Una bella notizia da parte del nostro caro amico Padre Serafino Lanzetta.
Una valida lettura per tutti i nostri lettori
L
Serafino
Maria Lanzetta (2018), Sempre Vergine? Una risposta. Hong Kong: Chorabooks.
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Per informazioni ed interviste
rivolgersi a aurelioporfiri@hotmail.com
Padre Serafino M. Lanzetta è sacerdote in carica della parrocchia di St. Mary – Gosport, nella diocesi di Portsmouth, Inghilterra. È libero docente di teologia dogmatica alla Facoltà Teologica di Lugano (Svizzera) e collabora con la School of the Annunciation di Backfust Abbey (Inghilterra). Tra le sue opere recenti si segnala Fatima un appello al cuore della Chiesa. Teologia della storia e spiritualità oblativa (Casa Mariana Editrice, Frigento 2017); La porta della fede. Quando ragione e amore s’incontrano (Leonardo da Vinci, Roma 2017); Il Vaticano II un concilio pastorale. Ermeneutica delle dottrine conciliari (Cantagalli, Siena 2014).
Sommario
La verginità di Maria è stata da
sempre al centro di accesi dibattiti nella storia del Cristianesimo e di
negazioni eclatanti. Nomi come Cerinto, gli ebioniti, Elvidio nei primi secoli,
A. Mitterer e K. Rahner, nella metà del secolo scorso e più vicino a noi R.
Brown, si aggiungono alla lista dei sospettosi (o degli eretici). Elvidio al
tempo di S. Girolamo negava la perpetua verginità di Maria, invece il medico e
sacerdote viennese, A. Mitterer, non riusciva a capire come mettere insieme la
vera maternità di Maria e la sua verginità nel parto. Le due cose si
escluderebbero a vicenda, al punto che per assicurare una reale maternità
sarebbe stato doveroso ammettere la rottura del grembo e le doglie del parto.
Il gesuita tedesco K. Rahner, in felice dialogo con tutti, non solo si accodò a
detta proposta, ma ne derivò pure che la verginità di Maria nel parto non ha un
solido fondamento. È un problema! L’aggettivo “problematico/a” entrò così
ufficialmente nella teologia mariana rinnovata e presto la verginità (fisica)
di Maria assurse al rango del simbolo, mentre si faceva spazio la “verginità
del cuore”. L’integrità verginale di Maria, specialmente in partu, era da spostare dal piano fisico a quello teologico della
purezza di fede della Vergine nell’accogliere il Verbo di Dio. Il corpo non era
in fondo determinante.
In ambito esegetico, l’americano
R. Brown si è segnalato nel tentativo di leggere il dato del concepimento
verginale non come “mito” – in questo fa un passo in avanti rispetto a molti
altri – ma come espediente letterario dell’agiografo che gli consente di
passare dall’Antico Testamento al Nuovo, mancando di fatti la prova della sua
storicità. La filiazione divina di Gesù che emerge dal Battesimo nel Giordano
fornirebbe a Matteo e Luca l’aggancio letterario per risalire al momento
nascosto del suo concepimento nel grembo della Vergine Maria. Non importa
quindi se Gesù sia stato concepito verginalmente (questo non lo si potrebbe
sapere perché i Vangeli non sono affidabili), ma che sia stato proclamato
retrospettivamente figlio di Dio fin dal grembo di sua Madre. Cade come inutile
la verginità nel concepimento di Cristo e di conseguenza quella nel parto. A
chi interesserà poi sentire che Maria è rimasta vergine dopo il parto?
Questa prospettiva risulta tanto
capziosa quanto interessante. L’Autore del saggio ne accoglie la suggestione
ribaltandola per dimostrare che è vero proprio il contrario: è più logico che
si parta dal concepimento verginale di Gesù per arrivare all’epifania del
Giordano. Quest’ultimo evento è piuttosto la ratificazione pubblica di ciò che
era già avvenuto in modo nascosto nel grembo di Maria. Bisogna rispettare la
progressività della Rivelazione senza la quale i discepoli e gli agiografi non
avrebbero afferrato nulla del mistero, a meno che non si risolva tutto in un racconto
mitologico. La storicità dei vangeli è fondamentale e la verginità di Maria è
l’inizio. Se quest’ultima si offusca o viene ridotta a puro simbolo, Gesù e il
Regno Cieli da lui inaugurato – per il quale ci si fa addirittura eunuchi –
diventano insignificanti. Quello che è accaduto?
La verginità di Maria è una formidabile
risposta alla situazione di declino nella Chiesa della vita religiosa e del
matrimonio, principiata da una scorretta visione degli stati di vita del
cristiano. Oggi la fanno da padrone novelli discepoli di un monaco del IV
secolo di nome Gioviniano, i quali predicano di nuovo che la verginità non è
superiore al matrimonio e che ciò che conta è difatti il
battesimo che tutti unifica. La vita religiosa ha perso il suo sapore e tanti
suoi membri. Anche il sacramento del matrimonio non è in buona salute. Si
riscontrano affinità di non poco conto tra Gioviniano e Amoris laetitia, con qualche lieve deriva più epicurea: non solo il
matrimonio è pari alla verginità, ma addirittura il rapporto sessuale more uxorio è pari al matrimonio e
quindi alla verginità. In fondo, se il battesimo è uguale per tutti, il premio
celeste è lo stesso. Così Gioviniano esortava le vergini a lasciare il loro
stato di vita!
La Chiesa si trova oggi di nuovo
divisa tra discepoli di Gioviniano e veri seguaci di Cristo, incalzati entrambi
da un infuocato Girolamo che dice: «La
verginità è il frutto del matrimonio». Se il matrimonio è in crisi, perché
ha perso di vista la castità coniugale, lo è pure la verginità e se la
verginità è in crisi, perché ridotta a mero simbolo, il matrimonio non sa più
cosa farsene di se stesso. Il libro di Lanzetta ci offre la risposta che la
Chiesa si attende in quest’ora così travagliata. Con gli occhi rivolti alla
Semprevergine Maria.
Sono in sintonia con questo sito. Ma a livello letterale occorre essere precisi. La traduzione "vergine" da Isaia 7,14 è sbagliata. Almah significa "giovane donna" non vergine (che poi diventa Ishà, cioè "donna sposata"). Tra l'altro Matteo usa il verbo futuro (darà, concepirà) quando invece nell'Antico Testamento si usa il presente: nelle Edizioni Paoline del '68 ad esempio troviamo scritto: "Ecco, la vergine che concepisce e dà alla luce un figlio e gli porrà nome Emmanuele". Concludendo: ! - nell'AT non c'è alcun appiglio relativo alla verginità di Maria, quello di Isaia è infatti l'unico ed è sbagliato...; 2 - Matteo fa il furbetto e inventa di sana pianta una profezia di cui non c'è traccia nell'AT. Poi sia chiaro, io mi rimetto a quello che la Chiesa ha sempre affermato, ma sul piano letterale non si può dire X se c'è scritto Y. Nella fattispecie: non è che io non creda alla verginità di Maria, è che ciò non è profetizzato nell'AT.
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