Cari Amici,
avrete certamente constatato che MiL sta appoggiando sul piano informativo l’ormai più che nota campagna dei manifesti di Roma (come abbiamo già notato, non «anti», ma «per»: «per amore del Papa, per la pace e l’unità della Chiesa, per la libertà della Santa Messa tradizionale»).
Era ben prevedibile, e forse inevitabile, che le semplificazioni giornalistiche, soprattutto da parte dei titolisti, portassero a qualche fraintendimento, o, addirittura, a presentare in modo quasi errato il contenuto e il senso dei manifesti: nonostante le chiare parole del comunicato stampa che li ha accompagnati.
Forse anche per questo, lo stesso giorno delle affissioni il Comitato organizzatore ha pubblicato sul sito del CNSP, utilizzato come sede delle comunicazioni “ufficiali” dell’iniziativa, lo “spiegone” (lasciateci chiamarlo così, un po’ colloquialmente) dei quattro manifesti affissi.
La campagna è ispirata anche dall’amore per Papa Francesco: amore filiale, non servile, quest’ultimo oggi purtroppo stucchevolmente eccessivo in molti ambienti ecclesiastici.
Visto che molta stampa ha frainteso le volontà e lo spirito del Comunicato (veicolando un messaggio errato e facendo passare l'iniziativa come "contro" qualcuno piuttosto di una cosa "a favore di qualcosa") ci pare necessario precisare il nostro amore per il Papa Francesco.
Amore filiale che però desidera essere ricambiato: ogni figlio devoto ambisce all’affetto, alla comprensione, alla vicinanza, e alla fiducia del padre; si nutre di parresia: i figli vanno considerati per quello che sono davvero, senza pregiudizi, al di fuori dagli stereotipi, e senza filtri ideologici o politici; è un amore soccorrevole: unisce al dovuto rispetto la volontà di preservare il padre dalle azioni precipitose e ingiuste come - ci piace osservare quella di Sem e Iafet nei confronti di Noè (cfr. Gen, 9, 20-27) che, al suo risveglio, meritarono la benedizione del padre soccorso con rispetto e devozione.
Ci pare che vada conosciuto: per agevolarvene la diffusione, ne proponiamo qui una nostra sintesi, redazionale; non senza invitarvi, comunque, a leggere la versione integrale QUI.
La Redazione
Le headlines
(per amore del Papa;
per la pace e l’unità della Chiesa
per la libertà della Messa tradizionale in latino).
La pace e all’unità della Chiesa, strettamente legate all’accettazione della liturgia tradizionale come pienamente cattolica, non possono basarsi sulla rottura tra ieri e oggi, tra una teologia del passato e una del presente, sulla sopravvenuta eterodossia di ciò che per oltre un millennio è stato il pilastro della vita spirituale di tutti i cattolici. Nessuna riserva liturgica ove rinserrare una minoranza, nessuna omologazione forzata di ciò in cui la legittima varietà è una ricchezza. Ne va della credibilità della Chiesa come comunità di ieri, di oggi e di domani, perennemente fedele al Signore, e così a sé stessa.
In poco più di quindici anni, la libertà della Liturgia tradizionale ha generato un movimento diffuso in tutta la cattolicità, animato per lo più dai laici, soprattutto giovani e nuove, feconde famiglie cristiane. È un vero segno dei tempi, e una manifestazione pienamente ortodossa della libertà dei battezzati, e del fatto che anche ogni laico è personalmente coinvolto nella responsabilità per la perfezione liturgica della Chiesa. Perché temere questa libertà?
Le citazioni dei Sommi Pontefici
(la citazione della Quo Primum;
la citazione del Messaggio di Giovanni Paolo II ai partecipanti all’Assemblea Plenaria della Congregazione per il Culto Divino e la Disciplina dei Sacramenti, 21.9.2001;
la citazione del Summorum Pontificum e della relativa Lettera di accompagnamento)
Il Messale promulgato nel 1570 da Papa Ghislieri non è il frutto di una sua creazione, ma è la codificazione della Messa romana, sviluppatasi ininterrottamente sin dai tempi di Papa Damaso I, in base alle forme liturgiche dell’età apostolica e patristica. Ben oltre e indipendentemente dal suo portato giuridico, la Quo Primum esprime la volontà magisteriale del Pontefice di fare del Messale romano il paradigma liturgico universale, permanente e irrevocabile della Chiesa latina, ponendo un limite invalicabile alla creatività liturgica di ieri, di oggi e di domani, e alla proiezione sulla liturgia delle sperimentazioni teologiche, esposte alla normale aleatorietà delle opinioni e delle teorie scientifiche.
La citazione di Papa Wojtyla, a suo tempo oggetto di una vera e propria censura documentata anche dalla stampa, mostra che l’adesione alla liturgia tradizionale è pienamente cattolica, ed implica il carattere esemplare, e il valore formativo, della Messa antica. Soffocarla impoverirebbe tutti i fedeli, che hanno il diritto di poter estrarre dal forziere della Chiesa anche questo tesoro prezioso.
Già negli anni ‘90, il Card. Ratzinger ammoniva che «una comunità mette in questione sé stessa, quando considera improvvisamente proibito quello che fino a poco tempo prima le appariva sacro e quando ne fa sentire riprovevole il desiderio». Costruire una soluzione di continuità tra la liturgia di ieri e la liturgia di oggi compromette l’unità della Chiesa ed erige indebitamente lo spirito di rottura quale orientamento fondamentale della sua vita e della sua azione pastorale.