la regina del Cielo, Pd XXXI 133 (G. Dorè) |
La fede, la dottrina, l'ortodossia e la religiosità di Dante, mirabilmente manifestata in ogni verso delle sue tre cantiche si sublimano però nella preghiera che egli compone e che rivolge alla Regina del Cielo: perfetta sotto il profilo teologico/mariano e meravigliosa sotto il profilo lirico.
La riproponiamo oggi per intero col commento preso da: Lorenzo Felicetti, Dante poeta cattolico, Milano 1896, pp. 103-111 e dal sito mariano "Theotokos".
Roberto
L. Felicetti:
Ma il più bello attestato dell’affetto di Dante verso Maria si trova nella sublime preghiera, ch’egli pone sulle labbra di s. Bernardo nel c. XXXIII del Par. E qui noi faremo nostre le parole
«Vergine Madre, figlia del tuo figlio,umile e alta più che creatura,termine fisso d’etterno consiglio,tu se’ colei che l’umana naturanobilitasti sì, che ’l suo fattorenon disdegnò di farsi sua fattura.Nel ventre tuo si raccese l’amore,per lo cui caldo ne l’etterna pacecosì è germinato questo fiore.Qui se’ a noi meridïana facedi caritate, e giuso, intra ’ mortali,se’ di speranza fontana vivace.Donna, se’ tanto grande e tanto vali,che qual vuol grazia e a te non ricorre,sua disïanza vuol volar sanz’ali.La tua benignità non pur soccorrea chi domanda, ma molte fïateliberamente al dimandar precorre.In te misericordia, in te pietate,in te magnificenza, in te s’adunaquantunque in creatura è di bontate.Or questi, che da l’infima lacunade l’universo infin qui ha vedutele vite spiritali ad una ad una,supplica a te, per grazia, di virtutetanto, che possa con li occhi levarsipiù alto verso l’ultima salute.E io, che mai per mio veder non arsipiù ch’i’ fo per lo suo, tutti miei prieghiti porgo, e priego che non sieno scarsi,perché tu ogne nube li disleghidi sua mortalità co’ prieghi tuoi,sì che ’l sommo piacer li si dispieghi.Ancor ti priego, regina, che puoiciò che tu vuoli, che conservi sani,dopo tanto veder, li affetti suoi.Vinca tua guardia i movimenti umani:vedi Beatrice con quanti beatiper li miei prieghi ti chiudon le mani!».
(Par. c. XXXIII, t. 1-13).
Gli occhi da Dio diletti e venerati
All’alta fantasia qui mancò possa.
Vergine Madre. figlia del tuo figlio,
umile e alta più che creatura,
termine fisso d'etterno consiglio,
tu se' colei che l'umana natura
nobilitasti sì che 'l suo fattore
non disdegnò di farsi sua fattura.
Nel ventre tuo si raccese l'amore,
per lo cui caldo ne l'etterna pace
così è germinato questo fiore.
Qui se' a noi meridiana face
di capitate, e giuso, intra 'mortali,
se' di speranza fontana vivace (Par. XXXIII. 1-13).
La seconda parte è l'aretologia, cioè l'elogio delle virtù di Maria. espresso con la tecnica del «tu anaforico»:
Donna, se tanto grande e tanto vali,
che qual vuoi grazia e a te non ricorre,
sua distanza vuol volar sanz'ali.
La tua benignità non pur soccorre
a chi domanda. ma molte fiate
liberamente al dimandar precorre.
In te misericordia. in te pietate,
in te magnificenza, in te s'aduna
quantunque in creatura è di bontate (Par. XXXIII, 13-21).
Il terzo momento è la «supplicatio», che esprime la vera e propria richiesta della grazia.
Or questi, che da l'infima lacuna
de l'universo infin qui ha vedute
le vite spiritati ad una ad una,
supplica a te. per grazia, di virtute
tanto, che possa con li occhi levarsi
più alto verso l'ultima salute.
E io, che mai per mio veder non arsi
più ch'i' fo per lo suo, tutti miei prieghi
ti porgo, e priego che non sieno scarsi,
perché tu ogne nube li disleghi
di sua mortalità co prieghi tuoi,
sì che 'l sommo piacer li si dispieghi.
Ancor ti priego, regina, che puoi
ciò che tu vuoli, che conservi sani,
dopo tanto veder, li affetti suoi.
Vinca tua guardia i movimenti umani:
vedi Beatrice con quanti beati
per li miei prieghi ti chiudon le mani
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