Proseguiamo, traendola dal sito francese Osservatore Vaticano, la pubblicazione del reportage sulla situazione della Chiesa in Belgio. Links alle altre parti:
La successione del Cardinale Danneels. Johan Bonny, un candidato 'consensuale'
La successione di Malines è chiaramente molto difficile da garantire, soprattutto perché il terreno di coltura di arcivescovi potenziali è molto povero, sicché non sarebbe impensabile che la scelta ricadesse su un outsider di consenso e atono, come mons. Bonny, vescovo di Anversa. Certo, è fiammingo, come il primate uscente, ma si è già detto che la regola dell’alternanza linguistica non è sacra. Inoltre è vescovo di Anversa da meno di un anno, ma Danneels stesso fu promosso a Malines-Bruxelles quand’era vescovo di Anversa da soli due anni.
Johan Jozef Bonny è nato in una tranquilla famiglia delle Fiandre occidentali nel 1955. Seminarista con ottimi voti, egli è stato ordinato sacerdote nel 1980 per la Diocesi di Bruges. Immediatamente gli si riconobbe una vocazione di professore serio, lavoratore, tranquillo. Egli ha fatto del resto la maggior parte della sua carriera a Roma: divenne dottore in teologia all’università gregoriana e dopo un periodo di insegnamento al seminario di Bruges, vi ritornò nel 1997, dapprima come collaboratore del cardinale Kasper al Consiglio per l'Unità dei Cristiani (Johan Bonny era responsabile per le relazioni ecumeniche tra la Chiesa cattolica e le Chiese ortodosse) e quindi, dietro nomina dei Vescovi del Belgio, come rettore del Pontificio Collegio Belga, via Pagano, posto strategico molto importante per il “partito del movimento" dopo il Concilio. Un "progressista", dunque? Moderatamente. Un "classico"? Mollemente.
Sulla rampa di lancio del Collegio belga, questo professore senza problemi, ben visto a Malines, ma anche apprezzato dall'Opus Dei, è stato proiettato del tutto naturalmente, nel 2008, al vescovado di Anversa. Si era già nell’era Benedetto XVI e il profilo poco marcato di mons. Bonny ne faceva un nome perfetto per non spaventare nessuno. Senza dubbio, non ha fatto nulla per raddrizzare una Diocesi alla deriva (lo scorso anno, 5 seminaristi su 1,5 milioni di abitanti), ma bisogna riconoscere che non ha fatto nemmeno alcuna increspatura. È percepito come un uomo consensuale senza progetti determinati e che non suscita quindi particolari opposizioni.
Nell'articolo dello Standaard già citato (27 dicembre 2007, "De onmogelijke opvolging", La successione impossibile), è stato descritto come persona che ha "uno sguardo aperto sulla società e sull'evoluzione della Chiesa". Non si potrebbe esprimere meglio il fatto che non ha proprio niente da dire. E’ probabilmente la sua maggiore chance, che non corrisponde però a quello di cui necessita quel poco che resta di cattolicesimo in Belgio. La sua bassa capacità di governo - una tendenza a perdersi nei dettagli gli impedisce di prendere decisioni – non è un ostacolo per farne l'erede di una realtà ingovernabile; anzi!
Pensiamo ad un’ipotesi pessimista: non la ricerca di un risveglio di restaurazione per il Belgio, ma una scelta di consenso morbido. Il che non è assolutamente da escludere: fino alla sua partenza dalla Congregazione per i Vescovi, il cardinale Re manovrerà per sostituire dei candidati "moderati" a dei candidati di restaurazione. Monsignor Bonny, un professore che ha speso più di 10 anni all'estero e non ha fatto che un anno di esperienza pastorale, è in effetti l'uomo ideale per continuare a sprofondare il Belgio cattolico nel coma profondo.
Si dirà che in queste parole manca la carità cristiana per un uomo che è, come si dice, di fede profonda. Non diremo quindi che meriterebbe la sede di Laodicea (Apocalisse, 3). Ma merita Malines? E’ Roma che decide queste cose. Ma appunto, chi decide a Roma? Una nomina che salva capra e cavoli, oppure una nomina restaurazionista, per l'Arcidiocesi di Malines, sarà un'indicazione importante...
Johan Jozef Bonny è nato in una tranquilla famiglia delle Fiandre occidentali nel 1955. Seminarista con ottimi voti, egli è stato ordinato sacerdote nel 1980 per la Diocesi di Bruges. Immediatamente gli si riconobbe una vocazione di professore serio, lavoratore, tranquillo. Egli ha fatto del resto la maggior parte della sua carriera a Roma: divenne dottore in teologia all’università gregoriana e dopo un periodo di insegnamento al seminario di Bruges, vi ritornò nel 1997, dapprima come collaboratore del cardinale Kasper al Consiglio per l'Unità dei Cristiani (Johan Bonny era responsabile per le relazioni ecumeniche tra la Chiesa cattolica e le Chiese ortodosse) e quindi, dietro nomina dei Vescovi del Belgio, come rettore del Pontificio Collegio Belga, via Pagano, posto strategico molto importante per il “partito del movimento" dopo il Concilio. Un "progressista", dunque? Moderatamente. Un "classico"? Mollemente.
Sulla rampa di lancio del Collegio belga, questo professore senza problemi, ben visto a Malines, ma anche apprezzato dall'Opus Dei, è stato proiettato del tutto naturalmente, nel 2008, al vescovado di Anversa. Si era già nell’era Benedetto XVI e il profilo poco marcato di mons. Bonny ne faceva un nome perfetto per non spaventare nessuno. Senza dubbio, non ha fatto nulla per raddrizzare una Diocesi alla deriva (lo scorso anno, 5 seminaristi su 1,5 milioni di abitanti), ma bisogna riconoscere che non ha fatto nemmeno alcuna increspatura. È percepito come un uomo consensuale senza progetti determinati e che non suscita quindi particolari opposizioni.
Nell'articolo dello Standaard già citato (27 dicembre 2007, "De onmogelijke opvolging", La successione impossibile), è stato descritto come persona che ha "uno sguardo aperto sulla società e sull'evoluzione della Chiesa". Non si potrebbe esprimere meglio il fatto che non ha proprio niente da dire. E’ probabilmente la sua maggiore chance, che non corrisponde però a quello di cui necessita quel poco che resta di cattolicesimo in Belgio. La sua bassa capacità di governo - una tendenza a perdersi nei dettagli gli impedisce di prendere decisioni – non è un ostacolo per farne l'erede di una realtà ingovernabile; anzi!
Pensiamo ad un’ipotesi pessimista: non la ricerca di un risveglio di restaurazione per il Belgio, ma una scelta di consenso morbido. Il che non è assolutamente da escludere: fino alla sua partenza dalla Congregazione per i Vescovi, il cardinale Re manovrerà per sostituire dei candidati "moderati" a dei candidati di restaurazione. Monsignor Bonny, un professore che ha speso più di 10 anni all'estero e non ha fatto che un anno di esperienza pastorale, è in effetti l'uomo ideale per continuare a sprofondare il Belgio cattolico nel coma profondo.
Si dirà che in queste parole manca la carità cristiana per un uomo che è, come si dice, di fede profonda. Non diremo quindi che meriterebbe la sede di Laodicea (Apocalisse, 3). Ma merita Malines? E’ Roma che decide queste cose. Ma appunto, chi decide a Roma? Una nomina che salva capra e cavoli, oppure una nomina restaurazionista, per l'Arcidiocesi di Malines, sarà un'indicazione importante...
<span style=" color: #3a3a3a; line-height: 22px;">La sua bassa capacità di governo....non è un ostacolo per farne l'erede di una realtà ingovernabile; anzi!
RispondiElimina---------------------
ancora così?....e quando finirà questa moda di scegliere dei "re travicelli"? </span>
<span style=" white-space: pre-wrap; ">"chi decide a Roma?" ...bella domanda, che si ripete per n-volte...e si trascina da anni (quanti?) e su varie questioni sospese (quante?</span><span><span style=""><span style="">)</span></span></span>
RispondiElimina"si dirà che in queste parole manca la carità cristiana..."
RispondiElimina..........................
e da quanto tempo ormai si ritiene (perchè ci è stato inculcato da qualcuno in cattedra) che "dire la verità" è segno di scarsa carità ?
...oggi se dici la verità osservando una realtà malata ti dicono che sei "poco caritatevole", se fai un'opera di discernimento di atti e discorsi giusti da ingiusti, se condanni un errore per mettere in guardia l'errante dalla via pericolosa, di perdizione, per non lasciarlo nell'ignoranza, nell'ambiguità e nella confusione o nel marcio dell'errore letale, che lo porta a rovina, se punti il dito sulla piaga dandole il nome di peccato... vieni addirittura accusato di odiare l'errante! (giusto per rispecchiare l'ottemperanza alle opere di Misericordia spirituale 1,2,3...?)
Come se il medico, che fa la diagnosi esatta e segnala al paziente la gravità del suo male e prescrive la terapia, dura ma necessaria per guarirlo e salvarlo.....venisse accusato di odiare il malato!
(tempo fa qualcuno nella Chiesa prescrisse di usare per qualsiasi male la "medicina della misericordia", sic et simpliciter)
<p>Prima (altro tempo fa...) si diceva:
<p>
<p>"In Veritate summa Caritas";
già, ma..... prima di che cosa? .............. =-X
Chi decide a Roma?? la mia impressione e' che comunque a parte alcune sue prese di posizioni personali Benedetto XVI e' solo e il papato post CVII e' svuotato di ogni autorita' interna o esterna. Qualcuno paragona B XVI a Luigi XVI, io non lo so. Ma un Pontefice, che ama il bene della Chiesa, il card. Re avrebbe dovuto cacciarlo a pedate nel sedere allo scoccare dei 75 anni.
RispondiEliminaInvece e' li' ancora a far del male. Se benedetto XVI non rompe questo stato inerziale, avra' ben poche possibilita' di scegliere.
Tenendo presente che il suo principio della ermeneutica della continuita' come diceva Mons. gherardini e' tutto da dimostrare.
Ovvero Benedetto XVI tenta ancora di conciliare l'incociliabile e forse e' per questo che non puo' agire piu' di tanto.
<span style="font-family: Arial; ">
RispondiElimina<p>nella Chiesa c'è posto per tutti...
<p>conciliare l'inconciliabile....
<p>a=a... ma anche un po' uguale a non-a, se si adotta un "consenso morbido"...
<p>nella tranquilla convivenza e non-belligeranza di errori e verità... qualcosa di buono sortirà.......
<p> :(
<p>mi sa che ha detto bene chi ha parlato di hegelismo....
<p>ma c'è mai stata una pastorale "hegeliana" nella Chiesa dei secoli passati?
</span>
crisi d'autorità: di diritto il potere supremo spetterebbe al Papa, ma di fatto chi ce l'ha?
RispondiEliminagiochi di forze -> ragioni della forza
Il Papa è omo, e non può come omo
RispondiEliminaIl mondo capovolger issofatto;
Né lo può bestemmiar chi non è matto,
Se correggendo è sempre al primo tomo.
(Giuseppe Giusti, 1846)
....cara saggezza "andata"..., ma ai tempi di Giusti il Papa era sì (anche allora) sempre al primo tomo nel correggere,
RispondiEliminaperò....il PAPATO come carica istituzionale possedeva ancora di fatto tutte le prerogative
dell'Autorità e del potere che gli spettavano, diversamente da oggi (per la precisione dall'anno 1962): questo è il (dolente)problema, che solo gli struzzi fan fatica a vedere....
Nel 1846 la "collegialità" non aveva preso il sopravvento sull'Autorità suprema di Pietro, nè era stato scritto ancora qualche documento ufficiale che desse adito a una tale possibilità.
RispondiEliminaNe' debiti lasciato fino agli occhi,
RispondiEliminaCol parapiglia di quest'anni addietro,
Con un erario di dieci baiocchi,
Con una ciurma d'affamati dietro,
E un'altra intorno di birbe e di sciocchi,
Oh remerebbe adagio anco san Pietro.
(Sempre Giuseppe Giusti e sempre 1846, eh...)