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mercoledì 3 luglio 2024

L’attaccamento della Société des Missionnaires de la Miséricorde Divine al rito tradizionale di ordinazione

Vi proponiamo – in nostra traduzione – la lettera numero 1061 pubblicata da Paix Liturgique il 1º luglio, in cui si approfondisce il caso del blocco – imposto dal Vaticano – delle ordinazioni dei seminaristi della Société des Missionnaires de la Miséricorde Divine della Diocesi di Fréjus-Tolone (ne abbiamo scritto nei giorni scorsi QUI e QUI).
La principale – se non unica – questione è l’attaccanento della comunità, riconosciuto dal suo stesso statuto, alla liturgia tradizionale ed il suo ottimo inserimento nelle Diocesi francesi in cui è presente.
L’articolo – per spiegare il contesto in cui si inserisce la vicenda e le ragioni della Société des Missionnaires de la Miséricorde Divine – compie un importante esame del rito dell’Ordine sacro nella sua evoluzione (o involuzione) dal rito tradizionale a quello moderno, mettendo in luce il suo impoverimento, il quale ha portato anche se una significativa secolarizzazione del clero nel suo complesso.

L.V.


Don Jean-Raphaël Dubrule, Superiore della Société des Missionnaires de la Miséricorde Divine della Diocesi di Fréjus-Tolone, ha rilasciato la seguente dichiarazione [QUI; QUI su MiL: N.d.T.]:

Uno dei cinque seminaristi della Société des Missionnaires de la Miséricorde Divine è in attesa dell’ordinazione diaconale e poi sacerdotale da più di due anni, e gli altri quattro da un anno. Questa attesa non è più legata alla situazione della Diocesi di Fréjus-Tolone, dove le ordinazioni sono riprese, ma alla celebrazione con il rito tradizionale, previsto dagli statuti della Comunità.
A seguito di numerose discussioni con le autorità romane competenti, guidate da mons. François Touvet, Vescovo coadiutore di Fréjus-Tolone, che ringrazio vivamente per il suo grande sostegno alla nostra Comunità, sembra che la situazione sia bloccata non solo per il rito dell’ordinazione, ma anche per la possibilità per i futuri sacerdoti di poter celebrare nel rito tradizionale. Le autorità romane non sono certe di questa possibilità, ed è quindi possibile che i candidati vengano ordinati senza avere il diritto di celebrare secondo il rito tradizionale. In tal caso non sarebbero più in grado di esercitare il loro ministero all’interno della Comunità e in conformità con gli statuti.
Di fronte alle numerose domande dei fedeli, abbiamo ritenuto necessario spiegare il motivo di questo ritardo e la posta in gioco. L’obiettivo è quello di invitare ad una preghiera molto intensa, mentre continua il dialogo con le autorità romane. Questa prova non ci fa assolutamente rimpiangere il lavoro di integrazione diocesana che la comunità sta facendo e vivendo. Richiede preghiera e rinnovata vigilanza.
Che Gesù misericordioso ci protegga e ci rafforzi.

In un’omelia pronunciata il 29 giugno al termine della Messa di ordinazione nella Cathédrale Notre-Dame-de-la-Seds di Tolone, mons. François Touvet, Vescovo coadiutore di Fréjus-Tolone, ha risposto a don Jean-Raphaël Dubrule (QUI):

Senza entrare troppo nei dettagli, voglio che sappiate che sto facendo del mio meglio per garantire che le ordinazioni [dei seminaristi della Société des Missionnaires de la Miséricorde Divine] abbiano luogo. Al di là delle questioni liturgiche, è in gioco una conversione spirituale e pastorale, che consiste nel riconoscere da un lato che la vocazione è una chiamata del Signore e della sua Chiesa, alla quale il seminarista risponde incondizionatamente, e dall’altro che la comunità è ben integrata nella Diocesi di Fréjus-Tolone e può svolgere un ruolo importante, qui e altrove, nell’opera di comunione con i fedeli legati al Messale tradizionale.
Esprimo ancora una volta la mia fiducia a don Jean-Raphaël Dubrule e alla sua comunità. Essi sanno anche che li accompagnerò con la preoccupazione dell’obbedienza e della comunione con la Sede Apostolica.

In gioco c’è il futuro di questa comunità e, più in generale, l’inserimento del rito tradizionale nelle Diocesi. Non bisogna essere dei grandi strateghi per dire che il tempo è dalla parte della Société des Missionnaires de la Miséricorde Divine se persiste nella sua paziente e pacata determinazione. Stanno offrendo cinque sacerdoti in rito tradizionale e per il rito tradizionale: non vogliamo più sacerdoti così?

Il contesto

Va ricordato che nel settembre 2005, due anni prima della lettera apostolica «motu proprio data» Summorum Pontificum, mons. Dominique Marie Jean Rey Comm. l’Emm., Vescovo di Fréjus-Tolone, aveva costituito una comunità di diritto diocesano, la Société des Missionnaires de la Miséricorde Divine, a cui aveva affidato una Parrocchia personale a Tolone, con sede nella Église Saint-François-de-Paule, don Fabrice Loiseau, fondatore della comunità e all’epoca Superiore della stessa, è stato nominato Parroco di questa Parrocchia personale, che offre ai parrocchiani tre Messe domenicali tradizionali e un’intensa vita liturgica durante la settimana. I sacerdoti della Société des Missionnaires de la Miséricorde Divine servono anche la Parrocchia di San Carlo Borromeo a Marsiglia, di cui don Éloi Gillet è amministratore. Hanno anche apostolati a Draguignan, Lione, Strasburgo e Colmar. La comunità conta oggi 34 membri, di cui 13 impegnati in modo permanente.

Le pressioni a cui è sottoposta questa comunità sono rivolte ai sacerdoti diocesani che celebrano la liturgia tradizionale in modo normale, e non si dirà mai abbastanza che sono i primi a essere presi di mira dalla lettera apostolica in forma di «motu proprio» Traditionis custodes sull’uso della liturgia romana anteriore alla riforma del 1970.

La loro determinazione a insistere nella celebrazione del sacramento dell’Ordine nella forma tradizionale è la conseguenza più grande.

La liturgia tradizionale è un blocco

Ci sia perdonato di aver usato le parole molto azzeccate di Georges Eugène Benjamin Clemenceau sulla Rivoluzione francese [«Messieurs, que nous le voulions ou non, que cela nous plaise ou que cela nous choque, la Révolution française est un bloc dont on ne peut rien distraire, parce que la vérité historique ne le permet pas», Camera dei deputati, 29 gennaio 1891, QUI: N.d.T.] e di averle applicate alla liturgia tradizionale. In realtà, la riforma della liturgia è stata concepita come, e si è rivelata, una vera e propria rivoluzione iniziata nel 1964, data della creazione del Consilium ad exsequendam Constitutionem de Sacra Liturgia [Consiglio per l’attuazione della Costituzione sulla Sacra Liturgia: N.d.T.] del Concilio Vaticano II, che ha immediatamente decretato le prime riforme.

L’intera liturgia – Messa, sacramenti, benedizioni, esorcismi, consacrazioni di persone, Ufficio divino – viene completamente rivista in pochi anni dal Consilium, che lavora in stretta collaborazione con San Paolo VI. Lo spirito generale era quello di «tornare alle fonti» oltre il Medioevo, e di riscoprire una liturgia, diciamo del IV secolo, come immaginata dai riformatori, che oggi sappiamo essere più di fantasia che di rigore storico, e di adattarla allo spirito del nostro tempo e a ciò che esso è in grado di comprendere (in particolare, per quanto riguarda la Messa, cancellandone l’aspetto sacrificale).

Di fatto, tutto si incastra in questa liturgia completamente nuova, che doveva esprimere – con il successo che conosciamo – la «nuova primavera della Chiesa». Ma deve anche essere difesa tatticamente in blocco. Rinunciare a un punto, come alcuni credono di poter fare, significa essere pronti a rinunciare a tutto. Infatti, per i sacerdoti devoti alla liturgia tradizionale, che operano in una situazione di minoranza, rifiutare di celebrare la Messa nel nuovo rito, ma accettare il nuovo Ufficio, questo o quel nuovo sacramento ecc. non è coerente e introduce pericolosamente una falla nella loro linea di difesa.

I difetti intrinseci delle nuove ordinazioni

Inoltre, è importante sapere perché il rito del sacramento dell’ordine nella nuova forma è teologicamente inferiore al rito del sacramento nella forma tradizionale.

Il sacramento dell’Ordine è stato riorganizzato, per quanto riguarda l’ordinazione di Vescovi, sacerdoti e diaconi, da un nuovo rito, la cui ultima edizione tipica risale al 1990, e per quanto riguarda la «istituzione» (e non più l’ordinazione) ai ministeri, da un rito del 1972. Rispetto al Pontificale tradizionale, i difetti sono evidenti.

Vanno notati diversi punti.

 […]

L’impoverimento simbolico dell’ordinazione sacerdotale

D’altra parte, è chiaro che i cambiamenti e le omissioni nel rituale dell’ordinazione sacerdotale, la cui forma non è stata alterata, lo hanno notevolmente impoverito:

  1. la tradizione della stola, nell’ordinazione tradizionale, avviene incrociando la stola sul petto del sacerdote, per mostrare che è legato dall’obbedienza al Vescovo, con queste parole: «Accogliete il giogo del Signore, perché questo giogo è dolce e questo peso leggero». L’imposizione della casula, il cui retro rimane ripiegato, avviene con queste parole: «Ricevi la veste del sacerdote, che rappresenta la carità, perché Dio è tanto potente da accrescerla nella tua anima e così perfezionare la sua opera». Al termine della Santa Messa, la casula viene srotolata dopo una nuova imposizione delle mani (una prima imposizione delle mani viene fatta al momento del conferimento del sacramento) accompagnata da queste parole: «Ricevi lo Spirito Santo; i peccati saranno rimessi a coloro ai quali li rimetterai e conservati da coloro ai quali li conserverai», il tutto a significare la pienezza dei poteri sacerdotali conferiti. Nel nuovo rituale, questo intero rito viene omesso: gli altri sacerdoti aiutano il nuovo sacerdote a indossare la stola non incrociata e la casula spiegata senza alcuna parola speciale;
  2. l’unzione delle mani del sacerdote, nell’ordinazione tradizionale, viene fatta, durante il canto del Veni Creator, con l’olio dei catecumeni, per distinguerla dalla consacrazione dei Vescovi, mentre nel nuovo rito viene fatta con il santo crisma, l’olio tradizionale della consacrazione dei Vescovi;
  3. nell’ordinazione tradizionale, la «porrectio», la presentazione al nuovo sacerdote di un calice contenente vino mescolato con acqua e recante una patena su cui è posta un’ostia, avviene con le seguenti parole particolarmente esplicite: «Ricevi il potere di offrire un sacrificio a Dio e di celebrare Messe per i vivi e per i morti». Questa formula è così significativa che era stata considerata da molti teologi, tra cui San Tommaso d’Aquino, come la forma stessa dell’ordinazione sacerdotale, fino a quando la Costituzione Apostolica di Pio XII indicò le parole che d’ora in poi dovevano essere considerate come la forma del sacramento: «Ti prego dunque, o Padre onnipotente, di dare ai tuoi servi la dignità del sacerdozio…». Il nuovo rituale annacquò il più possibile la formula di pontificatio. Il Vescovo ora dice solo: «Ricevi l’offerta del popolo santo da presentare a Dio. Siate consapevoli di ciò che farete, vivete ciò che realizzerete"» L’espressione, troppo medievale, di «potere offrire un sacrificio a Dio e celebrare Messe per i vivi e per i morti» è stata censurata.

La secolarizzazione degli ordini sacri

La riforma ha portato anche a una significativa secolarizzazione del clero nel suo complesso. Uno dei documenti più rivoluzionari della riforma liturgica è stato senza dubbio la lettera apostolica in forma di motu proprio Ministeria quædam con la quale nella Chiesa latina viene rinnovata la disciplina riguardante la Prima Tonsura, gli Ordini minori e il Suddiaconato di San Paolo VI del 15 agosto 1972, che ha abolito l’immemorabile gradazione nel rito romano degli ordini sacri, Ostiariato, Lettorato, Esorcistato, Accolitato, per gli Ordini minori, Suddiaconato, Diaconato, Sacerdozio, per gli Ordini maggiori, una gradazione antica quanto la liturgia latina di Roma, visto che una lettera di Papa Cornelio del 251 ne parla.

San Paolo VI ha abolito cinque dei sei ordini tradizionali che portavano all’ordinazione sacerdotale (i quattro ordini minori di ostiario, lettore, esorcista e accolito, e il primo ordine maggiore, il suddiaconato), così come la tonsura che li precedeva e che dava accesso giuridico al clero.

Rimane solo l’ordine maggiore del Diaconato, attraverso il quale ora si diventa chierici, e due ministeri istituiti, quello di lettore e quello di accolito, che non si ricevono attraverso ordinazioni ma attraverso semplici mandati affidati a persone che rimangono laici, alcuni dei quali si preparano al sacerdozio e altri no, tra i quali, a partire dalla lettera apostolica in forma di «motu proprio» Spiritus Domini sulla modifica del can. 230 § 1 del Codice di Diritto Canonico circa l’accesso delle persone di sesso femminile al ministero istituito del Lettorato e dell’Accolitato del 20 gennaio 2021, papa Francesco potrà nominare anche donne come lettori e accoliti (lettrici ed accolite?).

***

È chiaro, quindi, che ci sono ragioni importanti per la pretesa dei seminaristi della Société des Missionnaires de la Miséricorde Divine di ricevere i vari ministeri sacri, dall’ordine di ostiario a quello di presbitero. Esse si possono riassumere nel fatto che la nuova lex orandi è notevolmente più povera della lex orandi tradizionale. È quindi nostro dovere sostenere con la preghiera e l’incoraggiamento l’atteggiamento della Société des Missionnaires de la Miséricorde Divine verso questa forma tradizionale del sacramento nei suoi vari gradi. Per questo ci siamo uniti all’Union Lex Orandi nella sua dichiarazione su questo tema [QUI; QUI su MiL: N.d.T.]:

il Superiore della Société des Missionnaires de la Miséricorde Divine e i seminaristi della sua comunità hanno scelto la via dell’onore. […] Ci mostrano la strada. È possibile che, tra non molto, ogni fedele si trovi di fronte alla stessa scelta. In tal caso, dovremo mantenere il nostro amore per la Chiesa e la correttezza delle verità trasmesse. Dovremo resistere alle pressioni e proclamare l’ovvio: nessuna autorità può violare la coscienza dei fedeli che desiderano santificarsi con i mezzi che la Tradizione della Chiesa offre loro in modo inalienabile.

2 commenti:

  1. Adesso qualcuno mi spieghi la differenza tra questo scritto ed un qualunque pamphlet della chiesa lefebvriana.

    Poi qualcuno si altera quando trova dei vescovi non troppo bendisposti verso i movimenti tradizionalisti.
    Piuttosto vorrei chiedere a quei vescovi simpatizzanti (o, per esempio, a parroci che hanno uno di quei gruppi in parrocchia), cosa ne pensano di prese di posizioni come questa che rasentano lo scisma.

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  2. Questo scritto mi pare molto discutibile.

    In primis le formule liturgiche che riporta sono delle traduzioni delle formule usate in Francia (nota per avere traduzioni molto lasche): per esempio quella riportata come 'Ricevi l’offerta del popolo santo da presentare a Dio. Siate consapevoli di ciò che farete, vivete ciò che realizzerete' in Italia è 'Ricevi le offerte del popolo santo per il sacrificio eucaristico.
    Renditi conto di ciò che farai, imita ciò che celebrerai, conferma la tua vita al mistero della croce di Cristo.' Non sarà sacrificale come la vecchia formula, questo è poco ma sicuro, ma lo è!

    Ignora poi sistematicamente tutte le volte che viene menzione il potere del presbitero di celebrare il sacrificio eucaristico: espressioni tipo 'Vuoi celebrare con devozione e fedeltà i misteri di Cristo secondo la tradizione della Chiesa, specialmente nel sacrificio eucaristico' , 'perché il tuo popolo sia rinnovato con il lavacro di rigenerazione e nutrito alla mensa del tuo altare' 'ti custodisca per la santificazione del suo popolo e per l’offerta del sacrificio.' manco vengono menzionate.

    Non si menziona minimamente il fatto che i vecchi riti di ordinazione erano un insieme di aggiunte diverse, fatte in epoche diverse, che impedivano di trovare un punto focale nel rito e certe volte erano molto problematici: per esempio al sacerdote veniva prima simbolicamente dato il potere di celebrare la Messa, quindi celebrava la sua prima Messa e solo dopo gli veniva dato il potere di rimettere i peccati. Questa forma celebrativa aveva dato alla teoria teologica che questi due poteri/funzioni fossero separabili e dati veramente in due momenti distinti.
    E di simili teorie strane ve ne erano molte...

    La riforma dei riti di ordinazione è stato un tentativo di rendere più lineare e comprensibile un sistema rituale divenuto caotico e difficile da comprendere persino per gli specialisti.
    Il risultato ovviamente è criticabile, e molte cose lo sono veramente, come ever messo mano in modo veramente pesante all'antica preghiera romana di ordinazione (seppur con la nobile intenzione di associare il presbiterato a Cristo Sacerdote) e aver soppresso la seconda preghiera di ordinazione (di origine gallicana e anch'essa molto antica)

    Ma voler sostenere che abbia voluta tagliare l'aspetto sacerdotale e sacrificale, per di più con queste analisi parziali, è scorretto.

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