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venerdì 28 gennaio 2011

Santa Messa tridentina in Spagna: celebrata dall'Arcivescovo di Saragozza


Questa volta, la bella notizia riguarda una S. Messa già celebrata, ma ne diamo comunque notizia a beneficio e sollievo dei nostri lettori e per congratularci con l'Arcivescovo di Saragozza, Mons. Manuel Urena Pastor, che il 15 gennaio 2011 ha celebrato una S. Messa da Requiem tridentina.
Leggiamo sul Sito di
Una Voce Malaga (anche qui) che si tratta della prima S. Messa tridentina celebrata da un Vescovo spagnolo in Spagna, in applicazione del Motu Proprio Summorum Pontificum. E non possiamo che rallegrarcene e apprezzare!!
La Messa è stata celebrata nella chiesa parrocchiale di Santa Maria Maggiore in Epila, Saragozza.
Gutta cavat lapidem, non vi sed saepe cadendo!

12 commenti:

  1. ripeto, è una sola messa, una rondine non fa primavera ecc ecc, MA 10 ANNI FA ERA LONTANAMENTE PENSABILE? su su coraggio e preghiera!
    Dieci anni fa stavamo ancora digerendo la sfilza interminabile di giubilei di questo e giubilei di quello, e in un anno di giubilei neanche il giubileo per le persone sensibili alla tradizione, con una messa antica a roma!

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  2. Nel comunicato si specifica per ben due volte "in accordo con il messale del 1962", a voler ribadire di quanto si sia stati ligi. Nel 1962, le rubriche non prevedevano che un vescovo potesse celebrare una messa in terza. Meglio di niente, ma comunque il mito della "fedeltà" al rito è solo una balla. In nome e per conto della "tradizione" si fa esattamente il contrario di quello che si faceva quando la tradizione c'era.

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  3. Redazione di Messainlatino.it28 gennaio 2011 alle ore 15:41

    Ecco bravo, ha detto bene: "meglio di niente". E non polemizziamo troppo sulle imprecisioni.
    Roberto

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  4. No creo que se deba exagerar el hecho de que un Obispo haya celebrado la Misa tradicional al modo solemne propio de los presbíteros. Es cierto que no es el modo adecuado, pues la Misa solemne del Obispo debe ser siempre pontifical, pero me da la impresión de que es lo que en más sitios se está celebrando bajo el nombre de "Misa prelaticia", si no me equivoco. Lo importante es que se trata de la primera Misa tradicional celebrada en público en España por un Obispo español. Pienso que las deficiencias observadas deben quedar en un segundo plano, sin entrar a valorar si en la actualidad hay algún sacerdote español que supiera organizar y dirigir como Maestro de Ceremonias una Misa solemne pontifical; si le hay, yo no le conozco.
    Por otro lado, la situación de España con relación a la Misa tradicional es realmente desesperada. Calculo que no llegarán a 40 las Misas conforme al Misal de 1962 que se celebran en cualquier fin de semana en toda la geografía nacional, contando las celebradas por los padres de la Fraternidad de San Pío X. La que yo celebro los domingos por la tarde en una de mis Parroquias es una de ellas, y una de las 3 o 4 que se celebran en todo el Norte de España. El desinterés, cuando no oposición de los Obispos es evidente, y por eso esta noticia nos ha producido una gran alegría a todos los que en esta nación defendemos y celebramos el Rito tradicional. Reconozco que es una lástima que la Misa celebrada por Monseñor Ureña no haya sido todo lo perfecta que el caso requería, pero repito mis dudas de que hoy por hoy seamos capaces en España de organizar una Misa pontifical. No llegarán al centenar los sacerdotes que sabemos celebrar la Misa rezada ¿y vamos a preparar pontificales? En ese sentido pido un poco más de comprensión, y la capacidad para mirar más lo positivo que lo negativo.

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  5. Redazione di Messainlatino.it28 gennaio 2011 alle ore 19:36

    Bravo bravo bravo Teodosio!!

    Lo importante es que se trata de la primera Misa tradicional celebrada en público en España por un Obispo español. Pienso que las deficiencias observadas deben quedar en un segundo plano...

    santas palabras!!

    No llegarán al centenar los sacerdotes que sabemos celebrar la Misa rezada ¿y vamos a preparar pontificales? En ese sentido pido un poco más de comprensión, y la capacidad para mirar más lo positivo que lo negativo.
     
    BEN DETTO!!!!  i bien dicho!

    Caro Teodosio, lei sì che dice cose giuste!!! dovrebbero pensarla un po' come lei anche da noi tutti quelli che invece di gioire delle belle notizie, e dei piccoli traguardi, se pur imperfetti, si attaccano criticando i difetti e le cose "negative!

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  6. Sono degenerazioni della liturgia. Quando si pensa che sia prevalente l'aspetto estetico, si considera che la rubrica non sia importante, e allora si inizia a criticare il rubricismo, la mania di perfezione, e tutto questo. Per cui si fanno le messe prelatizie con le mitrie e va bene, le messe in terza dei vescovi e va bene. Perchè? Fa scena, fa fine, non impegna.

    Le norme esistono ed hanno un senso: un vescovo celebra solennemente solo pontificalmente (non sapete celebrare un pontificale, ma una messa in terza sì? Non è mica come dire "una messa letta"; un pontificale da requiem si celebra prendendo uno dei preti in cotta che stavano davanti, mettendogli un piviale, e facendogli fare l'assistenza pontificale. Il vescovo, poi, dice l'inizio della messa al faldistorio. Fine della "competenza"), per un motivo: per sottolineare nella liturgia il carattere inseparabile del suo episcopato. Negare questo, significa in pratica non fare nient'altro che fare come hanno fatto i modernisti, ossia eliminare gli elementi propri della liturgia pontificale, e fare tutto uguale.

    Va poi detto che le rubriche hanno anche un significato spirituale, che il modernismo ha pressochè distrutto, introducendo le opzioni facoltative e la creatività. La rubrica serve anzitutto a spersonalizzare il celebrante, annullando con l'obbedienza alle norme, ogni residuo di volontà propria superstite. Il prete non decide nè come tenere le mani, nè cosa mettere in testa, nè che letture fare, nè come modulare la voce, nè come e dove guardare. Peggio che con un bambino, cui si dice quello che deve e non deve fare, il prete mediante la rubrica si fa "obediens perinde ac cadaver", anzi ancora di più. Annulla la sua volontà e la sua intelligenza, per fare posto a quelle del vero Celebrante, che è Cristo stesso. Trasgredire una rubrica, se uno non ci bada, non vuol dire nulla. Ma in verità è un atto con cui si fa "sloggiare" Cristo dall'azione sacra, per farci stare di più l'uomo. L'uomo e la sua estetica, il suo gusto personale, le sue frivolezze. Ad esempio. I modernisti hanno finito con il fare una messa in cui Cristo non si vede più, fatto sloggiare dalla vanità dei celebranti umani, che devono usare la messa come palcoscenico per mostrare i gesti che fanno, l'erudizione, gli slogans, le coreografie dei loro chirichetti, la disposizione dei loro moblii sul presbiterio. Tutti accidenti che hanno finito per diventare preponderanti e intaccare la sostenza.

    Nella tradizione, non si cerca la riproduzione anastatica di una cartolina d'altri tempi. Almeno, per quello che mi riguarda. Nella tradizione, cerco lo "spirito", che c'era negli altri tempi, non le forme. Le forme sono conseguenti, ma non sono l'essenziale. Celebrare stupidamente un rito del 1962 (e a direla tutta il rito del 1962 NON E' la messa tradizionale, perchè è stata pasticciata già con mentalità modernista da Bugnini, e come disse lui è la testa di ponte della riforma), non costituisce la "tradizione". Ora non dico che questa messa solenne da requeim (che sul sito di una voce malaga è però chiamata "pontificale") sia stupida. Era il mio un caso generale, e ne ho viste parecchie di messe tridentine, fatte da sciocchi.

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  7. 2a parte-

    Dal caso si possono dedurre due conclusioni. Una politica, una liturgica. La conclusione liturgica, è che la liturgia non è stata rispettata, e non ne è stato rispettato il senso spirituale, ossia di opus dei. Una liturgia in cui l'uomo stabilisce lui le regole, è opera dell'uomo, non di Dio. Dio vi si piega, non il contrario. Ovviamente sarò attaccato perchè rovino il bel teatrino con queste parole, ma che nessuno ha mai il coraggio di dire. Sembra quasi che la messa sia prioritaria, prima ancora del fatto che sia fatta nel modo opportuno. Come se fosse una conquista sindacale, da difendere senza se e senza ma. Allora ben vengano anche le messe pontificali para-arcivescovili che il can. (minore) Amodeo celebra noleggiando la cappella di Meda. Anche li un semplice prete celebra una cosa che non può celebrare, ma diamine, è bella da vedere! E poi tutti i blogghisti sono così contenti, a vedere le scarpette con la fibbia, i ferraioloni, e tutte queste cose utili ad un tempo, e allo stesso tempo così inutili, se indossate con frivolezza.

    La liturgia è qualcosa di virile. Dovrebbe essere l'atto più virile. Preti e laici che si emozionano a vedere gente che si mette vestitini sgargianti, è assai poco virile.


    La seconda considerazione è di ordine politico. Ossia il significato pubblico e sociale che ha una celebrazione tridentina, fatta da un presule in una situazione ecclesiale di chiusura alla tradizione (alla TRADIZIONE, non al motu proprio. E' peggio). Tale significato politico è grande, a prescindere dalla celebrazione (così come se fosse celebrata una messa dal Papa: sia essa letta o solennemente pontificata, avrebbe una risonanza e un valore "politico" enorme). E infatti, bisognerebbe provare a capire che le "critiche", non intaccano il valore politico di tale celebrazione. Come se una giusta critica, intaccasse il significato simbolico di tale evento. Non è criticato l'evento, ma semplicemente il modo.

    Pensare che però, esista una preponderanza della considerazione politica, rispetto a quella liturgica e spirituale, mi pare alquanto pericoloso, se ci si considera cattolici. Forse, l'aspetto teologico e spirtuale, è sempre prioritario. Perchè altrimenti, veramente si riduce il tradizionalismo ad una sorta di sindacato per messe, ma di stampo marxista. Gente cioè, che pensa anzitutto ad usare la messa come strumento per realizzare un fine, quello di mutare la chiesa, di instaurare un nuovo corso, di cambiare le maggioranze, di fare emergere la propria fazione. E per fare questo, che la messa sia fatta bene o male non importa,appunto perchè è secondario.

    Infine, tutto va bene, per carità, perchè la chiesa è in crisi nera. Per cui la messa che viene celebrata, può anche essere intesa come messa "di combattimento". In guerra, al fronte, non ci si preoccupa molto di certi dettagli. Non si mangiano cibi come in tempo di pace a casa propria, nè ci si veste a puntino. Si usa quello che si trova, si mangia quello che c'è, si spara anche con gli schioppi, se non c'è di meglio. Stato di necessità. Però il soldato al fronte, è consapevole del suo stato di necessità, e sa anche che in una situazione normale, non farebbe le stesse cose.

    Certi piccoli abusi liturgici, forse sono perdonabili a causa di uno stato di necessità. Però ne sono tutti consapevoli? Secondo me no. Un prete che si veste da vescovo, è consapevole di essere in uno stato di necessità, tale da autorizzarlo a qualche imperfezione formale, o semplicemente desidera vestirsi da vescovo, abusando del lassismo generale, per giocare? Per cui, tra chi ne capisce, forse la critica si può fare. Farla pubblicamente sarebbe forse controproducente, perchè non [...]

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  8. La Beata Vergine Maria a Saragozza incoraggió l'apostolo Giacomo. È bello pensare che proprio a Saragozza un discendente degli Apostoli torni a celebrare la Santa Messa di sempre. Viva Maria!!!
    :) :) :)

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  9. Alexander Von Trotta29 gennaio 2011 alle ore 10:06

    Lo si è già detto tante volte: siamo in un momento emergenziale, ben lontani dalla situazione presupposta dalle rubriche (scritte quando in tutte le chiese di tutto il mondo si celebrava la Messa tradizionale...), e bisogna arrangiarsi. Cito un caso che mi ha riguardato: quando abbiamo cominciato la nostra Messa non c'erano le tre tovaglie regolamentari sull'altare. Ovvio che le abbiamo fatte fare, ma ci sono voluti mesi. In attesa si è deciso di celebrare comunque, con una sola tovaglia: se avessimo aspettato che tutto fosse a posto c'era il rischio concreto che la chiesa ottenuta a fatica venisse dichiarata indisponibile ecc.

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  10. Creo que como licenciado en Sagrada Liturgia algo puedo decir sobre la Liturgia romana tal como era en 1962 y sus diferencias con relación a versiones anteriores. Veamos. Es verdad que registra algunas variaciones de cierta importancia, fundamentalmente por lo que hace a las Rúbricas generales, el Calendario, la Semana Santa, los Maitines simplificados de los domingos y fiestas de III clase -anteriormente Dobles mayores, menores y semidobles-. No obstante estas diferencias, hay que decir el Rito sigue SUBSTANCIALMENTE intacto. El Rito de la Misa no sufrió reforma alguna, ni las oraciones, antífonas, lecciones, etc. del Propio del Tiempo, de los Santos , Comunes y Misas Votivas, ni el Ordinario del Oficio Divino, ni el Salterio aprobado por San Pío X, ni las oraciones, antífonas, Himnos etc. del Breviario. Unicamente se recortaron las lecciones y algunos responsorios de Maitines. No hay cambio alguno en el Ritual Romano ni en el Ceremonial, y en el Pontifical varía únicamente la simplificación del rito de Consagración de Iglesias. Yo no estoy de acuerdo con ninguno de esos cambios, pero los acepto y utilizo porque fueron mandados por los Papas y la Liturgia es objetividad, no subjetividad. Además, no comprometen en absoluto la substancia del Rito tradicional.
    Hay quienes como los sedevacantistas, se alzan contra todos los cambios introducidos en la Liturgia romana durante la primera mitad del siglo XX, y utilizan los libros litúrgicos tal como los dejó San Pío X. Estos son unos insensatos. Porque San Pío X introdujo en la Liturgia un cambio más importante que todos los que se hicieron después: eliminó y prohibió la distribución tradicional del Salterio a lo largo de la semana, que remontaba a San Jerónimo y había quedado definitivamente fijado por San Gregorio Magno, e introdujo una nueva. Era uno de los elementos más antiguos y venerables del Rito Romano. ¿Por qué nadie lo reivindica? Es sencillo, porque de usarse el Breviario como estaba en 1910, que es prácticamente el que salío de manos de San Pío V -salvo por la elevación del rito de muchas fiestas- tendrían que rezar 18 salmos completos los domingos en unos Maitines que duran más de una hora, porque muchos domingos tendrían que celebrar de algún Doble menor en lugar del domingo, porque la complicación rubrical es tal que se acabarían perdiendo en aquella intrincada selva. Si se aceptan las reformas introducidas por San Pío X hay que aceptar todas las demás al menos hasta 1962, y si no se aceptan éstas últimas, tampoco hay que aceptar las de San Pío X. Es una cosa de pura coherencia.
    Este no es el momento de permitir que el diablo nos divida por auténticas bobadas. ¿Qué pasará si empezamos los unos a usar el 62, los otros el 54, los otros el 10? Si nos dividimos así nos han vencido ya de antemano. Creo firmemente que en la actualidad el anhelo de los formas litúrgicas anteriores a 1962 no procede del Espíritu de Dios, por mucho que nos parezca que el Rito ya se había en parte reformado para entonces. Pero por amor del cielo, veamos la cosas en positivo. Hace diez años no teniamos nada, ni la Misa, ni el Breviario, ni los Sacramentos, NADA. Y ahora que lo tenemos, en lugar de usarlo, y amarlo, aunque no sea la mejor versión del Rito, nos dedicamos a pensar más en lo que nos falta que en los que tenemos. No es el momento de pensar en reformas del Rito, es el momento de luchar por Dios, por la Iglesia, por la salvación de nuestras almas y la de nuestros fieles usando el Rito que tenemos. Estas son nuestras armas, y funcionan, no las despreciemos y no demos lugar al diablo a que nos engañe. Tenemos ya todo lo que necesitamos para restaurar la santa Tradición. Ahora, a trabajar todos.

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  11. Le sue affermazioni sono scorrette metodologicamente. Affermare che il messale del 1962 è sostanzialmente la messa di sempre, significa raggirare la verità. Forse il messale, appunto, contiene l'80% della liturgia tridentina (ma è decisamente preoccupante quel 20% di modifiche, proprio nella settimana santa, che è stata letteralmente distrutta, distruggendo tutta l'antichità del rito e introducendo follie, come le dalmatiche viola o la comunione per il popolo al venerdì santo). Ma a mio giudizio il paragone dovrebbe farsi non sul "libro", ma a parità di giorno, sulle funzioni. Le messe celebrate secondo il messale del 1962, un rito di passaggio, provvisorio, contenente esperimenti per giungere al rito del 1970, sono diverse da quelle celebrate con il rito di sempre. Che fine hanno fatto i santi alla domenica? Non sono commemorati. Così come le varie collette, che non si dicono più (ma sul libro ci sono). Fino ad arrivare ad aberrazioni quali la possibilità di celebrare le messe penitenziali con le letture abbreviate (le molte letture erano vestigia di epoche antichissime, eliminate per puro criterio di BREVITA'), così come viene eliminato il "Benedicamus Domino" in fine delle messe senza il Gloria, sostituito da Ite missa est, tranne quando alla messa segue una qualche azione liturgica successiva (e qui, il criterio è quello per cui sembrava brutto dire "la messa è finita", quando invece non era ancora finita. Un criterio completamente avulso dalla storia della liturgia).

    Scorrettissimo è poi paragonare le riforme di san Pio X a quelle sciagurate degli anni 50-70, che furono già criticate da eminenti liturgisti, primo fra tutti Leon Gromier, che non era sedevacantista, ma consultore della S.C. dei Riti!

    Pio X corresse il salterio per un motivo essenzialmente teologico: la natura dell'ufficio divino, richiede la recita settimanale dei 150 salmi. Il salterio del rito romano, nobile ed antico, che andò a modificare, era diventato obsoleto, per mutate circostanze subentrate. All'epoca di san Pio V, i giorni festivi e feriali si bilanciavano, e quindi si recitavano effettivamente con alternanza tutti i salmi. Il proliferare di feste, fece progressivamente sparire l'officiatura feriale. Era forse un peccato festeggiare le feste del Signore, o dare culto ai Santi? L'unico modo per salvaguardare la sostanza dell'ufficio (a meno di eliminare il culto dei santi e le feste nuove), era di ripensare il salterio, mantenendo però lo schema classico. San Pio X restaura l'antico spirito della liturgia, ossia la recita del salterio integrale, mutatis mutandis. E' semplicemente falso, affermare che il motivo delle modifiche fu la riduzione temporale. La differenza temporale nella recita tra il breviario tridentino e il breviario "Divino afflatu", è di circa 20 minuti nelle ferie, 10 minuti nelle domeniche, ed identica nei doppi. Come si può ritenere sensata l'affermazione secondo cui si toccherebbe un rito immemorabile, per risparmiare un quarto d'ora?

    Va poi anche sottolineato come san Pio X avesse una venerazione per la tradizione liturgica precedente, e non abbia mai riscritto le rubriche del messale e del breviario, aggiungendo solo le "addizioni e variazioni", che rendono la comprensione più complicata, ma testimoniano il timore reverenziale verso la modifica del rito.

    E' una menata da troppo tempo sentita, quella secondo cui san Pio X sarebbe il Bugnini ante litteram, e che le riforme di Paolo VI sono solo la logica conseguenza di premesse poste in essere a quel tempo.

    Il Breviario del 61 taglia i mattutini per accorciarli: questo non ha alcun senso, ed è preparatorio alle sciagure successive.

    Ritenere il rito del 1962 come l'ultima forma di una liturgia in evoluzione sostanziale, è una grandissima [...]

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  12. Redazione di Messainlatino.it31 gennaio 2011 alle ore 14:28

    Bravi!! E non è stato certo un gesto di profanazione!! Soprattutto in confronto a tante messe "moderne" che rasentano il limite del sacrilego !!
    Avete fatto bene a non aspettare le tre tovaglie. E  iniziare!

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