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domenica 22 luglio 2018

Costanza Miriano: "Quando Dio non perdona"

Alcune profonde riflessioni di Costanza Miriano, suggerite dal libro di Salvatore Sessa "Quando Dio non perdona": "Ecco, per portare la questione sul piano da cui sono partita (di cui però il libro NON si occupa), la Chiesa continua a dire che gli atti omosessuali sono contro la relazione con Dio non perché sia cattiva e poco misericordiosa, o omofoba come sostiene padre Martin, ma al contrario proprio perché ama i suoi figli, perché è maestra di umanità, e sa che non è questo il disegno di Dio sull’uomo, e Dio non si stanca di cercare ognuno di noi,e di accusarci, ognuno dei propri particolari peccati (mica solo gli altri, ovvio, ognuno ha i suoi), non perché sia sadico, ma perché è innamorato di noi e vuole stare in relazione con noi. C’è però la possibilità che noi gli diciamo di no. Non è tutto uguale, non è tutto indifferente, non è tutta una melassa. C’è la nostra libertà, e la possibilità che il nostro no sia definitivo."
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Tutto è cominciato, per me, parlando della mia normalissima famiglia. È successo che, per una singolare successione di eventi che ho raccontato decine di volte e che potremmo chiamare caso o Provvidenza, mi sono trovata a scrivere un libro di lettere per convincere le mie amiche a sposarsi. Era un libro abbastanza divertente, almeno io mi sono divertita a scriverlo, e molti nelle librerie mi avevano messo nel settore umorismo. Allora, almeno tra i credenti, ero incasellata tra i simpatici.

Ero contenta, ci stavo bene. Era molto più facile. Poi dopo un crescendo di eventi anche qui, casuali o provvidenziali, mi sono trovata coinvolta in incontri per spiegare la questione del gender nelle parrocchie della periferia romana. Non ne sapevo molto, all’inizio, erano appena finiti gli anni dei pannolini e delle pizze spiaccicate nella borsa, non avevo tempo di leggere cose inutili (cioè non legate alla sopravvivenza, tipo istruzioni del microonde), però la realtà mi ha interpellato, degli amici mi hanno chiesto una mano, e io ho detto di sì.

Ho scoperto, grazie a Mario Adinolfi, che Elton John si era comprato un figlio, che questo figlio aveva
pianto per due anni gridando Voglio la mamma. Ho scoperto che anche un senatore italiano aveva fatto lo stesso, e che alcuni del PD volevano rendere legale la cosa in Italia. Ma in fondo l’obiettivo finale era cambiare dalla percezione comune dell’omosessualità, partendo, intelligentemente, dalla propaganda nelle scuole. Scrivendo di queste cose ho conosciuto tante persone che provano attrazione verso lo stesso sesso e ho cominciato a capire qualcosa del gigantesco inganno che nel frattempo aveva cominciato a dilagare anche nel nostro paese – ce lo chiede l’Europa – a ritmo esponenziale. Così senza neanche tanto sceglierlo, da quella raccolta di lettere alle amiche mi sono trovata nel bel mezzo dell’avventura del Family Day.

Piano piano, senza rendermene conto, sono passata dall’essere quella simpatica a quella cattiva e senza misericordia. Che io sia cattiva non c’è dubbio. Però magari sulla misericordia forse c’è qualcosa da mettere a punto. Di certo non odio le persone che provano attrazione verso lo stesso sesso, non odio neanche i militanti, neanche quelli che mi hanno onorata di qualche gigantesco vaffa di piazza, davvero (più che altro ne vado un po’ fiera). Odio invece l’inganno in cui vivono queste persone, odio la propaganda omosessualista – non chi la fa, che è vittima di quell’inganno – odio il fatto che quella propaganda tiene le persone che provano attrazione verso lo stesso sesso inchiodate al loro dolore. Mi addolora, infine, la pusillanimità di quei pastori che per apparire buoni sono proni alla propaganda del mondo. Mi fa arrabbiare, infine, la lobby omosessuale che dentro la Chiesa agisce mascherata dai sorrisi dei presunti buoni per diffondere l’errore, e con la finzione della bontà crocifigge le persone che provano attrazione verso lo stesso sesso alla loro croce, togliendo loro la possibilità di vivere diversamente. (Infatti un mio amico genio ha coniato il verbo “misericordiare”, che significa nel nostro lessico “dare una fregatura”).

E finalmente ho trovato, o meglio mi hanno regalato, un libro preziosissimo, fondamentale, essenziale, imprescindibile. È il libro che centra come un proiettile di un tiratore scelto il centro esatto del bersaglio, il tema della misericordia; il libro che fa piazza pulita delle nostre false idee, che spiega come contrapporre giustizia e misericordia significa ragionare in termini umani, umanissimi, quindi sostanzialmente essere molto ignoranti delle cose di Dio. E va benissimo se questa confusione la fanno i non credenti. Un po’ meno bene quando sono i pastori…

Il libro si chiama Quando Dio non perdona, ed è di un biblista, padre Salvatore Maurizio Sessa (Society Editions), il quale spero mi perdonerà per la semplicità con cui riporterò le sue parole: io non sono una biblista e nel libro c’è molto di più – ve lo consiglio caldissimamente, raramente ho letto parole tanto chiare ed efficaci provando nello stesso tempo il bisogno di alzarmi a fare la ola a ogni pagina. In sintesi il punto è questo: può un Dio misericordioso, anzi che è amore, accusare i suoi figli amatissimi? C’è misericordia nell’accusa e nel castigo? O il castigo riguarda solo il “Dio cattivo dell’Antico Testamento”, di cui quello del Nuovo sarebbe venuto a fare piazza pulita?

In realtà più volte nel Nuovo Testamento viene presentata la possibilità della dannazione eterna, della perdita totale e irrimediabile di Dio. Solo che ogni volta che compare il problema di testi troppo duri essi vengono il più delle volte sistematicamente tagliati.

Noi applichiamo a Dio le nostre precomprensioni e i pregiudizi, ma dobbiamo essere disponibili a lasciarli andare, se vogliamo convertirci. Quando pensiamo a un Dio che accusa immaginiamo un tribunale in cui lui è il giudice, noi gli imputati. Invece Padre Sessa spiega come sia fondamentale la distinzione tra due modalità fondamentali con le quali nella Scrittura si parla del ristabilimento della giustizia in Israele, e quindi dell’agire giusto di Dio nei confronti del peccatore.

Quello che ci riguarda non è il giudizio forense (o mishpat), dove c’è un accusato, un accusatore e un giudice, ma il rib, cioè la controversia bilaterale che avviene tra due della stessa famiglia. Per farla breve, spero l’autore mi perdoni la grossolana sintesi, quella che ci riguarda è la rottura di un alleanza tra due membri della stessa famiglia, la famiglia di Dio, perché noi siamo suoi figli. Dio ci accusa perché abbiamo rotto la relazione con lui, e lui la vuole perché ci ama. Vuole convincerci del nostro peccato, con amore e pazienza, perché vuole che viviamo nella verità.

“Si può davvero dire quindi che Dio perdona sempre? No! Non nel senso che non vuole perdonare, ma nel senso che non può e non vuole consacrare la menzogna dell’uomo. Nella storia della salvezza si manifesta spesso tale aspetto passionale di Dio, che si esprime nel rifiuto di una spiritualità vuota… Rifiutando il perdono, il conflitto e l’accusa del ribelle continua perché Dio è ostinato nella sua misericordia”.

Come spiega padre Sessa attraverso tanti episodi della Bibbia, il grande lavoro di Dio non è vincere l’uomo, ma convincerlo di quello che ha fatto.

“Si tratta di fargli prendere coscienza della sua situazione di morte, perché non debba morire”. “

Non c’è dunque misericordia senza l’esperienza delle macerie della propria vita. C’è tutto un sistema fatto di menzogna che deve crollare perché si possa edificare qualcosa di nuovo e di giusto”. I profeti nella Bibbia devono spesso fare un lungo lavoro per accerchiare il peccatore e convincerlo della sua condizione di errore, di cui lui non ha consapevolezza.

Nella visione misericordiosa a toni pastello il male non dovrebbe esserci, mentre il male c’è, ed è un enigma, perché è l’assenza di una ragione. È una drammatica realtà che vediamo con grande chiarezza nel mondo, ma che non è altrettanto facile da discernere quando riguarda noi, e meno è evidente più è pericoloso. Soprattutto quando si presenta sub specie boni, che è invece una bugia e un inganno, spesso un autoinganno.

“È chiaro che in tale contesto pensare alla misericordia come un condono previo e illimitato che Dio e ogni uomo dovrebbe concedere al suo prossimo è del tutto fuorviante. Dio non perdona sempre perché laddove non c’è il riconoscimento del male e del pentimento, Dio non solo diverrebbe connivente con il male stesso, ma condannerebbe l’uomo alla sua menzogna”.

Quello che è in gioco, dunque, non è una regola. Quando si pecca non si pecca contro una virtù ma contro la nostra relazione con Dio. La vita è un corpo a corpo con un Dio che viene a contestare la creatura perché ne è innamorato e non la lascia andare via.

Ecco, per portare la questione sul piano da cui sono partita (di cui però il libro NON si occupa), la Chiesa continua a dire che gli atti omosessuali sono contro la relazione con Dio non perché sia cattiva e poco misericordiosa, o omofoba come sostiene padre Martin, ma al contrario proprio perché ama i suoi figli, perché è maestra di umanità, e sa che non è questo il disegno di Dio sull’uomo, e Dio non si stanca di cercare ognuno di noi,e di accusarci, ognuno dei propri particolari peccati (mica solo gli altri, ovvio, ognuno ha i suoi), non perché sia sadico, ma perché è innamorato di noi e vuole stare in relazione con noi. C’è però la possibilità che noi gli diciamo di no. Non è tutto uguale, non è tutto indifferente, non è tutta una melassa. C’è la nostra libertà, e la possibilità che il nostro no sia definitivo.

Ecco, Dio non perdona sempre. Almeno non finché ha la possibilità di salvarci.

2 commenti:

  1. "La mente del sapiente si dirige a destra e quella dello stolto a sinistra (Ecclesiaste 10:2 CEI). Senza allusioni.

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    1. Aggiungerei: "Come il tuo nome, o Dio, così la tua lode si estende sino ai confini della terra; è piena di giustizia la tua mano destra." (Salmo 48,11)

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