In occasione dell'Udienza generale di mercoledì 1° luglio il S. Padre ha ribadito che il sacerdote ha come primo compito l’amministrazione dei Sacramenti e la missione e non costruire una diversa società come alcuni hanno pensato dopo il Concilio Vaticano II. Il fine della missione del prete è “cultuale”.
[…]
Come durante l’Anno Paolino nostro riferimento costante è stato san Paolo, così nei prossimi mesi guarderemo in primo luogo a san Giovanni Maria Vianney, il santo Curato d’Ars, ricordandone il 150° anniversario della morte. Nella lettera che per questa occasione ho scritto ai sacerdoti, ho voluto sottolineare quel che maggiormente risplende nell’esistenza di questo umile ministro dell’altare: "la sua totale identificazione col proprio ministero". Egli amava dire che "un buon pastore, un pastore secondo il cuore di Dio, è il più grande tesoro che il buon Dio possa accordare ad una parrocchia e uno dei doni più preziosi della misericordia divina". E, quasi non riuscendo a capacitarsi della grandezza del dono e del compito affidati ad una povera creatura umana, sospirava: "Oh come il prete è grande!... Se egli si comprendesse, morirebbe... Dio gli obbedisce: egli pronuncia due parole e Nostro Signore scende dal cielo alla sua voce e si rinchiude in una piccola ostia".
In verità, proprio considerando il binomio "identità-missione", ciascun sacerdote può meglio avvertire la necessità di quella progressiva immedesimazione con Cristo che gli garantisce la fedeltà e la fecondità della testimonianza evangelica. Lo stesso titolo dell’Anno Sacerdotale - Fedeltà di Cristo, fedeltà del sacerdote - evidenzia che il dono della grazia divina precede ogni possibile umana risposta e realizzazione pastorale, e così, nella vita del sacerdote, annuncio missionario e culto non sono mai separabili, come non vanno mai separati identità ontologico-sacramentale e missione evangelizzatrice. Del resto il fine della missione di ogni presbitero, potremmo dire, è "cultuale": perché tutti gli uomini possano offrirsi a Dio come ostia viva, santa e a lui gradita (cfr Rm 12,1), che nella creazione stessa, negli uomini diventa culto, lode del Creatore, ricevendone quella carità che sono chiamati a dispensare abbondantemente gli uni agli altri. Lo avvertivano chiaramente negli inizi del cristianesimo. San Giovanni Crisostomo diceva, ad esempio, che il sacramento dell’altare e il "sacramento del fratello" o, come dice "sacramento del povero" costituiscono due aspetti dello stesso mistero. L’amore per il prossimo, l’attenzione alla giustizia e ai poveri non sono soltanto temi di una morale sociale, quanto piuttosto espressione di una concezione sacramentale della moralità cristiana, perché, attraverso il ministero dei presbiteri, si compie il sacrificio spirituale di tutti i fedeli, in unione con quello di Cristo, unico Mediatore: sacrificio che i presbiteri offrono in modo incruento e sacramentale in attesa della nuova venuta del Signore. Questa è la principale dimensione, essenzialmente missionaria e dinamica, dell’identità e del ministero sacerdotale: attraverso l’annuncio del Vangelo essi generano la fede in coloro che ancora non credono, perché possano unire al sacrificio di Cristo il loro sacrificio, che si traduce in amore per Dio e per il prossimo.
[…] Anche per i presbiteri vale quanto ho scritto nell’Enciclica Deus caritas est: "All'inizio dell'essere cristiano non c'è una decisione etica o una grande idea, bensì l'incontro con un avvenimento, con una Persona, che dà alla vita un nuovo orizzonte e con ciò la direzione decisiva"; (n. 1). Avendo ricevuto un così straordinario dono di grazia con la loro "consacrazione", i presbiteri diventano testimoni permanenti del loro incontro con Cristo. Partendo proprio da questa interiore consapevolezza, essi possono svolgere appieno la loro "missione", mediante l'annuncio della Parola e l'amministrazione dei Sacramenti. Dopo il Concilio Vaticano II, si è prodotta qua e là l'impressione che nella missione dei sacerdoti in questo nostro tempo, ci fosse qualcosa di più urgente; alcuni pensavano che si dovesse in primo luogo costruire una diversa società. La pagina evangelica, che abbiamo ascoltata all’inizio, sta invece a richiamare i due elementi essenziali del ministero sacerdotale. Gesù invia, in quel tempo ed oggi, gli Apostoli ad annunciare il Vangelo e dà ad essi il potere di cacciare gli spiriti cattivi. "Annuncio" e "potere", cioè "parola" e "sacramento" sono pertanto le due fondamentali colonne del servizio sacerdotale, al di là delle sue possibili molteplici configurazioni.
Quando non si tiene conto del "dittico" consacrazione-missione, diventa veramente difficile comprendere l’identità del presbitero e del suo ministero nella Chiesa. Chi è infatti il presbitero, se non un uomo convertito e rinnovato dallo Spirito, che vive del rapporto personale con Cristo, facendone costantemente propri i criteri evangelici? Chi è il presbitero se non un uomo di unità e di verità, consapevole dei propri limiti e, nel contempo, della straordinaria grandezza della vocazione ricevuta, quella cioè di concorrere a dilatare il Regno di Dio fino agli estremi confini della terra? Sì! Il sacerdote è un uomo tutto del Signore, poiché è Dio stesso a chiamarlo ed a costituirlo nel suo servizio apostolico. E proprio essendo tutto del Signore, è tutto degli uomini, per gli uomini. Durante questo Anno Sacerdotale, che si protrarrà fino alla prossima solennità del Sacratissimo Cuore di Gesù, preghiamo per tutti i sacerdoti. Si moltiplichino nelle diocesi, nelle parrocchie, nelle comunità religiose specialmente quelle monastiche, nelle associazioni e nei movimenti, nelle varie aggregazioni pastorali presenti in tutto il mondo, iniziative di preghiera e, in particolare, di adorazione eucaristica, per la santificazione del clero e le vocazioni sacerdotali, rispondendo all’invito di Gesù a pregare "il Signore della messe perché mandi operai nella sua messe" (Mt 9,38). La preghiera è il primo impegno, la vera via di santificazione dei sacerdoti, e l’anima dell’autentica "pastorale vocazionale". La scarsità numerica di ordinazioni sacerdotali in taluni Paesi non solo non deve scoraggiare, ma deve spingere a moltiplicare gli spazi di silenzio e di ascolto della Parola, a curare meglio la direzione spirituale e il sacramento della confessione, perché la voce di Dio, che sempre continua a chiamare e a confermare, possa essere ascoltata e prontamente seguita da tanti giovani. Chi prega non ha paura; chi prega non è mai solo; chi prega si salva! Modello di un’esistenza fatta preghiera è senz’altro san Giovanni Maria Vianney. Maria, la Madre della Chiesa, aiuti tutti sacerdoti a seguirne l’esempio per essere, come lui, testimoni di Cristo e apostoli del Vangelo.
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Come durante l’Anno Paolino nostro riferimento costante è stato san Paolo, così nei prossimi mesi guarderemo in primo luogo a san Giovanni Maria Vianney, il santo Curato d’Ars, ricordandone il 150° anniversario della morte. Nella lettera che per questa occasione ho scritto ai sacerdoti, ho voluto sottolineare quel che maggiormente risplende nell’esistenza di questo umile ministro dell’altare: "la sua totale identificazione col proprio ministero". Egli amava dire che "un buon pastore, un pastore secondo il cuore di Dio, è il più grande tesoro che il buon Dio possa accordare ad una parrocchia e uno dei doni più preziosi della misericordia divina". E, quasi non riuscendo a capacitarsi della grandezza del dono e del compito affidati ad una povera creatura umana, sospirava: "Oh come il prete è grande!... Se egli si comprendesse, morirebbe... Dio gli obbedisce: egli pronuncia due parole e Nostro Signore scende dal cielo alla sua voce e si rinchiude in una piccola ostia".
In verità, proprio considerando il binomio "identità-missione", ciascun sacerdote può meglio avvertire la necessità di quella progressiva immedesimazione con Cristo che gli garantisce la fedeltà e la fecondità della testimonianza evangelica. Lo stesso titolo dell’Anno Sacerdotale - Fedeltà di Cristo, fedeltà del sacerdote - evidenzia che il dono della grazia divina precede ogni possibile umana risposta e realizzazione pastorale, e così, nella vita del sacerdote, annuncio missionario e culto non sono mai separabili, come non vanno mai separati identità ontologico-sacramentale e missione evangelizzatrice. Del resto il fine della missione di ogni presbitero, potremmo dire, è "cultuale": perché tutti gli uomini possano offrirsi a Dio come ostia viva, santa e a lui gradita (cfr Rm 12,1), che nella creazione stessa, negli uomini diventa culto, lode del Creatore, ricevendone quella carità che sono chiamati a dispensare abbondantemente gli uni agli altri. Lo avvertivano chiaramente negli inizi del cristianesimo. San Giovanni Crisostomo diceva, ad esempio, che il sacramento dell’altare e il "sacramento del fratello" o, come dice "sacramento del povero" costituiscono due aspetti dello stesso mistero. L’amore per il prossimo, l’attenzione alla giustizia e ai poveri non sono soltanto temi di una morale sociale, quanto piuttosto espressione di una concezione sacramentale della moralità cristiana, perché, attraverso il ministero dei presbiteri, si compie il sacrificio spirituale di tutti i fedeli, in unione con quello di Cristo, unico Mediatore: sacrificio che i presbiteri offrono in modo incruento e sacramentale in attesa della nuova venuta del Signore. Questa è la principale dimensione, essenzialmente missionaria e dinamica, dell’identità e del ministero sacerdotale: attraverso l’annuncio del Vangelo essi generano la fede in coloro che ancora non credono, perché possano unire al sacrificio di Cristo il loro sacrificio, che si traduce in amore per Dio e per il prossimo.
[…] Anche per i presbiteri vale quanto ho scritto nell’Enciclica Deus caritas est: "All'inizio dell'essere cristiano non c'è una decisione etica o una grande idea, bensì l'incontro con un avvenimento, con una Persona, che dà alla vita un nuovo orizzonte e con ciò la direzione decisiva"; (n. 1). Avendo ricevuto un così straordinario dono di grazia con la loro "consacrazione", i presbiteri diventano testimoni permanenti del loro incontro con Cristo. Partendo proprio da questa interiore consapevolezza, essi possono svolgere appieno la loro "missione", mediante l'annuncio della Parola e l'amministrazione dei Sacramenti. Dopo il Concilio Vaticano II, si è prodotta qua e là l'impressione che nella missione dei sacerdoti in questo nostro tempo, ci fosse qualcosa di più urgente; alcuni pensavano che si dovesse in primo luogo costruire una diversa società. La pagina evangelica, che abbiamo ascoltata all’inizio, sta invece a richiamare i due elementi essenziali del ministero sacerdotale. Gesù invia, in quel tempo ed oggi, gli Apostoli ad annunciare il Vangelo e dà ad essi il potere di cacciare gli spiriti cattivi. "Annuncio" e "potere", cioè "parola" e "sacramento" sono pertanto le due fondamentali colonne del servizio sacerdotale, al di là delle sue possibili molteplici configurazioni.
Quando non si tiene conto del "dittico" consacrazione-missione, diventa veramente difficile comprendere l’identità del presbitero e del suo ministero nella Chiesa. Chi è infatti il presbitero, se non un uomo convertito e rinnovato dallo Spirito, che vive del rapporto personale con Cristo, facendone costantemente propri i criteri evangelici? Chi è il presbitero se non un uomo di unità e di verità, consapevole dei propri limiti e, nel contempo, della straordinaria grandezza della vocazione ricevuta, quella cioè di concorrere a dilatare il Regno di Dio fino agli estremi confini della terra? Sì! Il sacerdote è un uomo tutto del Signore, poiché è Dio stesso a chiamarlo ed a costituirlo nel suo servizio apostolico. E proprio essendo tutto del Signore, è tutto degli uomini, per gli uomini. Durante questo Anno Sacerdotale, che si protrarrà fino alla prossima solennità del Sacratissimo Cuore di Gesù, preghiamo per tutti i sacerdoti. Si moltiplichino nelle diocesi, nelle parrocchie, nelle comunità religiose specialmente quelle monastiche, nelle associazioni e nei movimenti, nelle varie aggregazioni pastorali presenti in tutto il mondo, iniziative di preghiera e, in particolare, di adorazione eucaristica, per la santificazione del clero e le vocazioni sacerdotali, rispondendo all’invito di Gesù a pregare "il Signore della messe perché mandi operai nella sua messe" (Mt 9,38). La preghiera è il primo impegno, la vera via di santificazione dei sacerdoti, e l’anima dell’autentica "pastorale vocazionale". La scarsità numerica di ordinazioni sacerdotali in taluni Paesi non solo non deve scoraggiare, ma deve spingere a moltiplicare gli spazi di silenzio e di ascolto della Parola, a curare meglio la direzione spirituale e il sacramento della confessione, perché la voce di Dio, che sempre continua a chiamare e a confermare, possa essere ascoltata e prontamente seguita da tanti giovani. Chi prega non ha paura; chi prega non è mai solo; chi prega si salva! Modello di un’esistenza fatta preghiera è senz’altro san Giovanni Maria Vianney. Maria, la Madre della Chiesa, aiuti tutti sacerdoti a seguirne l’esempio per essere, come lui, testimoni di Cristo e apostoli del Vangelo.
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E ora chi glielo dice al don Parroco, che tra una riunione e l'altra quasi non ha tempo neppure per celebrare messa?
RispondiEliminain seminario mi hanno corretto. dicendo che questa è la vissione anticotestamentaria, ora visto che abbiamo il Papa anticotestamentario, forse riscopriremo le radici?!
RispondiEliminaScusate mancava un pezzo.
RispondiEliminaQuando ho detto la stessa cosa io, in seminario, mi hanno corretto. dicendo che questa è la visione “antico testamentaria”, ora visto che abbiamo il Papa “anticotestamentario”, forse riscopriremo le radici?!
il problema è che sono in troppi quelli che confondono il Nuovo Testamento con lo "spirito del concilio"
RispondiEliminaIl problema sono quelli che confondono Spirito del Concilio e Concilio...e tra questi c'ero pure io...ma sono anche in molti, purtroppo...e non solo tra i semplici fedeli...
RispondiEliminaInvito a tutti gli amici del blog: siamo un gruppo di giovani che ogni martedì alle 23,00 si "unisce" spiritualmente per sostenere con la preghiera Papa Benedetto XVI. Chiunque volesse associarsi a noi per questa piccola "missione" a sostegno del Pontefice si unisca spiritualmente recitando qualsiasi preghiera per il Papa. Grazie a quanti aderiranno a questo invito e grazie al prezioso servizio offerto dal blog! Uniti nel Signore!
RispondiEliminaio non vedo il problema Gesu stesso ha detto:"qualcuno di voi mi tradira'", certamente i parroci moderni, sembrano piu manager di piccole aziende, sempre in riunione, altro che cura di anime, sempre piu lontani.Le belle cerimonie non servono a niente se non ci sono fatti dietro, e oltre a guardare ai fatti propri i parroci non e' che si sacrifichino molto per portare il vangelo.Comunque si dice veterotestamentario non anticotestamentario. Simone
RispondiEliminacertamente i parroci moderni, sembrano piu manager di piccole aziende, sempre in riunione, altro che cura di anime, sempre piu lontani.Le belle cerimonie non servono a niente se non ci sono fatti dietro
RispondiEliminaquesta germiade generalizzante nei confronti dei parroci moderni non l'accetto perché non serve a nulla puntare il dito e poi non credo che i sacerdoti-manager siano la maggioranza. Così come non credo che non ci siano fatti dietro le "belle cerimonie", che magari ce ne fossero di più!
Sono luca, anche io credo che sia abbastanza "scontato" che la preghiera e la liturgia siano i primi impegni del sacerdote. Tutti i sacerdoti che ho conosciuto ne sono consapevoli
RispondiEliminaCiao a "sono Luca".
RispondiEliminaCosa vuoi dire, che il Papa ha detto cose inutili e scontate (si sa, è anziano...)?
Mi compiaccio comunque per le tue buone conoscenze sacerdotali, si vede che D-o allieta la tua giovinezza! Sono certo che frequentando questo blog avrai ben inteso il significato.
Caro Rutilio, sono luca, non capisco quel che mi scrivi, io apprezzo molto il pontificato di Benedetto XVI per gli stessi motivi messi in evidenza dall'Osservatore Romano e riportati dal blograffaella.blogspot.com/2009/07/card-kasper-il-pontificato-di-benedetto.html
RispondiEliminaL’OSSERVATORE ROMANO: CARD. KASPER, PONTIFICATO DI BENEDETTO XVI “DECISIVO” PER DIALOGO ECUMENICO
“Il pontificato di Benedetto XVI, accolto con entusiasmo dalle Chiese ortodosse in quanto conoscitore della teologia dei Padri, è stato decisivo per una recente svolta positiva” nel dialogo ecumenico.
Lo ha affermato il card. Walter Kasper, presidente del Pontificio Consiglio per la Promozione dell’Unità dei Cristiani, nel corso di un incontro svoltosi a Vienna per iniziativa dell’arcidiocesi austriaca e della fondazione “Pro Oriente”.
Il porporato tedesco – riferisce oggi L’Osservatore Romano – ha parlato del dialogo tra Oriente e Occidente e ha illustrato “gli sforzi e la fatica che sono stati necessari per un riavvicinamento tra cattolici e ortodossi”, evidenziando soprattutto la “svolta” degli ultimi anni.
Il prossimo appuntamento è per il mese di ottobre a Cipro.
“Nessuno – ha detto il card. Kasper a questo proposito – può ragionevolmente aspettarsi di risolvere a Cipro tutti i problemi. Nel secondo mllennio – ha ammonito – i distinti sviluppi fino ai concili Vaticano I e II si ergono ancora come una montagna di fronte a noi”.
Di qui l’ipotesi di riprendere il suggerimento di Giovanni Paolo II nell’enciclica “Ut unum sint” (1995), per “una forma di esercizio del primato che sia accettabile per entrambe le parti, garantendo la sostanza del dogma”. Proposta accolta anche da Benedetto XVI, nella sua visita ad Istanbul nel novembre 2006.
Il card. Kasper dimentica di dire che uno dei motivi della maggior apertura degli Orientali al dialogo è il ritoRno dell'antica liturgia che loro tanto apprezzano.
RispondiEliminaPer ora, comunque, il dialogo non è che abbia fatto molti passi avanti sulla strada della Verità.
Beato Luca che conosce solo sacerdoti santi. Io ne conosco, di questi, ma ne conosco anche troppi degli altri.
RispondiEliminaCaro Dante, la questione sul "primato di Pietro" è preponderante (nella divisione) rispetto alla questione liturgica. resta l’ipotesi di riprendere il suggerimento di Giovanni Paolo II nell’enciclica “Ut unum sint” (1995), per “una forma di esercizio del primato che sia accettabile per entrambe le parti, garantendo la sostanza del dogma”. Proposta accolta anche da Benedetto XVI, nella sua visita ad Istanbul nel novembre 2006.
RispondiEliminaPER QUEL CHE RIGUARDA L'ASPETTO LITURGICO:
Attualmente, non è l’Altare ad essere rivolto verso il popolo,la collocazione dell'Altare è invariante rispetto al popolo. Attualmente è il sacerdote ad essere rivolto verso il popolo. Il sacerdote,quando e mentre celebra la Divina Liturgia,è ben più importante dell’Altare: l’Altare è un simbolo importante ma la nostra Fede ci insegna che il Celebrante è molto più di un simbolo,infatti egli celebra l’Eucarestia “in Persona Christi” (inoltre, essendo l’Altare simbolo del Corpo di Cristo,è giusto che sia al centro anche fisico della Liturgia,collocato tra il Celebrante e il popolo).
Il papa,coerentemente con la nostra Fede,afferma che la naturale direzione della preghiera liturgica è “versus Deum,per Jesum Christum”. Nostro Signore Gesù Cristo,durante la Cena Pasquale, quando prese il pane e il calice del vino nelle Sue mani Sante e Venerabili (mani del Verbo che si è fatto carne) non dava le spalle al popolo ma offriva,alla vista e all’udito del popolo,(per chi crede sarebbe più corretto dire continua ad offrire) Gesti e Parole di salvezza attraverso Mani,Volto e Parole (Caro cardo salutis). Questi Gesti e queste Parole continuano ad essere offerti dalla Chiesa attraverso la carne dei sacerdoti per Cristo, con Cristo e in Cristo. Nulla di quanto ha fatto o ha detto Gesù, volgendo il Volto e i Gesti al popolo dei fedeli,può essere ridotto o trascurato; a maggior ragione ciò che ci ha comandato durante l’istituzione dell’Eucarestia: "Fate questo in memoria di Me". Pur continuando a celebrare “di spalle”,i fratelli ortodossi offrono all’adorazione del popolo dei fedeli le venerabili Icone che,attraverso la peculiare tecnica pittorica di rappresentazione (“spiegazione”) del Divino che si è fatto carne,esaltano la dimensione delle Mani e del Volto di Cristo in primis (e poi dei santi,immagine di Cristo).
Con il tempo,quando un’Icona perde colore e definizione,viene ricoperta d’argento; rimangono visibili (e così definiti),le mani e il Volto. Queste mie considerazioni,nascono dalla convinzione che la Liturgia non sia un atto umano ma un riflesso di ciò che succede,come dice la stessa Sacrosanctum Concilium,“nella liturgia celeste, verso la quale tendiamo come pellegrini”.Delle tante riforme effettuate sulla liturgia post Concilum,questa del “Celebrante che, a immagine di Cristo,si rivolge al popolo dei fedeli” è un cardine fondamentale per tutta la generazione di Cristiani di rito occidentale nati dopo il 1970.
La mia generazione è costantemente umiliata dall’instabilità,da un consumismo dilagante,dalla “logica del mercato”,da linguaggi e gerghi ipocriti,da “significanti privi di significato” e da “finte liturgie aziendali” alienanti;
invece,la Santa Liturgia è uno dei pochi luoghi di autenticità che prescinde dalle qualità o dall’età del Celebrante,ma non prescinde da D-o: Egli,morto e risorto nella carne di un trentenne,anche oggi si offre in sacrificio Vivo e Santo attraverso le mani del celebrante (che sono icona vivente) anche per noi trentenni. Mi aspetto che almeno la Chiesa di Roma arricchisca la Santa Liturgia e non la impoverisca togliendo quanto c’è di buono. Si possono comprendere e accettare di buon grado altre modifiche e integrazioni: recupero parziale del latino e/o del greco (ma anche dell’aramaico e/o ebraico),inclusione di elementi della liturgia ortodossa (favorirebbe l’ecumenismo),orientamento di tutta la struttura verso oriente,ecc…
Caro Dante, riguardo alla nostra liturgia (di rito occidentale) spero di essere stato esauriente.
RispondiEliminaMi piace moltissimo la Liturgia orientale che tuttavia è altra cosa rispetto al "ritorno all'antico rito occidentale in latino".
Cordialità
luca
Secondo Mons. Klaus Gamber, che cita prove archeologice, nostro Signore celebro` versus Deum:
RispondiEliminahttp://www.unavox.it/ArtDiversi/div017.htm
Caro "bedwere", a parte il fatto che il link che tu proponi dimostra che l' "Ultima Cena" fu proprio una Cena pasquale, ti invito a leggere il Vangelo di Giovanni. In questo Vangelo, il Discepolo prediletto, DURANTE L'ULTIMA CENA, teneva la testa sul petto di Gesù!
RispondiEliminaGiovanni 13,25: Ed egli reclinandosi così sul petto di Gesù, gli disse: «Signore, chi è?».
Cordialità
luca
A quel tempo non mangiavano seduti ma sdraiati e quindi dopo Gesu` (a capo tavola) era sdraiato Giovanni, la cui testa era al livello del petto del Signore.
RispondiEliminainvece,la Santa Liturgia è uno dei pochi luoghi di autenticità che prescinde dalle qualità o dall’età del Celebrante,ma non prescinde da D-o: Egli,morto e risorto nella carne di un trentenne,anche oggi si offre in sacrificio Vivo e Santo attraverso le mani del celebrante (che sono icona vivente) anche per noi trentenni.
RispondiEliminama che razza di discorso sconclusionato falso-Tradizionale è questo! Perché continua a scrivere D-o secondo il costume ebraico?
Mi aspetto che almeno la Chiesa di Roma arricchisca la Santa Liturgia e non la impoverisca togliendo quanto c’è di buono. Si possono comprendere e accettare di buon grado altre modifiche e integrazioni: recupero parziale del latino e/o del greco (ma anche dell’aramaico e/o ebraico),inclusione di elementi della liturgia ortodossa (favorirebbe l’ecumenismo),orientamento di tutta la struttura verso oriente,ecc…
la Chiesa di Roma ha già la Sua Liturgia Perenne e non ha bisogno di arricchire nulla! La vetus latina - che non è il vernacolare del II secolo in cui è nata ma è già linguaggio sacro, codificato, scelto, dalle ricchezze e profondità intraducibili - non fu sostituita neppure da Papa Damaso nel IV secolo se non nelle letture nella traduzione S. Girolamo,
infatti non venne toccato l'impianto essenziale dalla 'forma' mirabile che cela e rivela insieme una 'sostanza' fuori del tempo, che appartiene alla Chiesa di ieri di oggi e di domani, terrestre e celeste insieme, che forma e trasforma chi vi partecipa, chi si rende presente ad una Presenza Unica e Grande nel momento più alto della Storia e del Tempo, nel dinamismo Vivo Vero e Ri-generante del Padre Dio del Figlio Dio e dello Spirito Santo Dio
... e c'è qualcuno, che neppure sa di cosa sta parlando, evidentemente si riferisce al NO e magari pensa di continuare nell'abominio della "fabbricazione a tavolino", mentre la Liturgia è qualcosa che nasce dal cuore della fede nel corso di millenni, vissuta e celebrata a partire da una Istituzione Santa, durante una Cena che di ebraico non ha più che alcuni segni che hanno acquisito un significato completamente NUOVO che è esploso in un altro orizzonte... come si fa addirittura a pensare a contaminazioni ebraiche, aramaiche orientali? ma che significa, che cosa c'entra? Stiamo farneticando alla sagra dell'improvvisazione?
Non ho detto che il rito della Messa Romana sia identico a quello Orientale. Ho soltanto detto che gli Orientali molto venerano il Rito Romano Antico, e l'hanno scritto tra gli altri Alessio II e Kirill, perché in esso si esprime la loro stessa fede eucaristica ed è il rito della Chiesa di sempre, privo di alterazioni e facili populismi, e ricco di sacralità.
RispondiEliminaQuanto all'Ultima Cena, d'onde tu trai la conclusione che l'altare dev'essere al centro della Chiesa per non dar le spalle al popolo, è un'osservazione peregrina, da molti usata ma senza discernimento.
Nell'ultima cena non v'era popolo presente: c'era soltanto Gesù coi suoi apostoli: tutt'al più ci poteva esser qualcuno a servire il che spiega anche la configurazione del tavolo nell'iconografia.
Cerchiamo di non confondere le acque, fra l'altro con un miscuglio di considerazioni appartenenti a diversi ordini di argomenti che mi sono risultati, per mio difetto, data l'età, poco comprensibili. Coi vecchi bisogna aver pazienza.
Oltre a Gamber, c'è anche il olume più semplice ma sostanzioso del Lang, Rivolti al Signore.
Quanto al compromesso da raggiungere sull'esercizio del Primato - ma gli altri problemi teologici e dogmatici non sono meno seri -
voglio proprio vedere come si possa esercitare il ministero petrino in modo diverso senza intaccarne la sostanza.
Luca manifesta una notevole sensibilità verso le questioni liturgiche, ma in questo caso specifico ha ragione Pastorelli.
RispondiEliminaIl vero problema sono le discrasie generate dall’incongrua ricezione del “versus populum”? .
È modalità celebrativa comunionale? Certo!
Ma il pasto rituale, all’origine, non aveva la disposizione che noi moderni usiamo per pranzo e cena (che vediamo raffigurata nella Cena leonardesca e, con piatta e banale riproposizione, nelle messe di certi movimenti religiosi attuali):
aveva un “capo-tavola”, decisamente più cogente.
E comunque “altare verso il popolo” non necessariamente significa
(come in una acritica acquiescenza a ideologie assembleariste, orizzontaliste, negatrici del trascendente …)
né altare “in mezzo (geometricamente parlando)”,
né altare “sbattuto in faccia”.
È forse venuto il momento propizio di necessari radicali correttivi (nella mentalità e nelle realizzazioni),
che la tradizione - non tanto e non solo “tridentina” - conosce bene:
tanto per iniziare, l’intima connessione con il Crocifisso (iconostasi latina, la definiva Ratzinger teologo),
il rilancio del presbiterio e delle soglie di accesso…
e, infine,
il ritrovamento del ciborio/baldacchino e del suo simbolismo (l’effusione dello Spirito Santo, come giustamente faceva notale Arnulfo qualche post fa).
La presenza del ciborio/baldacchino consentirebbe di integrare le diverse visioni celebrative (anche di chi vorrebbe che, durante il canone, tutti pregassero con lo sguardo “rivolto verso l’alto”):
il CROCIFISSO dovrebbe “discendere” dal ciborio , così sarebbe sospeso sopra l’altare, ma non direttamente a contatto, a modo di suppellettile.
E non sarebbe affatto senza significati teologico-liturgici.
Purtroppo
RispondiEliminaè evidente dallo sproloquiante
commento dell’anonimo 2 luglio 2009 21.07
che tanti (chissà quanti) fedeli
delle nuove generazioni vengono bellamente de-formati da catechesi
caotiche, archeologizzanti, giudaizzanti, ereticanti,
e marciano alla grande (semi-inconsapevoli)
verso un pauroso sincretismo
in nome dell’ecumenismo (?)
e pretendono di spacciarlo per ritorno alle origini,
diffondendo il loro nuovo verbo dottrinale e liturgico con la pretesa di rifondare l'educazione cattolica di fedeli che tengono ben saldo in mente il concetto della vera Chiesa Una Santa Cattolica Apostolica (romana) e del suo Magistero perenne,
che si è voluto seppellire
(in nome dello "spirito conciliare", parola magica)
sotto un ghibli di elementi inquinanti e palesi alterazioni.
Ghibli, sì, altro che “vento di primavera” o “novella Pentecoste”!
Una bufera di sabbia negli occhi,
nella quale tutti ci vengono a insegnare di tutto, assordandoci
con nuove mille verità:
un "tot capita tot sententiae" che ci ha condotti all’anarchia dottrinale,
dove i mille teologi autoinvestiti di “sacerdozio regale”
pretendono di fare piazza pulita della Verità che sarebbe “figlia del tempo”
e tutti si sentono profeti di questa “nuova evangelizzazione”!
Il guaio è che riescono a imbottire la testa di assurdità al fedele sprovveduto e incerto, che non ha alle spalle nessuna formazione e vuola rivitalizzare la Fede indebolita o perduta…
Ma come è potuto accadere che si diffondessero
nel gregge di Cristo simili pastrocchi dottrinali che hanno
offuscato fino all’oblio l’identità del cristiano cattolico?
Forse, come diceva il prof. Pastorelli, è stato proprio il clero a permettere impunemente la diffusione della confusione?
Anche nei seminari?
E una volta che i sacerdoti stessi, mal-formati, hanno le idee confuse,
chi potrà di nuovo insegnare a loro e a noi la retta Dottrina,
depurandola da tutti questi inquinamenti?
Quando si alzerà una voce autorevole a dire:
”La ricreazione è finita: torniamo nei banchi alla scuola
del Magistero perenne, che non segue le mode,
perché trasmette a noi, secolo dopo secolo, la Verità eterna,
rivelatasi in Gesù Cristo
e consegnata a Pietro e agli Apostoli*, affinchè ce la insegnassero inalterata" ?
Dobbiamo fidarci dunque di Papa Benedetto e dello Spirito Santo
che gli regge la mano sul timone, (e speriamo spinga via
altre mani invadenti e prepotenti…)
Spirito senza il quale anche un papa-titano soccomberebbe
all’impresa immane di raddrizzare la rotta fortemente deviata
di una Barca piena di falle,
travagliata da ammutinamenti e a rischio di naufragio!
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*Apostoli e loro successori, che siano concordi e uniti a Pietro, nel Magistero, in senso sincronico e diacronico: Vescovi uniti e concordi col Papa.
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RispondiEliminaAnonimo Simone, grazie perché sembri conoscermi così bene tranciando giudizi e accuse che non rispondono alle mie parole, ma esprimono condanne di vario genere e grado sulla mia persona.
RispondiEliminaQuesti 'giochini' di comunicazione però funzionano in altri contesti, non qui
A proposito di bellezza della Liturgia, ecco le parole di Benedetto XVI, rivolte ai sacerdoti, nella sua omelia in Notre-Dame a Parigi :
RispondiElimina"Le nostre liturgie della terra, interamente volte a celebrare questo atto unico della storia, non giungeranno mai ad esprimerne totalmente l’infinita densità.
La bellezza dei riti non sarà certamente mai abbastanza ricercata, abbastanza curata, abbastanza elaborata, poiché nulla è troppo bello per Dio, che è la Bellezza infinita.
Le nostre liturgie terrene non potranno essere che un pallido riflesso della liturgia, che si celebra nella Gerusalemme del cielo, punto d’arrivo del nostro pellegrinaggio sulla terra.
Possano tuttavia le nostre celebrazioni avvicinarsi ad essa il più possibile e farla pregustare!"
http://www.vatican.va/holy_father/benedict_xvi/homilies/2008/documents/hf_ben-xvi_hom_20080912_parigi-vespri_it.html
"all’impresa immane di raddrizzare la rotta fortemente deviata
RispondiEliminadi una Barca piena di falle,
travagliata da ammutinamenti e a rischio di naufragio!"
Rotta storta? Barca piena di falle? Ammutinamenti?naufragi?
Mi fanno pensare al ritratto di una certa fraternità.
La Chiesa è una "corazzata" inaffondabile, con rotta dritta e diretta, non vi sono ammutinamenti, ma solo qualche mozzo un po alticcio, e mai potranno esservi naufragi.
Mah, qualcuno vede tutto rose e fiori e feste nella corzzata: la rotta è semrpre precisa, non ci son falle, nè ammutinamenti ecc.
RispondiEliminaQuando mai s'è vista una Chiesa come da descrizione dell'ultimo anonimo? Forse pensa alla Chiesa trionfante. Noi parliamo di quella militante che certamente non naufragherà, ma potrà diventare una piccola barca a causa di ammutinamenti, falle, rotte errate, marinai avvinazzati o folli. inerzia di qualche nocchiero.
"Quando Gesù tornerà sulla terra troverà ancora un piccolo gregge?"
Lo troverà, ma dopo quanti attacchi dei lupi, dopo quante perdite, smarrimenti, paure, sofferenze?
Grazie di cuore, Santo Padre!
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