conciliare?
Che dire di Paolo VI? Tutto e il contrario di tutto. Certamente era malato di cerchiobottismo e pensava, in buona fede, che con esso di potesse governare la Chiesa. E' stato il Papa dell'inizio della mia giovinezza: quando morì avevo appena finito l'esame di maturità. In questi ultimi 31 anni ho riletto più volte "il Credo", il suo testamento (letterariamente molto bello), molte volte "Pensiero alla morte". Quest'ultimo mi fece una impressione enorme quando domenica 5 agosto 1979, a un anno dalla morte, il suo segretario Macchi lo rese noto dai microfoni del GR2delle 12,30 di quel giorno. "Pensiero alla morte" è lo scritto di un mistico. Ma accanto a questo non si può tacere la cosiddetta enfaticamente Ost politik (tenacemente perseguita da Paolo VI) che portò quale risultato il nulla. Il card. Korec S.J., vescovo di Nitra, il 18 luglio 2000 rilasciando un'intervista a Il Giornale affermò che se si fosse continuato ancora con essa per altri 50 anni, il cristianesimo sarebbe definitifamente scomparo dai Paesi soggiogati dai comunisti. Paolo VI alla fine del pontificato si rese conto che bisognava cambiare rotta (si riavvicinò a Siri) e pensò seriamente alle dimissioni. E il cambiare rotta (un'inversione a 180°), soprattutto verso il comunismo, prese il nome di Wojtyla. Alessandro
RispondiEliminaA questo punto, stante un accordo sotto banco con l'U.R.S.S con la benedizione di Giovanni XXIII, chiedo formalmente alla S. Sede che, prima di procedere alla sua canonizzazione, si aprano gli archivi vaticani relativi (1958/1963) al suo pontificato. Idem per la beatificazione di Paolo VI. Il tanto ingiustamente vituperato Pio XII è stato crocifisso per il Concordato con Hitler (Concordato che è ancora in vigore e che mai nessun cancelliere tedesco di è sognato di denunciare). Francamente trovo incomprensibile il desiderio di Giovanni XXIII di volere al Concilio i rappresentanti del Patriarcato di Mosca (che non erano i discendenti nè in linea retta nè in linea collaterale di Riccardo Cuor di leone) in cambio del silenzio sulle misfatte dei comunisti contro il cristianesimo. Alessandro
RispondiEliminaAncora su Giovanni XXIII. Il buon Melloni (della scuola di Bologna) qualche mese fa ha curato l'edizione italiana dei diari di Giovanni XXIII. E' stupefacente leggere in essi (io ne ho riportato un giudizio negativo) come qualche giorno dopo l'invasione della Grecia da parte dell'Italia (ottobre 1940) Roncalli esprimesse su Hitler un giudizio nè positivo nè negativo, abbastanza attendista. Eppure il buon Roncalli era nella diplomazia vaticana dal 1925 e Hitler era cancelliere dal 1933. Possibile che Roncalli non si fosse ancora accorto quale fosse la natura del nazismo? Scusate, ma detto fuori dai denti: Giovanni XXII era un ingenuo e mi fermo qui. Alessandro
RispondiEliminaChiedo cortesemente a Dante di scrivere qualcosa sul conclave del 1958, sull'elezione di Giovanni XXIII e sul suo pontificato. Tu allora eri un giovane universitario, invece io quando fu eletto non ero ancora nato. Alessandro
RispondiEliminaEvidentemente se il Concordato pacelliano del 1933 con la Germania (allora nazista) è ancora in vigore e se ben otto cancellieri (Adenaure, Ehrard, Kiesinger, Brandt, Schmitt, Kohl, Schoeder e Merkel) tedeschi non l'hanno ancora denunciato, significa che esso non era e non è nè anti democratico nè filo nazista. Con buona pace dei detrattori di Pio XII che all'interno della Chiesa (spiace scriverlo) non sono 4 gatti Alessandro
RispondiEliminaLa rimozione di Bugnini fu tardiva, ormai la frittata era fatta. Il peccato originale riguardo la riforma del Messale sta nel fatto che Paolo VI diede troppa corda a Bugnini. E ancora oggi ne paghiamo le conseguenze. Alessandro
RispondiEliminaNon credo che per il semplice fatto che fosse un diplomatico il Roncalli avesse dovuto sapere di più sul nazismo. Non dimentichiamo che le poche cose che si sapevano non eran tanto certe e, forse a motivo della mostruosa enormità di qulle poche cose che filtravano dell'agire hitleriano, non si pensava che potessero esser vere. Chiunque in quegli anni avrebbe avuto difficoltà a credere a certe voci. L'ampiezza dell'agire di Hitler lo si seppe negli anni dopo la guerra. Certo che fosse bellicoso non lo ignorava nessuno, ma anche in quel settore si pensava non dovesse oltrepassare certi limiti.
RispondiEliminaL'accordo con l'Urss fu un errore tragico e poco evangelico (il vostro parlare sia si si no no). E fu un errore anche diplomatico e politico. Ma nessuno è infallibile, neppure il papa quando fa accordi sottobanco.
Innominato
Sarebbe CORRETTO spiegare meglio:
RispondiEliminaNON ERA PER FARE UN PIACERE AL COMUNISMO, MA PER NON METTERE IN DIFFICOLTA' I FRATELLI ORTODOSSI, CHE ERANO PURTROPPO COSTRETTI A SUBIRE IL REGIME COMUNISTA.
sI RICORDI DELL'INCONTRO DI PAOLO VI CON IL PATRIARCA ORTODOSSO ATENAGORA.
E SEMPRE BENE essere chiari su certe cose.
Ancora sulla Ost politik vaticana: Paolo VI rimosse all'inizio del 1974 il card. Mindzenty (che dal 1971 viveva in Austria), primate d'Ungjheria per compiacere il governo comunista di quel Paese. Perchè lo rimosse tout court e non pensò invece a nominare o un arcivescovo coadiutore o un amministratore apostolico sede plena? Nonmino invece il timido Lazlo Lekai (anch'egli non era un discendente di Riccardo Cuor di leone), a tal punto timido che Giovanni Paolo II disse che il primate d'Ungheria doveva imparare a battere i pugni sul tavolo quando parlava con i comunisti. Alessandro
RispondiEliminaPaolo VI era un'ottima persona animata da vero amore per la Chiesa, ma pure lui subì l'influenza malefica dei tempi: pensare che "ammodernandosi" si avrebbero avuto risultati positivi.
RispondiEliminaAnche in questo caso era difficile resistere alle correnti modaiole e di pensiero. Siri fu uno che seppe resistere, come Lefebvre e De Castro Mayer, alle sirene della modernità; ma non tutti avevano il carattere granitico di questi tre grandi Pastori della Chiesa: il genovese, il francese e il brasileiro.
No, Innominato, non ci sto. Non ti ricordi la Mit brennender Sorge del 1937 di Pio XI, la cui introduzione era stata scritta da Pacelli? Roncalli, dopo un'enciclica del genere, non poteva dire di non sapere. Il Papa fa accordi sotto banco? Certo, è possibile ma poi che pretese di moralità può avere con noi laici? Come può essere credibile se la Chiesa, al suo vertice, adotta comportamenti molto mondani e tutt'altro che ispitati al Vangelo? Alessandro
RispondiEliminaAncora sulla cosiddetta enfaticamente Ost politik vaticana: nel 1976 Paolo VI ordinò mons. Korec S.J. (ordinato clandestinamente vescovo a soli 27 anni d'età nel 1951) di sospendere tutte le attività della Chiesa cattolica clandestina in Cecoslovacchia. Erano forse più affidabili per il Papa i due vescovi, servi del regime, Vrana e Feranec ordinati da Casaroli nel marzo 1973? Alessandro
RispondiEliminaLasciamo il Beato Giovanni XXIII dov'è. Lui e Paolo VI hanno dato la stura alla penetrazione a valanga delle eresie nella Chiesa.
RispondiEliminaIl comuninismo non è solo un regime politico-economico, ma anche una ideologia, e forse'anche una "religione", nemica della Chiesa e del cristianesimo in genere.
Le centinaia di voci di padri conciliari che volevano una condanna del comunismo furon messe a tacere.
Non si volle proclamare alta e forte la Verità.
Per evitare ulteriori sofferenze alla Chiesa Russa? In realtà i patriarchi russi, quale più quale meno erano funzionari del regime.
Erano i cattolici ed i fedeli ortodossi "puri" a soffrire.
Ma la Chiesa è fondata sui martiri. Martire fu Mindzenty. Martiri i cattolici cinesi, ancor oggi, fedeli a Roma.
La beatificazione di Paolo VI è ferma e grazie a Dio non andrà avanti per le eccessive ombre, di vario genere, che gravano sulla sua figura.
Non ho letto il nuovo libro: ma non credo che ci si possa trovare dinnanzi a grosse novità.
Le querule esternazioni sul diavolo han lasciato il tempo che avevan trovato visto che Paolo VI niente fece di concreto per ricacciarlo nell'inferno: anzi abolì anche la preghiera a S. Michele Arcangelo! Non mi si venga a dire che molto gli fu nascosto della Messa: quando fu messo sull'avviso non intese dar retta. Il Breve Esame con presentazione di Ottaviani e Bacci ottennero il risultato di modificare la definizione eretica della Messa.
Ma che la messa doveva evitar le pietre d'inciampo sulla via dell'ecumenismo coi protestanti - render vaghe le preghiere del canone sì che non ben risaltassero la transustanziazione e la presenza reale, fu opera del demonio o di Paolo VI?
Peerché a certe affermazioni "ortodosse" non ha fatto seguito l'azione in quella direzione? Ricattato perché ricattabile? Spesso s'è parlato anche di questo. Ma in certi ambienti si dice e non si dice.
Ancora vivente Giovanni XXIII nel 1963 fu liberato l'arcivescovo ucraino di rito greco cattolico mons. Slipy, creato poi cardinale da Paolo VI nel concistoro del febbraio 1965. Per non urtare l'U.R.S.S (che l'aveva tenuto in galera per molti anni) il Vaticano decise che mons. Slipy doveva giungere a Roma quasi di nascosto. A Orte fu fatto scendere dal treno e proseguire per Roma in auto di modo che non potesse incontrare i giornalisti che l'aspettavano alla Stazione Termini. Così l'U.R.S.S. non sarebbe stata urtata da certe dichiarazioni che il presule poteva fare. Lo ricorda bene Andreotti in uno dei suoi libri. Insomma, dice Andreotti, a Slipy fu fatta fare la figura del ladro che si nasconde. Alessandro
RispondiEliminaDai, Dante. qualcosa su Giovanni XXII devi scrivere. Non farci stare sulle spine. Egli ha sempre sofferto di una sovra esposizione mediatica. Lui sì che era il Papa buono mentre il predecessore ... Alessandro
RispondiEliminaalla luce della nota del card. Tisserant del 22 agosto 1962, chiedo alla redazione e ai cibernauti che navigano su questo sito di considerare (o meno) l'opportunità di chiedere, singolarmente presi, alla S. Sede la sospensione del processo di canonizzazione del b. Giovanni XXIII fino a che non saranno aperti gli archivi vaticani relativi al periodo 28 ottobre 1958 - 3 giugno 1963. Chiedo la par condicio col processo di beatificazione di Pio XII. Alla luce di quanto sta emergendo sul pontificato di Giovanni XXIII, considero improvvida (fortunatamente fu respinta) la richiesta fatta alla fine del Concilio da parte dell'episcopato polacco di beatificare Giovanni XXIII (evidentemenrte allora non potevano sospettare nulla delle macchinazioni consumate col nemico).Considero invece che molto saggia la decisione del card. Canestri, allora era un giovane vescovo ausiliare della diocesi di Roma, di respingere la richiesta dei suoi confratelli polacchi e di chiedere invece un normale processo canonico (come tutti gli altri). Alessandro
RispondiEliminaOggi ho davvero monopolizzato il blog e me ne scuso. Questo è il mio ultimo intervento sul post di Rodari perchè ho detto tutto quel che dovevo dire. Solo un'ultima cosa: si rimprovera a Pio XII il silenzio. Ma la nota del card. Tisserant dimostra che Giovanni XXIII fu l'opposto di Pio XII cioè parlò molto col nemico e giunse ad un accordo che avrebbe legato le mani alla Chiesa nei documenti che poi sarebbero stati approvati. Chissà se in Russia, negli archivi del KGB, è rimasto qualcosa di quell'accordo. Accordo che poi doveva portare a un risibile risultato: permettere a delle spie (i vescovi ortodossi russi) di partecipare al Concilio. Francamente mi pare, anche teologicamente, una posizione assai inconsistente: potevano intervenire? No. Potevano votare? Men che meno. Cosa ci stavano a fare gli ortodossi russi al Concilio? Informare i loro padroni (i comunisti) di cosa stava accadendo all'interno della Chiesa cattolica. Alessandro
RispondiEliminaHo letto che qualche anno prima di essere eletto il card. Roncalli ricevette a Venezia la visita di Padre Lombardi (il "microfono di Dio" per indenderci, come sono cambiati i tempi anche se i nomi rimangono gli stessi).
RispondiEliminaPadre Lombardi lo redargui' con queste semplici parole "le anime vanno all'inferno e il Patriarca dice che va tutto bene!"
F.d.S
Pregate! Pregate! Pregate!
RispondiEliminaPregate! Pregate! Pregate!
Pregate! Pregate! Pregate!
Pregate! Pregate! Pregate!
Pregate! Pregate! Pregate!
Pregate! Pregate! Pregate!
A cosa si deve la beatificazione di Giovanni XXIII, dunque?
RispondiEliminaGiovanni XXIII è "beato".
RispondiEliminaLasciamolo al giudizio della Chiesa che, nelle beatificazioni, non è infallibile.
Salve, scusate ma io sono stufo di dover leggere sempre le solite cretinate sui presunti pentimenti di Montini, sui suoi tentativi di difendere la Chiesa dagli attacchi di questo o di quello. Il Papa non è un tiranno che dispone a suo piacere del Depositum fidei. Il Papa non è il padrone della Dottrina,nè della Liturgia o della Fede, ma ne è il custode supremo ed il maestro. Invece Montini da quando fu eletto non fece altro, alzandosi la mattina, che pensare a cosa abolire o cambiare radicalmente per renderla più confacente alla sua idea personale di Chiesa , più gradevole al Mondo ed ai protestanti. Altrimenti crediamo pure che "l'ignaro" Paolo VI venisse continuamente imbrogliato dai suoi collaboratori e magari pure...drogato o ipnotizzato dal vescovo Bugnini.
RispondiEliminaFilippo
E le santificazioni?
RispondiEliminaA Paolo VI a un certo punto la situazione sfuggì di mano e quando cercò di raddrizzare la barra del timone (non però per la Ost politik, dove fu sempre tragicamente coerente) non ci riuscì. Il punto di svolta fu la Humanae vitae. Ci fu la sollevazione di tutti quei settori ai quali Paolo VI aveva dato troppa corda. Non è da escludere che un giorno, quando saranno aperti gli archivi, che Paolo VI deliberatamente abbia cassato il breve esame critico sul N.O. di Ottaviani e Bacci solo perchè l'anno prima aveva scritto la Humanae vitae accogliendo l'orientamento di Ottaviani (e di Pio XI e di Giovanni XXIII. Paolo VI in materia di cerchiobottismo era un insuperabile maestro. Rimane inspiegabile come abbia potuto scrivere l'enciclica Mysterium fidei nel 1965 e quattro anni dopo aprire (tragicamente) al protestantesimo sulla Messa. Si lamentava che nella Chiesa c'era troppa confusione ma chissà se si è mai chiesto quale ne era la sua causa se non il disorientamento provocato dal suo cerchiobottismo. Alessandro
RispondiEliminaSull'Humanae Vitae Guitton scrisse che il Papa ando' contro il Suo intimo pensiero per obbedire alla Dottrina....
RispondiElimina"Giovanni XXIII è "beato".
RispondiEliminaLasciamolo al giudizio della Chiesa che, nelle beatificazioni, non è infallibile".
Risposta alquanto deludente e poco chiara a una domanda semplice.
la risposta di Dante è chiarissima come il suo pensiero. In claris non fit interpretatio. Alessandro
RispondiElimina