Sappiamo bene che la Chiesa ci ha sempre insegnato che lex orandi lex credendi.
E' con dolore che ammettiamo di essere d'accordo con il Magister di questo post di qualche tempo fa.
E non solo per un blog che si occupa primariamente di liturgia: il buon senso ci ha sempre detto - prima che le regole per le Messe Episcopali - che i 12 a cui vengono lavati i piedi rappresentano i Dodici Apostoli.
Da sempre.
L
Settimo Cielo 9-12-17
Nessuno l'ha notato, durante e dopo il viaggio di Francesco in Myanmar e Bangladesh, smisuratamente focalizzato sul caso dei Rohingya. Ma a Dhaka, il 1 dicembre, il patriarca dei buddisti bengalesi Sanghanayaka Suddhananda Mahathero ha rivolto il suo omaggio al papa ricordando di lui con ammirazione questo gesto preciso:
"Non potrò mai dimenticare l'immagine di Vostra Santità mentre lava i piedi ai giovani rifugiati africani. Lei, Padre Santo, ha raggiunto la statura dei grandi e mi è di grande esempio".
Se occorreva un'ennesima conferma della planetaria potenza comunicativa di papa Francesco, eccola arrivata.
Effettivamente, la lavanda dei piedi che egli compie ogni giovedì santo, durante la messa "in coena Domini", a carcerati, a immigrati, a uomini, a donne, a transessuali di ogni etnia e religione, è un gesto di straordinaria efficacia mediatica.
Jorge Mario Bergoglio ne è così consapevole che per aumentarne l'impatto non esita a spingersi più in là delle regole da lui stesso fissate per questo rito, secondo le quali dovrebbe essere compiuto solo con membri della Chiesa cattolica.
Mentre viceversa non fa più minimamente notizia, tanto è trascurata, la messa "in coena Domini" entro cui Francesco compie la lavanda dei piedi, all'opposto di quanto avveniva con i papi precedenti e in particolare con Benedetto XVI, che in questa messa del giovedì santo pronunciava intensissime, memorabili omelie "mistagogiche", di guida al mistero.
Per Francesco vige infatti un'altra scala di priorità, che vede sempre al primo posto il gesto di misericordia, piegato ogni volta alla sua maggiore efficacia comunicativa, anche a costo di contraddirsi.
Ad esempio fece notizia, tre giorni dopo la sua elezione a papa, il suo astenersi dall'impartire la benedizione ai giornalisti di tutto il mondo che gremivano l'aula delle udienze, per "rispettare – disse – la coscienza di ciascuno, dato che molti non appartengono alla Chiesa cattolica e altri non sono credenti".
Un applauso scrosciante salutò quel colpo a sorpresa del papa, che molti ammirarono per il suo delicato riserbo.
Ma appena due settimane dopo Francesco fece esattamente il contrario. Nel primo giovedì santo del suo pontificato, non solo impartì la benedizione senza alcuno scrupolo ai giovani carcerati che era andato a visitare, sebbene i non cattolici fossero parecchi, ma celebrò davanti a loro addirittura la messa.
Ma appunto, la priorità per lui era un'altra, ed ebbe successo. Il gesto che fece notizia in tutto il mondo fu la lavanda dei piedi fatta dal papa a una dozzina di giovani detenuti, alcuni dei quali di fede musulmana, tra cui una donna di nazionalità serba. (E ancora valeva, a quel momento, il divieto liturgico – poi rimosso dallo stesso Francesco – di lavare i piedi a donne, dovendosi imitare il gesto di Gesù che lo compì con gli apostoli).
La libertà che a fini comunicativi Francesco si prende con la liturgia vale per lui anche con la Sacra Scrittura.
Settimo Cielo ha già segnalato, ad esempio, come Francesco, in una sua omelia mattutina a Santa Marta, attribuì testualmente a san Paolo le parole: "Io mi vanto soltanto dei miei peccati", e invitò anche chi lo ascoltava a fare altrettanto "scandalo", cioè a vantarsi dei propri peccati in quanto perdonati da Gesù.
E questo nonostante in nessuna delle sue lettere l'apostolo Paolo abbia mai detto quella frase, ma semmai, per due volte (2 Corinti 11, 30 e 12, 5), una cosa diversa: "Mi vanterò delle mie debolezze", dopo aver elencato tutte le traversie della sua vita, le incarcerazioni, le fustigazioni, le persecuzioni, gli oltraggi, i naufragi.
Ma il "vantarsi dei propri peccati" a Francesco piace di più. Fa più colpo. E infatti l'ha ridetto due giorni fa, giovedì 7 dicembre, al termine della messa per i 90 anni del cardinale Angelo Sodano, e sempre mettendolo in bocca a san Paolo:
"Anche dei peccati san Paolo si vantava, perché solo a Dio va la gloria, e noi siamo deboli, tutti".
In questo stesso indirizzo di saluto, Francesco si è felicitato col cardinale Sodano per il suo essere "ecclesialmente disciplinato".
Ma il papa sa bene che è l'indisciplina a fare più notizia.
La demagogia narcisistica e teatrale non ha mai convertito nessuno. Cristo ha lavato i piedi solo ai suoi, perché, anche se perplessi, potevano capire quel gesto. Lo sta a dimostrare una storia millenaria che inizia con Cristo, continuata dagli apostoli e successori che per convertire hanno sofferto fino al martirio. Ricordiamo con commozione le omelie di papa Benedetto, ma anche quelle di GPII, cui non era estraneo il pensiero di Ratzinger, che facevano rivivere il mistero del Giovedì Santo, come fossimo nel Cenacolo.
RispondiEliminaRidurre la Messa "In Coena Domini" solo alla "lavanda dei piedi" è un declassamento bello e buono della grande celebrazione che in realtà è l'istituzione del Sacerdozio. Ma si sa i sacerdoti (quelli veri) oggi son passati di moda.....
RispondiEliminaLa lavanda fa parte dell'unico mistero della Croce e limitarsi ad essa, senza la Messa che ripete il divino Sacrificio della Croce suona come disinvolto oblio di ciò che accade subito dopo. Bergoglio rinnega, in tal modo, l'essenza del Cristianesimo.
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