E qui comando io ….. e questa è casa mia
ogni dì voglio sapere, ogni dì voglio sapere;
e qui comando io e questa è casa mia,
ogni dì voglio sapere chi viene e chi va.
Devi pagarle con sangue e dolor,
finché la luna, finché la luna,
devi pagarle con sangue e dolor,
finché la luna non cambia i color. …».
A quanto pare – ci sia permessa la battuta
– nei Palazzi, un tempo Sacri, si canterebbe questa deliziosa canzoncina. E lo
crediamo! Chi abita i Palazzi, un tempo Sacri, ne avrebbe ben donde.
Specie dopo l’ultimo rescritto di Francesco
in tema di locazioni degli immobili della Santa Sede offerti a cardinali e
prelati. E non solo.
Piccolo antefatto, che volentieri riprendiamo dal sito Messa in latino, il quale, per primo, a quanto ci consta, ne dava la notizia qualche giorno fa.
Il tema degli immobili della Santa Sede,
offerti gratuitamente o a canoni vantaggiosi, ad onor del vero, costituiva, da
anni, una questione spinosa, che aveva dato luogo anche a polemiche e saggi
volti a criticare le scelte della Santa Sede in tale ambito. Molti
probabilmente ricorderanno gli “scoop” del giornalista Gianluigi Nuzzi (basti
pensare al suo famoso libro Via Crucis)
o di varie testate (v. qui) o all’altrettanto famoso servizio della
trasmissione Le Iene risalente al 2016.
Trattandosi di un tema scottante, Francesco
ha pensato di intervenire. Nel decennale della sua salita al trono, non
avendone ravvisato prima – chissà perché – la necessità. Forse – azzardiamo
un’ipotesi – si trattava di una carta mediatica da giocare nei momenti in cui
la sua azione fosse apparsa debole o, per lo meno, “coperta” dal clamore
mediatico di scandali od eventi in grado di offuscarne l’immagine. Ovviamente,
tale intervento è avvenuto a modo suo.
Apprendiamo, dunque, che, a seguito
dell’udienza concessa allo spagnolo dott. Maximino Caballero Ledo, Prefetto
(laico) della Segreteria per l’Economia, lo scorso 13 febbraio 2023, Francesco,
per far fronte agli asseriti e non meglio specificati impegni crescenti che la
Santa Sede per l’adempimento del suo servizio della Chiesa tutta e ai bisognosi
(!!!), tramite il Prefetto, emanava un rescritto, nel quale chiedeva di
destinare e riservare alla Sede Apostolica maggiori risorse economiche anche
incrementando i ricavi alla gestione del patrimonio immobiliare.
Fin qui non ci sarebbe nulla di strano, se
non che viene il sospetto che la richiesta di maggiori risorse, a nostro modo
di vedere, probabilmente tradisca le difficoltà delle casse della Santa Sede di
poter andare avanti. D’altronde, già nel marzo 2021 Francesco era intervenuto, a seguito del
disavanzo del bilancio della Santa Sede verificatosi negli ultimi anni (grazie
alle contrazioni delle offerte provenienti dai fedeli per via pure degli
scandali economico-finanziari per i quali vi sono procedimenti in corso ed in
ossequio alla richiesta francescana di una “povera chiesa”!), “aggravato” dalla
pandemia di coronavirus, disponendo un taglio degli stipendi nella Curia romana
che arrivava al 10% nel caso dei cardinali, dell’8% nel caso degli alti
incarichi della Curia e del 3% nel caso dei religiosi ed ecclesiastici con
funzioni non-direttive.
Per questo, Francesco, nel nostro
rescritto, stabiliva alcune misure.
1. Aboliva,
con effetto ex tunc, e non già ex nunc come ci si sarebbe attesi,
qualsiasi disposizione, da chiunque emanata, che prevedesse un godimento (uso
alloggio gratuito o a canone vantaggioso) a Cardinali, Capi Dicastero,
Presidenti, Segretari, Sotto Segretari, Dirigenti ed equiparati, ivi inclusi
Uditori ed equiparati, del Tribunale della Rota Roma, degli immobili di
proprietà delle Istituzioni Curiali e degli Enti, che fanno riferimento alla S.
Sede, inclusi nella lista allegata allo Statuto del Consiglio per l’Economia
comprese le Domus.
2. Stabiliva
il divieto per tutti gli Enti di dare ai soggetti di cui innanzi il c.d.
“contributo alloggio” o contributi similari con finalità di compartecipare al
canone di locazione o alle spese per l’alloggio.
3. Gli Enti
proprietari applicheranno, d’ora innanzi, ai soggetti di cui sopra gli stessi
prezzi applicabili a chi non avesse un incarico nella S. Sede o nello Stato
della Città del Vaticano: vale a dire il canone di mercato, che specie per
quelli in zona Vaticano a Roma possono raggiungere i 4-5.000,00 euro al mese!
4. Eventuali
eccezioni alla normativa dovranno essere autorizzate “da Egli” (sic!), cioè da
Francesco in persona.
5. Il
provvedimento non avrebbe avuto effetto sulle agevolazione già concesse alla
data della sua entrata in vigore né sui contratti stipulati anteriormente a
questa data. Tali contratti sarebbero proseguiti sino alla loro naturale
scadenza. Ma la proroga o i rinnovi – salvo per quelli obbligatori stabiliti
dalla legge o dal contratto – potrebbero avvenire soltanto nel rispetto delle
nuove citate disposizioni.
6. Le
richieste di alloggio o le agevolazioni, presentate successivamente al 31
dicembre 2022 e che non fossero ancora state concesse o in relazione alle quali
non sarebbe stato ancora stato sottoscritto il contratto da entrambe le parti,
sarebbero state trattate secondo la nuova disciplina di cui al rescritto.
7. Il rescriptum avrebbe avuto efficacia
immediata e sarebbe stato pubblicato negli Acta
Apostolicae Sedis e nel Cortile di San Damaso!
Alcune piccole notazioni.
Non entriamo negli aspetti propriamente
legati alla morale: sul punto rinviamo al contributo di Stefano Fontana. Ci soffermeremo solo sugli aspetti
giuridico-pratici.
Il primo, non trascurabile: questo atto
amministrativo non consta che sia stato approvato in forma specifica da
Francesco. Si tratta di un atto a firma del Prefetto e di sua provenienza. Il
che ne fa un atto di per sé impugnabile dinanzi alla Segnatura Apostolica
(sebbene, per la verità, con un difficile esito positivo). In altre parole, il
rescritto è un atto, che raccoglie dalla viva voce dell’autorità (oracolo a
viva voce), le sue volontà, mettendole per iscritto. Ma solo l’approvazione in
forma specifica da parte della medesima autorità lo rende non impugnabile. Nel
nostro caso, per di più, non consta che il Prefetto l’avesse richiesta né
tantomeno che Francesco l’avesse concessa.
Il Regolamento Generale della Curia Romana del 1999, che, nonostante l’abrogazione
della costituzione Pastor bonus di
Giovanni Paolo II, ad opera della Cost. ap. Praedicate
evangelium sulla Curia Romana (entrata in vigore il 19 marzo 2022), è
tuttora vigente nei limiti in cui non sia incompatibile con la nuova normativa[1],
stabilisce all’art. 126 § 1: «Il
Dicastero che ritiene opportuno chiedere al Sommo Pontefice l’approvazione in
forma specifica di un suo atto amministrativo, deve farne richiesta per
iscritto, adducendone i motivi e presentando il progetto di testo definitivo.
Se l’atto contiene deroghe al diritto universale vigente, esse devono essere
specificate ed illustrate».
Al § 4: «Affinché consti dell’approvazione in forma specifica si dovrà dire
esplicitamente che il Sommo Pontefice “in forma specifica approbavit”».
Come abbiamo detto, a norma del citato art.
126 del Regolamento di Curia, il rescritto in questione non sembra sia stato
approvato in forma specifica, ed a rigore neppure in via generica[2], non
constando dal suo tenore il ricorso alla formuletta indicata dal Regolamento o
ad altra equivalente.
È vero che sotto Francesco siamo stati
abituati a prassi di Curia un po’ diverse da quelle seguite sino al 2013 dai
Dicasteri della Santa Sede, tuttavia, l’assenza di quelle forme legali fa sì
che l’atto possa essere impugnato dinanzi al giudice amministrativo della Santa
Sede (la Segnatura Apostolica).
Seconda notazione: Francesco stabilisce in
questo rescritto che chiunque fruisca di un immobile di proprietà della Santa
Sede dovrà corrispondere, in caso di nuovo contratto di locazione, un canone
corrispondente a quelli di mercato, che, in zona Vaticano, a Roma, possono
sfiorare i 4-5.000,00 euro mensili. Come nota il giornalista Philip Pullella, citando fonti anonime, «molti vescovi e
sacerdoti, che lavorano in Vaticano, ricevono stipendi inferiori rispetto ad
alcuni dei loro omologhi in altri paesi» («[…] particularly as many bishops and priests working in the Vatican receive
lower salaries than some of their counterparts in other countries»). Con la
conseguenza ovvia: questi, a causa dei nuovi canoni locatizi imposti secondo
prezzi di mercato, saran costretti a lasciare i propri alloggi, e chissà anche
il loro lavoro, con ripercussioni sull’attività della Santa Sede, che così
faticherà a trovare, a fronte di retribuzioni inferiori rispetto a realtà
omologhe di altri Paesi, dei lavoratori, disposti anche a sostenere un costo
locatizio non indifferente.
Certo, si potrebbe obiettare che nel
rescritto è stata prevista una deroga, purché stabilita da Francesco in
persona.
Una deroga che, priva di parametri
oggettivi, rischierà di trasformarsi in un autentico arbitrio.
Da parte, infatti, l’ennesima conferma
dell’imprinting fortemente
accentratore dato da Francesco al suo regno (che dovrà occuparsi, ora, anche di
questioni minime quali quelle degli affitti degli alloggi della Santa Sede!),
come avevamo già posto in luce nei giorni scorsi, con buona pace di principi di
sussidiarietà, condivisione, sinodalità, ecc., per come è formulato il
rescritto, priva com’è di parametri oggettivi, potrà costituire per
l’albiceleste sovrano uno strumento utile per eliminare qualsiasi dissenso nei
suoi confronti.
Come insegnava quel volpone della politica
qual era Giovanni Giolitti, la legge per
gli amici si interpreta, per i nemici si applica.
Forse comprendiamo le ragioni di quella
riserva espressa e senza parametri fissata da Francesco in proprio favore: non
crediamo che sia lontano dal vero ritenere che Egli, anche attraverso questo
mezzo, cioè la mannaia dei canoni di locazione a prezzo di mercato (che viene ad
incidere direttamente sulle tasche degli interessati), con la sua
misericordiosa misericordia, possa tentare di eliminare qualsiasi voce
contraria alle sue scelte ed, al contempo, isolare eventuali contestatori alla
sua linea, che pur ci sono nei Palazzi un tempo sacri. È evidente, infatti, che
un prelato, che più o meno apertamente, possa mettere in discussione la linea
francescana, si vedrà, se non privato dell’alloggio, applicare il nuovo canone
in sede di rinnovo o proroga del contratto locatizio, con la conseguenza che
dovrà chiedere allo stesso Francesco la graziosa
concessione di beneficiare dell’eccezione. È chiaro che il nostro albiceleste
sovrano richiederà in contropartita, con verosimiglianza ed in barba alla parresia, una cieca ed assoluta fedeltà
ed obbedienza.
La terza annotazione. Che dire, quindi, in
generale di questo provvedimento?
Si tratta di un provvedimento ingiusto, che
pur ha cercato di mettere ordine in un ambito che aveva dato a sacche
ingiustificate di privilegi.
L’ingiustizia sta, da un lato, nell’aver
commisurato i canoni di locazione sic et
simpliciter a quelli di mercato, senza le retribuzioni degli officiali
della Santa Sede siano state adeguate e parametrate a quelle maggiori spese,
facendo sì che possano verificarsi casi nei quali i canoni locatizi superino la
retribuzione percepita dagli officiali della Sede Apostolica, obbligandoli a
dover cercare alloggi a Roma o fuori l’Urbe. Con inevitabili ripercussioni sul
lavoro. Sarebbe stato più equo prevedere dei correttivi ai prezzi di mercato,
stabilendo che i canoni non possano superare un certo range delle entrate degli
officiali, accompagnata da un ridimensionamento dell’attività della Santa Sede
in quegli ambiti non essenziali al bene ed alla missione propria della Chiesa.
Se mal non si ricorda, proprio Francesco, all’indomani della sua
elezione,
dichiarava: «se non confessiamo Gesù Cristo, la cosa non va. Diventeremo una
ONG assistenziale, ma non la Chiesa, Sposa del Signore […]». Per cui, se la
Santa Sede fosse meno ONG assistenziale e più attenta alla missione sua propria
(pascere le pecore e gli agnelli del gregge e confermare i fratelli nella
fede), certamente anche le casse ne avrebbero beneficiato.
Dall’altro lato, la previsione che
Francesco possa accordare, sua sponte, delle eccezioni, senza alcuna previsione
di parametri oggettivi e di motivazione, ma, astrattamente, anche sulla base
della simpatia o antipatia nei riguardi del richiedente, darà luogo ad
applicazioni discutibili ed inique del rescritto. Insomma, Francesco uno scopo
l’ha raggiunto: se infatti era sua volontà inimicarsi ancor più gli officiali
ed i prelati di Curia, ecco si può dire che avrà conseguito tale finalità. I
suoi sudditi arriveranno a detestarlo, perché se a costoro, sino ad oggi, non
interessavano i problemi di dottrina che pur Francesco poneva, con tale
provvedimento, che viene ad incidere sulle tasche degli officiali e prelati di
Curia e che, per giunta, potrà essere applicato in maniera distorsiva ed iniqua
come abbiamo segnalato, farà aumentare il divario di gradimento – se vogliamo
dir così – tra Francesco ed i suoi sottoposti.
Non a caso, si domanda la Redazione de Il Sismografo: «quanti sono coloro che ora perdono privilegi e trattamenti di favore
e quanti sono coloro che possono essere considerati a pieno titolo “i nuovi
previlegiati” del pontificato?».
Ed ancora: «quale sarà ora il trattamento
nel caso di appartamenti situati nella città di Roma che hanno affittuari
illustri: politici, giornalisti, manager di stato, ambasciate e ambasciatori,
ecc.?». In effetti, basti ricordare il celebre caso, venuto fuori nel 2015,
dell’on.le del PD, Monica Cirinnà, che grazie alle sue entrature vaticane,
riuscì ad ottenere un appartamento di Propaganda
Fide, in prossimità di Piazza Navona, ad un canone di 360 euro mensili per
oltre un decennio (benché per la zona il canone sarebbe dovuto essere dieci
volte tanto), sebbene, stando alla sua prospettazione, avesse provveduto a
ristrutturarlo a sue spese in quanto in condizioni disastrose. Ovviamente, la
parlamentare PD lasciava poi quell’immobile. Ma come lei, chissà quanti
politici si siano trovati e si trovino tuttora nelle medesime condizioni della
parlamentare fruendo di locazioni di immobili in zone esclusive di Roma e senza
neppure che lavorino per la Santa Sede o che magari abbiano poi posizioni
inconciliabili con la morale cattolica.
Forse il secondo interrogativo de Il Sismografo non si pone, visto che il
rescritto si riferisce esclusivamente ed espressamente agli alloggi offerti ai
Cardinali, ai Capi Dicastero, Presidenti, Segretari, Sotto Segretari, Dirigenti
ed equiparati, ivi inclusi Uditori ed equiparati, del Tribunale della Rota
Romana. Quindi, non sarebbero inclusi coloro che non lavorano per la Santa
Sede, come politici, giornalisti, ecc. Ciò costituisce un ulteriore vulnus del provvedimento, poiché crea
un’evidente discriminazione tra i primi ed i secondi, che, benché beneficiari
di alloggi della Santa Sede, non pagheranno canoni locatizi commisurati al
valore di mercato. Insomma, paradossalmente, sotto il regno di Francesco,
meglio non essere cardinale né lavorare per la Santa Sede! Ne va della … salute
anche delle proprie tasche.
[1] Ci consta che sia stata istituita,
con apposito Chirografo di Francesco del 12
aprile 2022, una
Commissione Interdicasteriale ad hoc
per occuparsi della revisione del Regolamento Generale della Curia Romana, che
non ci sembra abbia concluso i suoi lavori.
[2] L’approvazione in forma generica, per
prassi curiale, è richiesta per l’emanazione di tutte le norme generali
amministrative varate dai Dicasteri, con la formula adprobare dignatus est.
Benissimo. Cosi adesso, nelle vicinanze della Cupola, ci sta' o chi ha la grana o chi il Potere vuole vicino.
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