Vi proponiamo l’articolo di Fabrizio Cannone, pubblicato mercoledì 29 marzo dal quotidiano La Verità, sulla campagna di affissione in vaticano dei manifesti dedicati alla liturgia tradizionale.
In merito al titolo dell’articolo, potrebbe essere superfluo ribadire quanto già scritto, chiarito e spiegato negli ultimi due giorni, ovvero che i manifesti non sono «anti» qualcuno, ma «per»: «per amore del Papa, per la pace e l’unità della Chiesa, per la libertà della Santa Messa tradizionale».
QUI la rassegna stampa, italiana ed estera, completa.
L.V.
A Roma manifesti anti Bergoglio per difendere la Santa Messa tradizionale
Fotografie e frasi di San Giovanni Paolo II e Papa Benedetto XVI: «Celebrare con il Messale antico non è ribellione»
Nel cuore della città di Roma, definita da Leone XIII la «capitale del mondo cattolico», sono comparsi alcuni manifesti che reclamano a gran voce il diritto dei fedeli di poter assistere alla Santa Messa tradizionale. Sui manifesti i volti e le citazioni sono quelli di San Giovanni Paolo II, di Papa Benedetto XVI e di San Pio V.
Ma per capire il contesto spirituale (e politico) in cui si situa l’inattesa protesta, giova fare un breve ripasso di liturgia, le cui implicazioni sono più vaste di quanto si possa pensare. La liturgia cattolica è l’insieme dei riti della Chiesa, al cui vertice spicca l’Eucaristia, detta comunemente Santa Messa. Dall’Alto Medioevo sino al Concilio Vaticano II (1965), la Santa Messa fu celebrata, nell’intero mondo occidentale, nella lingua di Roma, con un rito ben strutturato ed omogeneo. Nel 1969, San Paolo VI ha promulgato un nuovo rito della Santa Messa che non era, come pensano molti, la traduzione nelle lingue parlate del rito precedente. Si trattava di una completa ristrutturazione del culto e di un Messale concepito ex novo.
Da allora sono andati aumentando nel mondo intero i fedeli e i sacerdoti che hanno richiesto, a volte con modalità discutibili, la possibilità di seguire la Santa Messa più antica, detta tridentina. Ma che, come spiegò Papa Benedetto XVI, affonda le sue radici non nel Concilio di Trento (1563), ma nei primi secoli della Cristianità (IV-V). San Giovanni Paolo II permise, negli anni Ottanta, la celebrazione della Santa Messa tradizionale che è stata pienamente liberalizzata nel 2007 da Papa Benedetto XVI con il motu proprio Summorum Pontificum.
Da allora gli ambienti della «Messa in latino» sono esplosi in mezzo mondo: dall’Italia alla Francia, dall’America all’Argentina, sino all’Australia, all’Africa, alle Filippine.
Papa Francesco, che non è un liturgista come il suo predecessore, all’inizio del Pontificato è parso accettare le disposizioni in vigore, offrendo perfino alcune facilitazioni ai sacerdoti, in teoria irregolari, che seguono l’Arcivescovo mons. Marcel François Lefebvre. Con il motu proprio Traditionis custodes (2021) e un recente rescritto applicativo (2023), il Vaticano sembra, però, deciso a ridurre drasticamente la liturgia tradizionale. Per esempio, è stata vietata la Santa Messa tradizionale nelle parrocchie e la formazione di nuovi gruppi legati alla Tradizione. Si parla perfino di soppressione assoluta della Santa Messa tradizionale, quella stessa che ascoltavano i nostri padri Dante, Petrarca, Boccaccio, Manzoni e San Francesco.
Così, alcuni fedeli cattolici della base hanno affisso decine di manifesti per difendere la multisecolare liturgia della Chiesa. Nel comunicato dicono di farlo «per amore del Papa», affinché non dimentichi le «periferie liturgiche» del Cattolicesimo. Anche perché le «comunità che celebrano» con il Messale più antico «non sono ribelli alla Chiesa» e negli ultimi anni hanno registrato una «costante crescita di fedeli e di vocazioni sacerdotali».
Chi frequenta la Santa Messa tradizionale, scrive il comitato promotore (composto da Toni Brandi, Luigi Casalini, Federico Catani, Guillaume Luyt, Simone Ortolani, Marco Sgroi) «non è un fedele di serie B». E merita «l’ascolto, l’accoglienza e l’inclusione» da parte della Chiesa che, come noto, si autodefinisce «sinodale», «misericordiosa» e con «l’odore del gregge».
Si rifletta, da credenti o meno, su un fatto. Quando San Paolo VI introdusse il nuovo rito della Santa Messa, oltre mezzo secolo fa, giunsero in Vaticano delle petizioni per chiedere il mantenimento della liturgia tradizionale. Erano firmate da personalità come Agatha Christie, Jorge Luis Borges, Eugenio Montale, Ettore Paratore, Augusto del Noce, Salvatore Quasimodo, Mario Luzi, François Mauriac, Giorgio De Chirico ed altri.
Forse gli artisti, nel loro intuito profetico, immaginavano e temevano una Chiesa del XXI secolo così aperta da parere conformista e così al passo coi tempi da risultare fluida e manipolabile?
Un ottimo articolo che mette in risalto la nobilissima celebrazione del rito romano antico e gli altrettanto nobili sentimenti dei sacerdoti, dei fedeli e delle famigliole che lo richiedono legittimamente. " ... sono andati aumentando nel mondo intero i fedeli e i sacerdoti che hanno richiesto, a volte con modalità discutibili, la possibilità di seguire la Santa Messa più antica, detta tridentina". A sgravare un poco le ingombranti responsabilità papali che si pongono come macigni grillini e santanselmini contro questa santa e pura celebrazione ci sarà bisogni di analizzare le "modalità discutibili" degli informatori del mondo tradizionale: blogs, social ecc ecc che hanno confezionato una brutta maschera ai fedeli e alle famigliole che vanno alla messa in latino. Dopo il "dono" di Papa Francesco, da anni invocato dai tradizionalisti, delle nuove messe di Santi "giganti" (ad esempio San Pio da Pietrelcina, San Massmiliano Maria Kolbe ecc ecc) e dei nuovi Prefazi, di fattura preconciliare provenienti soprattutto dalla Francia ( perchè non posso celebrare in Avvento utilizzando un apposito Prefazio come si faceva prima della riforma tridentina che cancellò molti prefazi?). Dopo questi doni, aumentando nei blogs tradizionalisti le critiche più assurde al Papa donante, per altrettante assurde questioni che ai fedeli della "messa in latino" non importano nulla ( ad esempio l'accanimento contro Padre Rupnik - tutti possono sbagliare nella vita - o il linciaggio di un giovane pretino colvevole solo di avere avuto alcune sue pubblicazioni il benevolo placet del Papa). Nella mia quotidiana pastoralità non mi stancherò mai di denunciare le indebite intromissioni dei social tradizionalisti in questioni del tutto estranee alla liturgia. Così come debbo riconoscere che il Papa, ostaggio di un manipolo di cattivi informatori, è stato portato per mano anche dai gestori del blogs tradi alla pubblicazione del nfasto Motu Proprio Traditionis Custodes.
RispondiEliminala Santa Messa fu celebrata, nell’intero mondo occidentale, nella lingua di Roma, con un rito ben strutturato ed omogeneo.
RispondiEliminaDall’Alto Medioevo sino al Concilio Vaticano II (1965), non è vero: a Toledo c'era e sopravvive il rito mozarabico (ultimo reduce di una famiglia che un tempo veniva usata in Francia, Spagna e Isole Britanniche fino al XI srcolo), in Croazia il messale in slavonico glagolitico, in Italia l'Ambrosiano, in Francia tutti i messali neogallicani
e non parliamo poi delle modifiche e aggiunte che sono avvenute nel tempo
Ma che, come spiegò Papa Benedetto XVI, affonda le sue radici non nel Concilio di Trento (1563), ma nei primi secoli della Cristianità (IV-V).
cosa che ha detto anche per le nuove preghiere eucaristiche
Per non parlare dei riti degli ordini religiosi: da quello domenicano a quello carmelitano.
EliminaMa questi articolisti sanno di cosa parlano? O devono solo sparare nel mucchio per far montare a comando indignazione sul nulla?