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Oggi la Sala Stampa della Santa Sede ha rilasciato le seguenti due comunicazioni ai giornalisti ed il seguente comunicato stampa in merito ...

giovedì 20 febbraio 2025

Dopo Francesco. Chi sono i papabili? Testo e VIDEO

Grazie a Gaetano Masciullo per questa analisi sui possibili futuri papabili.
QUI e sotto il video.
Luigi C.

18-2-25

Questa è la traduzione italiana del mio articolo comparso su The Remnant Newspaper, 17 febbraio 2025.

Ad oggi, il Collegio cardinalizio è composto di 252 porporati, dei quali 138 sono votanti e ben 149 (quasi il 60% del totale!) sono stati creati da Francesco, a fronte di 103 creati dai suoi immediati predecessori. Durante questi dodici anni di pontificato, abbiamo assistito a un numero molto elevato di concistori e di creazioni cardinalizie, molte delle quali hanno coinvolto prelati provenienti da regioni remote del mondo e della Chiesa, o – come si preferisce oggi dire – da regioni “periferiche”.
Apparentemente un modo per dare voce a quei popoli che fino ad ora sarebbero rimasti marginalizzati nel governo della Chiesa, in realtà, ad un’analisi più seria e approfondita, si capisce che questa scelta è parte di una strategia molto precisa da parte di Francesco per favorire, dopo la sua dipartita, l’elezione di un papa “a sua immagine e somiglianza” e che sia cioé capace e desideroso di portare a termine o comunque proseguire il lavoro da lui iniziato, di profonda rivoluzione neomodernista dell’essenza della Chiesa cattolica e in particolare del Papato.

Due sono gli effetti che Francesco ha prodotto creando così tanti cardinali “periferici”. Il primo: la maggioranza dei cardinali oggi non ha dimestichezza con le complesse logiche curiali di potere. Il secondo: coloro che compongono il Collegio, per la stragrande maggioranza, non si conoscono tra loro. Questo prepara il terreno alla seconda fase della strategia: nella speranza che i porporati scelti si sentano “riconoscenti” verso Francesco per il titolo ricevuto e consapevoli che sono tutti, chi più chi meno, affini alle tendenze più progressiste all’interno della teologia cattolica contemporanea, questi, in sede di conclave, dovrebbero essere spinti a unirsi e sostenere il partito franceschiano del Collegio, cioé quei porporati che attivamente portano avanti l’agenda bergogliana, il quale partito – come vedremo – non è così maggioritario come potrebbe sembrare apparentemente.

Per venire incontro a questo grande vuoto di conoscenza tra i cardinali, i ben noti vaticanisti Edward Pentin e Diane Montagna si sono cimentati in un lavoro tanto necessario quanto encomiabile. The College of Cardinals Report è, infatti, un sito immersivo e interattivo che permette di conoscere in maniera sintetica ma non grossolana i dati più importanti circa il Collegio nel suo insieme, ma anche sui porporati singolarmente considerati.

In questo modo, ogni cardinale può approfondire ciascun profilo dei propri colleghi più “in vista” e poter votare in maniera molto più consapevole. Questo sito, se diffuso tra i principi della Chiesa, potrebbe fungere da ammortizzatore alla summenzionata strategia di Bergoglio. Si badi bene: non sto dicendo che queste siano le intenzioni di Pentin e Montagna, è solo una mia considerazione.

Grazie all’ausilio di questo preziosissimo strumento, da oggi accessibile a chiunque, possiamo individuare 22 cardinali papabili e tra questi 12 particolarmente di spicco. Se dovessimo immaginare di distribuire questi porporati in maniera “parlamentare”, ponendo a destra i più favorevoli alla tutela della Tradizione cattolica e a sinistra i neomodernisti più radicali, otterremmo un’immagine del genere.


In rosso ho evidenziato i cardinali più amici della Tradizione. In viola, ho indicato i papabili che, pur non essendo esplicitamente o in maniera manifesta amici della Tradizione cattolica (soprattutto liturgica), tuttavia potremmo considerarli affini alla linea ratzingeriana e quindi più conservatori dal punto di vista teologico, morale e pastorale. Com’è evidente, nel complesso, tradizionali e conservatori formano la maggioranza, a dispetto di quanto si potrebbe credere, ma forse questo ci fa capire meglio perché Francesco abbia deciso di utilizzare la già spiegata strategia.

Nell’area a sinistra, troviamo l’ala più progressista dei papabili. Nello spicchio di colore cobalto, troviamo tre cardinali che potremmo definire “moderati”, molto discreti nelle loro asserzioni, ma che molto probabilmente simpatizzano per il partito franceschiano. Infine, troviamo nella sezione azzurra il partito di Francesco vero e proprio, coloro che Bergoglio ha indicato più volte come suoi favoriti e pupilli (in verità, i suoi delfini hanno visto in questi anni momenti di maggiore e minore favore da parte del Sedente). I nomi dei candidati favoriti sono in grassetto bianco.

Ammesso e non concesso che venga sconfitto il partito franceschiano in sede di conclave, è opportuno fare una premessa alla nostra breve analisi dei papabili. La Chiesa, dopo la morte di Bergoglio, avrà bisogno di un papa molto coraggioso e forte, ma soprattutto giovane, che sappia rimediare con risolutezza a tutti i danni arrecati in questi anni. Ci vorranno, salvo imprevisti, almeno una ventina d’anni per rimettere a posto le cose dal punto di vista liturgico, dottrinale, morale, legislativo, per non parlare dei problemi di gestione del Vaticano, dello Ior, e tanti altri gravi problemi che sono stati prodotti ben prima di questo pontificato.

Se i cardinali vorranno perseguire l’autentica strada della controrivoluzione cattolica, avranno bisogno di un candidato giovane e, nell’attuale rosa, pochissimi si presterebbero a questo progetto, a parte forse il cardinale Pierbattista Pizzaballa (59 anni), creato tra l’altro dallo stesso Francesco. Non è da escludere, pertanto, che durante le votazioni i porporati decidano di guardare all’infuori di questa rosa, cioé verso qualche outsider, come ad esempio il giovanissimo canadese Francis Leo (53 anni), anche questi creato cardinale da Francesco.

Si consideri un altro elemento. Il malumore è molto diffuso tra i cardinali. Questi dodici anni sono stati difficili da gestire anche per coloro che sono vicinissimi al favorito di San Gallo. Si potrebbe dunque fare anche la seguente considerazione. In caso di morte di Francesco, tanti cardinali che finora appaiono riservati e discreti, potranno esternare apertamente le proprie posizioni contrarie. Per esempio, è noto che Fiducia supplicans ha suscitato grave indignazione e delusione tra i porporati africani che, inizialmente, erano molto vicini all’agenda bergogliana. In caso di abdicazione di Francesco (prospettiva che non bisogna escludere del tutto), questi porporati potrebbero conservare un profilo di discrezione e, in tal caso, la scelta potrebbe cadere su un candidato “di compromesso”, nell’attesa che il tempo faccia il proprio dovere.

I Papabili Tradizionalisti e Conservatori

Partiamo dunque dall’ala più tradizionalista. Certamente più a destra di tutti troviamo il cardinale statunitense Raymond Leo Burke, che non ha bisogno di presentazioni. Fermamente contrario a temi quali diaconato femminile, benedizioni omosessuali, abolizione del celibato sacerdotale, restrizione della Messa tridentina, accordi segreti con la Cina, comunione ai divorziati risposati e superamento di Humanae Vitae, è tuttavia molto improbabile la sua elezione a papa. Recentemente si è espresso persino a favore di Donald Trump, cosa che ha sicuramente indispettito una porzione consistente dei porporati. Cionondimeno, Burke avrà sicuramente un ruolo prominente nel coordinamento del Partito anti-Francesco, e questo spiega anche i tanti tentativi negli ultimi anni da parte del Sedente di limitare e
 ostacolare la sua azione.

Abbiamo quindi il cardinale guineano Robert Sarah, che il sito di Pentin e Montagna indica tra i dodici favoriti. Molto probabilmente ciò a causa delle sue origini africane: sarebbe il primo papa africano dopo Gelasio I, papa nel V secolo. L’articolo di sei pagine pubblicato da Paris-Match nel luglio 2022 lo aveva descritto come una persona di “enorme influenza”. Nonostante ciò, il Cardinale Sarah non ha mai fatto dichiarazioni pubbliche che indichino un suo interesse attivo a diventare papa. Invece, ha continuato a scrivere, predicare e rilasciare interviste, concentrandosi sulla “difesa della fede”. Durante il conclave precedente, non figurava tra i principali candidati papabili. Si sa però quanto aiuto silenzioso Sarah abbia fornito a Benedetto XVI per promuovere la fedeltà all’insegnamento della Chiesa e, forse, di questo si terrà conto in sede di conclave.

Il cardinale tedesco Gerhard Ludwig Müller, già Prefetto della Congregazione per la Dottrina della Fede, è considerato teologicamente ortodosso e sostiene fermamente gli insegnamenti del Concilio Vaticano II. Müller ha preso posizioni tradizionali su diverse questioni, opponendosi all’ordinazione femminile al diaconato e resistendo ai cambiamenti al celibato sacerdotale nel rito latino. Ha criticato il Cammino sinodale tedesco e ciò che percepisce come allontanamenti dall’insegnamento consolidato della Chiesa. Critico nei confronti del globalismo e dell’Agenda 2030, ha espresso pubblicamente dubbi e domande sull’operato di Francesco, pur sforzandosi di evitare critiche dirette al Pontefice. Ad ogni modo, la liturgia non sembra essere la sua priorità.

Il cardinale uruguaiano Daniel Fernando Sturla Berhouet è di linea fortemente ratzingeriana. Vede come una sfida per la Chiesa la lotta contro la cultura secolare istituzionalizzata e la crescente diffusione di un sentimento religioso senza Dio. Egli sottolinea spesso la centralità dell’Eucaristia per la vita di fede. Ha espresso giudizi molto severi contro Fiducia supplicans, ritenendo il documento “ambiguo, divisivo e confusionario”. Anch’egli è molto scettico sulla sinodalità.

Il cardinale italiano Mauro Piacenza ha dimostrato capacità amministrative e una profonda sensibilità spirituale, qualità che lo renderebbero adatto a guidare la Chiesa non solo in Italia ma a livello globale. Difensore dell’ortodossia e molto apprezzato come direttore spirituale dei sacerdoti, sebbene non abbia mai parlato sinora pubblicamente della questione Traditionis Custodes, è noto che a livello privato sia fortemente contrario a ogni restrizione alla Messa Tridentina. Amante della chiarezza dottrinale, ha ripetutamente sottolineato la bellezza e l’efficacia del sacramento della Confessione come rimedio per i mali individuali. Particolarmente rilevante è l’attenzione che Piacenza attribuisce alla riforma del clero: ha spesso sottolineato quanto sia importante che i sacerdoti siano ben formati nella dottrina e aggiornati sulle questioni morali e bioetiche. Tuttavia, l’età avanzata (80 anni) non lo rende un candidato prominente.

Al contrario del (forse ancora poco noto) cardinale srilankese Malcolm Ranjith, che negli anni ha ricoperto numerosi ruoli, da parroco a vescovo in diverse diocesi, da nunzio apostolico a funzionario della Curia, fino ad arcivescovo metropolita. Poliglotta di grande esperienza, alcuni lo vedono come una figura in perfetta continuità con Benedetto XVI. La sua provenienza geografica è un altro fattore a suo favore: viene dal Sud del mondo, precisamente dall’Asia, un’area in cui la Chiesa sta crescendo rapidamente. A livello liturgico, ha favorito elementi come il ripristino delle balaustre degli altari e la ricezione della Comunione in ginocchio e sulla lingua. Condivide anche con Papa Francesco alcuni elementi pastorali, come per esempio la preoccupazione per i poveri e per la tutela climatica (comprensibilmente, viste le origini). Questo però è un elemento in più per considerarlo come un candidato potenzialmente favorito anche da parte di quei porporati che tradizionalisti non sono. 

Il cardinale olandese Willem Jacobus Eijk è considerato un altro candidato favorito al papato, grazie a diversi elementi distintivi. Grande esperto di questioni bioetiche a causa della sua formazione medica, oltre che teologica, è noto per la sua adesione alla dottrina cattolica e per la sua volontà di difenderla, anche su temi impopolari come l’Humanae Vitae e l’indissolubilità del matrimonio. Ha dimostrato inoltre grande capacità nella riorganizzazione finanziaria e pastorale delle diocesi in cui ha operato, ha corretto abusi liturgici e promosso nuove iniziative per i giovani. Come arcivescovo, ha dovuto affrontare le sfide degli abusi sessuali del clero, mettendo in atto commissioni d’inchiesta e programmi di assistenza. Fortemente mariano, si è espresso contro l’ordinazione femminile, le benedizioni per le coppie dello stesso sesso e le teorie di genere. 

Il cardinale ungherese Péter Erdő è un altro candidato di punta. Nato e cresciuto sotto il regime comunista, Erdő ha compreso sulla propria pelle cosa significa difendere la libertà religiosa per i cattolici. Canonista insigne riconosciuto a livello internazionale, la sua nomina come relatore generale per i sinodi sulla famiglia (2014 e 2015), una posizione tradizionalmente riservata a un potenziale successore del Papa, ha ulteriormente accresciuto il suo prestigio. All’unanimità è considerato un uomo di equilibrio e di unità, capace di dialogare con diverse posizioni all’interno della Chiesa. Pur preferendo la forma Novus Ordo, è disposto a permettere la forma tradizionale. In definitiva, Erdő sembra il candidato perfetto qualora i cardinali volessero eleggere qualcuno che porti avanti il governo della Chiesa sulla linea conservatrice in stile ratzingeriano, senza dare l’impressione di un brusco cambio di rotta dopo Francesco.

Il già citato cardinale italiano Pierbattista Pizzaballa è considerato da alcuni “troppo giovane”, ma forse proprio questo elemento potrebbe favorirlo (non dimentichiamo la logica che elevò il giovane Wojtyla al Soglio Petrino). La sua esperienza e le sue capacità di governo emergono dal suo lungo servizio in una regione cruciale e complessa come la Terra Santa. Questa esperienza gli conferisce una visione equilibrata e una capacità di dialogo con le diverse comunità religiose e politiche presenti nella regione. La sua formazione biblica e linguistica è un altro elemento distintivo. Considerato un uomo di equilibrio e di apertura, è capace di coniugare la fedeltà alla Tradizione con uno sguardo attento alla modernità. La sua spiritualità francescana e la sua attenzione ai poveri e ai sofferenti sono ulteriori elementi che potrebbero renderlo gradito anche ai membri del partito di Francesco.

Il profilo del cardinale italiano Angelo Bagnasco, pur non essendo più elettore (82 anni), sembra essere perfetto nel caso in cui i cardinali decidessero di optare per un “papa di transizione” che tuttavia porti avanti un approccio tradizionale e una guida conservatrice dopo le divisioni interne alla Chiesa durante gli anni di Papa Francesco. Possiede qualità umane e spirituali che lo renderebbero una figura autorevole e rispettata.

Il cardinale birmano Charles Maung Bo sembra essere il candidato ideale per l’elezione di un papa con una forte esperienza pastorale in contesti difficili e una pastorale incentrata sui diritti umani e la giustizia sociale (in questo sarebbe apprezzato dai franceschiani) e una profonda comprensione delle sfide del mondo asiatico, che appare relativamente sempre più importante nella vita della Chiesa. Bo è però anche un convinto sostenitore della sinodalità promossa da Papa Francesco. Crede nell’importanza di ascoltare la voce di tutti i membri della Chiesa.

Il cardinale canadese Marc Ouellet è stato un forte contendente al papato durante il conclave del 2013, ma ha visto diminuire negli ultimi anni il suo prestigio di papabile favorito. Tra i fattori che lo avevano inizialmente reso tale vi è innanzitutto la sua vasta esperienza nella Chiesa a causa della sua decennale direzione di ciò che oggi si chiama Dicastero dei Vescovi. Considerato un “prelato conservatore con una visione moderna”, il suo impegno per l’unità e la comunione all’interno della Chiesa erano ulteriori elementi a suo favore. A livello liturgico, ha manifestato un atteggiamento particolarmente ostile verso la liturgia tradizionale sotto il pontificato di Francesco.

Il cardinale svedese di origini svizzere Anders Arborelius, elogiato da Francesco nel 2022 come “una persona che può indicarci la via da seguire”, è anch’egli un papabile favorito. Noto per la sua personalità aperta e ottimista, ha una vasta esperienza nel servizio alla Chiesa, avendo ricoperto diversi incarichi importanti, tra cui quello di Presidente della Conferenza Episcopale Scandinava e membro di vari dicasteri vaticani. Forte promotore del dialogo interreligioso (non dimentichiamo che si tratta di un luterano convertitosi al cattolicesimo), è percepito come una persona molto umile e disinteressata: qualità molto apprezzate in un papa, soprattutto dopo l’esperienza bergogliana.

I Papabili “moderati” e neomodernisti

Veniamo dunque all’altra ala della rosa dei papabili. Partiamo dai modernisti “moderati”. Sono tre cardinali che, finora, non hanno espresso posizioni particolari su temi controversi, ma questo silenzio prudente può essere un sintomo assordante di cripto-modernismo.

Il cardinale francese Jean-Marc Noël Aveline è considerato da alcuni il pupillo di Francesco. La sua dedizione alle questioni della migrazione e del dialogo interreligioso risuona con le priorità dell’attuale Sedente. E’ noto che i due si incontrano regolarmente in Vaticano, al di fuori degli orari ufficiali ed è particolarmente apprezzato dagli ambienti politici ed ecclesiastici di sinistra. Aveline, infine, favorisce una forte decentralizzazione nella Chiesa. Considerando quest’ultimo elemento e dal momento che – come detto all’inizio – il Partito di Francesco ha fatto propria la volontà della Mafia di San Gallo di rivoluzionare la concezione stessa del Papato, Aveline potrebbe essere davvero un contendente pericoloso nel prossimo Conclave.

Il cardinale congolese cappuccino Fridolin Ambongo Besungu è un forte sostenitore dell’inculturazione liturgica e del rito zairese. Dopo la promulgazione di Fiducia supplicans, Ambongo è salito alla ribalta mediatica per aver fortemente criticato il documento come inopportuno e persino “eurocentrico”. In Africa, in effetti, vi sono tutt’altri problemi che non la benedizione delle coppie omosessuali. Pur difendendo i valori tradizionali della Chiesa su temi come la famiglia e il celibato sacerdotale, ha dimostrato un’apertura al dialogo su altre questioni, come il diaconato femminile. 

Il cardinale italiano Fernando Filoni, pur non essendo tra i papabili di punta, è molto apprezzato per la sua vasta esperienza diplomatica e curiale. Tuttavia, ci sono anche aspetti che potrebbero ostacolare la sua elezione: in particolare, non ha esperienza nella guida di diocesi ed è identificato con la “vecchia guardia burocratica” italiana. Forse però queste caratteristiche lo renderebbero il candidato di sicurezza ideale per i cardinali elettori che vorranno conservare lo status quo della Chiesa per qualche tempo.

Entriamo così nell’alveo dei modernisti veri e propri, rivoluzionari in prima linea. Il cardinale svizzero Kurt Koch possiede una vasta conoscenza della Chiesa e delle sfide teologiche che essa pone, il che appare oggi molto cruciale, data l’importanza di mantenere l’unità della Chiesa in un contesto come quello tedesco molto propenso alla divisione e allo scisma. È noto per il suo scetticismo verso il Cammino Sinodale tedesco e questo potrebbe suscitare la simpatia di qualche elettore più conservatore, ma nel complesso non è amico della Tradizione: sul diaconato femminile si è mostrato ambiguo nel corso degli anni, mentre dal punto di vista liturgico si è più volte detto favorevole a una riconciliazione di Vetus e Novus Ordo, in modo tale da avere una sola forma come sintesi (hegeliana). Insomma, Koch presenta molti punti di analogia con Ratzinger: un progressista che nel tempo si è moderato, ma che rimane ancora molto segnato dalla formazione modernista.

Il cardinale italiano Pietro Parolin è l’attuale Segretario di Stato vaticano, un ruolo molto prominente nella Curia romana. Ha più volte, negli ultimi anni, prestato il fianco a cause ritenute conservatrici all’interno della Chiesa, ma non bisogna dimenticare che il suo agire è stato sempre molto rivoluzionario. A dire il vero, Parolin sarebbe il candidato ideale per un pontificato di piena continuità con Francesco, perché perseguirebbe le stesse riforme, ma in maniera meno eclatante e più diplomatica e pragmatica. Parolin è visto anche come un protettore dell’Ostpolitik, una strategia di collaborazione con potenze ostili attraverso compromessi e conciliazioni, specialmente nei rapporti con la Cina. Egli, infatti, ha svolto un ruolo cruciale nel ristabilire i contatti diretti tra la Santa Sede e Pechino nel 2005. Personalmente, ritengo che – ad oggi – le probabilità che venga eletto Parolin come successore di Francesco siano davvero molto alte. Non dobbiamo dimenticare però l’antico adagio romano secondo cui chi entra papa in conclave esce cardinale.

Il cardinale sudafricano Stephen Brislin è apparentemente un papabile meno favorito rispetto ad altri, ma ha riconosciuto in passato che tecnicamente la sua elezione è possibile. Fortemente a favore dell’inclusione LGBT nella Chiesa e del diaconato femminile, considera Víctor Manuel Fernández, attuale Prefetto del Dicastero per la Dottrina della Fede, un “vero gigante con grande intelletto e esperienza”. Non penso sia necessario aggiungere altro.

Il cardinale filippino Luis Tagle è stato a lungo considerato il delfino di Bergoglio, tanto da essere stato soprannominato Asian Francis (‘Francesco asiatico’). Nel 2022, il Sedente ha interrotto però il suo mandato come presidente di Caritas Internationalis a seguito di una revisione indipendente che aveva rilevato delle carenze all’interno dell’istituzione. Questi eventi hanno alimentato speculazioni sul fatto che il cardinale Tagle avesse perso il favore di Papa Bergoglio. Appartenente della Scuola teologica di Bologna, secondo la quale il Concilio Vaticano II deve essere interpretato in piena discontinuità con la dottrina e la prassi precedenti, Tagle ha espresso opinioni molto “aperte” su temi come la comunione per le coppie non sposate sacramentalmente e l’omosessualità, suggerendo che i principi morali universali potrebbero “non applicarsi in tutte le situazioni”. Inoltre, è un grande sostenitore degli accordi segreti tra Cina e Vaticano.

Il cardinale portoghese José Tolentino de Mendonça, per quanto non sia un papabile predominante, è considerato un potenziale candidato di compromesso per il prossimo conclave. Nonostante la sua relativa giovane età (59 anni), è molto vicino a Francesco. Per i cardinali elettori che desiderano un papato molto lungo e di continuità, certamente eterodosso e modernista, con un impulso rivoluzionario persino maggiore di quello di Francesco, questo cardinale potrebbe essere il candidato ideale. In un conclave, è probabile che raccolga voti tra i suoi confratelli portoghesi e brasiliani, presso i quali si dice che abbia grande influenza. Ci sarebbe davvero tanto da pregare in caso di sua elezione…

Infine, abbiamo il cardinale italiano Matteo Zuppi, che si trova letteralmente all’opposto rispetto al cardinale Burke. Se questi, infatti, non si è mai fatto troppi scrupoli nel criticare le aperture progressiste all’interno della Chiesa, condannandole senza mezzi termini e suscitando odi e antipatie da buona parte dell’episcopato mondiale (non solo da parte di quello apertamente modernista), Zuppi si è mostrato altrettanto esplicitamente a favore delle istanze più radicalmente neomoderniste della teologia contemporanea. Nel maggio 2022 è stato eletto presidente della Conferenza Episcopale Italiana. Ha partecipato a diversi sinodi vaticani e considera la sinodalità “fondamentale” per rinnovare la Chiesa. Pur avendo inclinazioni progressiste, cerca di dialogare con todos, todos, todos, persino con coloro che sono conservatori teologicamente e liturgicamente, e di mantenere aperti i canali con coloro che favoriscono la Liturgia di sempre (chissà se da papa continuerebbe tale approccio?)

Gaetano Masciullo

1 commento:

  1. Fontanellato è in provincia di Parma la cui sigla è PR non PA (Palermo)

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