ROMA, sabato, 22 gennaio 2011 (ZENIT.org).- Pubblichiamo di seguito l'articolo [vedi qui] a firma di don Enrico Finotti, parroco di S. Maria del Carmine in Rovereto (TN), che apparirà sulla rivista Liturgia 'culmen et fons' di dicembre-gennaio 2011.
[…]
Mensa, Ara e Croce
[…] La cena pasquale ebraica era dunque una cena sacrificale, un banchetto mediante il quale si partecipava della vittima sacrificale. Ed ecco che mensa ed ara si trovano intimamente unite, geneticamente e indissolubilmente interiori l’una all’altra. Tolta l’ara è compromessa totalmente la natura di quella specifica mensa imbandita per la cena pasquale. Nel cenacolo però il Signore opera la novità e crea la realtà di quello che fino ad ora era figurato nelle antiche profezie e nel sacrificio dell’agnello. Egli immola incruentamente se stesso nel contesto ancora visibile del segno profetico dell’agnello, che come ombra sta ormai per scomparire e cedere il posto alla realtà, Cristo Gesù, col suo Corpo e il suo Sangue immolati nelle specie sacramentali del pane e del vino. E’ evidente che, nel mentre lo sguardo del Signore si ritrae ormai dalla figura dell’agnello che passa e dall’ara del tempio su cui fu immolato, si fissa con divina preveggenza e immedesimazione mistica sull’ara della Croce, che lo attende sul Calvario. Egli, infatti, anticipa sacramentalmente sulla mensa della cena e nella forma del convito il sacrificio cruento che avrebbe offerto di li a poco sull’altare della Croce. La Croce, quindi entra nel cenacolo si pianta sulla sua mensa e, mentre l’antica ara del tempio si ritira, avendo assolto la sua funzione profetica, si erge ormai sovrana quale sostanza interiore di ciò che si compie nell’ultima cena e che si ripeterà per tutti i secoli fino alla fine del mondo per comando del Signore Fate questo in memoria di me. Mensa, Ara e Croce, ecco i tre simboli interiori e indissolubili del mistero grande che si compie nell’istante consacratorio quando il Signore, pronunziando le parole divine - Questo è il mio Corpo… Questo è il mio Sangue…-, istituisce il Sacrificio perenne, senza più tramonto. Le tre figure di riferimento – mensa, ara e croce – prima ancora di trovare espressione fisica nell’altare cristiano sono presenti nella sostanza stessa dell’atto sacrificale di Cristo e costituiscono, ancor prima di trovare la loro traduzione materiale nella liturgia, la forma interiore dell’atto sacrificale del Signore. Nel Cenacolo è visibile solo la Mensa, l’Ara del tempio è richiamata dall’agnello immolato, la Croce ancora non si vede, ma tutto è presente e unitario nella mente divina e nel cuore amante del Salvatore. A questo punto si comprende bene perché la Chiesa, avuta la libertà religiosa (IV sec.) poté procedere alla costruzione dell’altare cristiano nel modo che la storia e l’arte ci attestano. Appena possibile la semplice mensa lignea, usata nelle case nei secoli della persecuzione, divenne l’altare marmoreo in tutto simile all’ara sia ebraica che pagana, ma eloquente per esprimere ciò che l’Eucarestia era in realtà, il Sacrificio di Cristo. Al contempo tale ara monumentale e preziosa non abbandonò la mensa, ma la assunse in sé adattandosi ad accogliere i santi doni conviviali e rivestendosi con una candita tovaglia. Infine, quando la Croce gloriosa del Signore potè essere rappresentata come un vessillo di vittoria e annunziare al contempo la sua Morte, la sua Risurrezione, la sua Ascensione e la sua mirabile Venuta nella gloria, non tardò a trovare il suo posto più logico e conveniente proprio sulla mensa di quell’ara sulla quale il sacrificio della Croce si attualizzava sacramentalmente. Ed ecco che Mensa, Ara e Croce, possono costituire anche in modo visibile, nello splendore delle basiliche monumentali e nella solennità dei riti pontificali, il segno materiale e prezioso del mistero che si compie sotto la coltre del sacramento. Non si trattò certamente di una corruzione della semplicità delle origini, ma di uno sviluppo necessario e legittimo, coerente con la struttura interiore del mistero e che si esprimerà nel pensiero cristiano nella successiva sistemazione teologica relativa al dogma eucaristico. In tal senso, la Mensa, l’Ara e la Croce, sono talmente collegate alle dimensioni costitutive del mistero fin dalla sua istituzione da essere ormai ingredienti liturgici insopprimibili nell’edificazione dell’altare cristiano. Esso, infatti, per esprimere in modo completo ed equilibrato l’intero mistero del Sacrificio conviviale dell’eucaristia, dovrà avere la monumentalità dell’Ara, la dignità della Mensa e la gloria del vessillo della santa Croce.
L’altare sta in alto
[…]
Mensa, Ara e Croce
[…] La cena pasquale ebraica era dunque una cena sacrificale, un banchetto mediante il quale si partecipava della vittima sacrificale. Ed ecco che mensa ed ara si trovano intimamente unite, geneticamente e indissolubilmente interiori l’una all’altra. Tolta l’ara è compromessa totalmente la natura di quella specifica mensa imbandita per la cena pasquale. Nel cenacolo però il Signore opera la novità e crea la realtà di quello che fino ad ora era figurato nelle antiche profezie e nel sacrificio dell’agnello. Egli immola incruentamente se stesso nel contesto ancora visibile del segno profetico dell’agnello, che come ombra sta ormai per scomparire e cedere il posto alla realtà, Cristo Gesù, col suo Corpo e il suo Sangue immolati nelle specie sacramentali del pane e del vino. E’ evidente che, nel mentre lo sguardo del Signore si ritrae ormai dalla figura dell’agnello che passa e dall’ara del tempio su cui fu immolato, si fissa con divina preveggenza e immedesimazione mistica sull’ara della Croce, che lo attende sul Calvario. Egli, infatti, anticipa sacramentalmente sulla mensa della cena e nella forma del convito il sacrificio cruento che avrebbe offerto di li a poco sull’altare della Croce. La Croce, quindi entra nel cenacolo si pianta sulla sua mensa e, mentre l’antica ara del tempio si ritira, avendo assolto la sua funzione profetica, si erge ormai sovrana quale sostanza interiore di ciò che si compie nell’ultima cena e che si ripeterà per tutti i secoli fino alla fine del mondo per comando del Signore Fate questo in memoria di me. Mensa, Ara e Croce, ecco i tre simboli interiori e indissolubili del mistero grande che si compie nell’istante consacratorio quando il Signore, pronunziando le parole divine - Questo è il mio Corpo… Questo è il mio Sangue…-, istituisce il Sacrificio perenne, senza più tramonto. Le tre figure di riferimento – mensa, ara e croce – prima ancora di trovare espressione fisica nell’altare cristiano sono presenti nella sostanza stessa dell’atto sacrificale di Cristo e costituiscono, ancor prima di trovare la loro traduzione materiale nella liturgia, la forma interiore dell’atto sacrificale del Signore. Nel Cenacolo è visibile solo la Mensa, l’Ara del tempio è richiamata dall’agnello immolato, la Croce ancora non si vede, ma tutto è presente e unitario nella mente divina e nel cuore amante del Salvatore. A questo punto si comprende bene perché la Chiesa, avuta la libertà religiosa (IV sec.) poté procedere alla costruzione dell’altare cristiano nel modo che la storia e l’arte ci attestano. Appena possibile la semplice mensa lignea, usata nelle case nei secoli della persecuzione, divenne l’altare marmoreo in tutto simile all’ara sia ebraica che pagana, ma eloquente per esprimere ciò che l’Eucarestia era in realtà, il Sacrificio di Cristo. Al contempo tale ara monumentale e preziosa non abbandonò la mensa, ma la assunse in sé adattandosi ad accogliere i santi doni conviviali e rivestendosi con una candita tovaglia. Infine, quando la Croce gloriosa del Signore potè essere rappresentata come un vessillo di vittoria e annunziare al contempo la sua Morte, la sua Risurrezione, la sua Ascensione e la sua mirabile Venuta nella gloria, non tardò a trovare il suo posto più logico e conveniente proprio sulla mensa di quell’ara sulla quale il sacrificio della Croce si attualizzava sacramentalmente. Ed ecco che Mensa, Ara e Croce, possono costituire anche in modo visibile, nello splendore delle basiliche monumentali e nella solennità dei riti pontificali, il segno materiale e prezioso del mistero che si compie sotto la coltre del sacramento. Non si trattò certamente di una corruzione della semplicità delle origini, ma di uno sviluppo necessario e legittimo, coerente con la struttura interiore del mistero e che si esprimerà nel pensiero cristiano nella successiva sistemazione teologica relativa al dogma eucaristico. In tal senso, la Mensa, l’Ara e la Croce, sono talmente collegate alle dimensioni costitutive del mistero fin dalla sua istituzione da essere ormai ingredienti liturgici insopprimibili nell’edificazione dell’altare cristiano. Esso, infatti, per esprimere in modo completo ed equilibrato l’intero mistero del Sacrificio conviviale dell’eucaristia, dovrà avere la monumentalità dell’Ara, la dignità della Mensa e la gloria del vessillo della santa Croce.
L’altare sta in alto
L’altare sta in alto e se non eleva perde la sua natura più vera. Si può in tal modo affermare una semplice regola: all’altare si ascende come al battistero si discende. Se l’etimologia alta-ara potrebbe essere ancora discussa e non da tutti è accettata, la storia dell’ altare cristiano e ancor prima di quello ebraico e pagano, afferma la sua posizione elevata. In particolare, non potendo accedere all’altare mediante i gradini per questioni di purità cultuale, nel tempio di Gerusalemme si saliva mediante una rampa (Es 20, 24-26). Ma è soprattutto nell’approfondire l’atto liturgico che si celebra sull’altare, il sacrificio, che emerge in tutta chiarezza la necessità della posizione alquanto elevata dell’altare. Nell’offerta del sacrificio si cerca il rapporto con Dio, ci si eleva a lui e tutta la ritualità porta a proiettarsi verso il cielo, lì dove l’intuito religioso universale contempla il trono di Dio: il corpo sale i gradini dell’altare, le mani si elevano verso l’alto, lo sguardo fissa le profondità sideree dei cieli. Ecco le movenze più spontanee che il sacerdote assume nell’azione sacrificale, ed è logico che tale spinta interiore sia tradotta visibilmente nei gesti del corpo e fissata materialmente nella posizione alta e maestosa dell’altare. Possiamo allora individuare nella struttura interiore (metafisica) dell’altare due movimenti profondamente correlati e concordi nell’esprimere la direzione ascendente. L’altare sale verso la Maestà divina e segue le volute dell’incenso che ascendono in sacrificio di soave odore. Esso guarda certamente il popolo, ma non per muoversi verso di esso, quanto per attrarlo nella sua ascesa cultuale. Per questo l’altare assumerà una posizione otticamente centrale, ben visibile da tutta l’assemblea liturgica, per poter trainare dolcemente il popolo di Dio nel movimento ascendente dell’oblazione sacrificale, che sulla sua mensa si compie nel mistero sacramentale. E’ quindi consono alla natura più intima dell’altare salire e far salire tutti coloro che all’altare volgono lo sguardo adorante verso la contemplazione della Gloria divina. Il moto esattamente inverso, invece, si produce per la mensa. Essa deve discendere e rivolgersi fisicamente il più possibile verso i fedeli. Essa, infatti, porge la vittima immolata quale cibo e bevanda di salvezza. Questo moto del discendere e del rendersi prossima all’assemblea liturgica le è quindi necessario e connaturale ed è pienamente conforme al suo stesso essere mensa che nutre. Questo duplice ruolo di altare che ascende e attrae e di mensa che discende e si avvicina ai fedeli si esplica nella liturgia eucaristica che distingue la prece consacratoria in cui si compie il sacrificio, dai riti di comunione in cui la vittima immolata è data in cibo ai commensali. Possiamo allora rilevare che gli altari storici esprimevano la loro natura ascendente-sacrificale e, senza mai rinunciare alla mensa in essi incorporata, la integravano ulteriormente con la balaustra, che nella sua posizione bassa e prossima ai fedeli consentiva la distribuzione del Corpo del Signore. Gli altari postconciliari, invece sembrano aver abbandonato il loro moto saliente in favore di una totale riduzione al loro ruolo di mensa. In tal modo essi non sono più in alto, ma in piano e fisicamente il più possibile prossimi all’assemblea. Il moto discendente e rivolto al popolo proprio della mensa è diventato esclusivo e totalizzante. Tale realtà si nota anche negli altari resi definitivi e anche dedicati, certamente solidi nella loro struttura marmorea, ma sempre e solo mensa. In altri termini si potrebbe dire che l’intera celebrazione del Sacrificio eucaristico è ridotta prevalentemente al rito di comunione. Certamente il Sacrificio si compie, ma la nuova configurazione dell’altare non lo esprime più come prima avendo rinunciato a modellare in se stesso le caratteristiche classiche che sono proprie dell’ara sacrificale. Per questo fu facile anche la rimozione così vasta della balaustra, avendo l’altare stesso assunta la sua funzione. Ebbene, oggi si ode l’allarme del Magistero sulla crisi della dimensione sacrificale dell’Eucaristia. Non potrebbe essere opportuna allora una nuova e più profonda riflessione sulle modalità liturgiche dell’altare? E’ da ritenere ormai acquisita ed insuperabile la conformazione dell’altare alla forma della sola mensa, senza più ricuperare anche quella dell’ara elevata e maestosa? Non potrebbe nel tempo questa riduzione dell’altare condizionare l’equilibrio del dogma eucaristico, che si trasmette nel cuore dei fedeli primriamente nella correttezza del rito e dei luoghi liturgici che ad esso sono connessi? Gli altari storici sono da congedare definitivamente e il loro ruolo è ormai del tutto museale? La storia della Chiesa e della sua liturgia non è forse ancora aperta ad uno sviluppo coerente ed organico, che potrebbe trovare per l’altare nuove sintesi in perfetto accordo con la tradizione dei secoli? Credo che il Santo Padre Benedetto XVI stia richiamando alla Chiesa proprio queste problematiche e in tal senso il suo Magistero ha la forza della profezia.
Credo che il Santo Padre Benedetto XVI stia richiamando alla Chiesa proprio queste problematiche e in tal senso il suo Magistero ha la forza della profezia.
RispondiElimina************
Grazie Don Enrico per queste conclusioni ad un problema enorme......
.........le solite belle parole....e solo parole...alla fine abbiamo chiese devastate....che poi nel presbiterio non possono stare due altari!! In tante chiese L' altare Grande e diventato il punto dove sacerdoti, vescovi....si esibiscono con le loro poltrone....pensate un po'....tempo fa' in una parrocchia l'hanno coperto tutto e sopra hanno allestito il presepe! Roba da matti!Comunque questo e' un modo in quanto....papi, vescovi cardinali ci hanno preso in giro...hanno loro distrutto la casa di Dio!
RispondiEliminaOttimo, davvero ottimo, questo articolo. Obtorto collo, anche un liturgista "conciliare" quale padre Matias Augè http://liturgia-opus-trinitatis.over-blog.it/article-mensa-ara-croce-o-mensa-ara-la-croce-65581056-comments.html#anchorComment ha avuto poco da replicare, limitandosi a semplici osservazioni marginali, di forme e modi, ma non di sostanza. I commenti, poi, hanno ribadito la correttezza delle tesi di don Finotti.
RispondiElimina<span>Ottimo, davvero ottimo, questo articolo. Obtorto collo, anche un liturgista "conciliare" quale padre Matias Augè http://liturgia-opus-trinitatis.over-blog.it/article-mensa-ara-croce-o-mensa-ara-la-croce-65581056-comments.html#anchorComment ha avuto poco da replicare, limitandosi a semplici osservazioni marginali, di forme e modi, ma non di sostanza. I commenti, poi, hanno ribadito la correttezza delle tesi di don Finotti.</span>
RispondiEliminaDon Finotti ha scritto un piccolo libro: La centralità della liturgia nella storia della salvezza Edizioni Fede & Cultura. Piccolo, ma importantissimo. Da leggere tutto.
RispondiEliminabeh è già tantp che articoli come questi possano essere scritti e circolino...
RispondiEliminaverissimo.... fino a 5 anni fa era impensabile solo il pensarlo......
RispondiElimina;)
Complimenti, una gaffe clamorosa: <span>la semplice mensa lignea, usata nelle case nei secoli della persecuzione, divenne l’altare marmoreo in tutto simile all’ara sia ebraica che pagana,</span>
RispondiEliminacioè la perfetta dimostrazione che la teologia e liturgia tridentina è una retrocessione a modelli non neotestamentari e antitestamentari. Fotografia di una chiesa che tradisce lo spirito evangelico per il potere e la cultura mondana.
Per fortuna e' vero che gli altari postconciliari hanno abbandonato il loro moto saliente in favore di una totale riduzione al loro ruolo di mensa: Gesù si offre a noi nei segni conviviali del pane e del vino santificati dalla preghiera del suo popolo, non c'è altro modo di comunicare a lui che attraverso la Parola e il pasto. Il resto è antiquata teologia.
RispondiEliminaMinistrante già una volta te l'ho detto.... continua a fare il ministrante perchè di teologia non ne capisci proprio niente!!!! Sai cosa sei? Unindottrinato senza struttura critica.... bravo continua così che farai strada nella vita, anzi scusami, nella nuova pentecoste...
RispondiElimina<span>La storia della Chiesa e della sua liturgia non è forse ancora aperta ad uno sviluppo coerente ed organico, che potrebbe trovare per l’altare nuove sintesi in perfetto accordo con la tradizione dei secoli? </span>
RispondiEliminaNon credo proprio.
RispondiEliminaE' invece la perfetta dimostrazione della fedeltà al comandamento del Signore nell'Istituzione del Santissimo Sacrificio Eucaristico.
Cristo immola se stesso, e nel Santissimo Sacramento compie TUTTE le figure antiche, quindi compie anche la Liturgia del Tempio, e non solo la "pasqua antica". In Lui TUTTO E' COMPIUTO, non solo un pezzo! Per cui la Pasqua di Cristo è il Suo Sacrificio, il passaggio da questo mondo al Padre per la redenzione di molti, culminato dalla Risurrezione per la vittoria definitiva. Questo Santo MIstero è ri-presentato TUTTO, non a pezzi, durante la Divina Liturgia di DIO (e non dell'Uomo).
Per questo, la Vittima è immolata sull'ALTARE e non su quello che per forza di cose doveva essere un tavolo, quando era sempre per forza di cose mobile...
E' o no la Vittima Immacolata quella che si Immola sull'Altare? Perchè se è, come è, la Vittima Immacolata, allora è naturale immolarla sull'Altare! Altrimenti si vada da Lutero..
Per fortuna di chi? Del protestantesimo!
RispondiEliminaI "segni conviviali" lo sono per lei, forse. I "Segni", anzi i SIMBOLI mediante i quali Egli si Offre, sono il suo Corpo e il suo Sangue VERSATO IN SACRIFICIO. La separazione del Corpo dal Sangue è EVIDENZA della consumazione di un Sacrificio. Per cui, è un disastro che gli Altari siano diventati mense, per quell'insano archeologismo denunciato già dal Venerabile Pio XII.
Se si vuole "comunicare" attraverso la "parola e il pasto", si vada in osteria!
Già...Dovremmo esserne più consapevoli
RispondiEliminaringrazio ministrante e alla grande per il suo intervento ..........
RispondiEliminaè un ulteriore prova per me a non avere titubanza alcuna sulle mie posizioni . se cosi' le posso definire !!!!!!! ......
<p><span><span>Mi pare che<span> 1479 </span>non ha letto bene il post di Augé. Questi chiede che si dia visibilità alla dimensione comunionale dell’Eucaristia, critica le balaustre (alcune) e non vuole la croce sull’altare. </span></span></p>
RispondiEliminaFra Dolcino, lei dimentica che la Chiesa non nasce dal nulla, ma il suo Signore, che ha portato a compimento una lunga e articolata Storia della Salvezza e ha fatto e fa continuamente nuove tutte le cose, nella pienezza dei tempi ha dato un significato del tutto nuovo e inedito a tutto quanto lo precede. E l'Altare Cristiano implica una Vittima, che è l'Hostia pura, santa e immacolata, il Pane santo della vita eterna e il Calice della perpetua salvezza
RispondiElimina"ministrante " l'apostata.....
RispondiEliminalei deve ancora rispondere alle fandonie scritte nell'altro thread, ma è evidente che non le interessa apprendere, men che meno confrontarsi onestamente...
Gesù nell'Ultima Cena non intendeva APRIRE UNA TRATTORIA..... e la Messa in quanto tale NON è il Memoriale dell'Ultima Cena MA IL CALVARIO GRAZIE AL QUALE, attraverso l'Ultima Cena, DOPO L'OFFERTA SACRIFICALE, ci viene dato IL CIBO DELLA VITA ETERNA...
se non c'è IL SACRIFICIO, L'ARA, L'ALTARE...IL CALVARIO, LA TRANSUSTANZIAZIONE DELLA CONSACRAZIONE... NON C'E' ALLORA NESSUNA CENA....
dice sant'Agostino "non si va alla comunione SENZA PRIMA AVER ADORATO...."
san Padre Pio ai suoi frati che gli chiedevano come bisognasse stare davanti all'altare, quale atteggiamento assumere, rispondeva: " L'ATTEGGIAMENTO DI MARIA AI PIEDI DELLA CROCE CON SAN GIOVANNI, PERCHE' IN QUEL MOMENTO DELLA CONSACRAZIONE, RITORNIAMO AI PIEDI DI QUELLA CROCE..."
IL PASTO che intende lei... è quello che si da ai porci, ai cani....
i porci che mangiano senza sapere da dove proviene QUEL CIBO, SENZA AVERLO ADORATO, SENZA AVERLO VISSUTO NEL MEMORIALE SULL'ARA SACRIFICALE, SENZA AVERNE PIANTO LA PASSIONE, SENZA LA COMPASSIONE MA SOLO CON LA PRETESA DI STRAFOGARSI.....
L'Eucarestia, caro ministrante l'apostata, NON è un diritto.... quel Cibo NON è un diritto, è COSTATO SANGUE E PASSIONE E ALTRETTANTA PASSIONE RICHIEDE...non per Se stesso, ma per AMMAESTRAMENTO di chi lo riceve......
Per onestà cambi almeno l'username....
L'impianto dell'articolo di Finotti è fortemente teologico, vuole il recupero della teologia dell'altare, svilita dalle realizzazioni successive alla riforma liturgica. Augè non può criticare la teologia, perchè è la teologia della Chiesa, magari critica i dettagli, che sono storici e sempre opinabili.
RispondiEliminaInfatti ci sono 1479 modi di dare visibilità cocreta alla dimensione comunionale dell'Eucaristia, il primo dei quali è la comunione frequente (in grazia di Dio) e l'ultimo e il peggiore è la tavola da pranzo del cnc (fermo restando che un'Eucaristia validamente celebrata realizza ciò che significa, anche in un contesto fortemente negativo). Non mi straccerei le vesti se la croce è appesa o sospesa o poggiata... anche se fino al romanico era preferibilmente sospesa e nell'epoca tridentina poggiata sull'altare. Almeno tornassimo al romanico!
Ministrante parla proprio come Lutero...
RispondiElimina<span>Ministrante una domanda: vorrei passare alla TRATTORIA LUTERO, la bevanda é inclusa ?</span>
RispondiElimina<span>Piu' seriamente si vada a vedere il concetto di messa-sacrificio del concilio di Trento.</span>
<span>Lei pensa che PadrePio, il curato d'Ars... pensacvano che la messa era un pasto santificato dal popolo ?</span>
<span>on mi straccerei le vesti se la croce è appesa o sospesa o poggiata... anche se fino al romanico era preferibilmente sospesa e nell'epoca tridentina poggiata sull'altare. Almeno tornassimo al romanico !</span>
RispondiEliminama allora anche l' EUCARESTIA era conservata sospesa con delle catene nel tebernacolo in alto in forma di colomba .!!!!!!!! ..........
durante la MESSA del giovedi santo di riponevano insieme con L' EUCARESTIA delle uova e mostrate ancora ai fedeli per la messa della mezzanotte come simbolo di RESURREZIONE . che dire ???
…<span>antiquata teologia… (Ministrante)</span>
RispondiEliminaQu'est-ce que c'est que ce charabia? Alors l'Evangile est encore plus vieux, qui a 2000 ans…
Povero romanico, oggi assistiamo a cose peggiori. Almeno tornassimo alle colombe eucaristiche!
RispondiEliminaa rovereto c'è mica nato il Rosmini?
RispondiEliminaho litigato col mio curato domenica proprio su cose come queste: "confessarsi per comunicarsi"??-mi diceva"roba inventata e devozionismo: il COOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOncilio ha mostrato che i due sacramenti non sono connessi"!! Comunque l'ultima cena NON è stata la prima messa: e non lo dico io, ma fior fior di ANTIQUATI teologi e anche liturgisti. Se poi con ANTIQUATO voi volete intendere ciò che noi intendiamo per CATTOLICO. allora benvenga: sono un antiquato!!
RispondiEliminasempre la solita storia: dal 200 d.C. la chiesa ha tradito il vangelo si è prostituita col potere eccetera eccetera. Poi per 1700 anni si è continuato in questo tradimento tenendo prigioniero il popolo che doveva solo allevare ermellini e neanche poteva assistere alla messa, per poi arrivare al concilio vaticano secondo, che OVVIAMENTE coincide con la PARUSIA. E Gesù Cristo è stato il primo comunista della storia.
RispondiEliminaper favore, non evochiamo il beneamato Rosmini, se no rispunta il suo fan Bartimeo a farne il mega-panegirico !
RispondiEliminaFra dolcino scambia per "gaffe clamorosa" una constatazione storica incontrovertibile: in antico l'altare era, generalmente, ligneo. Noi tradizionalisti non manipoliamo a nostro uso la storia e la verità storica. E a onor del vero si deve però pure aggiungere che accanto all'altare ligneo ci sono dati archeologici che ci dicono come in antico si usasse anche l'altare lapideo (certo non era la norma, e non era diffusissimo, ma lo si usava, quà e là). E la logica lo conferma: se il passaggio da un'altare ligneo a quello lapideo fosse stata una "novità" in antico non la si sarebbe accettata (gli antichi erano meno sensibili di noi alle novità liturgiche ed erano anzi molto contrari alle innovazioni in tale contesto; basti pensare che anzichè creare un edificio-chiesa ex novo, i cristiani usarono un edificio già esistente, adattandolo solo alle esigenze cultuali cristiane: la basilica romana; così come anzichè creare abiti liturgici nuovi, usarono gli abiti già esistenti: la penula romana e in seguito pure la dalmatica); per completezza di informazione bisogna dire che gli ortodossi, in genere contrarissimi alle innovazioni, usano tuttora un altare ligneo; ma anche presso di loro ci sono casi in cui l'altare è lapideo. Questo fatto che presso di loro ci siano casi propio di altari lapidei (pochi) accanto ad altari lignei (la maggioranza) conferma il duplice uso che se ne faceva anche in antico.
RispondiEliminaAlla fine delle persecuzioni, quindi dal IV secolo in poi (è a quell'epoca, caro fra dolcino, che risale la diffusione dell'altare lapideo, non al concilio tridentino!!! Non confondere il IV e il V secolo con il XVI: la gaffe la fai tu) quando si "stabilizzò" il culto cristiano, si stabilizzò anche il luogo dove esso si compiva: l'altare. E alla tavola trasportabile si sostituì ben presto un altare fisso lapideo.
Tale sostituzione dell'altare lapideo, lo si deve sottolineare, non avvenne per imposizione forzata di un qualche antico "consilium" di esperti, ma spontaneamente, cioè, per dirla alla moderna, per ispirazione dello Spirito Santo.
Come vedi caro fra dolcino, nessun tradimento. Il tradimento caso mai lo compie chi, cancellando secoli e millenni di sviluppo liturgico guidato ed ispirato dallo Spirito Santo, pensa di fare una gran cosa, riportando ad uno stadio embrionale certi elementi liturgici, rifiutando lo sviluppo ispirato propio dallo Spirito.
I veri modeni quindi, i veri progressisti, siamo noi tradizionalisti, non certuni che si definiscono "progressisti" e vogliono poi riportare indietro le lsncette della storia a 18 secoli fa. SIETE ANTICHIIIIIIIIII!!!!!!!!!!!!!!!!!
ma calma, calma istriano! Di che si preoccupa? tanto tra vent'anni non vedremo più nessuna chiesa scempiata o con gli altari divelti: I mussulmani ce le avranno già trasformate tutte in moschee. abbi fede abbi fede: ALLAH AKBAR!
RispondiElimina<span>Fra dolcino scambia per "gaffe clamorosa" una constatazione storica incontrovertibile: in antico l'altare era, generalmente, ligneo. Noi tradizionalisti non manipoliamo a nostro uso la storia e la verità storica. E a onor del vero si deve però pure aggiungere che accanto all'altare ligneo ci sono dati archeologici che ci dicono come in antico si usasse anche l'altare lapideo (certo non era la norma, e non era diffusissimo, ma lo si usava, quà e là). E la logica lo conferma: se il passaggio da un'altare ligneo a quello lapideo fosse stata una "novità" in antico non la si sarebbe accettata (gli antichi erano meno sensibili di noi alle novità liturgiche ed erano anzi molto contrari alle innovazioni in tale contesto; basti pensare che anzichè creare un edificio-chiesa ex novo, i cristiani usarono un edificio già esistente, adattandolo solo alle esigenze cultuali cristiane: la basilica romana; così come anzichè creare abiti liturgici nuovi, usarono gli abiti già esistenti: la penula romana e in seguito pure la dalmatica); per completezza di informazione bisogna dire che gli ortodossi, in genere contrarissimi alle innovazioni, usano tuttora un altare ligneo; ma anche presso di loro ci sono casi in cui l'altare è lapideo. Questo fatto che presso di loro ci siano casi propio di altari lapidei (pochi) accanto ad altari lignei (la maggioranza) conferma il duplice uso che se ne faceva anche in antico.
RispondiEliminaAlla fine delle persecuzioni, quindi dal IV secolo in poi (è a quell'epoca, caro fra dolcino, che risale la diffusione dell'altare lapideo, non al concilio tridentino!!! Non confondere il IV e il V secolo con il XVI: la gaffe la fai tu) quando si "stabilizzò" il culto cristiano, si stabilizzò anche il luogo dove esso si compiva: l'altare. E alla tavola trasportabile si sostituì ben presto un altare fisso lapideo.
Tale sostituzione dell'altare lapideo, lo si deve sottolineare, non avvenne per imposizione forzata di un qualche antico "consilium" di esperti, ma spontaneamente, cioè, per dirla alla moderna, per ispirazione dello Spirito Santo.
Come vedi caro fra dolcino, nessun tradimento. Il tradimento caso mai lo compie chi, cancellando secoli e millenni di sviluppo liturgico guidato ed ispirato dallo Spirito Santo, pensa di fare una gran cosa, riportando ad uno stadio embrionale certi elementi liturgici, rifiutando lo sviluppo ispirato propio dallo Spirito.
I veri modeni quindi, i veri progressisti, siamo noi tradizionalisti, non certuni che si definiscono "progressisti" e vogliono poi riportare indietro le lsncette della storia a 18 secoli fa. SIETE ANTICHIIIIIIIIII!!!!!!!!!!!!!!!!!</span>
<span><span>Fra dolcino scambia per "gaffe clamorosa" una constatazione storica incontrovertibile: in antico l'altare era, generalmente, ligneo. Noi tradizionalisti non manipoliamo a nostro uso la storia e la verità storica. E a onor del vero si deve però pure aggiungere che accanto all'altare ligneo ci sono dati archeologici che ci dicono come in antico si usasse anche l'altare lapideo (certo non era la norma, e non era diffusissimo, ma lo si usava, quà e là). E la logica lo conferma: se il passaggio da un'altare ligneo a quello lapideo fosse stata una "novità" in antico non la si sarebbe accettata (gli antichi erano meno sensibili di noi alle novità liturgiche ed erano anzi molto contrari alle innovazioni in tale contesto; basti pensare che anzichè creare un edificio-chiesa ex novo, i cristiani usarono un edificio già esistente, adattandolo solo alle esigenze cultuali cristiane: la basilica romana; così come anzichè creare abiti liturgici nuovi, usarono gli abiti già esistenti: la penula romana e in seguito pure la dalmatica); per completezza di informazione bisogna dire che gli ortodossi, in genere contrarissimi alle innovazioni, usano tuttora un altare ligneo; ma anche presso di loro ci sono casi in cui l'altare è lapideo. Questo fatto che presso di loro ci siano casi propio di altari lapidei (pochi) accanto ad altari lignei (la maggioranza) conferma il duplice uso che se ne faceva anche in antico.
RispondiEliminaAlla fine delle persecuzioni, quindi dal IV secolo in poi (è a quell'epoca, caro fra dolcino, che risale la diffusione dell'altare lapideo, non al concilio tridentino!!! Non confondere il IV e il V secolo con il XVI: la gaffe la fai tu) quando si "stabilizzò" il culto cristiano, si stabilizzò anche il luogo dove esso si compiva: l'altare. E alla tavola trasportabile si sostituì ben presto un altare fisso lapideo.
Tale scomparsa dell'altare ligneo e della sua sostituzione, nella Chiesa latina, con un altare lapideo, lo si deve sottolineare, non avvenne per imposizione forzata di un qualche antico "consilium" di esperti, ma spontaneamente, cioè, per dirla alla moderna, per ispirazione dello Spirito Santo.
Come vedi caro fra dolcino, nessun tradimento. Il tradimento caso mai lo compie chi, cancellando secoli e millenni di sviluppo liturgico guidato ed ispirato dallo Spirito Santo, pensa di fare una gran cosa, riportando ad uno stadio embrionale certi elementi liturgici, rifiutando lo sviluppo ispirato propio dallo Spirito.
I veri modeni quindi, i veri progressisti, siamo noi tradizionalisti, non certuni che si definiscono "progressisti" e vogliono poi riportare indietro le lancette della storia a 18 secoli fa, e colà lasciarcele. SIETE ANTICHIIIIIIIIII!!!!!!!!!!!!!!!!!</span></span>
caro 1479 condivido quanto dici.... e mi piace come hai descritto lo sforzo di padre Augè al quale, tuttavia, ho solo una nota dolente da non poter tacere: per sua stessa ammissione perchè ne fu coinvolto nei lavori, padre Augè è tra gli artefici che NON videro nulla di preoccupante nella trattoria dei neocatecumenali.... è grazie a lui e ad altri che oggi ce li ritroviamo nelle parrocchie con TRE ALTARI laddove non possono, grazie a Dio e ai Beni Culturali, rimuovere l'Antico... e si IMPONGONO davanti all'altare post conciliare perchè su quello loro NON celebrano, ORDINE DI KIKO....
RispondiEliminaquanto alla misera croce astile di questo cammino... è OBBLIGATORIA QUELLA DI KIKO.....e rigorosamente LONTANA DALL'ALTARE ma "accanto" al leggio.... sull'altare ci viene imposto il candelabrio ebraico perchè per Kiko quella cena (NON Messa e non sacrificio) E' LA CENA DELL'AGNELLO DELLA PASQUA EBRAICA....
Se padre Augè volesse davvero onorare i tanti sforzi che comprendo che sono a fin di bene, si batta ora per rimuovere IL DANNO CHE HANNO FATTO.... ;)
se riuscisse in questo, sarebbe molto più credibile....
è vero ......... la mia era solo provocazione ........
RispondiElimina................ e in ogni caso aveva uno scopo pratico a mio avviso ........... i topi !!!!!!!!!!
ma anch'io sono un suo fan. E anche Amerio.
RispondiElimina........almeno se il mussulmano..non diventi...Tu....!
RispondiEliminaParole sante e chiare.
RispondiEliminaMinistrante: come si dice a casa mia: MAVADEVIALCUUUUUUUUUU!!!!!!!!!
RispondiEliminaveramente io ho già pronta da tempo una cotta magliata di ferro e una bella camiciona bianca con la croce rossa sopra e anche uno spadone: aspetto solo la benedizione del gagliardetto. Se proprio dobbiamo cadere, almeno facciamolo con onore; nonè mica detto che a morire per Dio debbano essere per foza solo i Martiri...
RispondiElimina<span>..."Gesù si offre a noi nei segni conviviali del pane e del vino santificati dalla preghiera del suo popolo, non c'è altro modo di comunicare a lui che attraverso la Parola e il pasto. Il resto è antiquata teologia."...</span>
RispondiElimina??????
Ma che stai a dì ahò!?
Pane e vino santificati da chi!?!?!?!?Dal popolo!?!?!?!?
Il "pasto"!?!?!?!?Antiquata teologia!?!?!?!?
Spero che tu non salga sull'altare a servì Messa... :'(
Placentinum ha litigato col suo parroco sul sacramento della riconciliazione prima dell'eucaristia. Le questioni sono molto complicate, abbiamo una tradizione secolare, ma non è affatto detto che questa sia tutta la tradizione. Abbiamo dimenticato che l'eucaristia è farmaco di immortalità? Le questioni potrebbero essere riassunte così: <span><span><span>
RispondiElimina<span>Nel “pasto del </span><span>Signore” è implicita l’offerta del perdono, perché è </span>
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<span><span><span>anamnesis </span></span></span><span><span><span><span>della sua </span><span>morte per i nostri peccati, secondo l’annuncio del Vangelo (1Cor 15,3). Questo </span><span>dato di fatto teologico è così rilevante e logicamente conseguente, che noi </span><span>non ci siamo sentiti in condizione di poter affermare che alla mensa del Signore</span><span>possa accedere solo chi è in retta condizione morale, perché l’offerta </span><span>del perdono nella memoria della sua morte implica che è invitato a mangiare </span><span>il suo corpo e il suo sangue colui che ha bisogno di purificazione e desidera </span><span>ottenere misericordia e accoglienza presso il Signore. http://www.nicodemo.net/pdf/Casalini_pasto.pdf</span></span></span></span>
<span><span><span><span>Preciso che l'autore è perfettamente legato alla teologia cattolica dell'eucaristia, non è per niente un modernista, come dite voi. Le questioni sono dunque aperte, anche se io non consiglierei certo di comunicarsi in quello stato che la teologia tradizionale e i catechismi chiamano "peccato mortale".</span></span></span></span>
<span>Placentinum ha litigato col suo parroco sul sacramento della riconciliazione prima dell'eucaristia. Le questioni sono molto complicate, abbiamo una tradizione secolare, ma non è affatto detto che questa sia tutta la tradizione. Abbiamo dimenticato che l'eucaristia è farmaco di immortalità? Le questioni potrebbero essere riassunte così: <span><span><span>
RispondiElimina<span>Nel “pasto del </span><span>Signore” è implicita l’offerta del perdono, perché è </span> </span></span></span><span><span><span>anamnesis </span></span></span><span><span><span><span>della sua </span><span>morte per i nostri peccati, secondo l’annuncio del Vangelo (1Cor 15,3). Questo </span><span>dato di fatto teologico è così rilevante e logicamente conseguente, che noi non ci siamo sentiti in condizione di poter affermare che alla mensa del Signore</span><span>possa accedere solo chi è in retta condizione morale, perché l’offerta </span><span>del perdono nella memoria della sua morte implica che è invitato a mangiare </span><span>il suo corpo e il suo sangue colui che ha bisogno di purificazione e desidera </span><span>ottenere misericordia e accoglienza presso il Signore. <span>http://www.nicodemo.net/pdf/Casalini_pasto.pdf</span></span></span></span></span>
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<span><span><span><span><span>Preciso che l'autore è perfettamente legato alla teologia cattolica dell'eucaristia, non è per niente un modernista, come dite voi. Le questioni sono dunque aperte, anche se io non consiglierei certo di comunicarsi in quello stato che la teologia tradizionale e i catechismi chiamano "peccato mortale".</span></span></span></span></span>
<span><span>Placentinum ha litigato col suo parroco sul sacramento della riconciliazione prima dell'eucaristia. Le questioni sono molto complicate, abbiamo una tradizione secolare, ma non è affatto detto che questa sia tutta la tradizione. Abbiamo dimenticato che l'eucaristia è farmaco di immortalità? Le questioni potrebbero essere riassunte così con le parole di un biblista: </span></span>
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<span>"Nel “pasto del </span><span>Signore” è implicita l’offerta del perdono, perché è </span> </span></span></span><span><span><span>anamnesis </span></span></span><span><span><span><span>della sua </span><span>morte per i nostri peccati, secondo l’annuncio del Vangelo (1Cor 15,3). Questo </span><span>dato di fatto teologico è così rilevante e logicamente conseguente, che noi non ci siamo sentiti in condizione di poter affermare che alla mensa del Signore</span><span>possa accedere solo chi è in retta condizione morale, perché l’offerta </span><span>del perdono nella memoria della sua morte implica che è invitato a mangiare </span><span>il suo corpo e il suo sangue colui che ha bisogno di purificazione e desidera </span><span>ottenere misericordia e accoglienza presso il Signore. <span>http://www.nicodemo.net/pdf/Casalini_pasto.pdf</span></span></span></span></span> "
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<span><span><span><span><span>Preciso che l'autore è perfettamente legato alla teologia cattolica dell'eucaristia, non è per niente un modernista, come dite voi. Le questioni sono dunque aperte, anche se io non consiglierei certo di comunicarsi in quello stato che la teologia tradizionale e i catechismi chiamano "peccato mortale".</span></span></span></span></span></span>
Today, 7.23.33<span><span><span>– </span></span><span>Flag</span></span><span><span><span> – </span></span><span>Mi piace</span></span><span><span><span> – </span></span><span>Reply</span></span><span><span><span> – </span></span><span>Delete</span></span><span><span><span> – </span></span><span>Edit</span></span><span><span><span> – [...]
A Caterina che apprezza padre Augè "al quale, tuttavia, ho solo una nota dolente da non poter tacere: per sua stessa ammissione perchè ne fu coinvolto nei lavori, padre Augè è tra gli artefici che NON videro nulla di preoccupante nella trattoria dei neocatecumenali", faccio presente che il liturgista di riferimento del Cammino è stato Pedro Farnes, il quale non faceva altro che ripetere tutto quello che gli studiosi di allora dicevano. E' sbagliato? Lo si dimostri! E questo senza dover necessariamente difendere questo o quel movimento.
RispondiEliminaPiù che apprezzare prendo ciò che è buono, come mi consiglia san Paolo.... e poichè ho avuto a suo tempo degli scambi di opinione con padre Augè, so per sua stessa ammissione che all'epoca dei lavori di commissioni e affini, si sottovalutarono certi cambiamenti.... Pedro Farnes non era il solo liturgista, come in un matrimonio la colpa non è mai di uno solo ma di entrambi, così è accaduto in questo frangente...
RispondiEliminaNon mi incastro mai nel difendere o condannare un Movimento... basta solo essere onesti e VEDERE come il Cnc è stato L'UNICO movimento a stravolgere il Rito, a modificare I PRESBITERI spiazzando sia gli altari preesistenti, COME QUELLI DEL DOPO CONCILIO....il loro è UN TERZO ALTARE che si posiziona avanti agli altri due, o da solo se ottengono, come in passato, di strutturare i presbiteri nelle chiese nuove....
E' sbagliato?
giudichi lei!!
Se un neocatecumenale volesse andare alla Messa della domenica e magari pure a quella antica, ogni tanto, disertando la funzione kikiana del sabato sera, SONO FUORI DALLA LORO COMUNIONE.....
E' sbagliato?
giudichi lei!!
Se un neocatecumenale volesse prendere la comunione SOLO CON L'OSTIA E IN GINOCCHIO, sarebbe fuori dalla LORO comunione....
E' sbagliato?
giudichi lei!!!
Kiko insegna che la Messa NON E' IL SACRIFICIO, MA UN MEMORIALE CHE SOTTOLINEA LA PASQUA EBRAICA....per questo al posto della croce sull'altare c'è il candelabro ebraico e per questo SI FA IL BALLO ATTORNO ALL'ALTARE usando esclusivamente I CANTI LITURGICI DI KIKO....
Sacramentum Caritatis, Benedetto XVI dice:
11. In questo modo Gesù inserisce il suo novum radicale all'interno dell'antica cena sacrificale ebraica. Quella cena per noi cristiani non è più necessario ripeterla. Come giustamente dicono i Padri, figura transit in veritatem: ciò che annunciava le realtà future ha ora lasciato il posto alla verità stessa. L'antico rito si è compiuto ed è stato superato definitivamente attraverso il dono d'amore del Figlio di Dio incarnato.
Al n. 37 il Santo Padre scrive: “Poiché la liturgia eucaristica è essenzialmente actio Dei che ci coinvolge in Gesù per mezzo dello Spirito, il suo fondamento non è a disposizione del nostro arbitrio e non può subire il ricatto delle mode del momento”.
E' sbagliato ciò che insegna e fa Kiko in disobbedienza anche alle richieste del Papa di OBBEDIRE alle richieste della Santa Sede che il Papa gli continua a ripetere ad ogni incontro?
giudichi lei!! Io le ho dimostrato tutto....
;)
P.S.
RispondiEliminaKiko insegna anche che il Concilio Vaticano II avrebbe in tal modo CORRETTO GLI ERRORI DEL CONCILIO DI TRENTO in tema liturgico, e avrebbe riportato le comunità a rivivere LE VERE ED AUTENTICHE RADICI DEL CULTO A DIO PRIMA DELLE MANOMISSIONI AVVENUTE, secondo Kiko, con l'era costantiniana....
Come a dire che da Costantino al Vaticano II LA CHIESA AVEVA INVENTATO TROPPE COSE....
Per Kiko, l'insegnamento del Magistero della Chiesa va dagli Apostoli a Costantino....poi c'è un enorme buco....per ritornare finalmente al magistero con il Vaticano II....
Provare per credere, andate e ascoltate..... andate e vedete.......
Quando il Papa è andato alla Parrocchia di san Massimiliano Kolbe alla periferia di Roma nella quale ci sono comunità neocatecumenali e la chiesa è stata allestita secondo il culto di Kiko, QUEL GIORNO tuttavia, sull'altare non c'era il candelabro, ma il Crocefisso, nessuno ha ballato attorno all'altare, la Messa era di DOMENICA, e non c'erano striscioni NC....
come a dire: quando il gatto non c'è i topi ballano!
Ma prima di scrivere cavolate, studiare un po' di teologia non sarebbe possibile? Siamo addirittura arrivati al popolo che santifica le offerte? ma non era lo Spirito Santo? "Manda il tuo Spirito a santificare questi doni perchè diventino per noi il Corpo e il Sangue di Gesù Cristo tuo Figlio e nostro Signore..." Neanche Lutero accetterebbe un discorso come il suo!
RispondiEliminaLe faccio solo presente una cosa: neppure gli avangelisti sono concordi nel descrivere l' Ultima Cena come semplice pasto conviviale. Dovrebbe sapere che per esempio S. Giovanni ha tutt'altra visione...
"Per fortuna è vero che gli altari conciliari hanno abbandonato il loro..." può dirmi dove è scritto e chi l'ha detto per favore?
Gent. Pastor Ille, chiedo a lei di dirmi quando la Chiesa (non qualche personaggio che esprime un suo parere) ha ufficialmente detto che la Messa è l' Ultima Cena di Gesù, tale e quale, che ha solo l'aspetto conviviale e che da il diritto di non prendere più in considerazione l'aspetto sacrificale-pasquale. Le chiedo: come mai prima della "innovazione" della Messa quotidiana avvenuta nell' età medioevale, l' Eucarestia era celebrata solo di domenica e non di giovedì, possibile anniversario settimanale della S. Cena? Strano che celebrassero il pasto in domenica imitando il pasto del giovedì...vuol dire che quel "pasto" aveva anche un altro carattere non solo conviviale...
RispondiEliminaPer quanto riguarda Padre Augè, penso sia più equilibrato di altri ma si intuisce da che parte pende. E' uno che ha tanti richiami e puntualizzazioni da una certa parte ma dall' altra fa finta di non vedere. Un liturgista esemplare ha dei principi solidi che correggono da una parte e dall'altra.
Gentile Fra Dolcino, davvero è convinto che la scelta della Chiesa di adottare l'altare di pietra anzichè quello ligneo è una "retrocessione a modelli non neotestamentari e antitestamentari"?
RispondiEliminaHa controllato la Sacra Scrittura prima di dire una cosa del genere? Ha controllato i Padri della Chiesa cosa pensano?
Davvero solo il "retrogrado" concilio tridentino ha adottato categorie pagane ed ebraiche? Pensi a come è stata scelta (molto prima di TN) la data del 25 Dicembre come giorno per ricordare la nascita di Gesù...
se volete leggete qui e, ad abundantiam, anche qui
RispondiEliminae infatti io ero in peccato mortale. altrimenti cosa mi confessavo a fare?? comunque non era il parroco ma il curato, che mi ha apostrofato con queste belle parole" tu e i tuoi amici, compreso il nostro parroco, predicate il devozionismo e allontanate la gente dalla chiesa"!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!
RispondiEliminase la comunione purifica già dai peccati, a cosa serve la confessione? può essere in comunione con Dio uno che ha mortalmente peccato? bastano queste due osservazioni per far cadere qualsiasi replica neomodernista.
RispondiEliminaDall'ottimo articolo di don Finotti emerge molto bene come il Sacrificio offerto misticamente da Nostro Signore nell'ultima cena, anticipazione del Calvario del giorno dopo, si distingua dall'aspetto conviviale che ne era stato occasione e che si ripropone al momento della Comunione che e' azione liturgica distinta dal Sacrificio.
RispondiEliminaSe non erro, alcuni altari lapidei si trovano nelle catacombe.
L'altare delle chiese ortodosse e' lingeo ma e' chiaramente un altare e non una mensa conviviale.
La tovaglia sull'altare rappresenta anche la sindone che avvolse Nostro Signore.
FdS