Post in evidenza

Elenchi dei Vescovi (e non solo) pro e contro Fiducia Supplicans #fiduciasupplicans #fernández

Pubblichiamo due importanti elenchi. QUI  un elenco coi vescovi contrari, quelli favorevoli e quelli con riserve. QUI  un elenco su  WIKIPED...

venerdì 28 agosto 2015

Mons.Bux " E' paradossale che gli attuali sostenitori della riforma paolina siano diventati così ‘reazionari’ da sostenerne l’intangibilità"

Dal Blog Scuola Ecclesia Mater prendiamo una parte della recente intervista di Mons.Nicola Bux che riporta in primo piano la grande portata ecclesiale del Motu Proprio "Summorum Pontificum" per l'assetto spirituale  di una normale parrocchia " a ben leggere,( il MP ) postula  il reciproco arricchimento tra le due forme – come egli tecnicamente le ha definite – dell’unico rito romano". 
Ricordiamo che pubblicazione del Motu Proprio  determinò  in Italia inaspettate reazioni "ideologiche" da parte degli organizzatissimi potentati progressisti annidati nei vari Uffici Liturgici nazionali e diocesani. 
Tra pianti in diretta tv e mugugnii vari, si manifestò per la prima volta  nell'italico suolo un'opposizione ecclesiale contro la "linea papale" sorprendendo, non poco, persino i membri della Curia Romana.
"Chi tradisce una volta ... tradirà sempre..." sentenzia un vecchio adagio popolare.
Ritornando ai nostri particolarissimi e nebbiosi giorni dobbiamo statisticamente rilevare il considerevole aumento di richieste delle celebrazioni dell'antico rito della Chiesa che mettono in risalto  la coabitazione dell'Antico Rito della Chiesa all'interno della Parrocchia (  che il Motu Proprio individua come la casa comune) determinando ipso facto la crescita della fede dell'intera comunità dei fedeli attraverso la buona liturgia devotamente celebrata.
Lasciamo alle sole forze progressiste ( degne eredi del modernismo) l'escluvità della ribellione al Magistero.
Lasciamo alle sole forze progressiste ( degne eredi del modernismo) di esercitarsi nell'arrogante esercizio del potere e dei sorprusi contro i piccoli e poveri fedeli desiderosi di preghiera e di spiritualità.
Lasciamo alle sole forze progressiste ( degne eredi del modernismo) la perversa continuità del losco complottismo.
Ai nostri gruppi liturgici è donato di "permanere nella Verità di Cristo" nelle rispettive parrocchie e nelle rispettive Diocesi per essere "sale della terra e luce del mondo". 
Il sale infatti non esiste per sé, ma per dare sapore al cibo. 
La luce non esiste per sé, ma per illuminare il cammino : le nostre piccole comunità oranti ed i nostri "Gruppi stabili" non esistono per se stessi, ma per dare gloria a  Dio nella comune edificazione spirituale  attraverso la tradizione liturgica della Chiesa.   
La "casa comune" parrocchiale è stata e rimane l'espressione perfetta per sottolineare che la "Chiesa del Signore è sempre la stessa, in quanto Egli ( Cristo Signore)  è lo stesso ieri, oggi e sempre" ( intervista cit.)

Επίσης, σε μας τους αμαρτωλούς ( A.C.)

Nuova intervista esclusiva di don Nicola Bux su liturgia, motu proprio Summorum Pontificum, matrimonio e divorziati risposati


1. Si è sostenuto che il m.p. del 2007 del papa Benedetto XVI, Summorum Pontificum, mirasse alla pacificazione liturgica tra gli amanti del rito antico e quelli del rito nato a seguito delle riforme di papa Montini. Si è però obiettato che tale atto del papa-teologo, in verità, non abbia portato ad alcuna pacificazione, ma anzi abbia generato o, secondo alcune visioni accentuato, pure da un punto di vista pastorale, delle fratture esistenti nelle comunità ecclesiali, anche all’interno di una stessa parrocchia! In effetti, talora si è lamentato che una diversa celebrazione, compiuta peraltro pure in giorni diversi, non faciliti l’unità pastorale. Basti pensare, ad es., ad alcune feste e ricorrenze liturgiche che sono celebrate in giorni diversi nel rito antico e nel rito riformato. 
Ecco, come giudichi ad otto anni dalla sua entrata in vigore il m.p. papale? 
Può farci un bilancio? 
Davvero è riuscito nel suo intendimento di pacificazione liturgica? 
E come coniugare, da un punto di vista pastorale, l’unità se si celebrano le feste – o per lo meno alcune feste – in giorni diversi?
R. L’atto benedettiano, a ben leggere, postula il reciproco arricchimento tra le due forme – come egli tecnicamente le ha definite – dell’unico rito romano: pertanto, potremmo definirlo un atto aperto allo sviluppo, com’è giusto che sia ogni intervento riformatore. 
Lo stesso Ratzinger aveva auspicato, da cardinale, nuovi prefazi e i nuovi santi in calendario. Il messale romano ha sempre conosciuto tali progressive integrazioni. 
È paradossale che gli attuali sostenitori della riforma paolina siano diventati così ‘reazionari’ da sostenerne l’intangibilità. 
Ne parlo perché convinto della opportunità della riforma liturgica, non di taluni epigoni che qui e là ha raggiunto. 
Ogni studioso della liturgia conosce le tappe del suo sviluppo organico nella storia: il punto è proprio sull’“organico”. 
La Sacrosanctum Concilium sostiene che le forme nuove devono scaturire da quelle esistenti ed essere con quelle coerenti (23). 
Proprio su questo punto, però, i sostenitori del messale tridentino hanno da ridire: davvero la Messa del Novus Ordo è in continuità con quella precedente? La struttura evidentemente è la medesima: due parti, parola ed eucaristia, con due premesse – l’introduzione penitenziale e l’offertorio (abbastanza falcidiato, confrontandolo con quello bizantino) – , uno sviluppo, costituito dai riti di Comunione, e la conclusione con la benedizione e il congedo. 
D’altro lato, come detto per l’offertorio, più che per la semplificazione avvenuta, questa parte, come le altre, sopportano spesso l’insulto della cosiddetta creatività, di cui la costituzione liturgica non parla mai, ma solo di adattamenti a determinate condizioni. 
Ora, uno sguardo equilibrato, dovrebbe portare gli uni e gli altri ad ammettere una ‘riforma della riforma’: espressione di Joseph Ratzinger, mutuata, credo, dal grande studioso tedesco Klaus Gamber. 
Lo squilibrio è dovuto al fatto che la riforma postconciliare è stata come un pasto frettoloso: perciò non è stata assimilata, e qui e là è rimasta inapplicata o rigettata. 
Se fosse avvenuto come con le riforme di Pio X e Pio XII, che furono graduali, non sarebbe accaduto. 
Nel post concilio si lascio spazio alla sperimentazione, ma questa fu preso come definitiva. Quanto alla pacificazione, da quello che ha osservato il cardinal Sarah, la situazione non è uniforme: pare che là dove i guasti sian stati maggiori, il m.p. abbia preso più piede – America del Nord, Paesi Bassi, Africa e Asia – mentre dove non è accaduto, la conflittualità è più evidente. Il fatto è che sempre più giovani seminaristi e sacerdoti si interessano al Vetus Ordo e desiderano impararlo: tempo dieci anni, passata questa generazione, ciò sarà più evidente e imponente.
Come conciliare i due calendari? Non accade già ora che in una diocesi o in una parrocchia si celebri una memoria o una festa, che non si celebra nell’altra, in quanto titolare o dal grado maggiore? 
Nelle chiese orientali, che vivono a gomito su uno stesso territorio, la differenza di calendario non è un problema. 
E poi, non si sostiene nella Chiesa odierna che la diversità è ricchezza e che l’unità non è uniformità? Bisogna studiare di più e avere pazienza, la pazienza dell’amore, come scrive l’Apostolo (cfr. 1 Cor 13,4).

2. Una seconda domanda: si è molto discusso, soprattutto a partire dal m.p. - che ha avuto il merito quantomeno di riportare in auge temi che, forse con sufficienza, si ritenevano esauriti – della c.d. ermeneutica della continuità in ambito liturgico (e non solo). 
Del resto, uno dei temi cari al pontificato di papa Ratzinger era appunto quello di rileggere i documenti conciliari alla luce della Tradizione bimillenaria della Chiesa, pena una sostanziale incomprensione di quei testi e la conclusione che gli stessi siano in decisa rottura con ciò che la Chiesa ha creduto sempre ed ovunque – secondo la nota affermazione di S. Vincenzo di Lerins. 
Orbene, ancora oggi c’è chi lamenta come i documenti del Vaticano II debbano, al contrario, leggersi facendosi quasi astrazione dal magistero anteriore e, quindi, tanto per fare un esempio la Sacrosantum Concilium prescindendo dalla Mediator Dei di Pio XII, che pure aveva “preparato la strada” al documento conciliare del 1963. E proprio questi “profeti della discontinuità” (se vogliamo chiamarli così) lamentano che tale operazione sia come leggere il Vangelo alla luce dell’Antico Testamento.
Tu, don Nicola, condividi questo punto di vista? Cosa risponderesti a questi “profeti della discontinuità”? 
Possibile che ancor oggi non si riesca a fare una lettura piana e pacifica dei documenti conciliari alla luce della Tradizione della Chiesa, nonostante il magistero di Benedetto XVI? Perché tante resistente? 
Quali le ragioni, secondo te, di questa non accettazione di tale chiave di lettura? E quali, se esistono, le eventuali soluzioni?

R. La Chiesa è attraversata da una crisi di fede, che genera confusione e, come ho già detto mesi fa, porta all’affermazione di un pensiero non cattolico. 
Senonché, Gesù ha detto che chi è sapiente, sa estrarre dal tesoro cose nuove e cose antiche (cfr. Mt 13, 52). 
L’idea di una nuova Chiesa, ha attraversato la storia: dagli gnostici ai catari, da Gioacchino da Fiore a Lutero, da Giansenio agli attuali novatori. Il pensiero di sant’Agostino ha portato a coniare il detto: Novum Testamentum in Vetere latet, Vetus Testamentum in Novo patet (il Nuovo Testamento è adombrato nell’Antico, e questo trova compimento nel Nuovo): È difficile applicare questo al Vaticano II rispetto ai venti concili che l’hanno preceduto? Appare ragionevole chi sostiene che con questo concilio abbiamo una nuova visione di Chiesa? 
La Chiesa del Signore è sempre la stessa, in quanto Egli è lo stesso ieri, oggi e sempre: sarebbe paradossale che così non fosse per il Suo corpo che la Chiesa. 
Il fastidio verso la Tradizione, penso sia dovuto alla non comprensione del fatto che tradere sia un verbo di movimento e significa trasmettere ciò che si è ricevuto, integralmente, come dice Paolo a proposito dell’eucaristia, ma questo deposito, nel frattempo, come tutti i depositi – penso a quelli in banca – ha fruttificato e si è arricchito. 
Il discorso cosiddetto sull’ermeneutica del Vaticano II, fatto il 22 dicembre 2005, all’esordio del suo pontificato, da Benedetto XVI è talmente chiaro e ragionevole, che solo un pregiudizio impedisce di accettarlo. 
Causa di tale pregiudizio è l’ignoranza, dovuta alla mancanza di studio: se questo ci fosse, ci si accorgerebbe che i documenti del Vaticano II, a parte la maggiore o minora rilevanza di questo o di quello, e di certi passaggi, non enunciano nuove dottrine. 
Papa Giovanni parlò di aggiornamento: sull’interpretazione di questa parola è stato scritto molto, ma la mente di quell’uomo così tradizionale e così nuovo, impedisce di pensare che desse a quel termine un altro contenuto. 
Basta leggere il suo Giornale dell’Anima, per trovarlo intriso di quel ‘devozionismo’, tanto vituperato dai novatori. 
La soluzione è un confronto paziente e senza pregiudizi, come stiamo facendo con un gruppo di amici studiosi.
Aggiungo: «La mancanza di chiarezza nel rapporto tra livello dogmatico e livello liturgico, che è rimasta poi anche durante il Concilio, deve forse essere qualificata come il problema centrale della riforma liturgica; in base a questa ipoteca si spiega gran parte dei singoli problemi con i quali, da allora, abbiamo a che fare» (J. RATZINGER, Opera omnia, vol. 11, Teologia della liturgia, V. Forma e contenuto della celebrazione eucaristica, LEV, Città del Vaticano 2010, pp. 414-415). Questa riflessione dell’allora cardinal Joseph Ratzinger appare del tutto coerente con l’argomento alla ribalta della cronaca ecclesiale e non solo – la comunione ai divorziati risposati – per le sue implicazioni dogmatiche e liturgiche, oltre che canoniche e pastorali.

3. Il prossimo ottobre, come noto, si svolgerà in Vaticano il Sinodo ordinario sulla famiglia. Tra i profili, che saranno oggetto di discussione, vi è la questione ...

 ( continua QUI )

Fonte : Scuola Ecclesia Mater 




Foto :  First High Mass in the Extraordinary Form of Father Aidan McCann Mass for the Feast of the Assumption of the Blessed Virgin Mary Saint Kevin’s Church, Harrington Street, Dublin 8 Music by Crux Vocal Ensemble Organist: Doctor Paul McKeever Saturday, August 15, 2015 (10:30) Fr. McCann was ordained for the Archdiocese of Armagh by His Grace The Most Reverend Doctor Eamon Martin, Archbishop of Armagh on July 5, 2015  (Prima Messa Solenne nella forma straordinaria del Padre Aidan McCann Messa per la Festa dell'Assunzione della Beata Vergine Maria Sabato 15 Agosto 2015 ore 10,30 nella  Chiesa di San Kevin, Harrington Street, Dublin 8 ; Coro Polifonico Crux Vocal Ensemble; Organista: M.° Dottor Paul McKeever.  
P. McCann è stato ordinato per dell'arcidiocesi di Armagh da Sua Eccellenza Rev.ma Mons. Eamon Martin, Arcivescovo Metropolita di Armagh il 5 Luglio, 2015) The photographer can be contacted at photography@live.ie

13 commenti:

  1. Concordo con tutto ciò che è stato scritto, purtuttavia sarebbe interessante mettere in pratica concretamente l'auspicio dell'allora cardinale Ratzinger ovverosia l'aggiunta di nuovi prefazi e nuovi santi nel messale del 1962. Questo anche per combattere i "reazionari", che non sono solo quelli che sostengono l'intangibilita' della riforma paolina ma anche (in misura certamente molto minore dal punto di vista numerico) coloro i quali insistono su una fissita' eccessiva di prassi celebrative veramente troppo passatiste e imperniate a una inattualita' di fondo. In cinquanta e più anni, anche se non ci fosse stato il concilio vaticano secondo, anche i pontefici più conservatori avrebbero accettato qualche piccola e cauta modifica al Messale tradizionale e sicuramente avrebbero aggiunto i nuovi santi via via canonizzati. So che è un problema spinoso ma a mio giudizio varrebbe la pena di affrontarlo sia in sede di discussione sia di concerto con le autorità preposte in materia.

    RispondiElimina
    Risposte
    1. Concordo al 100/100 : la Liturgia non è cosa da museo o una vetrina per mostrare il grado di tradizionalismo personale o di gruppo che spesso sconfina in un'autoesaltazione in uno stile (l'ultimo dei mohicani) tutto italico...
      La storia antica e recente della Chiesa insegna che più si abbonda in spirito comunitario di devozione e di preghiera utilizzando anche canti in lingua corrente - cosa perfettamente consentita anche per le Messe Cantate- c'è la specificazione scritta dell'Ecclesia Dei- più la partecipazione dei fedeli è numerosa.
      Ricordo che anni fa in occasione dellla III domenica di Avvento venne a celebrare a Campocavallo un membro di un Dicastero Romano che si portò, zitto, zitto, il testo e la musica del Prefazio d'Avvento che cantò fra il soddisfatto stupore di tutti ( o quasi...)
      Sempre nel medesimo Santuario l'allora Presidente della Pontificia Commissione Ecclesia Dei Card. Castrillon al Pontificale dell'Epifania cantò a voce alta il PER IPSUM seguendo però perfettamente tutte le indicazioni rubricali previste.
      Al contrario dovetti beccarmi un giusto rimprovero da uno stimato uomo di cultura , cattolico, che indirizzai ad una Messa nell'Urbe.
      Il devotissimo fedele ( che per motivi anagrafici aveva avuto un'educazione liturgica solo post conciliare) fu consigliato, al fine di avvicinarsi alla "nuova" liturgia di accostarsi alla Messa Antica dopo adeguata preparazione catechetica che venne fatta anche con l'ausilio di un validissimo sacerdote.
      Poi, munito di messalino, non aveva bisogno di alcuna traduzione, un giorno, in cui era assente il sacerdote-catechista, s'è recato ad una Messa capitolina in cui il Celebrante al fine di recitare SOLO con il ministrante-serviente il "dialogo" iniziale non solo aveva abbassato il tono della voce ma pronunciava le preghiere con una velocità tale da impedire la risposta da parte dei fedeli fra i quali c'era il mio amico aspirante "tradizionale" ...
      Una cosa analoga toccò anche al sottoscritto in un'altra località.
      Risolsi subito la cosa con lo SpeedyGonzales-celebrante : pronunciai le risposte a voce alta ma così lentamente, lentamente che il Sacerdote devette cambiare impostazione permettendo a noi fedeli di pregare anche nel dialogo ai "piedi dell'altare". Scusate la lunghezza... Buona giornata

      Elimina
    2. In effetti, a ben vedere, larga parte dell'allontanamento di alcune persone, di per se' interessate alla forma straordinaria, dalle celebrazioni in rito antico risiede anche nella incapacità volontaria di alcuni celebranti e relativi coetus ispiratori di adattare, secondo le rubriche previste, la tipologia di messa al target ipotetico di fedeli che vi assistono, non riuscendo quindi a fidelizzarli nella frequenrazione di una forma nobilissima che deve però tenere conto anche delle evoluzioni antropologiche umane (per esempio, rispetto agli anni '50, in diversi soffrono di deficit di concentrazione ma sono più attenti a certi dettagli che un tempo venivano trascurati).
      L'esempio del per ipsum che lei cita è emblematico in quanto, pur non essendo previsto nel messale del 1962, esprime stupendamente la profondita' di una orazione che oggi diremmo "presidenziale" , al termine della quale il popolo acclama non solo l'escatologia (per omnia saecula saeculorum) ma anche l'oggetto dell'orazione stessa (per ipsum etc.)che, come tale, merita di certo di essere cantato, o recitato nel caso della messa letta, ad alta voce. E anche di questo bisognerebbe discutere con chi di dovere e nelle sedi opportune.
      Diverso è il caso delle preghiere ai piedi dell'altare, in quanto lì è evidente una tara mentale originaria del celebrante il quale, forse, sulla scorta magari dell'abbe' Bonneterre, ritiene che la causa primigenia di tutti i mali liturgici sia stata la Messa Dialogata. A me però ha sempre incuriosito il fatto che qualche sedevacantista e diversi lefevriani dialoghino volentieri con la comunità le preghiere ai piedi dell'altare e parecchi sacerdoti diocesani invece facciano quello che lei ha descritto (con l'introduzione ovvia del secondo confiteor, non previsto nel 1962, anche alle messe lette con gran gioia di qualcuno).
      Penso occorra pregare molto soprattutto perché gli aspiranti "tradizionali" non sbattano contro dei bravi tradizionalisti ma più sessantaduisti del messale 1962!

      Elimina
  2. Inaspettate reazioni ideologiche mi pare un tenero eufemismo, tutti gli saltarono addosso, anche i semplici preti che riversarono su di lui non solo male parole, ma insulti pesantissimi e mi fermo qui.....non solo è impedita la celebrazione VO in maniera decisa, ma anche con posizioni sfumate, si riesce a frapporre un gran numero di ostacoli, a partire dalla concessione di chiese, per altro chiuse da tempi immemorabili e non usate, faccio presente che chi scrive non è un tradizionalista e non recrimina per sé, ma per amore della verità.

    RispondiElimina
    Risposte
    1. E' questo che mi manda in bestia, ci sono Chiese bellissime tenute chiude e abbandonate all'incuria più esasperata che potrebbero essere dei veri fari di Fede se affidati a sacerdoti che seguano la Liturgia tradizionale. Evidentemente preferiscono farle diroccare.

      Elimina
  3. Grande Don Nicola, sempre in gamba ... per la tradizione

    RispondiElimina
  4. D'accordissimo sul fatto di aggiornare il messale 62 con alcuni nuovi santi. Assolutamente contrario all'inserimento dei prefazi NO.

    RispondiElimina
    Risposte
    1. Alcuni Prefazi del Novus Ordo sono di una bellezza e santità incommisurabili sia nel testo originale latino che in quello ben tradotto al tempo di San Giovanni Paolo II.
      Non comprendo perchè non si debba usufruire di tanta bellezza di preghiera ad esempio per il tempo d'Avvento o per le feste specifiche di qualche Santo Martire o Confessore della Fede.
      Quei testi di preghiera sono forse contaminati e portatori di pericolosi virus ?

      Elimina
  5. Meglio attendere anche coi nuovi santi. Non si sa mai. La fretta è cattiva consigliera.

    RispondiElimina
    Risposte
    1. ... sono 8 anni che attendiamo ... non mi pare che abbiamo tanto fretta... nel frattempo non ci è dato di onorare come meritano Santi che veneriamo particolarmente : San Pio da Pietrelcina, San Massimiliano Maria Kolbe. San Giovanni XXIII .... quanto dovremmo aspettare ancora ?

      Elimina
  6. Franciscans of the Immaculate Lay Association intervention needed

    http://eucharistandmission.blogspot.it/2015/08/franciscans-of-immaculate-lay_29.html

    RispondiElimina
  7. Per fare un altro esempio: il Santo Rosario. Io amo recitarlo in latino, litanie lauretane comprese, ma il GIOVEDÌ recito i MISTERI LUMINOSI, secondo la (giusta) riforma di San Giovanni Paolo II, mentre i tradizionalisti continuano solo con Gaudiosi-Dolorosi-Gloriosi. Le novità, quando giuste, vanno adottate! Marcella

    RispondiElimina
  8. Su uno dei 3 da lei menzionati io non sarei così sicuro. La chiesa sta attraversando un momento controverso che richiede particolare prudenza.

    RispondiElimina

AVVISO AI LETTORI: Visto il continuo infiltrarsi di lettori "ostili" che si divertono solo a scrivere "insulti" e a fare polemiche inutili, AVVISIAMO CHE ORA NON SARANNO PIU' PUBBLICATI COMMENTI INFANTILI o PEDANTI. Continueremo certamente a pubblicare le critiche ma solo quelle serie, costruttive e rispettose.
La Redazione