Il recente viaggio di Giorgia Meloni in Argentina e la sua decisione di concedere la cittadinanza onoraria italiana a Javier Milei hanno generato un insolito interesse a un personaggio e a un Paese piuttosto distante dal nostro. A conferma di questo trend, il lancio dell’edizione italiana dei suoi discorsi, curata dall'Istituto Liberale, il più grande think tank conservatore italiano pro libertà, persona e mercato, dove Milei appare come il protagonista di un rivolgimento, quasi una contro-rivoluzione culturale e politica. Tutti elementi – questi – che hanno generato sui social scenari da fantapolitica, anche a seguito di una risposta che il presidente argentino ha dato alla provocazione di un giornalista.
In questo clima di festa che ci accompagna al nuovo anno, mi prendo allora la licenza di uscire dai soliti rigorosi toni da commentatori di fatti e di immaginare un racconto distopico, di un’Italia governata dal premier Milei sotto la leadership di Meloni, prima donna alla presidenza della Repubblica. Una distopia che mi piace immaginare con una Italia che abbraccia un radicale cambio di paradigma, dove l’intervento statale è ridotto al minimo, la meritocrazia è al centro della politica, la libertà individuale è la chiave del rilancio economico e il nuovo clima di sicurezza e prosperità aprono alla vita, fronteggiando l’attuale débâcle demografica. Tuttavia, dietro questo rivolgimento, emergono anche divergenze internazionali con Germania e Francia – entrambi a governo socialista-progressista – ai minimi storici dei loro consensi popolari. E con la Santa Sede appesantita da un clima di fine pontificato, dettato dalla stanchezza e dall’autoreferenzialità di Papa Francesco che nel frattempo ha sdoganato una volta e per tutte le categorie marxiste della teologia della liberazione. Un rivolgimento, questo, che mette fine all’ultima stagione di quell’assolutismo di Stato inaugurato da Lutero e protratto nella modernità in forme diverse, più o meno edulcorate, fino ai nostri giorni.
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Riforme politico-costituzionali. Milei premier, forte della sua visione liberista, riforma la Costituzione italiana per snellire un sistema che, a suo avviso, soffoca il Paese con una burocrazia eccessiva. Ridurre ulteriormente il numero dei parlamentari e rivedere le autonomie regionali sono tra le sue priorità, con l’obiettivo di rendere l’Italia più efficiente e meno legata a un passato che ne impedisce la crescita. La Flat Tax diventa il pilastro di una nuova politica fiscale, semplificando drasticamente il rapporto tra Stato e cittadini. Le modifiche non violano i principi costituzionali, ma li aggiornano per farli rispondere alle sfide del XXI secolo. L’obiettivo è un’Italia in cui il peso delle decisioni e la responsabilità ricadono sui cittadini e sulle imprese, mentre lo Stato diventa un semplice supporto, non più un ostacolo.
Una burocrazia snella. Milei porta avanti una massiccia digitalizzazione del sistema amministrativo, cercando di liberare l’Italia da una burocrazia che non solo è inefficiente, ma che soffoca la vitalità del Paese. La semplificazione delle pratiche amministrative e la razionalizzazione delle strutture statali non sono un atto di forza, ma un tentativo di rendere lo Stato più vicino al cittadino. Ogni ministero è ripensato per concentrarsi su missioni specifiche. Il Ministero dell’Economia e Innovazione, per esempio, promuove le nuove tecnologie e le start-up, mentre il Ministero della Salute è riorganizzato in modo da unire risorse pubbliche e private per un sistema sanitario più dinamico.
Economia e crescita. Al centro della sua agenda, Milei ha una sfida fondamentale: far crescere l’Italia. Il suo approccio iper-liberista smantella le sovrastrutture statali inefficaci, privatizza ciò che non funziona e attrae investimenti esteri. Non abbandona il welfare, ma lo ristruttura in modo che diventi più sostenibile e mirato. La riduzione del debito pubblico e l’aumento della competitività sono obiettivi prioritari, e con un programma che promette di abbattere la corruzione, l’Italia si prepara a una nuova stagione di crescita economica. Ma per raggiungere questi obiettivi, Milei sa che dovrà rinegoziare anche i rapporti con i grandi blocchi internazionali, in un contesto sempre più segnato da instabilità politica.
Ridisegnare i Ministeri. I ministeri vengono drasticamente ridotti e ripensati in funzione di un’Italia più efficiente. Il Ministero dell’Istruzione, per esempio, privilegia il merito, favorendo l'educazione privata come parte di un sistema misto. Il Ministero della Salute non viene smantellato, ma semplificato per combinare il meglio delle risorse pubbliche e private, migliorando l’accesso ai servizi sanitari. Ogni dipartimento si adatta a un modello di governance che premia l’efficienza e l’innovazione, senza perdere di vista la solidarietà sociale. Una società responsabilizzata che con Milei al governo, è chiamata a un nuovo patto con lo Stato. L’idea è ridurre la dipendenza da un apparato statale che ha frenato, secondo Milei, l'iniziativa individuale. Le comunità locali devono essere protagoniste nel delineare le politiche sociali, educative e culturali, stimolando una nuova stagione di libertà e responsabilità.
Un sentiment di rinascita. Con Milei al governo, gli italiani riscoprono l’orgoglio di appartenere a un Paese capace di innovare e crescere, evitando la fuga di cervelli e liberandosi di vecchie rendite di posizione e di una stagnazione culturale che ha caratterizzato l’Italia per decenni. L’entusiasmo per le riforme – ben comunicate – alimenta una nuova energia, rafforzando il legame tra i cittadini e le istituzioni. Il motto “più libertà, più merito, più semplicità” diventa il simbolo di un’Italia pronta a tornare protagonista sulla scena internazionale.
I nuovi “Patti” tra Chiesa e Stato. Papa Francesco, pur continuando a promuovere il messaggio di carità e solidarietà, è costretto ad accettare che “anche i ricchi si salvano”. Sempre più inascoltato, dovrà rivedere i diversi aspetti della sua retorica, considerando le nuove pressioni geopolitiche e la drastica riduzione delle donazioni. Il concordato è oggetto di revisione e il Vaticano deve quindi riposizionarsi, cercando di mantenere la sua influenza sulla scena globale, ma adattandosi a un mondo che sembra volere sempre meno compromessi ideologici e sempre più un ritorno all’essenza della Tradizione. Direzione verso la quale – dopo dodici anni di ubriacatura ideologica latino-americana – sembra orientarsi il nuovo conclave.
Roberto
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