Prof. A. Grillo |
Enrico
Né messa “proteiforme”, né forme parallele, né “messa matrioska”, ma tavolo comune.
Ho letto soltanto ieri lo scritto a firma Enrico su Messainlatino.it e rispondo volentieri alla sua proposta. Preciso, però, che le mie obiezioni alla teoria delle “forme parallele” parte da una evidenza dogmatica e sistematica, esattamente come le mie osservazioni sul valore non infallibile delle affermazioni sull’accesso della donna al ministero ordinato. In entrambi i casi mi muovo perfettamente all’interno del dibattito legittimo intorno a posizioni magisteriali che mancano di sufficiente argomentazione. Quello che valeva per la “forma straordinaria” vale per la “negazione di autorità” riguardo alle donne. La negazione tradizionalista della possibilità di ordinazione non è “maggiore comunione” con il magistero romano, ma sudditanza al pregiudizio
storico, che non è tipico della tradizione ecclesiale, ma è comune all’intera tradizione culturale, quando negava alla donna l’esercizio del potere pubblico (in Chiesa come nei tribunali, nelle orchestre sinfoniche come nella guida dei camions…)Vengo invece alla proposta, che interpreta, in modo forzato, la soluzione che mi pare si imponga alla discussione nata intorno alla teoria sofistica che ha pensato di poter concepire, per il rito romano, una “doppia forma parallela”, quella ordinaria e quella straordinaria. La idealizzazione astratta, che questo modello di soluzione proponeva alla vita della Chiesa, dipendeva da una teoria della “lex orandi” che finiva per duplicarsi in modo contraddittorio. Due “leges orandi” in concorrenza producevano, inevitabilmente, due “leges credendi” in contraddizione. Per questo, fin dall’inizio, anche i più ostinati difensori della teoria del parallelismo, riconobbero la necessità di procedere a “riforma del VO” per renderlo adeguato al tempo: nacquero così quei fenomeni, al limite del ridicolo se non del tragico, con cui prima la Commissione Ecclesia Dei e poi la Congregazione per la Dottrina della Fede si alambiccavano a riformare un rito che già era stato riformato tra gli anni 1965 e gli anni 90...una cosa paradossale.
Altrettanto paradossale mi pare la proposta che Enrico avanza: mi chiede se sono disponibile a fare una riforma dell’unico rito romano, reintroducendo, surrettiziamente, proprio ciò che la riforma postconciliare ha voluto superare. Qui, a me pare, non ci capiamo. Quando io parlo di un “unico tavolo” intendo dire che i testi della riforma liturgica, con la loro ricchezza (che non è “proteiforme”, ma accoglie la complessità delle forme ecclesiali) sono già, in quanto tali, capaci di ospitare differenze nella comunione. Faccio solo un esempio. Proprio il desiderio di “messa in latino” non è estraneo al nuovo rituale. Che ha la sua editio typica in latino e che come tale può essere celebrato, certamente alle dovute condizioni. Ma in latino si celebra il medesimo rito che si celebra in italiano o in tedesco, non un altro, che è superato ed emendato dal nuovo.
Se coloro che amano la tradizione, la amano davvero, non la fermano, ma la accompagnano. Il gusto per la forma, la attenzione al silenzio, la dovuta cura per ogni dimensione non verbale non sono tipiche del VO, ma hanno bisogno di assumere una loro forza e un loro stile anche nel NO, come hanno già iniziato a fare. La collaborazione di tutti coloro che perdono tempo in versioni del rito romano che non hanno più vigore permetterebbe una crescita comune, nell’unico rito, nell’unica lex orandi, sia pure in traduzione linguistiche e in forme celebrative inevitabilmente differenziate. Questo è ciò che intendo. Per farlo non è necessaria una “altra riforma”, ma una “vera formazione”, da affidare ai riti stessi, come dice bene papa Francesco in Desiderio desideravi. Non si tratta di “trovare uno spazio per il rito tridentino”, ma di assumere l’unico rito romano nella forma comune e normativa stabilita a partire da Paolo VI in poi. In fondo stare “oltre Pio V” è l’unica condizione per essere ancora cattolico-romani in modo non archeologico. L’unico tavolo può permettere quella riconciliazione che le forme parallele hanno impedito e anzi ritardato gravemente. La questione non è “vietare qualcosa” in nome della libertà. E’ piuttosto superare la illusione che “permettere forme conflittuali” avrebbe superato il conflitto. Per una comunione ecclesiale autentica, l’unica lex orandi è l’elemento che non elimina le differenze, ma che non le rende forme di identità radicalmente conflittuali. In nome della pace e della libertà la soluzione non è il “self-service”, ma la “condivisione”. Curiosamente sono i tradizionalisti a pretendere di applicare un principio che deriva dal liberalismo più individualistico. Non è un caso che in una delle ultime sue espressioni, il card. Mueller, proprio durante una ordinazione “in rito antico”, abbia rivelato, in modo inequivocabile, che la sua comprensione di una “dogmatica” della sostanza del sacramento cade nella irrilevanza della forma rituale. Perciò nuova o antica, non sembrerebbe, a suo dire, incidere sulla validità del sacramento. Proprio questo ragionamento rivela che molti dei sostenitori del VO in realtà non hanno neppure iniziato a comprendere che cosa è accaduto prima con il Movimento Liturgico e poi con il Concilio Vaticano II e la Riforma Liturgica. Ossia la riscoperta del valore dell’atto di culto per il sacramento. Una liturgia restituita ai suoi veri soggetti (a Cristo e alla Chiesa) chiede una riforma dei riti che diventa dogmaticamente decisiva. Chi non lo capisce può difendere il latino o il francese, ma non coglie che cosa è in gioco. Mi pare che il “tavolo comune” permetta invece un sereno confronto delle diverse sensibilità sul rito romano, nell’unica versione comune che abbiamo a partire dalla Riforma Liturgica. Sarebbe ingenuo e del tutto contrario al percorso di questi 60 anni, se volessimo proporre una riforma del rito di Paolo VI che ripristini la “messa tridentina” come possibilità interna alla messa nella forma ordinaria. Né le due forme parallele, né una messa “matrioska” sarebbero una risposta adeguata alla sfida che dobbiamo comunemente riconoscere, in spirito di collaborazione, ma con la chiarezza che la lex orandi è solo una: una alla volta, lungo la storia. Questa lex orandi , comune a tutti, si fa carico di portare in sé i tesori che la tradizione ha costruito lungo i secoli, in un attento discernimento tra tradizione sana e tradizione malata.
Andrea Grillo
Concordo al 100% con la posizione del prof Grillo: vi è radicale incompatibilità tra la liturgia paolina e la liturgia cattolica autentica quale celebrata, seppure evolvendosi, da due millenni.
RispondiEliminaLa conclusione è quindi chiarissima: TC segna il divorzio, cioè lo scisma, tra coloro che ritengono la forma paolina sola lex orandi della loro fede, ed coloro che sono membri fedeli della Chiesa cattolica compartendo 2000 anni di lex credendi et orandi.
Standing ovation al Professore, quindi.
Smettetela di dare spazio a questo spendo liturgia sul vostro bolg. Gli fate solo pubblicità!
RispondiEliminaPer decenni ci hanno detto chele due forme di Messa ( parliamo della struttura, non della validità che e' indiscussa), erano la stessa,unica forma di Rito Romano e non c'era soluzione di continuità , che era la stessa cosa ,tanto che decenni fa i preti piu anziani, ricordo bene, dicevano : "ma se e' la stessa cosa perché hanno cambiato ?
RispondiEliminaIl dr Grillo dice invece il contrario dei Papi e della Chiesa stessa post conciliare , che sono due forme conflittuali , ma grazie a Dio e' solo una sua opinione personale .
La Messa cosiddetta erroneamente di San Pio V e' una Messa di stampo benedettino ,infatti non a caso la storia ci consegna che i benedettini hanno fondato la liturgia e la fede cristiana europea per oltre un millennio (eccetto in Spagna), il che non e ' irrilevante .
Storicamente poi non ha senso affermare che la messa attuale e' quella "restituita alla Chiesa " perche' la struttura di base della messa attuale e' quella della messa anglicana alta formulata dall'arcivescovo anglicano Cranmer nel 1540 e non puo essere quella della Chiesa Primitiva .
Mi sembra che a volte ci sia molta confusione ...e si tenda a far prevalere gusti e idee personali sulla oggettività dei fatti storici .
PS
RispondiEliminaTeniamo presente che San Paolo VI autore della Riforma Liturgica , aveva detto autorevolmente a mons. Bugnini che il testo della Messa in latino nel nuovo messale andava posto accanto al testo in italiano.
Quindi San Paolo VI non considerava affatto in conflitto le due forme liturgiche .
Ma Bugnini ,come in tante altre cose , non ascolto' San Paolo VI
Paradossalmente mi trovo d'accordo col super protestante Grillo! Tra i due riti vi è incompatibilità assoluta, come tra la lex credendi della Chiesa preconciliare e quella della Chiesa postconciliare!! Cosa che molti tradizionalisti, per ragioni anche comprensibili, si ostinano a negare, sperando di rendere compatibili diavolo e acqua santa!! E invece, purtroppo, non è così e Grillo lo conferma!! D'altronde basta leggere le ultime esternazioni del cardinale Zuppi sulle famiglie queer e sul valore della fede per rendersene ulteriormente conto! Siamo innanzi ad un'altra Chiesa, che non è più la Chieda Cattolica!!!
RispondiEliminaNon fate pubblicità a Grillo, per favore!
RispondiEliminaOttima risposta! Grande prof. Grillo.
RispondiEliminaSu "La Verità" di domenica 7 luglio Martin Mosebach definisce la riforma di Paolo VI "il rito di una religione assai diversa (...) e cioè una religione antropocentrica, non più teocentrica. Chiunque abitualmente confida nei propri occhi lo può accertare".
RispondiEliminaLa stessa cosa dice Grillo, ed ha ragione, nonostante la sua valutazione di merito sia opposta. Il fatto che due riti così antitetici esprimano due religioni diverse non dovrebbe essere fuori discussione dopo quasi sessant'anni? Abbiamo addirittura a disposizione una "storia degli effetti", cosa che gli estensoridel "Breve esame critico" non potevano avere. E questi effetti dicono che il rito di Paolo VI induce a livello generale un cambiamento nella fede.
A mio modesto parere, se si nega questa evidenza ci si condanna a chiedere "libertà per la TLM" (che andrebbe bene come argomento ad hominem, cioè complementare ad altri argomenti) nell'ottica del liberalismo soggettivista che giustamente Grillo stigmatizza in questo passaggio:
"Curiosamente sono i tradizionalisti a pretendere di applicare un principio che deriva dal liberalismo più individualistico".
La tradizione come "preferenza" di qualcuno esce perdente dal confronto non con Grillo, ma con la realtà della rivoluzione liturgica degli anni Sessanta.
Cordialmente,
don Mattia Tanel
Non sono d'accordo in niente.
EliminaLa Messa della Chiesa cattolica romana, che si esprime nel rito di S. Paolo VI non ha nessuna antitesi con la forma precedente.
È inutile, sangue dal muro non se ne cava!
RispondiEliminaRimaniamo saldamente su san Pio V, arriviamo anche sino a Pio XII per non correre il rischio, sempre più concreto, di ritrovarsi protestanti a propria insaputa.
RispondiEliminaE' interessante notare come ormai si ragioni intellettualmente in termini protestanti, esattamente come si ragiona in termini massonici, pur tenendosi dentro il recinto cattolico.
Il cattolicesimo è diventato un "contenitore" dove si butta dentro di tutto, mantenendo di cattolico solo l'involucro. A questo gioco al massacro NON CI STO.
Concordo con il Prof. Grillo. Lex orandi Lex credendi. Però la Santa Chiesa dovrebbe reprimere con più vigore tutti gli abusi liturgici, intra ed extra moenia. Inoltre dovrebbe proibire la celebrazione di più messe poco partecipate e poco curate nelle varie parrocchie: alla domenica una sola messa, partecipata, solennizzata dal servizio all'altare, dal coro, dall'organo se possibile. Al pomeriggio i Secondi Vespri con la Benedizione Eucaristica. Chi vorrà andare a messa ci andrà, se no la guardano in TV.
RispondiEliminaDa prete cattolico stanco di questo modernismo che sfianca una Chiesa già sfinita, dico al professor Grillo che è Gesù Cristo stesso a non aver scelto donne nè tra i 12, nè tra i 72... senza diminuire mai di un briciolo la dignità femminile e che questa non fu una questione di tradizione culturale, ma di volontà di Dio a meno che egli voglia relativizzare il Figlio di Dio stesso. Questa scelta di Cristo ci è da luce in questo tempo di confusione e di ideologie. Non fu una scelta di San Giovanni Paolo II, ma di Cristo stesso. Il Papa definì infallibilmente ciò che Cristo già aveva stabilito.
RispondiEliminaNon sono un amante del VO riesumato o messo in parallelo, ma il NO è un rito azzoppato... basti pensare all'offertorio... mi chiedo semplicemente questo: perchè dopo il Concilio Vaticano II si sono svuotati i seminari e i conventi? Perchè i figli della Chiesa di oggi, i giovani delle nostre comunità, non cercano più la Messa , la Confessione e la Comunione, ma si accontentano dell'aggregazione e del volontariato, del supporto all'ideologia gender, aborto e al femminismo nella Chiesa? Forse perchè qualcosa di moderno nella Lex orandi ha mutato la Lex credendi? E perchè i pochi giovani in ricerca che incontro guardano molto spesso al passato, a liturgie ben celebrate, a religiosi in abito religioso, alla vita dei Santi, a realtà dove si prega e adora veramente, dove si parla dei novissimi, dei consigli evangelici, della penitenza, della virtù, della salvezza dell'anima, dei Sacramenti, del vivere in stato di grazia?
Se davvero dobbiamo cercare un unico rito dobbiamo pensare di recuperare quelle radici autentiche che ravvivino la fede del Popolo Cristiano che negli ultimi 50 anni si è spenta drasticamente.
Al posto che dettare legge dall'alto
e tentare invano di spegnere focolai di tradizionalismo che ormai ardono ovunque, forse qualche mea culpa dobbiamo cominciare a farcelo.
I ragionamenti di codesto intellettuale e suoi simili, sono come il nodo di Gordio. La ricetta giusta per districarli è il colpo di spada.
RispondiEliminaLa ferma e lucida determinata logica di un rivoluzionario che nulla concede e nulla vuole . Non ce niente da fare
RispondiEliminaGrillo!!?? . Quel che si dice avere grilli per la testa. Comunque sembra tale ipotesi estrema sulla messa tridentina, dia stata accantonata persino dal Papa , il provvedimento che doveva presentarsi per il 16 Luglio e ' stato riposto nel cassetto, visto il muro di resistenze che si era venuto a creare in tutto il mondo con tanto di appelli e resistenza inossidabile.
RispondiEliminaBuongiorno,
RispondiEliminaio ritengo che la la riforma postconciliare sia stata necessaria e utile. Non ritengo che è a causa di essa che le chiese siano vuote, e i nostri giovani cerchino altri modelli o inseguano falsi dei. Semplicemente è venuto a galla tutto quello che per secoli è stato nascosto, si andava in chiesa per abitudine se non per obbligo anche in alcuni casi delle autorità statali. L'uomo finalmente libero, può scegliere, come giusto che sia se seguire la via della luce o la via delle tenebre. La messa NO se celebrata secondo tutte le norme, non è per niente protestante o anglicana ma semplicemente CATTOLICA ROMANA. E' la forma di lex orandi corretta per i nostri tempi, come il VO lo è stata per 500 anni. Prima di San PIO V sfido chiunque a sapere come si celebrasse nel mondo latino. Che poi il VO sia la messa di sempre è una fantasia sciocca. La Messa VO avrà preso le cose buone delle liturgie anteriori e le ha utilizzate, cosi come ha fatto la Messa NO che non ha gettato a mare tutto il passato, ha semplicemente eliminato quello di superfluo e di inutile che si era sovrapposto con il passare del tempo. La liturgia è sempre quella il MISTERO DI CRISTO che si tramanda lungo i secoli, le forme mutano, ma la sostanza resta. Forse dovremmo pregare tutti non tanto per tornare indietro ma per guardare avanti e chiedere sacerdoti che sappiano celebrare bene il rito di SAN PAOLO VI che è l'unico rito romano della Chiesa. Sulla questione del sacerdozio femminile le parole di GPII sono importanti e pesanti ma non sono dette Ex Cathedra non godono quindi dell'inffallibilità papale, anche se ritengo personalmente che le donne hanno altri carismi e l'ordine sacro può restare tranquillamente agli uomini. Intanto Cristo è apparso a Maria per primo dopo la risurrezione divenendo APOSTOLA DEGLI APOSTOLI. la sensibilità femminile è infinitamente superiore a quella di noi uomini.
Cordialmente
Davide